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NutrInform Battery, l’app che aiuta a fare una spesa consapevole

Il NutrInform Battery può essere considerata la risposta italiana al Nutri-Score, il sistema semaforico che classifica gli alimenti in buoni (bollino verde) e cattivi (bollino rosso), ma senza tenere in considerazione le informazioni utili su porzioni consigliate e reali apporti nutrizionali degli alimenti.

Federdistribuzione, Ancc-Coop, Ancd Conad, le tre associazioni che rappresentano la distribuzione moderna, promuovono la proposta italiana di etichettatura nutrizionale, nata per aiutare i consumatori a compiere scelte informate e consapevoli a tavola, seguendo una dieta sana ed equilibrata. Dal 15 febbraio quindi migliaia di punti vendita delle imprese della distribuzione aderenti alle tre associazioni hanno iniziato a suggerire l’utilizzo dell’app dedicata al Nutrinfom Battery, con iniziative di comunicazione destinate ai milioni di italiani che ogni giorno fanno la spesa. Il sistema NutrInform Battery mette a disposizione un’app, semplice e intuitiva, da scaricare gratuitamente e avere sempre a portata di mano, che fornisce l’impatto nutrizionale degli alimenti che consumiamo durante la giornata, consigliando il consumo di porzioni appropriate combinando nel modo corretto i diversi cibi. 

“Si tratta di un segnale e un contributo importante che il settore vuole dare a favore dell’agroalimentare italiano e dei consumatori” affermano Federdistribuzione, Ancc-Coop e Ancd Conad, le tre associazioni firmatarie del Protocollo di intesa con il Governo. “Siamo di fronte a una questione di salvaguardia delle nostre eccellenze alimentari e di rispetto di una corretta informazione nelle scelte di acquisto delle persone. Il nostro impegno sarà quindi promuovere nei prossimi mesi l’utilizzo di uno strumento innovativo e digitalizzato, che lavora su standard di codifica dei prodotti già in uso e che sarà in grado di accompagnare tutti noi in un consumo consapevole degli alimenti”.

Unaitalia approva la risoluzione sulla timbratura obbligatoria delle uova in allevamento

Unaitalia, Unione nazionale filiere agroalimentari carni e uova, è stata audita oggi alla Camera dei deputati, in XIII Commissione Agricoltura, nell’ambito della discussione congiunta delle risoluzioni Cassese, Caretta, Gastaldi e Nevi su iniziative in materia di marchiatura delle uova. A rappresentare la posizione delle imprese produttrici di uova aderenti a UnaItalia è stato Ruggero Moretti, presidente del Comitato Uova di Unaitalia, nonché neoeletto presidente di EEPA, European Egg Processors Association, insieme a Lara Sanfrancesco, Direttore generale di Unaitalia.

“Unaitalia accoglie con favore le risoluzioni della Commissione Agricoltura ed in particolare quelle a firma degli onorevoli Cassese e Gastaldi, in quanto la timbratura obbligatoria delle uova in allevamento rappresenta un elemento fondamentale per tutelare le produzioni nazionali, ma soprattutto per garantire che i consumatori possano avere informazioni chiare circa l’origine delle uova e le modalità di allevamento” ha spiegato Ruggero Moretti in Commissione Agricoltura. “L’introduzione di questa misura, come evidenziato dallo stesso Ministro Sen. Gian Marco Centinaio, a seguito di una nostra specifica richiesta, garantirà un ulteriore miglioramento della tracciabilità e della trasparenza del prodotto e più attente garanzie al mercato e ai consumatori. La timbratura all’origine tutela infatti gli allevatori italiani dal rischio di commistioni con prodotti analoghi che potrebbero non avere tutte le necessarie garanzie in materia di sicurezza alimentare e sull’origine e veridicità delle informazioni stampigliate sul guscio”.

La situazione oggi

Attualmente la timbratura delle uova da consumo avviene sempre nei centri di imballaggio dove possono confluire uova provenienti da siti produttivi differenti con diverse tipologie di allevamento. All’interno della Comunità europea non vi è poi l’obbligo di indicare sull’imballaggio l’origine delle uova, ed è attualmente ammessa una deroga alla marchiatura delle uova destinate alla lavorazione industriale, quando queste vengano consegnate direttamente dal sito di produzione all’industria alimentare.

