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Domino’s Pizza apre la prima pizzeria italiana fuori da Milano, a Bergamo

Si è fatta conoscere anche da noi per l’uso smart della tecnologia e le consegne veloci e ora Domino’s Pizza, insegna storica americana che ha usato Milano come “testa di ponte” per il suo ingresso in Italia due anni fa, apre il primo punto vendita fuori dall’area metropolitana milanese, anche se non di molto: a Bergamo, in via Broseta 65. È il nono punto vendita italiano.

Aperto 7 giorni su 7 (dal lunedì al giovedì dalle 12 alle 23, dal venerdì alla domenica dalle 12 alle 24), oltre al servizio di consegna a domicilio, il locale dispone di oltre 20 posti a sedere, connessione wi-fi gratuita e ampia disponibilità di parcheggio esterno. La pizzeria di Bergamo occuperà oltre 15 persone sin dall’inizio, portando ad oltre 150 il numero di impiegati in tutti i locali italiani.

«Partendo dalla prima apertura di Milano meno di due anni fa, oggi proseguiamo il nostro piano di sviluppo, con l’obiettivo di ampliare la rete di Domino’s Pizza prima in Lombardia e poi nel resto d’Italia – spiega Alessandro Lazzaroni, master franchisee di Domino’s Italia -. Il Belpaese è per Domino’s Pizza uno dei mercati più importanti al mondo e puntiamo ad espanderci facendo leva su tre elementi che ci contraddistinguono: prodotti innovativi cucinati in maniera tradizionale e con ingredienti di elevata qualità, l’eccellenza nel servizio, che garantisce velocità e puntualità nella consegna della pizza e la nostra tecnologia che permette di svolgere tutte le operazioni, dall’ordine al pagamento online, oltre che seguire in tempo reale lo stato dell’ordine».

Fondata in Michigan nel 1960 Domino’s è oggi la seconda più grande catena di pizzerie nel mondo e la prima catena di pizza a domicilio: ha oltre 14.000 pizzerie in oltre 85 Paesi. 

Grocerant, catene, food delivery: l’Italia sulla soglia del futuro

Una grande apertura al nuovo che ha portato all’ingresso, nell’ultimo anno, di catene straniere del fast food presenti in decine di Paesi, e che proprio ora scelgono di debuttare in Italia. Il mondo della ristorazione veloce in Italia è oggi una sorta di arena dove si stanno sperimentando nuove soluzioni e incroci, che vedono la barriera tra commercio e somministrazione assottigliarsi sempre più. «Ormai il cliente si aspetta di trovare il cibo sempre, ovunque, e di ogni tipologia della quale abbia desiderio al momento» ha spiegato Daniele Tirelli, presidente di POPAI ITALIA all’evento “Are you ready for the Grocerants?” terza edizione del convegno POPAI dedicato al settore del Retail Food Service. Dando un quadro dei nuovi format.
I Netstaurant, ad esempio, i ristoranti integrati con le logiche del web e dei social come il newyorchese 4Food. Nel punto vendita sulla 5a strada tramite vari dispositivi si può costruire il proprio hamburger, che al contrario dello storico Big Mac, che si voleva uguale in ogni punto del mondo, è estremamente personalizzato. Si compilano questionari per conoscere il proprio hamburger ideale, si socializza tra profili affini. E, secondo le logiche social, se il panino creato dal cliente ha successo (ovvero vende bene), questi ottiene un anno di pasti gratis.
Gli Everywhere Restaurant colgono invece la tendenza a portare l’insegna ovunque, tramite i truck. In USA l’hanno fatto Taco Bell e Starbucks, ed è un mercato che cresce del 25% l’anno secondo Technomic.
Le consegne a domicilio sempre più veloci e sofisticate vedono sempre negli States un operatore come GrubHub che in pochi anni ha raggiunto 44mila locali in oltre mille città. Ma nell’area sono scesi grandi player, da Amazon a Google a Uber.

In questo scenario, come evolveranno i supermercati? Servire cibo sottrae business o crea lavoro? Varie le soluzioni possibili. C’è chi prepara e serve nel punto vendita lo stesso prodotto che vende sugli scaffali (ad esempio la pizza da Whole Foods Market) e si è specializzato a organizzare il catering per qualsiasi tipo di evento od occasione speciale, dal matrimonio al compleanno come Kowalski: l’intero banchetto può essere ordinato online.
In Italia siamo agli inizi, sono partire esperienze interessanti come Carrefour viale Bezzi e iper la grande i di Arese, ma c’è ancora qualche zona d’ombra.
Una sorta di guida nel food retail del futuro ci viene da alcune esperienze, italiane ma soprattutto estere, di realtà che hanno da poco aperto nel nostro Paese.

