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La bolla immobiliare inglese

“La bolla immobiliare inglese sta scoppiando. A Londra i primi effetti si stanno già facendo sentire ed è molto probabile che nelle prossime settimane e nei prossimi mesi il prezzo degli immobili, commerciali e residenziali, subirà un tracollo, che può essere anche nell’ordine del 20 per cento, stando alle stime prudenziali di diversi analisti. Un problema solo inglese? Non proprio, perché con la grande interconnessione finanziaria che c’è fra le banche britanniche e quelle del resto del mondo il virus è destinato a propagarsi anche nel Vecchio Continente. E di conseguenza anche in Italia, dove già adesso le banche sono in grande sofferenza, strette fra il bisogno di nuovi capitali e l’esigenza di liberarsi del fardello dei crediti di difficile recupero. Insomma, potenzialmente ci sono tutti gli ingredienti per un’estate caldissima per gli istituti di credito italiani. Motivo per cui la trattativa fra Bruxelles e Roma per sbloccare un intervento statale a tutela delle nostre banche diventa sempre più urgente.

Ma cosa sta succedendo a Londra? E quali sono i primi segnali dello scoppio della bolla? Ad oggi sei importanti fondi immobiliari che operano in Inghilterra hanno annunciato il blocco dei rimborsi agli investitori che hanno chiesto il riscatto delle proprie quote. Fra questi sei ci sono i quattro pilastri del mercato immobiliare: M&G, Henderson, Standard Life e Aviva. Come funzionano e cosa fanno questi fondi? Essenzialmente raccolgono sul mercato – tramite strumenti finanziari elaborati, sia di capitale che di debito – fondi per comprare i grossi centri commerciali e i palazzi pieni di uffici di cui è stracolma la City.

Gestendo queste enormi proprietà, remunerano gli investitori, poggiando la propria solidità sul valore degli immobili stessi. Ora, dopo la Brexit, tanti investitori, sia istituzionali che singoli risparmiatori, stanno chiedendo di rientrare sulla base della comprensibile paura che tutta una serie di aziende e società con base a Londra possano abbandonare gli uffici. I fondi però non si trovano nella situazione di poter affrontare queste richieste: in altre parole hanno problemi di liquidità. E lo avranno per parecchi mesi se non anni, visto che per soddisfare queste richieste devono mettere sul mercato gli immobili di proprietà. Ovviamente la messa sul mercato di un grosso stock di case e uffici farà scendere, e di molto, i prezzi, facendo così scoppiare la bolla, cresciuta negli ultimi anni a dismisura grazie agli investimenti immobiliari a Londra fatti da russi, arabi e magnati asiatici.

Il grande rischio però non sta tanto nello scoppio della bolla in sé, ma nel modo in cui si può propagare al settore finanziario e di conseguenza sui mutui e i prestiti concessi a famiglie e imprese, inglesi e non. Intanto bisogna considerare che ben 4 dei fondi immobiliari in difficoltà fanno capo a compagnie assicurative di prim’ordine nel regno Unito: Prudential, Aviva, Standard Life e Canada life. Gli amministratori delegati iniziano ad avere paura di una fuga degli investitori, tanto che già si stanno attrezzando per tenerseli stretti. Un solo esempio: Mark Wilson, Ceo di Aviva, ha promesso ai propri azionisti di portare l’utile per azione al 50 per cento. Ma non è solo il settore assicurativo ad essere sotto pressione.

Stando alle opinioni raccolte fra gli operatori di mercato che lavorano sulla piazza londinese, c’è inevitabilmente una correlazione fra i fondi immobiliari e le banche. Istituti come Barclays, Deutsche Bank e la stessa Unicredit hanno un’esposizione nei confronti dei property funds. Quindi una forte svalutazione di quest’ultimi può portare a una contestuale perdita di valore per gli attivi delle banche. Senza considerare che se cade il mercato immobiliare, cade anche il valore delle garanzie che le famiglie di solito danno per l’accensione di mutui. In altri termini, si può instaurare un circolo vizioso micidiale sia per le banche che per i clienti. Il più classici degli effetti domino, un po’ sullo stile di quello che è successo con la crisi dei mutui subprime del terribile biennio 2007-2008.

Quanto lo scoppio della bolla immobiliare inglese sia pericoloso per l’Europa, e in ultima analisi per l’Italia, è la domanda che si stanno facendo in queste ore nelle sedi operative delle banche d’affari londinesi. Molto dipenderà da quanto sarà grande il crollo dei prezzi delle case e da quanto saranno nei fatti esposte le banche europee. Da una parte, c’è l’ottimismo dovuto al fatto che rispetto alla crisi americana di nove anni fa ci sono in giro pochissimi strumenti tossici come le famose Cdo e Abs, che fecero da propagatori esponenziali dello scoppio della bolla. Dall’altra parte però c’è il fatto che un’eventuale ulteriore perdita di valore degli attivi delle banche europee si andrebbe pericolosamente ad aggiungere alle difficoltà che già adesso mettono sotto pressione i bilanci degli istituti, come la questione derivati per Deutsche Bank o la questione crediti inesigibili per Mps. Insomma, sembra abbastanza inevitabile che un’onda si abbatterà presto sulle banche europee, e italiane. Se sarà un flutto sopportabile o uno tsunami, è tutto da vedere”.

(Fonte: www.huffingtonpost.it, Gianni Del Vecchio, Editor in Chief, Huffington Post Italy, “Scoppia la bolla immobiliare a Londra, l’effetto si sentirà a Roma”, 7 luglio 2016).

