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OTTOBRE/NOVEMBRE 2017

Inaggiunta, ciòche rilevanonèsolo il pro-

cesso di arretramento del numero dei re-

sidenti, ma anche la distribuzione sul ter-

ritorio nazionale degli italiani del futuro.

Le statistiche raccontano infatti di unPae-

sevittimadi unprocessodi desertificazio-

ne demografica che finirà per accentuare

la frattura Nord-Sud: lo spopolamento

andrà a colpire segnatamente le aree

meno prospere del Paese, innescando

una spinta migratoria dalle Regioni me-

ridionali a quelle settentrionali che nelle

dimensioni sarà paragonabile a quella

osservata a cavallo degli anni Cinquanta

e Sessanta all’epoca del “miracolo eco-

nomico italiano”.

A spopolarsi saranno in prevalenza le

Regioni del Sud, proprio dove l’incidenza

della spesa per generi di largo consumo

risulta più elevata, ed i centri periferici,

lontani dalle rottedell’industria edel turi-

smo, imedesimi chehannogià soffertodi

una riduzione del 20% della popolazione

nel corso degli ultimi quaranta anni.

Ad alimentare l’incertezza, soprattutto

per effetto del quadro geopolitico in di-

A SPOPOLARSI

SARANNO IN

PREVALENZA LE

REGIONI DEL SUD,

PROPRIO DOVE

L’INCIDENZA

DELLA SPESA

PER GENERI DI

LARGO CONSUMO

RISULTA

PIÙ ELEVATA

venire nell’area mediorientale e nel continente africa-

no, intervengono anche i grandi movimenti migratori:

secondo le stime disponibili,

entro il 2065 i cittadini

di origine straniera residenti in Italia dovrebbero

aumentare in una misura pari al 50%

(da 5 a 7,5

milioni di persone, poco meno di 300 mila unità ogni

anno), facendo quasi raddoppiare il peso della popo-

lazione di provenienza extra Italia sul totale (dall’8%

a circa il 15%).

E mentre l’agenda politica continua ad adottare un ap-

proccio schizofrenicoal temadello “Ius soli”, èopportuno

ricordare che se volessimomantenere i livelli demografici

di oggi, dovremmonecessariamente “importare” persone

dai Paesi stranieri, facendo crescere l’incidenzadei “nuovi

italiani” ad oltre il 30% del totale.

Solo così potremmo preservare l’Italia di oggi e con essa

i medesimi consumi, il medesimo sistema di welfare e

di attività produttive. Ne trarrebbe giovamento anche la

tenuta sociale di tutto il Paese: come ha ricordato l’Inps

nell’ultima relazioneannuale,

lachiusuradelle frontiere

ai migranti significherebbe 73 miliardi in meno di

entrate contributive in venti anni

, con un saldo netto

negativo di 38 miliardi per il sistema previdenziale.

Compensazione straniera esclusa, infatti, le futurenascite

non saranno sufficienti a supplire ai decessi, per effetto

non solo del graduale invecchiamento della società (il

numero dei centenari decuplicherà nei prossimi trenta

anni, passandodai 17mila attuali ai 157mila del 2050)ma

anche della riduzione del numero delle potenziali madri.

I dati più recenti mostrano come l’età di uscita dal nucleo

di origine sia salita attorno ai 30 anni nel nostro Paese,

mentre risulti inferiore ai 25 non solo nei Paesi scandi-

navi, tipicamente più flessibili nei processi familiari, ma

anche in Francia, Germania e Regno Unito.

La sovrapposizione di queste tendenze contribuisce a

produrre due effetti in termini di fenomeni economici.

Da una parte, il processo di invecchiamento risulterebbe

più moderato, più gestibile e quindi anche meno costoso

per la finanzapubblica se fosseprodottosolodall’aumento

della longevità enon accentuato anchedall’erosionedelle

nuove generazioni: l’Italia perde ogni anno più giovani

di quanti anziani guadagna, rinunciandodi conseguenza

a quella porzione di popolazione che manifesta una

propensione alla spesa più elevata.

Dall’altra, invertire la rotta demografica rappresenta la

sola via percorribile per far crescere i consumi, se si

considera che il costo di un figlio sino al raggiungimento

della maggiore età è stato stimato nell’ordine degli 80

mila euro (Rapporto Coop).

È dunque necessario riportare al centro del dibattito il

tema dell’emergenza demografica, per evitare di finire in

una trappola generazionale e restituire vitalità e dinami-

smo al Paese: nonesiste futuro, sociale ed economico, per

una collettività che si abitua a pensare alla condizione di

solitudine e vecchiaia come il paradigma prevalente.

S

+50%

L’AUMENTO STIMATO

DEI CITTADINI STRANIERI

RESIDENTI IN ITALIA

ENTRO IL 2065

PER AVERE LA STESSA POPOLAZIONE DI OGGI,

ABBIAMO BISOGNO DI 15 MILIONI DI “NUOVI ITALIANI”

55,7

45,8

5

7,9

7

0

10

20

30

40

50

60

70

2017

2065*

9

20% della

popolazione

“Nuovi italiani” potenziali “Nuovi italiani” previsti

Italiani

*Previsioni

Fonte: REF Ricerche su dati Istat