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Sainsbury’s e Asda, nasce la super insegna Uk: niente chiusure e -10% sui prezzi

L’annuncio è ormai ufficiale e anche i termini dell’accordo: Sainsbury’s e Asda (sussidiaria di Walmart), seconda e terza catena della Gdo britannica, formeranno un supergruppo da 2800 punti vendita e 51 miliardi di sterline di fatturato (nel 2017) e 47 milioni di transazioni a settimana. Nell’annuncio ufficiale di Sainsbury’s si chiariscono alcuni punti cruciali: tra cui l’impegno a non chiudere punti vendita, l’aspettativa di ridurre i prezzi del 10% su “molti dei prodotti che i nostri clienti acquistano regolarmente”. In realtà una serie di punti vendita (fino a 75 secondo gli analisti) potrebbero dover passare di mano per soddisfare le leggi antitrust.

Rassicurazioni arrivano anche sul lavoro, anche se resta molto scetticismo a riguardo: i 330mila dipendenti del “gruppo allargato” (oltre ai supermercati Sainsbury’s e Asda ci sono anche i punti vendita Argos, generalista, Tu, George, abbigliamento e Habitat, casa) saranno parte del grande disegno e per loro ci saranno “più opportunità a tutti i livelli nel gruppo ampliato, grazie ai valori condivisi e all’eredità di entrambi i gruppi”. Il quartier generale di Asda a Leeds, Inghilterra del Nord, rimarrà, così come il management.

Le ragioni della mossa sono spiegate in una nota del retailer londinese: “Il settore della distribuzione sta attraversando importanti e rapidi cambiamenti, e i comportamenti dei consumatori continuano ad evolvere. questo ha potato una crescente competizione all’interno dei supermercati, degli ipermercati e delle catene di abbigliamento, visto che i clienti cercano sempre più valore, scelta e convenienza.  Sainsbury’s e Asda insieme creeranno un’impresa più competitiva e resiliente maggiormente in grado di investire in prezzi, qualità, assortimento e tecnologia per offrire ai clienti modi più flessibili per fare gli acquisti”.

 

Walmart al 29,9%

Nella nuova realtà Walmart avrà il 42% del capitale emesso e riceverà 2,975 miliardi di sterline in contanti of cash e valuta Asda a circa £7,3 miliardi in una base senza debiti, liquidità e pensioni. Al momento della finalizzazione, Walmart non avrà più del 29,9 % dei diritti di voto totali nella nuova realtà (Combined Business, l’impresa congiunta). Walmart “sarà un azionista a lunga termine e utilizzerà la sua scala globale e investimento per supportare la nuova realtà”.  A capo della quale ci sarà il top management di Sainsbury’s (presidente, Ad, direttore finanziario), mentre Asda condurrà gli affari da Leeds con il suo Ad, che si unirà al Board operativo del gruppo, e due rappresentanti di Walmart entreranno nel Board della nuova realtà come direttori non esecutivi..

Se tutte le promesse saranno mantenute è da vedere. Nel frattempo si può dire che il mercato ha accolto molto positivamente l’accordo: le azioni di Sainsbury’s sono schizzate in alto del 20%.

Sainsbury’s e Asda (Walmart), una fusione creerà la più grande insegna Uk?

Sono la seconda e la terza insegna del Regno Unito e starebbero per accordarsi su una fusione: stiamo parlando di Sainsbury’s e Asda, dal 1999 il “braccio” britannico di Walmart. L’accordo già definito “epocale” varrebbe 10 miliardi di sterline (11,35 miliardi di euro) e creerebbe una supercatena di 2.800 punti vendita e 50 miliardi di sterline (56,7 miliardi di euro) di fatturato con una quota di mercato del 31,4%, più del leader di mercato Tesco che detiene il 27,6%.

In una nota, Sainsbury’s, insegna storica fondata a Londra da una drogheria nel 1869 e il cui maggiore azionista con il 21% di quote è oggi il fondo sovrano del Qatar,  ha confermato di essere in “discussioni avanzate riguardo alla combinazione tra gli affari di Sainsbury’s e Asda”. I due marchi dovrebbero rimanere separati anche dopo la fusione.

Un accordo di questo tipo porterebbe un deciso scossone al mercato della grande distribuzione britannica, per anni detenuto dai “Big 4” Tesco, Sainsbury’s, Asda e Morrisons e che negli anni passati è stato di fatto rivoluzionato dall’arrivo dei discounter tedeschi Lidl e Aldi, che hanno guadagnato quote di mercato sempre maggiori. Sullo sfondo poi c’è l’incertezza per gli accordi con l’Unione europea a seguito della Brexit, con possibili conseguenze sui prezzi al consumo.

Delle difficoltà potrebbero essere avanzate dalla Competition and Markets Authority, l’Antitrust britannica.

Un ulteriore annuncio circa la fusione potrebbe arrivare giù lunedì mattina secondo la BBC.