“Abbiamo ribadito la necessità di abolire questa deroga alla timbratura, per evitare che dai centri imballaggio possano essere erroneamente marchiate e messe in circolazione uova destinate invece alla catena industriale” ha spiegato Ruggero Moretti “di introdurre l’obbligo di indicazione sugli imballaggi del Paese di origine affinché i consumatori possano essere messi in condizione di scegliere consapevolmente.  Siamo fiduciosi nella volontà di Parlamento e Governo di agire a tutela dei consumatori e della filiera made in Italy delle uova e accogliamo con favore la possibilità di favorire incentivi o sostegni per l’acquisto dei macchinari necessari alla stampigliatura in allevamento, si tratta di investimenti a sostegno degli allevatori italiani di cui i primi a beneficiare saranno i consumatori”.

Etichettatura e bevande alcoliche, alcune aziende commentano il rapporto della Commissione

Un anno: questo il tempo a disposizione dei produttori di bevande alcoliche per mettersi in regola in termini di etichettatura. A dirlo il rapporto sull’etichettatura obbligatoria, presentato dalla Commissione Europea. L’obiettivo? Garantire ai consumatori piena trasparenza su composizione, ingredienti, e valore nutrizionale delle bevande.

L’obbligo non riguarda quei prodotti con volume alcolico inferiore all’1,2%.

Già prima che la Commissione si pronunciasse, alcune aziende avevano precorso i tempi proponendo delle label trasparenti.

 

Alcune testimonianze

Pernod Ricard

Per essere il più efficiente possibile su questo progetto, il Gruppo ha adottato un format univoco per i brand strategici per mostrare tutte le informazioni e i dati chiave in tabelle di facile lettura.  Per migliorare la comprensione del consumatore e fornire l’accesso alle informazioni più rilevanti, il contenuto è espresso per unità di 10g di alcol, ma anche per la quantità più comune per ogni tipo di prodotto (ad esempio, 25 ml di cognac Martell o Chivas whisky, 150 ml per il vino Campo Viejo, etc.). Questa diversificazione consente di adottare diverse modalità di consumo e aiuta i consumatori a fare scelte responsabili.

 

“La tecnologia digitale è uno straordinario strumento che migliora la nostra interazione con i consumatori”, afferma Alexandre Ricard, Presidente e CEO di Pernod Ricard. “Un numero sempre più crescente di consumatori vogliono, infatti, informazioni utili e chiare circa i prodotti che consumano. Adesso possono accedere a dati relativi a tutti i nostri prodotti strategici in pochi istanti”.

 

 

Anheuser-Busch InBev (“AB InBev”)

Il leader al mondo nella produzione di birra, accoglie con favore questa iniziativa, che segue l’impegno volontario assunto dalla società nel 2015 di fornire ai consumatori europei informazioni complete sugli ingredienti e sui valori nutrizionali (i ‘Big 7’: valore energetico, grassi, grassi saturi, carboidrati, zuccheri, proteine e sale) delle sue birre, sia nelle etichette che online. 

“AB InBev è stato uno dei principali motori di questa iniziativa. Abbiamo la responsabilità nei confronti dei nostri consumatori di fornire loro informazioni chiare sui valori nutrizionali e sugli ingredienti per aiutarli a compiere le scelte giuste per la loro alimentazione e la loro salute”, dice Maria Rocha Barros, VP Legal & Corporate Affairs Europe. “Entro la fine del 2017, forniremo informazioni sui valori nutrizionali e sugli ingredienti su almeno l’80% della birra che vendiamo nell’Unione Europea. Ciò richiede la progettazione e la produzione di nuove etichette, nuove lattine di birra e nuovi imballaggi secondari.” Con il tempo, ogni bottiglia e lattina riporterà informazioni sugli ingredienti e sulle calorie che contiene.

L’associazione The Brewers of Europe si è impegnata a fornire informazioni complete sugli ingredienti e sui valori nutrizionali per 100 ml sull’etichetta e/o online. La promessa di AB InBev va al di là di questo impegno minimo, attraverso:

 

  • L’inserimento della lista completa degli ingredienti e delle informazioni relative al valore energetico sulle confezioni primarie. Dove lo spazio lo consente, l’imballaggio primario comprenderà anche tutti i Big 7.