Banche: scudo da 150 miliardi

“A un giorno dallo schiaffo di Angela Merkel, arriva per Matteo Renzi e per l’Italia la vittoria sulle banche. Oggi pomeriggio la commissione europea ha annunciato di aver concesso all’Italia la possibilità di attivare una garanzia pubblica sui debiti delle banche per sostenerle, qualora ce ne fosse la necessità. Un super scudo che potrà arrivare fino a 150 miliardi di euro, da attivare all’evenienza. Da qui il dolce e l’amaro di questa vittoria. Perché da una parte il via libera della commissione viene letta da fonti di governo come un ‘successo politico’, un segnale forte, per i mercati certo, ma anche per testare il peso del nostro Paese nell’Unione. Dall’altra parte però la velocità nell’aver concesso all’Italia questa deroga sulle norme europee, e la concessione stessa, apre un fronte di incertezza sulla salute del nostro sistema bancario. Perché presuppone che il problema banche post-Brexit, in Italia, ci sia. E sebbene fonti governative sostengano che lo scudo sia preventivo e che non necessariamente ci sarà la necessità di attivarlo, le stesse fonti continuano a confermare che il problema che preoccupa di più si chiama Monte dei Paschi di Siena. Che dall’inizio dell’anno ha perso il 67% del suo valore e che anche oggi chiude in Borsa a -2,4%, nonostante il rimbalzo di fine giornata dopo l’annuncio dell’accordo con l’Ue. Ma di vittoria, prima di tutto politica, comunque si tratta. Soprattutto se si pensa che le parole della cancelliera tedesca Angela Merkel, quello schiaffo al gusto di ‘le regole sulle banche non si cambiano ogni due anni’, sembrava aver messo un macigno sulle aspirazioni dell’Italia e sulla trattativa stessa. E invece, a 24 ore, arriva la notizia che il nostro Paese ha ottenuto ciò che voleva, ovvero una deroga eccezionale di sei mesi, perché lo Stato possa fare da garante per banche in difficoltà, ad esempio attraverso il prestito obbligazionario. Il ministero dell’Economia spiega che lo schema proposto dall’Italia e autorizzato dalla Commissione fino al 31 dicembre 2016 prevede che lo Stato, attraverso il Tesoro, possa prestare la propria garanzia sul debito di banche solvibili, ovvero su bond senior di nuova emissione. Questa flessibilità che ci è stata concessa è consentita in casi specifici di deroga alla normativa sulla Brrd ed è compatibile con la comunicazione della Commissione sugli aiuti di Stato nel settore bancario. Si tratta di uno schema in vigore anche in altri paesi partner dell’Ue e dall’esplosione della crisi finanziaria per il crac Lehman Brothers, Bruxelles ha approvato numerosi programmi di supporto per il sistema finanziario. Attualmente sono in vigore schemi di garanzia statale per le banche autorizzati dalla Ue in Grecia, Cipro, Polonia e Portogallo. Ovvero tutti Paesi che certo non brillano in Europa per stabilità. ‘Si tratta – spiegano comunque fonti del Mef – di uno schema che mette il Governo in condizioni di intervenire in caso di scenari avversi. Davanti alle turbolenze dei mercati finanziari dei giorni scorsi, il Governo ha ritenuto opportuno ipotizzare tutti gli scenari, anche i più improbabili, per essere pronto a intervenire a tutela dei risparmiatori. Come indicato dal Presidente del Consiglio lo scorso venerdì 24, per ragioni di cautela il Governo attrezza tutte le misure necessarie ad affrontare qualsiasi scenario, nonostante al momento non si ravvisino le condizioni perché tali scenari possano realizzarsi’. Anche la portavoce della commissione europea ha sottolineato che l’Italia ha chiesto la misura ‘per ragioni precauzionali’ e ‘che non c’è l’aspettativa che emerga la necessità’ di usare lo scudo. Il solo fatto di averlo concesso, però, solleva il dubbio che il pericolo di una emergenza sistemica delle banche in Italia ci sia, e che il governo voglia avere in mano tutti gli strumenti necessari per farvi fronte. Su quali saranno questi strumenti, molte le ipotesi in campo a cui stanno lavorando i tecnici del Tesoro: si va dalla garanzia attraverso una sorta di fidejussione bancaria all’utilizzo per la Cdp per l’acquisto di bond di una banca con garanzia del Tesoro. Allo stesso tempo, viene spiegato, l’accordo con l’Ue potrebbe essere usato anche nella creazione del fondo Atlante 2, dedicato a smaltire i crediti deteriorati delle banche, con una garanzia pubblica, per tranquillizzare gli operatori”. (Fonte: www.huffingtonpost.it, “Banche, autorizzazione Ue all’Italia per garanzia pubblica fino a 150 miliardi. Per Matteo Renzi una vittoria con retrogusto”, 30 giugno 2016). “Adesso bisogna davvero fare ripartire il credito per sostenere la ripresa”, rilevavamo su inStore di aprile/maggio 2016 (pag. 39).; citando Pier Carlo Padoan: “Malgrado le turbolenze c’è una solidità di fondo del sistema bancario italiano che va avanti e che non a caso viene considerato uno dei più affidabili e attraenti dove investire”. Tenderemmo a dubitarne: ribadendo che “la riduzione dello stock di sofferenze assume una valenza decisiva”.

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