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OTTOBRE/NOVEMBRE 2017
milioni di sterline da parte di Jobi Capital, Transmed
e altri investitori già presenti nel capitale. Anche se
la strada dell’internazionalizzazione non è esente da
rischi, come ha sperimentato la concorrente
Jinn
, altra
startup londinese che, dopo avere tentato di allargare
il proprio business in Spagna, ha annunciato la “messa
in pausa” delle attività all’estero per concentrarsi sul
mercato interno.
La legge del minimo sforzo
Un diverso modello di “shopping delivery”, pure basato
a Londra, è quello di
Dropit
, fondata nel 2015 da Karin
Cabili. Il servizio, in questo caso, è disponibile in una
sessantina di negozi dell’area di Regent Street e Oxford
Street, nel West End, fra i quali Abercrombie & Fitch,
Marks & Spencer, Stefanel, Superga, Jimmy Choo e molti
altri: dopo avere effettuato i suoi acquisti, al momento
del pagamento il cliente può chiedere di avvalersi di
Dropit per farseli consegnare a casa all’orario preferito,
evitandosi la fatica dimuoversi per la città caricodi borse,
pacchi e pacchetti. Acquistando un “pass” giornaliero da
10 sterline si ha la possibilità di usufruire della consegna
di un numero illimitato di sacchetti, dopo avere dedicato
un’intera giornata allo shopping negli store convenzio-
nati. Il servizio è accessibile dal POS del negozio oppure
tramite l’apposita app su smartphone.
Diversamente pony express
Gli esempi non mancano ovviamente nemmeno ol-
treoceano. A partire da Uber, che nel 2015 ha avviato
in tre città statunitensi (New York, San Francisco e
Chicago) il servizio
Uber Rush
. Da non confondere
con Uber Eats (presente anche in alcune città italiane)
per il delivery di cibo, si propone più che altro come
alternativa urbana ai classici corrieri o pony express,
dal momento che prevede il ritiro presso l’utente e
la consegna all’indirizzo indicato da quest’ultimo. In
alcune aree stanno poi prendendo piede servizi di
delivery “verticali”, focalizzati su specifiche catego-
rie merceologiche. Fra questi, ha fatto parlare di sé
la californiana
Eaze
, specializzata nella consegna di
marijuana a uso medico in non più di 20 minuti: ope-
rativa in oltre 100 città, la società ha raccolto nell’ot-
tobre 2016 finanziamenti per oltre 25
milioni di dollari. Niente marijuana alle
nostre latitudini, dove però a Milano,
Roma e (da ottobre) Catania è attiva
Glovo
, società spagnola sbarcata per
la prima volta in Italia nell’aprile del
2016 con l’acquisizione della milanese
Foodinho
. Il modello ricalca sostanzial-
mente quello di Quiqup: tramite l’app si
può prenotare un “glover” in scooter che
può acquistare, ritirare e consegnare
qualsiasi prodotto (cibo compreso) in
meno di 60 minuti.
Partnership commerciali
Anche in questo caso la società ha stretto
partnership con attività commerciali che
possono vendere i propri prodotti attra-
verso l’app di Glovo, accollandosi in tutto
o in parte i costi della consegna al cliente.
Gli ordini su richiesta hanno invece un
costodi4,90europiùilprezzodeiprodotti
acquistati. Fondata nel 2014 a Barcellona
da Oscar Pierre, giovane ingegnere aero-
nautico, la società di “anything delivery”
opera attualmente anche nelle principa-
li città della Spagna e a Parigi, dichiara
250mila clienti e a settembre ha incassato
un nuovo round di finanziamenti per 30
milioni di euro, grazie ai quali conta di
rafforzare il posizionamento sul mercato
e sviluppare la propria piattaforma tec-
nologica. Perché è essenzialmente nella
tecnologia – tanto dal lato utente quanto
per la gestione interna della logistica e
dei fattorini – che risiede il principale
asset di queste aziende, che sul piano
organizzativo ricalcano il modello delle
“cugine” specializzate in food delivery:
strutture agili, con un numero di dipen-
denti ridotto al minimo e un esercito di
driver “freelance”, pagati acottimo inbase
alle consegne e ai chilometri percorsi...
S
ON DEMAND DELIVERY
8-9 kg
PESO MASSIMO DEL
PRODOTTO CHE GLOVO
PUÒ CONSEGNARE
40x40x30
DIMENSIONI MASSIME
IN CM DEL PRODOTTO
DA CONSEGNARE
Oscar Pierre
CEO di Glovo