 

  • L’inserimento della lista completa degli ingredienti e delle principali informazioni sui valori nutrizionali (i Big 7) sulle confezioni secondarie (ad esempio: scatole di cartone e pellicole) in Europa.

 

  • La condivisione non solo delle informazioni nutrizionali obbligatorie per 100 ml, che è lo standard nel diritto comunitario per le bevande analcoliche, ma anche la tipica porzione di un dato marchio – che nella maggior parte dei casi è il contenuto di una lattina o bottiglia monoporzione.

 

  • La condivisione online tramite Tapintoyourbeer.com di un elenco completo degli ingredienti, del valore energetico ed di altre informazioni nutrizionali di tutti i marchi.

 

 

AIIPA lancia la Campagna informativa sui prodotti per la prima infanzia

AIIPA, Associazione Italiana Industrie Prodotti Alimentari, lancia la  Campagna “Nutrizione e sicurezza specializzate” che si propone di fare chiarezza sulle caratteristiche e sulla qualità nutrizionale degli alimenti specifici per la prima infanzia, fabbricati e commercializzati nel rispetto della rigorosa normativa vigente. Per meglio identificare la campagna, AIIPA ha lanciato anche un Marchio collettivo,  “Nutrizione e Sicurezza Specializzate”.
“Oggi, solo 1 mamma su 4 è convinta che per il suo bambino sia importante introdurre nella dieta alimenti specifici per la prima infanzia in quanto nutrizionalmente appropriati”, evidenzia Andrea Budelli, Presidente del Gruppo AIIPA Alimenti prima infanzia e prodotti per la nutrizione specializzata. “Con quest’iniziativa, ci auguriamo di contribuire a colmare questo gap informativo, comunicando il valore della categoria degli alimenti per l’infanzia, spesso oggetto di luoghi comuni e informazioni non corrette”.
“Dobbiamo ricordarci che i bambini, in particolare quelli fino ai tre anni, non sono dei ‘piccoli adulti’. – commenta Marcello Giovannini, professore emerito di pediatria dell’Università degli Studi di Milano – Gli alimenti dovrebbero essere scelti con cura per rispondere in modo ottimale alle esigenze nutrizionali e di sicurezza specifiche di un organismo in crescita e, nello stesso tempo, vulnerabile, come quello del bambino. Numerosi studi confermano infatti che l’alimentazione nelle prime fasi della vita svolge un effetto preventivo di numerose patologie che, nella società occidentale, esordiscono sempre più precocemente, come la sindrome metabolica, l’ipertensione e il diabete”.
Sulla base di queste evidenze, di recente, anche il Ministero della Salute ha pubblicato le nuove linee di indirizzo sulla corretta alimentazione ed educazione nutrizionale nella prima infanzia. Queste indicazioni stabiliscono che l’allattamento materno e la lotta contro l’eccesso di proteine nei primi anni di vita sono gli elementi chiave di un’efficace strategia di prevenzione dei disordini alimentari infantili. – prosegue  Giovannini, che aggiunge – Ci sono inoltre vari errori che andrebbero evitati durante lo svezzamento, come la precoce sospensione dell’allattamento al seno (prima del quarto mese), la precoce introduzione di cibi solidi e di latte vaccino, squilibri nell’assunzione di altri macronutrienti, come gli acidi grassi polinsaturi.”
La sicurezza dei prodotti alimentari in Europa e in Italia è garantita da un sistema legislativo e di controllo molto rigoroso. Nel caso degli alimenti per la prima infanzia il legislatore europeo e nazionale ha emanato norme ancora più restrittive per garantire una maggiore tutela di questa fascia di età così vulnerabile.
“Questi alimenti, – aggiunge Budelli – oltre ad essere formulati per rispondere alle esigenze nutrizionali del bambino in crescita fino ai 3 anni, per legge devono assicurare il rispetto di rigorosi standard di sicurezza alimentare, ed essere privi di ogm, coloranti e conservanti. In tal senso il Marchio, che potrà essere dato in licenza alle aziende specializzate in alimenti destinati a questa fascia d’età, ribadisce il nostro impegno a studiare e sviluppare i migliori prodotti specificamente dedicati al periodo dello svezzamento fino ai 3 anni, oltre a rappresentare un’ulteriore garanzia di sicurezza per la salute del bambino.”
La Campagna prevede l’apertura di un sito web informativo, www.alimentiprimainfanzia.it e la distribuzione negli studi pediatrici di poster. I contenuti scientifici delle locandine sono stati condivisi con la Società Italiana di Pediatria (SIP) e con la Federazione Italiana Medici Pediatri (FIMP).

