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Sequestro Gm Catania, le agromafie, business in crescita da 21,8 miliardi, anche nella Gdo

Un business in crescita addirittura del 30% nel 2017, e che va ormai dal controllo dei supermercati a quello della distribuzione dei prodotti agroalimentari: è quello delle agromafie, che ormai secondo Coldiretti gestisce un volume d’affari di 21,8 miliardi di euro, con attività che riguardano l’intera filiera agroalimentare. Lo conferma l’ultimo fatto di cronaca che ha visto il maxi-sequestro a Catania di beni per 41 milioni di euro a Michele Guglielmino, di 48 anni, personaggio vicino al clan Cappello-Bonaccorsi., tra cui l’intero patrimonio aziendale della catena di supermercati Gm con 13 supermercati “G.M.” tra  Catania provincia.

Secondo Coldiretti le mafie condizionano il mercato agroalimentare stabilendo i prezzi dei raccolti, gestendo i trasporti e lo smistamento, il controllo di intere catene di supermercati, l’esportazione del vero o falso Made in Italy, la creazione all’estero di centrali di produzione dell’Italian sounding e lo sviluppo ex novo di reti di smercio al minuto. “In questo modo la malavita si appropria di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza e il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta, ma anche compromettendo in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto di minare profondamente l’immagine dei prodotti italiani e il valore del marchio Made in Italy”.

Sarebbe proprio l’agroalimentare una delle aree prioritarie di investimento della malavita, settore strategico “perché consente di infiltrarsi in modo capillare nella società civile e condizionare la via quotidiana della persone”. All’interno di questa logica i supermercati sono ideali coperture, con una facciata di legalità dietro la quale non è sempre facile risalire ai veri proprietari e all’origine dei capitali. 

«Le agromafie vanno contrastate nei terreni agricoli, nelle segrete stanze in cui si determinano in prezzi, nell’opacità della burocrazia, nella fase della distribuzione di prodotti che percorrono migliaia di chilometri prima di giungere al consumatore finale – ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo -, ma anche con la trasparenza e l’informazione dei cittadini che devono poter conoscere la storia del prodotto che arriva nel piatto».

 

Mani anche sulla ristorazione

Anche la ristorazione è bersaglio della criminalità organizzata, e sarebbero cinquemila i locali nelle mani della criminalità. Secondo il presidente Fipe – Federazione Italiana Pubblici Esercizi Lino Enrico Stoppani «La Ristorazione è vittima di un sistema malavitoso che impone ricatti ed estorsioni e che acquisisce locali, completando la sua filiera criminale, inquinando il settore e distorcendo le dinamiche concorrenziali, producendo danni aggiuntivi, anche di natura reputazionale per tutto il comparto, fatto per la stragrande maggioranza di operatori perbene, che lavorano e faticano valorizzando la filiera agro-alimentare».

Sempre secondo Fipe “va ripreso e rafforzato il controllo del territorio, tenuto monitorato lo sviluppo delle imprese, individuando indici di allerta (socio effettivo, importo degli avviamenti pagati, corrispettivi incassati, concentrazione di attività) che evidenzino anomalie sulle quali intervenire, proteggendo i veri imprenditori del settore che devono poter svolgere il loro lavoro liberamente, senza ricatti o distorsioni”.

 

 

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