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Amazon si accorda con i sindacati per i turni nel centro logistico di Castel San Giovanni

Il centro di distribuzione Amazon di Castel San Giovanni (PC).

Un accordo “storico”, il primo tra Amazon e i lavoratori rappresentati dalle organizzazioni sindacali di categoria, Filcams-Cgil, Fisascat Cisl, Uiltucs Uil e Ugl Terziario, è stato firmato a Piacenza (nel sito di Castel San Giovanni). “Storico” secondo i sindacati anche per le novità introdotte in tema di organizzazione del lavoro e riconoscimenti economici integrativi del contratto collettivo di lavoro.
L’accordo è stato siglato il 22 maggio su mandato dei lavoratori che hanno votato al referendum indetto dai sindacati a margine di cinque assemblee. Al voto ha partecipato circa un terzo degli aventi diritto; favorevoli all’accordo poco meno del 70% dei votanti.
“Siamo soddisfatti di un risultato al momento unico in Europa – sottolinea Massimo Mensi, che per Filcams Cgil Nazionale segue le vertenze Amazon –, che speriamo possa spianare la strada nell’apertura di tanti altri tavoli di confronto in tutti i Paesi dove Amazon ha una propria sede”.

Principio ispiratore dell’accordo è l’equità, con una redistribuzione dei carichi di lavoro che elimina l’obbligo per alcuni lavoratori del lavoro notturno o pomeridiano, con una riorganizzazione più equa tra tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori dei turni di copertura lavorativa nei weekend.

 

Turno notturno volontario

L’accordo avrà durata annuale, a decorrere dal prossimo 17 giugno, e fissa un primo paletto a quattro mesi dall’introduzione, per una attenta verifica dei risultati ottenuti.
“L’accordo prevede che il lavoro notturno sia inizialmente effettuato solo da dipendenti volontari, contemplando tra l’altro, una maggiorazione del 25% del compenso previsto dal contratto di lavoro – spiega ancora Mensi – ricorrendo ad una turnazione complessiva tra tutti i lavoratori solo nel caso non ci fossero le coperture richieste”.
Nella ripartizione del servizio nei weekend, inoltre, la turnazione sarà scandita sulla base delle otto settimane, con quattro fine settimana liberi consecutivi e turni alternati tra sabati e domeniche lavorative.

“Siamo di fronte ad un accordo importantissimo – ha detto Maria Grazia Gabrielli, segretaria generale Filcams Cgil Nazionale – anche alla luce degli scioperi e delle proteste dello scorso novembre, quando in occasione del Black Friday molti dipendenti hanno incrociato le braccia proprio per chiedere condizioni di lavoro meno pesanti e impattanti con la vita privata e famigliare. Un accordo che può ora aprire la strada verso nuove relazioni aziendali e affrontare temi rilevanti come quello della salute e della sicurezza dei luoghi di lavoro”.

Sciopero nazionale nella grande distribuzione annunciato da Filcams per il 22 dicembre

È sciopero nazionale nella Gdo: la Filcams Cgil ha proclamato, per il prossimo 22 dicembre, lo sciopero delle lavoratrici e dei lavoratori della Distribuzione Cooperativa e delle aziende associate a Federdistribuzione, senza Contratto Nazionale da quattro anni.
La scelta della giornata del venerdì antecedente il Natale ha evidentemente l’obiettivo di rendere più efficace la mobilitazione, e, secondo una nota del sindacato, “potrà essere articolato diversamente dalle strutture territoriali, con la previsione di 4 ore da effettuarsi lo stesso 22 dicembre e le ulteriori 4 ore da programmare a livello locale, anche al fine di effettuare scioperi improvvisi, entro il 6 gennaio 2018”.

«Ormai da quattro anni, le aziende della Grande Distribuzione Organizzata associate a Federdistribuzione impongono unilateralmente l’applicazione di quello che a tutti gli effetti risulta essere un regolamento associativo, residuo del precedente Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro Terziario, Distribuzione e Servizi scaduto nel 2013 – ha affermato Maria Grazia Gabrielli, Segretaria Generale della Filcams Cgil Nazionale -. L’associazione datoriale infatti, disconoscendo quanto garantito da disposizioni costituzionali in materia, non solo si rifiuta di definire un Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro di settore, tanto da aver cessato ogni trattativa, ma continua a rendersi indisponibile anche ad applicare il rinnovo del Contratto Nazionale Confcommercio del 2015, determinando per le lavoratrici e i lavoratori un danno sia dal punto di vista retributivo che contributivo».

