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U

n’equazione un po’ azzardata (special-

mente per l’eccessiva estremizzazione),

ma che rende bene l’opposizione tra due

concezioni di esistenza diametralmente

opposte. Da una parte, le ampie praterie del pensiero con

tutto ciò di astratto, immateriale e potenzialmente perfet-

tibile esso comporti.

Dall’altro, la corposa concretezza del possesso, che dalla

roba,

di verghiana memoria, si è nel tempo evoluto per

arrivare fino alla smaterializzazione totale del posseduto.

Tra i due termini (pensiero e possesso), però, non c’è il

vuoto cosmico, ma al contrario un’infinità di suggestioni

e commistioni che in chimica verrebbero descritte come

miscugli o soluzioni.

I verbi dell’esistenza

Esistere, infatti, non è solo appannaggio del pensare o dell’a-

vere, ma anche del

desiderare

, del

sentire

, del

sognare

, del

pre-vedere

, del

progettare

, del

valutare

, del

testare

, dell’

i-

potizzare

e dello

sperimentare

.

Esistere è proprio questo: spaziare nel vasto campo delle

suggestioni umane senza limitarsi a coglierle con il pensiero

o a tesaurizzarle in cassaforte, ma andando oltre, semplice-

mente… vivendole.

Esistere come consumatore

Bene riassume questo concetto Lisa Giordano di Zodio che

nella Cover Story di questo numero a pag. 36 afferma: “Nella

nostra società non si ha più bisogno di possedere i prodotti

per esistere”.

Il senso è chiaro: sfida precipua dell’insegna francese, in-

fatti, è quella di coinvolgere i clienti in un’esperienza che

li arricchisca, lusingandone le aspirazioni. Che li porti a

progettare

creazioni personali e consenta loro di

testare

le

proprie capacità nel découpage e nel fai da te. Che consenta

loro di

valutare

le proprie competenze o di apprendere ex

novo un’abilità inedita.

Nonpiù il mero oggetto, visto-acquistato e (infine) posseduto.

Ora il fattore esperienziale ha addirittura la priorità sull’atto

dell’acquisto.

Prova ne è anche la sempre maggiore considerazione data

dai clienti all’offerta food&beverage nei centri commerciali.

Evidentemente l’input è univoco; non il pensare né il posse-

dere: in cima alle priorità svetta il vivere bene l’esperienza

di acquisto, grazie a una food court sempre più qualificata

(da pag. 24).

Vivere bene, o meglio consentire ai clienti di vivere bene

è anche la mission primaria di Market District (da pag. 16)

con iniziative come la cooking school e la demo kitchen.

Il processo d’acquisto – questo l’assunto – deve pertanto

essere appagante in tutte le sue fasi, in modo che il cliente

riesca a declinare come si deve i suoi verbi dell’esistenza.

E questo vale anche per lo shopping online, che nella

sua modalità smart ha non solo la prerogativa di rendere

visivamente fruibili in tempo reale gli oggetti da

deside-

rare

(da pag. 6), ma consente pure (in nome della legge

del minimo sforzo) di

sperimentare

modalità di acquisto

facilitate come le app tramite cui effettuare la consegna a

domicilio (da pag. 56).

Infine uno sguardo oltre il qui e adesso. Senza una proie-

zione nel domani, infatti, l’esistenza (tanto quella assoluta

quanto quella in qualità di consumatore) sarebbe zoppa.

Non si può prescindere dal

pre-vedere

,

ipotizzare

e (perché

no?)

sognare

in prospettiva. Saggio interessante, in questa

direzione, è quello di Amagi (da pag. 22) che – partendo

dagli embrionali fresh pickup di Amazon – si spinge a teo-

rizzare scenari futuribili, in cui la componente del servizio

acquisterà un peso crescente.

EDITORIALE

cogito ergo sum

:

habeo ergo sum

=

spirito

:

materia

Carmela Ignaccolo