
L’operazione dei Nas di Salerno che hanno sequestrato un caseificio dove si produceva mozzarella con scarti di lavorazione di altri caseifici, additivi chimici e cagliata proveniente dai paesi dell’Est riporta in primo piano il tema della contraffazione dei prodotti alimentari, tra cui quello della mozzarella. Non sono infrequenti i casi di controlli nei caseifici dove si scopre che viene prodotta mozzarella Campana Dop senza rispettare il disciplinare di produzione, utilizzando per esempio latte congelato.
Il tema della contraffazione alimentare, oltre a essere una spina nel fianco per l’export dei prodotti italiani, è da allarme rosso anche nel nostro Paese, complice la crisi e lo spostamento dei consumi verso prodotti low cost, che hanno favorito la crescita dall’inizio della crisi, secondo un’analisi di Coldiretti, dei prodotti contraffatti del 248% e nel solo 2013 prodotto sequestri per un valore di 441 milioni di euro. Complessivamente il business delle agromafie – secondo il recente Rapporto Agromafie elaborato da Coldiretti, Eurispes, e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare – è aumentato del 10 per cento in un anno e ha raggiunto i 15,4 miliardi di euro nel 2014.
Tale incremento – sottolineano Coldiretti, Eurispes ed Osservatorio sulla criminalità nell’agroalimentare – è stato determinato da diversi fattori tra i quali questi alcuni non prevedibili, come quelli climatici, che hanno colpito pesantemente la produzione, non più in grado di soddisfare la domanda, ciò che apre le porte a fenomeni di ulteriore falsificazione e sfruttamento illegale dei nostri brand; altri, dovuti alle restrizioni nell’erogazione del credito alle imprese che hanno portato o alla chiusura di numerosissime aziende o alla necessità per molti imprenditori di approvvigionarsi finanziariamente mediante il ricorso ad operatori non istituzionali.
Gli interessi criminali sono rivolti anche alle forme di investimento nelle catene commerciali della grande distribuzione, nella ristorazione e nelle aree agro-turistiche, nella gestione dei circuiti illegali delle importazioni/esportazioni di prodotti agroalimentari sottratti alle indicazioni sull’origine e sulla tracciabilità, della macellazione e della panificazione clandestine, dello sfruttamento animale e del doping nelle corse dei cavalli, e lucrano anche sul ciclo dei rifiuti, non curandosi delle gravi conseguenze per la catena agroalimentare, per l’ambiente e la salute di tutti noi e delle future generazioni.
In questo quadro si inserisce l’azione che stanno conducendo imprese della grande distribuzione e della trasformazione per mantenere l’indicazione dello stabilimento di produzione in etichetta, sottoscrivendo la petizione lanciata da Raffaele Brogna con io leggo l’etichetta.
“Di fronte a questa escalation di truffe e inganni per salvare il Made in Italy non c’è più tempo da perdere e occorre rendere subito obbligatoria l’indicazione di origine per tutti gli alimenti per garantire la trasparenza dell’informazione e la salute dei consumatori”, ha affermato a sua volta il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo.
di Fabrizio Gomarasca