Ma c’è “forte preoccupazione anche per il Contratto Nazionale della Cooperazione” continua la Segretaria Generale della Filcams Cgil, “scaduto ugualmente da quattro anni. Abbiamo esortato ancora una volta le imprese della Distribuzione Cooperativa a definire velocemente una soluzione negoziale per avere una cornice di riferimento utile ad affrontare le particolarità aziendali”.
La mediazione proposta dalle cooperative sarebbe “tutta sbilanciata a favore delle imprese, partendo da un insostenibile arretramento dell’attuale disciplina del trattamento di malattia. Il nuovo Contratto che vorrebbero le Coop peggiorerebbe diritti e retribuzione a fronte di un aumento salariale complessivamente più basso di quello di Confcommercio.”
“Ad aggravare ulteriormente la difficile situazione contrattuale”, tiene infine a precisare Gabrielli, “contribuiscono le tante vertenze che coinvolgono i gruppi e le imprese del comparto distributivo, le procedure di licenziamento collettivo, le disdette dei contratti integrativi aziendali, l’adozione unilaterale di nuovi modelli organizzativi, che, oltre ad avere determinato un preoccupante decremento occupazionale, hanno sancito un forte peggioramento delle condizioni di lavoro per decine di migliaia di lavoratori.”

Dico Tuodì, raggiunto l’accordo per la cassa integrazione

Si giunge finalmente a un accordo tra proprietà e sindacati nella travagliata vicenda dei supermercati dell’insegna Dico – Tuodì, con la concessione della Cassa integrazione. Come si legge in una nota dei sindacati, “è stato raggiunto, presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, l’accordo tra sindacati e azienda per la concessione della Cassa integrazione. Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs hanno trovato un punto di mediazione con l’azienda che, grazie al confronto di questi giorni, ha accettato di anticipare il trattamento di integrazione salariale”.

L’azienda versa in un momento di difficoltà economico finanziario, con gravi conseguenze per i circa 1800 dipendenti. L’intesa concederà alle lavoratrici e ai lavoratori un sostegno, in attesa di conoscere il loro futuro.

La catena discount di proprietà della famiglia Faranda in crisi da mesi aveva annunciato una soluzione entro il mese di giugno, ma l’accordo ha ardato mesi ad arrivare.

Il gruppo Dico-Tuodì nasce dalla catena di discount del gruppo Coop poi finita nelle mani dell’imprenditore Antonino Faranda ed è un’importante realtà del mondo del discount italiano. Con sede a Roma, conta su oltre 400 punti vendita in tutta Italia, con una presenza particolarmente capillare nella capitale. 

 

Oggi è il “Fast Food Workers’ day”, i lavoratori chiedono più tutele

Una giornata internazionale per chiedere maggiori tutele in un settore che spesso riscontra problemi a livello di retribuzioni, orari e salari: dal 2014 il 4 settembre è la Giornata Internazionale dei Lavoratori dei Fast Food in cui che in tutto il mondo hanno unito le forze in una crescente campagna internazionale. Sono previsti presidi e volantinaggi all’esterno dei ristoranti fast food di moltissime catene nazionali e multinazionali. Obiettivo: informare clienti e passanti sulle rivendicazioni in corso.

Coinvolti i sindacati nazionali affiliati a IUF (Associazione internazionale dei sindacati dei settori ristorazione, alberghi, catering e agricoltura) che si occupano di questioni quali il diritto di aderire o di formare un sindacato, il pagamento di salari bassi e inadeguati al lavoro svolto, contratti applicati unilateralmente senza orari minimi garantiti e occupazione precaria.

 

In lotta per salari e contratti, dall’Uk all’Indonesia
Recentemente, nel Regno Unito, una lunga campagna del sindacato BFAWU contro i “contratti a zero ore” ha portato McDonald’s a stipulare contratti fissi con un numero minimo di ore garantite; in Germania, il sindacato NGG è in conflitto con i datori di lavoro sulla giusta remunerazione e sul salario per i lavoratori dei fast food; in Indonesia, FSPM è impegnato a far rispettare i diritti fondamentali per i lavoratori della catena dei fast food locali di Champ Resto; in Nuova Zelanda, Unite Union ha vinto un accordo con McDonald’s che prevede aumenti salariali rispetto al salario minimo orario.
A sostegno di queste campagne e per dimostrare il sostegno ai lavoratori dei fast food che combattono e si organizzano in molti Paesi, i sindacati affiliati a IUF, in particolare quelli con iscritti del settore ristorazione, si sono organizzati per attirare l’attenzione sulle condizioni di lavoro, generalmente povere, nei fast food.
I membri dell’IUF saranno mobilitati in tutto il mondo: le proteste che sostengono le rivendicazioni dei lavoratori dei fast food sono organizzati in Italia, Indonesia, Regno Unito, Germania e in molti altri Paesi. Negli Stati Uniti, sempre il 4 settembre, è previsto uno sciopero nazionale per la campagna “FightFor15” (15 dollari l’ora di salario minimo garantito) con azioni in tutte le principali città.
Secondo Filcams Cgil (affiliata a IUF), che organizza i momenti di protesta all’esterno dei Fast Food delle principali catene in Italia, “la situazione complessiva dei lavoratori italiani non è certo più rosea che altrove: il contratto collettivo nazionale è scaduto da più di 4 anni e Fipe Confcommercio, fino ad oggi, ha sempre vincolato l’eventuale raggiungimento di un accordo ad un netto taglio del costo del lavoro da ottenere peggiorando le condizioni normative e salariali del quasi un milione di addetti che operano nel settore ristorativo”.