La Campagna e il Marchio saranno presentati in occasione di Milano Pediatria (20-21 gennaio 2017) Sala Leonardo c/o Centro Congressi Stelline, Corso Magenta, 61 – Milano.

Etichettatura d’origine, per la Commissione Ue deve essere volontaria. L’Italia non ci sta

Non convincono il Ministero delle Politiche agricole e forestali i due rapporti  sull’indicazione obbligatoria del paese d’origine o del luogo di provenienza degli alimenti pubblicati dalla Commissione Ue secondo cui per alcune categorie di prodotti alimentari sarebbe meglio optare per un’indicazione volontaria, piuttosto che su un obbligo a livello comunitario.

«Ci aspettavamo molto di più dalla Commissione europea sul fronte dell’indicazione d’origine obbligatoria degli alimenti. Faremo sentire forte la nostra voce nel Consiglio dei Ministri dell’agricoltura Ue, perché riteniamo fondamentale dare informazioni trasparenti al consumatore sulla provenienza delle materie prime», ha affermato il ministro elle politiche agricole alimentari e forestali Maurizio Martina.

Il primo rapporto riguarda latte, prodotti caseari e altri prodotti trasformati, ma anche le carni di coniglio e di cavallo recentemente oggetto di uno scandalo di dimensioni continentali proprio per la mancanza di tracciabilità. Il secondo rapporto indaga sulla necessità per i consumatori di essere informati sull’origine degli alimenti non lavorati, sui singoli ingredienti dei prodotti e sugli ingredienti che rappresentano più del 50% dell’alimento.

L’indagine ha concluso che i consumatori sono interessati a conoscere l’origine di queste categorie di prodotti alimentari, ma meno che di altre categorie come la carne o alimenti quotidiani. Avendo valutato anche costi e benefici delle nuove regole in etichetta e l’impatto sul mercato interno e su quello estero, il rapporto ha concluso che un’indicazione di origine volontaria, associata all’attuale regime di obbligo d’origine per alcune categorie di alimenti, è la strada più conveniente.

Affronteremo con determinazione la questione tenendo conto delle risposte dei consumatori italiani alla nostra consultazione pubblica. 9 cittadini su 10 ci hanno chiesto di leggere chiaramente l’origine in etichetta. Nell’anno di Expo, mentre l’Italia si candida a guidare il dibattito sullo sviluppo agricolo globale, non possiamo accettare di stare fermi o fare passi indietro su un punto decisivo come quello dell’etichettatura».

Secondo la consultazione pubblica on line del Ministero (concluso a marzo) l’89 % dei consumatori ritiene che la mancanza di etichettatura di origine possa essere ingannevole per i prodotti lattiero caseari, l’87% per le carni trasformate, l’83% per la frutta e verdura trasformata, l’81% per la pasta e il 78% per il latte a lunga conservazione. L’82% ha poi dichiarato di essere disposto a spendere di più per avere la certezza dell’origine e provenienza italiana del prodotto, con quasi la metà pronta a pagare dal 5 al 20% in più.

Negativo anche il giudizio di Coldiretti, secondo cui la Commissione Europea ancora una volta si schiera a difesa degli interessi delle grandi lobbies industriali con pareri in netta contraddizione con gli interessi dei cittadini europei e italiani. Inoltre, annota Coldiretti,  l’indicazione della Commissione Europea è anche contraddittoria rispetto al percorso intrapreso fino ad ora che ha portato per ultimo all’entrata in vigore del Regolamento Ue 1337/2013 dal primo aprile 2015 è arrivato in Europa l’obbligo per gli operatori di indicare in etichetta il luogo di allevamento e di macellazione delle carni di maiale, capra e pecora.

Con queste premesse si fa più arduo il percorso in Europa per la battaglia volta a fare esporre in etichetta l’indicazione dello stabilimento di produzione, non più obbligatorio dopo l’entrata in vigore a fine 2014 del regolamento 1169 del 2011.

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