Le relazioni di filiera, l’impresa etica e il caso Volkswagen

Non poteva capitare meglio, nel pieno della bufera su Volkswagen, l’incontro organizzato a Expo da Impronta Etica per la presentazione della ricerca “Integrata, connessa e sicura. La gestione sostenibile della catena di fornitura tra rischi e opportunità”.

Qui puoi scaricare la ricerca

Una ricerca, curata dal segretario generale di Impronta Etica (associazione senza scopo di lucro per la promozione e lo sviluppo della responsabilità sociale d’impresa, partner del network europeo CSR Europe), che si caratterizza per aver cercato di affrontare la responsabilità sociale d’impresa analizzando il rapporto tra aziende e fornitori, in un contesto che cambia, ma che vede al centro sempre il rapporto con i cittadini consumatori.

Anzi, è propri la centralità del consumatore a determinare la necessità di una gestione sostenibile della catena di fornitura che “massimizza i suoi effetti quando all’obiettivo di riduzione degli impatti ambientali e sociali nel processo produttivo si affianca la capacità di costruire tra l’impresa e il fornitore rapporti stabili, collaborativi, basati sullo scambio e lo sviluppo sinergico di conoscenze e competenze”. Così la filiera è sostenibile se da frantumata e basata sul prezzo diventa integrata con un investimento di lungo periodo che stimoli il fornitore a erogare un servizio sempre migliore come condizione necessaria per il mantenimento della relazione e consenta all’azienda di superare la logica orientata al costo del rapporto. «La logica di integrazione – dice Parmigiani – si ripercuote anche sul processo di innovazione dei prodotti» e fa l’esempio di Procter & Gamble che ha connesso nel processo di sviluppo dei prodotti una quindicina di fornitori: ne sono nati 250 prodotti he hano una redditività passata dal 2 al 6%.

Ma la filiera diventa anche intelligente e connessa per la massima trasparenza e visibilità dei processi e sicura per ridurre la probabilità di rischi e per meglio presidiare la fiducia da parte dei consumatori.

In sintesi, come ha sottolineato Paolo Ricci, docente dell’Università del Sannio, sono quattro i temi chiave della ricerca: le relazioni tra valore d’impresa e valore per il territorio, dove valore non va confuso con profitto, la ridefinizione del termine stakeholder perché le nuove relazioni cambiano la soggettività delle imprese, pensare all’innovazione come sostenibilità («È innovativo ciò che è sostenibile») con il corollario relativo al rischio di impresa che attiene all’imprenditore e non deve essere trasferito ad altri.

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Nel delineare le nuove relazioni di filiera tra etica e strategia nella gestione sostenibile della catena di fornitura, la ricerca analizza numerosi casi di business con l’obiettivo di dimostrare che la sostenibilità lungo la catena è una leva strategica, che sta alla base della «capacità dell’impresa di riappropriarsi del valore e che non si ferma al quotidiano», ha detto Adriano Turrini, presidente di Impronta Etica e di Coop Adriatica. «Non dimentichiamo che al punto d’arrivo della filiera c’è un territorio, inteso come nucleo di comunità. La sostenibilità è la chiave vincente e la leva strategica nello sviluppo dell’impresa. Ma l’impresa deve in questa prospettiva accettare le regole del mercato, la legislazione, qualsiasi forma di concorenza, svincolandosi da una visione che vede l’unico obiettivo nel profitto domani».

È pensando alle nuove relazioni che cambiano la soggettività dell’impresa di cui ha accennato Ricci, che il caso Volkswagen diventa emblematico: «Qual è il sistema identitario di Volkswagen tra ciò che dichiara di fare (visto che per anni ha pubblicato un bilancio di sostenibilità) e come agisce, non rispettando le regole del mercato dove opera?» si chiede il docente.

Proprio a questo riguardo abbiamo chiesto a Turrini una lettura dell’affaire Volkswagen in chiave di responsabilità sociale d’impresa.