Planeat, la startup che combatte il fenomeno del food waste, ha osservato abitudini di spesa e carrello dei suoi clienti più assidui e fedeli. L’attenzione è stata posta soprattutto alla categoria dei clienti che affidano alla startup quasi tutto l’approvvigionamento alimentare (4 spese mese): lo scontrino medio indica che un single spende 166 euro al mese per mentre una famiglia di 4 persone circa 350 euro poco più di 85 euro a componente salvando contemporaneamente dalla pattumiera dai 40 ai 70 kg di cibo all’anno (a seconda che si sia componenti di una famiglia di 4 persone o single) che si traducono in un range tra i 3,5 e i 6 kg al mese.
Mangiando cosa? Dall’analisi dei dati in mano alla società soprattutto frutta, verdura, pasta (fresca e ripiena), sughi, formaggi, pane, pizze e dolci che rappresentano il 70% del carrello; a seguire carne (25%) e pesce (15%). E, ancora, piatti da cucinare soprattutto con ricette veloci (15 min) nel 54% dei casi, e piatti già preparati, e solo da ravvivare, nel 22 % oltre a salumi e formaggi nel 24% dei casi.
Il quadro che discende dall’analisi condotta riproduce un carrello particolarmente virtuoso in termini di accessibilità economica e sostenibilità ambientale che, a sua volta, è il risultato di una accurata ingegnerizzazione informatica di approvvigionamenti, preparazioni e distribuzione. Mission di Planeat è infatti è contribuire all’adozione di comportamenti antispreco da parte del maggior numero di utenti e famiglie possibile: prezzi accessibili per prodotti di qualità, facili da utilizzare, è la strategia adottata dall’azienda per arrivare a un pubblico sempre più ampio.
“Grazie al nostro track record di informatici e ingegneri, siamo stati in grado di mettere a punto un sistema regolato al millimetro per gestire tutto il processo di approvvigionamento, preparazione e distribuzione scegliendo materie prime di ottima qualità, a prezzi e condizioni rispettose per i nostri fornitori: nulla viene acquistato in più e nulla sprecato” dice Nicola Lamberti, fondatore di Planeat. “Come soci e azionisti abbiamo scelto di sacrificare una piccola percentuale dei nostri margini per contribuire a contenere il prezzo di vendita ai clienti; ponendo poco più in là il raggiungimento dei risultati prefissati ma contribuendo, con la nostra parte, alla massimizzazione del bene comune: ciò che secondo la teoria dei giochi di Nash contribuisce alla costruzione del massimo risultato per la collettività e ogni suo componente”.