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Il caldo fuori stagione mette in crisi la raccolta delle castagne

L’autunno caldo sconvolge i cicli naturali con le castagne che rimangono sugli alberi per le elevate temperature e la carenza di precipitazioni che non fa cadere i ricci impedendone la raccolta. L’allarme parte dalla Coldiretti nell’evidenziare gli effetti del clima anomalo sulla coltivazioni e sui consumi degli italiani in un autunno 2023 che si classifica fino ad ora in Italia al terzo posto tra gli anni più caldi dal 1800 con una temperatura di settembre superiore di ben 2,17 gradi la media storica del mese (1991-2020) secondo Isac Cnr.

Le prime stime fanno prevedere una produzione di castagne in calo per Italia, dove per effetto del meteo pazzo la raccolta parte in ritardo di almeno una decina di giorni rispetto alla tradizione. Le abbondanti piogge di maggio e giugno hanno condizionato fortemente l’allegagione dei fiori, successivamente i prolungati rialzi delle temperature, accompagnati da lunghi periodi di siccità, hanno provocato il taglio delle disponibilità, anche se non ovunque. Complessivamente si scenderà al di sotto dei circa 45 milioni di chilogrammi di produzione media nazionale degli ultimi 5 anni per effetto dei cali previsti dall’Emilia Romagna fino a tutto il sud Italia mentre risultano in controtendenza alcune aree del nord Italia, in particolare Piemonte e Trentino, dove le quantità dovrebbero risultare stabili, con locali aumenti. Buona ovunque la qualità dei frutti con punte di eccellenza. L’Italia resta il sesto produttore mondiale di castagne, con l’86% della produzione che – spiega Coldiretti – viene realizzata in 5 regioni, nell’ordine Campania, Calabria, Toscana, Lazio, Emilia-Romagna.

Si resta tuttavia ancora lontani dai fasti produttivi del passato per quello che Giovanni Pascoli chiamava “l’italico albero del pane”, simbolo dell’autunno nei libri scolastici di molteplici generazioni di giovani scolari. Basta ricordare che nel 1911 la produzione di castagne ammontava a 829 milioni di chili, mentre dieci anni fa era pari a 55 milioni di chili. Il rischio è quello di trovarsi nel piatto, senza saperlo, castagne straniere provenienti soprattutto da Turchia, Grecia, Spagna e Portogallo, considerato che le importazioni nel 2022 sono risultate pari a quasi 20 milioni di chili di castagne, spesso spacciate per italiane, con forti ripercussioni sui prezzi corrisposti ai produttori. Da qui la richiesta di Coldiretti di assicurare più controlli sull’origine delle castagne messe in vendita in Italia per evitare che diventino tutte, incredibilmente, tricolori. Ancora peggiore è la situazione dei trasformati, per i quali non vi è l’obbligo di etichettatura di origine e per le farine di castagne che, non avendo un codice doganale specifico, non è neppure dato a sapersi quante ne vengano importate.

Se non si vuole correre il rischio di acquistare spesso a caro prezzo caldarroste straniere in vendita nel centro delle città, la Coldiretti invita i consumatori a prestare attenzione alla qualità e suggerisce di ricorrere a un più genuino fai da te casalingo per garantirsi un prodotto fresco, sicuro e a costi accessibili. Meglio allora frequentare i mercati degli agricoltori di Campagna Amica o le sagre in calendario in questo periodo dove è possibile fare buoni acquisti di alta qualità al giusto prezzo, oppure rivolgersi alle imprese agricole e riscoprire il gusto di partecipare nei boschi alla raccolta delle castagne. Un modo anche per tutelare l’alta qualità della produzione made in Italy che – precisa la Coldiretti – conta ben sedici prodotti a denominazione di origine legati al castagno che hanno ottenuto il riconoscimento europeo tra cui la Castagna di Montella Igp, il Marrone di Serino/Castagna di Serino IGP e il Marrone della Valle di Susa Igp.

Il caldo record fa calare drasticamente la produzione agricola italiana

Quest’anno i cambiamenti climatici hanno provocato un taglio del 15% del raccolto di riso, del 10% del grano, del 60% per le ciliegie e del 63% delle pere mentre il miele è sceso del 70% rispetto allo scorso anno e si registra un calo anche per la vendemmia (-12%). Ad affermarlo la Coldiretti in riferimento ai dati elaborati dall’Osservatorio europeo Copernicus secondo il quale i primi nove mesi sono stati i più caldi mai registrati nel pianeta con una temperatura media superiore di 0,52 gradi la media storica spinti da un mese di settembre più bollente di addirittura 0,93 gradi.

Una anomalia registrata anche in Europa dove la colonnina di mercurio sempre a settembre è salita ad un livello record con 2,51 gradi in più della media storica secondo Copernicus mentre in Italia il mese di settembre – sottolinea la Coldiretti – si posiziona come il secondo più caldo mai osservato con una temperatura media superiore di 3,1 gradi la media climatica del periodo 1991-2020 secondo gli esperti dell’Osservatorio geofisico modenese Unimore.

Il cambiamento climatico ha scatenato anche l’invasione di pericolose specie aliene, dalla cimice asiatica al granchio blu, dal cinipide del castagno alla Xylella, dal moscerino dagli occhi rossi al calabrone asiatico fino alla vespa velutina che attacca gli alveari, con danni complessivi per oltre un miliardo nei campi come nei mari distruggendo coltivazioni e allevamenti. Siamo di fronte ad una evidente tendenza alla tropicalizzazione con una più elevata frequenza di manifestazioni violente, sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense ed il rapido passaggio dal caldo al maltempo con effetti devastanti – sottolinea la Coldiretti.

Oltre al taglio dei raccolti il cambiamento climatico sta modificando anche la distribuzione delle coltivazioni lungo la Penisola dove la coltivazione dell’ulivo in Italia è arrivata a ridosso delle Alpi, nella Pianura Padana si coltiva oggi circa la metà della produzione nazionale di pomodoro destinato a conserve e di grano duro per la pasta, colture tipicamente mediterranee, mentre i vigneti sono arrivati addirittura sulle vette mentre al sud è boom per le coltivazioni tropicali, dall’avocado al mango fino alle banane.

L’agricoltura è l’attività economica che più di tutte le altre vive quotidianamente le conseguenze dei cambiamenti climatici, ma è anche il settore più impegnato per contrastarli. Si tratta di una nuova sfida per le imprese agricole che devono interpretare le novità segnalate dalla climatologia e gli effetti sui cicli delle colture, sulla gestione delle acque. Servono – conclude la Coldiretti – investimenti anche grazie al PNRR per la manutenzione, risparmio, recupero e regimazione delle acque, un impegno per la diffusione di sistemi di irrigazione a basso consumo, ma anche ricerca e innovazione per lo sviluppo di coltivazioni resistenti.

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