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FEBBRAIO/MARZO 2018
un tranquillo pomeriggio festivo! Così come una
settimana di vacanza o un volo last minute non
equivale ad una regolare prenotazione.
Ben altro può dirsi per i prodotti grocery e le su-
perbrands, seriali e immutabili nel tempo. I super-
mercati classici, subiscono il vincolo del medesimo
prezzo per tutto il loro pubblico. Se per cambiarlo
si affidassero agli automatismi degli algoritmi, la
soluzione più probabile, dimostrata dalla ricerca
operativa, sarebbe la divergenza: la creazione di
loop che porterebbero alla guerra dei prezzi sino
all’implosione o a delle esplosioni inflative.
Sarebbero di fronte alle conseguenze del processo
ingovernabiledel “io-so-che-tu-sai-che-io-so-che-
tu-sai-che-io-so quel che fai”. Lo dice anche la
Teoria dei Giochi, quando vi sono tre concorrenti
o più che non accettano il dominio di un leader.
In parole povere:
a) Carrefour, Coop ed Esselunga affidano la fissa-
zione dei prezzi agli algoritmi che elaborano i
prezzi dei concorrenti osservati il giorno prima;
b) tutti e tre non accettano di essere i più cari;
c) il sistema cade nella retaliation e finisce nel gorgo
del sottocosto.
Accadde, anni fa, inToscana ai prezzi del Tavernello,
che fu (mal) interpretato come “daily wine” e “traffic
builder” a cui applicare il prezzo più basso tra tutti
i concorrenti dell’area.
Ovviamente, il processo degenererebbe ancor più
rapidamente se tutte e 3 le insegne utilizzassero
lo stesso algoritmo! Produrrebbe, infatti, reazioni
identiche di progressiva escalation.
Viceversa, se, per ipotesi, Coop e Carrefour
Pur senza dirlo esplicitamente, l’idea è che il mercato
possa essere aggirato, piegato da qualcuno che, dotato
di tecniche ed intelligenza superiori, può calcolare e
stabilire i prezzi di vendita “ottimali”, indipendente-
mente dal moto spontaneo e complesso della famosa
“mano invisibile”.
L’illusione è tutta in questa promessa di individuare
prezzi “ottimali”, appunto, grazie alla potenza degli
algoritmi matematici che sfrutterebbero i famigerati “Big
Data”. In verità, i prezzi “giusti”, “migliori di altri” non
esistono, poiché tutti dipendono dalla natura mutevole
dell’ambiente in cui si sviluppa la catallassi.
Ci spieghiamo meglio: i prezzi nel libero mercato sono
il frutto di un incessante processo di scoperta delle
possibilità di scambio, che evolvono autonomamente,
istante per istante, nello spazio-tempo. La fissazione
dei prezzi, infatti, dipende strettamente dalla infor-
mazione disponibile, che per ogni impresa è ineludi-
bilmente limitata.
Quello che non capiscono ingegneri e programmatori è
proprio questo: i prezzi non derivano dall’informazione
raccolta; i prezzi SONO l’informazione! Per capirlo, i vari
consulenti che parlano di prezzi dinamici, dovrebbero
andare come abbiamo fatto noi al mercato ortofrutticolo,
alle 4 del mattino e mettersi di fianco ad un venditore.
Il caso più interessante è il commercio dei fichi.
Osserverebbero, allora, come a ogni proposta corri-
sponde un’accettazione o un rifiuto del compratore
mentre il rapporto prezzo/qualità si adegua portando
invariabilmente, alle 8 del mattino, all’esaurimento della
merce disponibile, ottima o scadente che sia. Il tutto
senza l’uso di small o big data.
S
adottassero una “herding strategy”, cioè il seguire
pedissequamente le mosse di Esselunga, i prezzi,
dopo una fase di volatilità, convergerebbero verso
un livello statico, rendendo inutile l’ “intelligenza
inferenziale” dell’algoritmo. Se gli imitatori passivi
avessero la stessa efficienza gestionale, il profitto
sarebbe infatti lo stesso e l’algoritmo dei prezzi
“ottimali” non darebbe alcun vantaggio.
In conclusione, la possibilità di aumentare i
propri margini di profitto, non sta nella magia di
manipolare i prezzi meglio di altri con l’ennesima
applicazione software, ma nel difficile compito di
concertare tutte le proprie funzioni organizzative:
dagli acquisti, alle vendite, dalle scelte assorti-
mentali, alla comunicazione, coerentemente con
il proprio posizionamento, il target prescelto e
l’ambiente in cui si opera.