Voucher e aperture festive, monta la polemica

Puntuale con l’arrivo delle festività natalizia è partita la polemica sulle aperture “forzate” dei supermercati, anche nei giorni canonici di festa quali Santo Stefano e Capodanno. Sotto la lente anche l’uso ormai diffuso nella Gdo di ricorrere ai voucher per utilizzare lavoratori occasionali che vanno a “coprire” i giorni critici (i lavoratori dipendenti possono scegliere volontariamente se lavorare oppure no).

In campo sono scesi i sindacati. Con l’hashtag #LaFestaNonSiVende è in atto la campagna di Filcams Cgil, la quale continua a sostenere la propria contrarietà alle liberalizzazioni degli orari commerciali. “Molti centri commerciali e punti vendita della grande distribuzione organizzata non intendono rispondere all’appello di tanti enti locali a tenere chiusi i propri punti vendita almeno nelle giornate di Natale, Santo Stefano e Capodanno – si legge in una nota – . Contro questa decisione molte sono le iniziative di protesta, a partire dallo sciopero proclamato dalle segreterie regionali della toscana di Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs”.

L’invito al Governo è di arrivare quanto prima a sostituire il decreto “Salva Italia” del Governo Monti sulle Liberalizzazioni con una nuova regolamentazione per il settore commerciale.

«La totale liberalizzazione delle aperture domenicali e festive nel commercio introdotte dal Governo Monti – afferma la segretaria generale nazionale Maria Grazia Gabrielli – non ha prodotto, come ipotizzato, risultati positivi né in termini di occupazione né di consumi, ma ha contribuito a complicare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro degli addetti del settore. Eliminare gli ostacoli all’esercizio delle attività economiche e il principio di libera concorrenza tra gli operatori erano i principi ispiratori del Decreto, ma non sono stati realizzati».

Il disegno di legge sulla limitazione delle aperture festive, approvato alla Camera a settembre del 2015, giace abbandonato in Senato. La proposta (parziale e – per la Filcams – insufficiente) prevede la possibilità di aprire le attività commerciali per un massimo di sei festività l’anno, nessun limite per le aperture domenicali, così come per le aperture 24 ore su 24. Restano così in vigore le liberalizzazioni decretate dal governo Monti.

 

Il “caso” Carrefour Venezia

Situazione particolare a Venezia, dove tutti i grandi marchi hanno deciso di tenere chiuso, con l’eccezione di Carrefour che a sorpresa ha informato la clientela di voler rispettare solo la chiusura per Natale, garantendo la spesa di Santo Stefano e Capodanno. “Un caso davvero singolare – afferma la Filcams Cgil – se si considera che il Centro Commerciale Valecenter, che ospita Carrefour, in quelle due giornate rimarrà chiuso”.

Allo sciopero indetto in Toscana potrebbero affiancarsi iniziative di mobilitazione e protesta di molti altri territori, con picchetti e presidi all’esterno di molti centri commerciali “per chiedere il riconoscimento del valore delle festività, per la tradizione del nostro paese, per il rispetto delle lavoratrici e dei lavoratori – conclude la Segretaria Generale – ma anche perché è ormai tempo di ammettere che il sempre aperto è una “tendenza” imposta , che non ha rappresentato una vera strategia per rilanciare consumi e occupazione, capace di arginare la crisi della grande distribuzione, chiusure di negozi, licenziamenti e attacco a salario e diritti”.

 

Voucher, nati per l’agricoltura, finiti nel commercio

Intanto la Coldiretti sottolinea come, nonostante la forma di impiego con voucher sia nata pensando all’agricoltura (in via sperimentale per la vendemmia nel 2008), sulla base dei dati dell’Osservatorio sul lavoro accessorio dell’INPS relativi ai primi sei mesi del 2016 l’impiego dei voucher è sceso nel settore al minimo di appena l’1,09%.

Del totale di voucher venduti nel primo semestre dell’anno, il 14,9% sono stati impiegati nel turismo, il 14% nel commercio, l’11,4% nei servizi, il 42% nel giardinaggio e pulizia, il 4,1% per manifestazioni sportive e culturali e il 47,1% in altre attività.

Il punto di vista di Confimprese nella video-intervista a Mario Resca.

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