 

 

È Aldi l’insegna preferita in Uk, e Tesco pensa a lanciare un format discount

È Aldi l’insegna preferita dai britannici nel 2018, secondo il tradizionale sondaggio di which? pubblicato oggi, nella quale sbaraglia la chiccosissima Waitrose, prima per i passati tre anni, e da sempre nel cuore degli inglesi. Le motivazioni? L’ottimo rapporto prezzo qualità, il fresco,  le sue private label. Sul podio anche Lidl, al terzo posto dopo l’alta gamma di Marks&Spencer. Una fotografia, in fondo, dello stato di fatto della Gdo britannica nella quale, complice la crisi economica, le “Big Four”, Tesco Morrisons Asda e Sainsubury’s (che si è piazzata all’ultimo posto) sono state letteralmente prese d’assalto dall’arrivo dei discounter tedeschi che oggi hanno una quota di mercato secondo l’ultima rilevazione di Kantar Worldpanel dell’anno concluso il 28 gennaio, del 6,9% (in crescita dal 6,2% dell’anno precedente)  se del 5% (in crescita dal 4,5% ) rispettivamente. Per un totale che sfiora il 12%, un ottavo del carrello della spesa complessivo.

Come si vede dalla tabella, le aree grigie dei discount sono le code alla cassa e la disponibilità dello staff (per Aldi), oltre al layout degli store. Fattori però verso i quali si riesce a chiudere un occhio, a fronte di una buona qualità a basso prezzo. La sensazione chiara guardando i primi posti, con due discounter e due supermercati di alta gamma,  è che non ci sia grande posto per la fascia media.

Un campanello d’allarme per le catene nostrane, a pochi giorni dall’apertura del primo punto vendita Aldi italiano prevista per giovedì.

E, se non puoi combatterli, copiali: sembra essere giunto a questa conclusione Tesco, che secondo indiscrezioni della stampa starebbe pensando a lanciare una propria catena discount. Le caratteristiche? Un assortimento decisamente ridotto (da 25mila a 3mila referenze) . Un’altra possibilità che secondo il Guardian potrebbe essere sondata è quella della formula CostCo,  vendite all’ingrosso di articoli più svariati, dal gioielli all’automobile alla carta igienica. Un format che Tesco ha già testato in Thailandia.

Non è la prima volta che una delle insegne tradizionali britanniche pensa a un a simile mossa: lo aveva fatto Sainsbury’s nel 2014 alleandosi con la danese Netto. I risultati sono stati finora deludenti: dopo un paio di anni gli store Netto sono stati rilevati da… Aldi, appunto. Il modo di lavorare, secondo un esperto interpellato dallo stesso Guardian, la difficoltà starebbe proprio nella diversità di approccio e di gestione delle due tipologie di business. Ma il modello tedesco, almeno per il momento, sembra quello che meglio si sta adattando ai profondi mutamenti nelle modalità di acquisto del consumatore di questi anni, contraddistinte da una spesa frequente, locale, veloce ma in linea con i propri gusti e desideri.

Theresa May ha un piano per ridurre la plastica: ai supermercati propone “corsie free from”

Il Governo britannico lavorerà con le insegne della Gdo per “introdurre corsie senza plastica dove i prodotti sono venduti sfusi o imballati con materiale riciclabile o biodegradabile”. Lo ha dichiarato il primo ministro Theresa May in una sorta di discorso alla nazione sui temi dell’ambientalismo, in cui la riduzione della plastica ha avuto un forte peso. Anzi, la premier ha dichiarato di voler rendere il Regno Unito una sorta di “avamposto” della lotta alla eliminazione della plastica “evitabile” assumendo la “leadership globale” sul tema.

Tra le proposte del “25 Year Environment Plan”, il piano per ridurre spreco e inquinamento, anche l’estensione della tassa da 5 penny sui sacchetti introdotta nei supermercati (che nel Regno Unito viene reinvestita in progetti per la tutela dell’ambiente) ai piccoli negozi e ai retail in genere, ma anche alle scatole di plastica usate per l’asporto.

Non si è fatta attendere la replica del British Retail Consortium l’associazione dei distributori: “I retailer stanno costantemente riducendo il peso degli imballaggi e assicurandosi che gli imballaggi che usano siano riciclabili – ha detto il direttore delle politiche alimentari Andrew Opie –. Anche se ci sono aree libere da plastica in un supermercato, come quelle dei prodotti sfusi e freschi, l’imballo gioca ancora un ruolo importante nel ridurre lo spreco di cibo e deve essere visto nel contesto più ampio dell’impatto totale sull’ambiente e della nostra filira di distribuzione. Per esempio, i cetrioli avvolti nella plastica durano cinque volte quelli non avvolti.” In ogni caso l’industria “apprezza queso approccio strategico e a lungo termine. La distribuzione vuoel vedere un approccio olistico all’ambiente e alle risorse piuttosto che lo spostamento da un singolo problema all’altro”.

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