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La “cura” di Christophe Rabatel per Carrefour Italia

La “cura” funziona. Per la verità a sostenerlo è proprio il “medico” che l’ha somministrata, però i numeri comunicati gli danno ragione. Christophe Rabatel, Amministratore Delegato di Carrefour Italia, ha riassunto a grandi linee la strategia che sta seguendo per il turnaround aziendale nel corso di un incontro con la stampa, avvenuto in occasione della settima edizione del Salone Carrefour. “Il terzo trimestre 2021 è stato il primo dopo anni con un fatturato in crescita in Italia a rete costante – ha ricordato Rabatel – con +0,8% diventato +2,5% nel trimestre successivo. Il primo semestre 2022 si è chiuso con +2,7% e un’accelerazione nel secondo trimestre. Stanno crescendo anche i volumi, l’indicatore più importante in una fase di forte inflazione, e abbiamo guadagnato 100.000 clienti rispetto allo scorso anno”.

Uno degli elementi fondamentali è stata la virata netta sull’affiliazione: lo scorso luglio con l’inaugurazione di un Carrefour Express a Riccione, il gruppo ha toccato 1.500 punti vendita in Italia, 1.200 dei quali in franchising (compreso quello di Riccione). Quest’ultimo numero è destinato a crescere, soprattutto nei formati più piccoli, come appunto il Carrefour Express. “Il programma per quest’anno era di convertire in franchising 104 negozi – ha affermato Rabatel – e siamo sulla buona strada per riuscirci. Inoltre, abbiamo fatto un importante passo avanti in termini di espansione: rispetto a una media di 50-55 aperture negli ultimi 5 anni, nel 2022 contiamo di arrivare a 90-95 nuovi negozi. Il franchising è il modo migliore per conciliare i punti di forza di un grande gruppo internazionale come Carrefour con l’imprenditorialità e la sensibilità necessaria in un territorio complicato qual è l’Italia, dove ciascuna regione, provincia e città ha i propri prodotti e marchi preferiti”.

Rabatel ha rivendicato l’attenzione del gruppo alla sostenibilità ricordando come risalga a 30 anni fa il lancio in Francia del primo prodotto a marchio biologico, mentre ha compiuto 20 anni Filiera Qualità Carrefour, basata sul rapporto con più di 8.500 tra produttori, agricoltori e allevatori. “A maggio del 2021 abbiamo deciso di facilitare il processo di ingresso delle piccole aziende tra i nostri fornitori – ha precisato l’AD della filiale italiana – prevedendo un contratto di sole due pagine e un termine di pagamento di sette giorni. Nel biologico abbiamo 430 fornitori, ma visto che il processo di conversione dal convenzionale è molto impegnativo e richiede dai 3 ai 5 anni, stipuliamo contratti più lunghi rispetto all’anno, con l’obiettivo di garantire continuità a queste aziende”. Sul fronte export, il 2021 si è chiuso con 800 milioni euro di prodotti a marchio Terre d’Italia venduti alle filiali di altri Paesi.

Alla domanda posta da Instoremag.it relativamente all’inchiesta della Procura di Milano su una presunta frode fiscale, Rabatel ha risposto che la collaborazione con l’Agenzia delle Entrate va avanti da mesi e che comunque la vicenda riguarda il cash & carry, cioè un’attività marginale per Carrefour Italia.

In merito invece all’aumento dei prezzi, l’AD si è limitato a dire che l’inflazione alla vendita di Carrefour è allineata a quella del mercato, ma ha ricordato il lancio di Simpl – una linea di primo prezzo che conterà 200 referenze entro l’anno – oltre alle due campagne Risparmio di Qualità su 500 prodotti di uso quotidiano e il blocco dei prezzi di una serie di prodotti a marchio, grazie alla collaborazione con 80 fornitori.

Infine, il Nutriscore: “Abbiamo l’abitudine di rispettare le leggi dei paesi in cui operiamo – ha premesso Rabatel – e quindi lo abbiamo eliminato dai prodotti tipici italiani (così come stabilito lo scorso agosto dall’Antitrust, ndr) mentre l’indicazione continuerà ad essere presente sui prodotti a marchio privato non tipici realizzati per il gruppo a livello internazionale. L’importante secondo me è dare più trasparenza ai consumatori, la metodologia con cui farlo mi interessa poco, ma è fondamentale trovare una soluzione comune a tutti i Paesi Ue”.

Nutriscore, il commento di Carlo Piccinini

“L’etichetta Nutriscore è pericolosa per il suo eccesso di semplificazione nella classificazione della qualità nutrizionale degli alimenti ed è positivo che la recente delibera dell’Antitrust abbia chiarito ai consumatori che si tratti di un sistema di classificazione non obbligatorio”. Così Carlo Piccinini, di Alleanza cooperative agroalimentari, commenta i provvedimenti pubblicati nel bollettino Antitrust n. 29 del 1° agosto, con i quali si evidenziano i limiti del sistema di etichettatura promosso da alcune catene di distribuzione d’oltralpe e si impone l’introduzione di avvertenze nel packaging per ricordare che il NutriScore “è stato sviluppato in base ad un algoritmo e a valutazioni scientifiche non universalmente riconosciute e condivise”.

Pensato per aiutare il consumatore a scegliere prodotti sani e con il chiaro obiettivo di tutelarne la salute, il sistema di etichettatura Nutriscore, secondo Piccinini, “non aiuta il consumatore, come ha ben sottolineato l’Antitrust, a seguire abitudini alimentari più salutari, anzi, lo indirizza in modo fuorviante all’acquisto, insinuando la convinzione che si tratti di alimenti sani o meno, per il solo fatto di essere associati ad un’etichetta di colore verde o rosso. Come ricordato dall’OMS, nessun alimento considerato singolarmente può assicurare tutti i nutrienti necessari alla base di una vita in salute e per questo risulta fondamentale variare la dieta il più possibile. Ad oggi, inoltre – spiega Piccinini – manca una scelta e regolamentazione in materia e l’Italia si è fatta promotrice di un sistema alternativo noto come NutrInform battery che, a differenza del Nutriscore, non ha l’ambizione di esprimere un giudizio complessivo sull’alimento, bensì di informare sui singoli nutrienti dei vari prodotti”.

“In questa fase è fondamentale contrastare con tutti gli strumenti possibili la diffusione del Nutri- score”, conclude Piccinini. “Occorre agire a tutela sia dei consumatori, che hanno diritto ad una corretta informazione, sia dei produttori di quel variegato e ricco paniere di alimenti che sono oggi alla base della dieta mediterranea. Come Alleanza cooperative Agroalimentari, che rappresenta il l 58% della produzione lorda vendibile del vino, il 43% del valore della produzione lattiero-casearia nazionale, oltre il 60% del fatturato dei formaggi DOP e il 25% della produzione trasformata dei comparti bovino e suino – ed è dunque espressione di quelle produzioni tipiche della dieta mediterranea che finirebbero sotto attacco da parte di un sistema di etichettatura così semplicistico – proseguiremo la nostra battaglia in Europa a sostegno dell’Italia, affinché prevalgano i diritti dei consumatori e vengano intensificati programmi di educazione alimentare, gli unici in grado di orientare verso scelte sane e consapevoli”.

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