 

Domino’s: la chiave è tecnologia e servizio
domino's«Siamo arrivati molto in ritardo: l’Italia è l’83° Paese per Domino’s – spiega Alessandro Lazzaroni, Marketing Manager di Domino’s Pizza Italia, oggi a Milano con 5 punti vendita che diventeranno presto 6. Nel mondo, sono 13mila per 10 miliardi di fatturato. Certo, portare la pizza americana nel Paese che la pizza ha inventato e che vanta 44mila pizzerie era una sfida improba, quasi impossibile. Come intendete vincerla? «Noi siamo specializzati nella consegna a domicilio, in un mercato estremamente frammentato dove manca il servizio. I 2/3 del nostro business viene dalle consegne a casa. Siamo una digital company che vende pizza. Raggiungiamo noi il cliente in vari modi: tramite App zero click (si può ordinare a voce senza toccare lo schermo), Twitter (basta mandare gli emoticon delle fette di pizza che si vuole a casa), sulla Samsung smart tv, in auto con Ford Synch, tramite smart watch, mentre in Australia sono già usate le consegne con un robot. Perché è l’ordine il momento clou della relazione con il cliente. L’acquisto deve essere molto semplice. Poi c’è il prodotto, buono, italiano, certificato. In Italia naturalmente puntiamo sulle eccellenze locali. E il servizio: assicuriamo la consegna in 30 minuti e con la pizza a una temperatura di almeno 70°C».
Nel locale la lavorazione è a vista, nella massima trasparenza. Una strategia che si completa con una politica di “localizzazione”. «Noi siamo nei quartieri e viviamo la vita di quartiere, integrandoci. Partecipiamo alle feste rionali e parrocchiali, siamo presenti negli eventi del vicinato. Prediligiamo aperture nella stessa città per motivi logistici: a Milano vogliamo arrivare a 15 locali, per coprire tutti i quartieri, poi passeremo a città vicine. Ora la gestione è diretta, nel 2017 partiremo con il franchising».

KFC tra franchising e drive alla conquista del Belpaese
kfc-arese-insideInsegna storica americana specializzata in pollo fritto, è entrata in Italia a fine 2014 con 2 ristoranti, ne ha oggi 6, tutti in centri commerciali, aprirà il 7° il mese prossimo e arriverà a 12 entro fine anno, puntando sul Drive (“ne apriremo uno ad ottobre per verificare se è un format che può fare la differenza”). In Cina apre un ristorante al giorno e ne ha oggi 4000. Nel mondo sono 20mila. «Il nostro obiettivo è aprire dove il cliente ci vuole. Ci svilupperemo con un franchising puro sviluppato per area, con imprenditori che avranno 20/50 locali. Ci concentreremo sui centri commerciali o sulle strade di grande scorrimento, evitando i centri città, per ora troppo costosi. Anche McDonald’s del resto, che ha aperto anni fa nei centri città per diffondere la marca, ora sta delocalizzando» spiega Corrado Cagnola, Ad di KFC Italy.

Fiorfood, progetti pilota da replicare nella rete
fiorfood«Perché abbiamo aperto Fiorfood? Avevamo in casa dei prodotti a marchio molto forti, e abbiamo pensato di ibridare per promuoverli. Il mondo però sta andando in direzione opposta, il focus è sulla somministrazione – dice Antonio Audo, Responsabile area progettazione – energy management Novacoop –. È un progetto pilota, un nostro primo approccio verso la ristorazione, che non è il nostro business primario, per sperimentare nuove forme che vorremmo replicare nella nostra rete di supermercati. È anche una vetrina, in centro a Torino in un edificio storico e prestigioso, un ex cinema, che serve anche a raccontare la storia della cooperativa. Nella rete stiamo sviluppando un format di superstore, riducendo i grandi format e concentrandoci sul food».

Foodora, consegna cibo d’alta gamma
foodoraLa tedesca Foodora è nata nel 2014 ed è presente oggi in 10 Paesi. Per ora in Italia consegna pasti da ristoranti a Milano e Torino. «Siamo un’azienda di servizi logistici con una doppia valenza: verso il cliente finale e verso il ristorante – spiega Massimiliamo Mesenasco, Head of Account Management Italy -. Ci distinguiamo dagli altri operatori perché consegnamo solo da ristoranti di livello medio-alto. Un’altra cosa che ci contraddistingue è la consegna in bicicletta. Solo a Milano abbiamo 300 fattorini. La gestione dell’ordine avviene tramite un algoritmo e va completata in 30 minuti. Il nostro cliente? Un professionista che fa tardi al lavoro, e ha una volontà e capacità di spesa anche doppia rispetto a chi ordina normalmente prodotti come la pizza. I pagamento avvengono in forma elettronica, in anticipo».

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