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L

a direzione è una. È quella verso il cam-

biamento. Che può essere radicale e travol-

gente, osmotico e totalizzante, ma anche

minimalista e ondivago, negazionista di se

stesso e persino surrettizio.

Fino ad arrivare al puro distillato di cinismo del Principe

di Salina, quando diceva che tutto deve cambiare per non

cambiare nulla.

Lungi dal voler essere così

tranchant

, non possiamo non

constatare la variegata scala di sfumature e cromatismi che da

sempre caratterizzanoogni forma di evoluzione emutamento.

E non è detto che i cambi più repentini, quelli che di primo

acchito risultano i più sconvolgenti, siano quelli veramente

epocali. Anzi.

Di cambiamento (o meglio, di tensione verso il cambiamen-

to) parla questo numero. Con l’intento di illustrarne i vari

“registri armonici” che esso riesce ad adottare.

Partiamo quindi dal fenomeno startup o meglio – come lo

definisce Fulvio Bersanetti nel suo articolo (da pag. 4) –

dall’

ecosistema startup

, il nuovo modo di fare impresa che

si propone di mettere la tecnologia al servizio di un’idea

ritenuta vincente. L’obiettivo?

Un business innovativo, in

grado di cambiare il mercato.

Ma senza una nuova società, magari disposta a ripensare

i propri consumi, nessun cambiamento avrebbe ragione

d’essere. Per questo serve capire, delineare e identificare

l’orizzonte delle attese dei nuovi target di consumatori.

Per esempio quello delle donne (da pag. 10), un target ricco

di aspirazioni, ma spesso frustrato dal gap di gender non

ancora sconfitto. Un target in subbuglio, che il cambiamento

lo vive in pieno e spesso, purtroppo, lo subisce ancora.

Ma evoluzioni e mutamenti, riguardano molto da vicino

anche le imprese e le loro paure. Specialmente per quanto

riguarda i rischi aziendali: le priorità sono cambiate rispetto

a pochi anni fa (da pag. 12). Oggi, per esempio,

una cattiva

reputazione (complice il sopravvento di web, social &

Co.) può danneggiare un’azienda molto più di un terre-

moto

. Così dicono.

E di innovazione e cambiamento si parla anche al Retail’s

Show (da pag. 16), nel corso del quale è emersa però un’e-

videnza importante: la coerenza è ancora un po’ lacunosa.

Tanta scena, tanta tecnologia, tante potenzialità sbandierate,

ma forse ancora poca organizzazione.

E scarsa sincronia. Come dimostrano i dati dell’Osservatorio

Mobile (da pag. 62) che descrive un consumatore che ha già

ben metabolizzato i cambiamenti, mentre le aziende sono

ancora all’inizio.

Meno “scenografico”, ma certamente consistente, appare il

cambiamento in realtà all’apparenza “meno dirompente”.

Come la “catena a crescita” lenta Roche Bros. (da pag. 18).

O il format Cru (che significa

crudo

) che ha fatto della sem-

plicità (anche quella della location) il suo punto di forza (da

pag. 26). E anche quando si parla di uno sviluppo esplosivo

come quello di Domino’s pizza, quella di partenza è un’idea

semplice e “antica”: la pizza (da pag. 22).

E poi c’è il cambiamento che non cambia o che cambia

molto meno di quanto abbia promesso.

È il caso delle liberalizzazioni che, dopo un debutto all’in-

segna di grandi speranze, sono state deprivate dello sprint

iniziale, fino a configurarsi, purtroppo, come cambiamento

minimalista.

E il cambiamento immaginato? C’è anche quello. Cosa suc-

cederebbe, per esempio, se i prodotti evolvessero secondo

i dettami delle griffe? Il risultato ipotizzato sorprende pia-

cevolmente (da pag. 54).

Infine uno sguardo ai mercati, da pag. 34, e anche in questo

caso la direzione non è diversa: mutano i bisogni, le esigenze.

Muta la domanda e l’offerta evolve.

Carmela Ignaccolo

EDITORIALE