CLOSE
Home Authors Posts by Carmela Ignaccolo

Carmela Ignaccolo

Carmela Ignaccolo
775 POSTS 0 COMMENTS

Blue Yonder: così sono cambiate le abitudini dei consumatori

Comportamento d’acquisto decisamente mutati a causa della pandemia: e non solo nel nostro Paese, ma in tutta Europa e in USA. Da  Blue Yonder, arriva, sul tema, una nuova ricerca ache ha coinvolto consumatori europei e statunitensi nei mesi di marzo e aprile

In entrambi i continenti è emerso che il settore della vendita al dettaglio di generi alimentari è stato letteralmente inondato dagli ordini online. Negli Stati Uniti quasi tre quarti (74%) dei consumatori intervistati nel mese di aprile hanno affermato che stavano facendo più acquisti online che in negozio in risposta al COVID-19, in crescita rispetto al 57%, dato emerso dalla stessa ricerca condotta nel mese di marzo. E ancora: oltre i due terzi (69%) dei consumatorihanno continuato ad acquistare generi alimentari in negozio nonostante la pandemia di COVID-19. Tra i consumatori statunitensi che hanno usufruito della consegna a domicilio di generi alimentari, più della metà (54%) ha dichiarato che ci sono stati ritardi, e il 28% ha affermato che la consegna ha subito oltre tre giorni di ritardo.

E in Europa? Il 63% degli acquirenti che stanno spendendo di più online per la spesa quotidiana afferma che continuerà a farlo anche una volta che la crisi sarà superata. Inoltre lo shopping in negozio continuerà a svolgere un ruolo importante nel mondo post COVID-19, tuttavia il 19% degli intervistati (il 23% in Italia) ha dichiarato che probabilmente visiterà i negozi di alimentari e largo consumo meno di quanto facesse prima, un dato che sale al 27% (34% in Italia) per le altre tipologie di negozi.

“I servizi di consegna di generi alimentari e di largo consumo online hanno visto una grande tendenza al rialzo e attirato molti nuovi clienti, a causa delle restrizioni imposte dall’emergenza sanitaria. L’esperienza iniziale dei nuovi clienti è probabile che influenzi la loro decisione di utilizzare nuovamente questo servizio in futuro, quindi è fondamentale che sia positiva”, ha dichiarato JoAnn Martin, vice president, retail industry strategist, Blue Yonder.

“È chiaro che il comportamento di acquisto online e in negozio cambierà a seguito della pandemia COVID-19”, ha affermato Wayne Snyder, vice president, retail strategy EMEA, Blue Yonder. “Da un lato, molti retailer dovranno incrementare le operazioni di fulfilment online per soddisfare la crescente domanda e le aspettative dei clienti. Dall’altro, dovranno considerare attentamente per il futuro processi adeguati a reagire rapidamente, ma in modo efficiente, alle mutevoli esigenze della domanda per servizi e attività online e offline.”

Rischio di out of stock

La disponibilità delle scorte è stata una delle principali sfide che i retailer si sono trovati ad affrontare durante la pandemia COVID-19: negli USA quasi nove consumatori su dieci (87%) si sono confrontati con la mancata disponibilità di prodotti e tre quarti (75%) hanno dichiarato di essere più propensi ad acquistare lo stesso prodotto da un rivenditore diverso nel caso fosse esaurito presso quello abituale, mentre il 78% ha affermato che preferiva comprare un prodotto di un’altra marca presso lo stesso retailer, se quello del brand desiderato era esaurito.

In Europa il 38% degli acquirenti ha dichiarato che, rispetto all’inizio della crisi COVID-19, capita più spesso che i loro articoli e brand preferiti siano esauriti presso la GDO. Per i consumatori del vecchio Continenete prima della crisi eranoprioritari, nell’ordine,  prezzo (72%), gamma di prodotti (54%) e disponibilità di stock (48%). I dati equivalenti per l’Italia erano: prezzo (76%), disponibilità delle scorte (57%) e gamma dei prodotti (55%). Ora invece, la disponibilità dei prodotti è balzata al primo posto (58%), seguita da prezzo (56%) e gamma di prodotti (39%). Anche in Italia si colloca al primo posto la disponibilità dei prodotti (64%), seguita da prezzo (60%) e dalla prossimità del negozio (42%). Questo dato mette in evidenza la rilevanza della prossimità per i consumatori Italiani, che per gli intervistati europei si colloca invece tra il quarto e il quinto posto.

“I modelli di acquisto stanno cambiando, e stiamo assistendo a una rinascita della grande spesa settimanale. È chiaro che i consumatori sono disposti a scendere a compromessi sul prodotto e sul prezzo, a condizione che gli articoli di cui hanno bisogno siano disponibili. I retailer devono pensare all’effetto che questo cambiamento di comportamento avrà e adeguare di conseguenza gli assortimenti dei prodotti, per esempio trovando il giusto bilanciamento tra fresco e prodotti a lunga conservazione”, ha aggiunto Martin.

Acquisti alimentari

I risultati hanno rivelato che in Europa quasi la metà (47%) dei consumatori spende di più per i generi alimentari da quando sono state messe in atto le misure per combattere il COVID-19, con oltre un terzo (35%) che ha dichiarato di aver aumentato gli acquisti di generi alimentari online. In Italia il 44% degli intervistati ha dichiarato di aver aumentato gli acquisti online di generi alimentari, e il 40% quelli online di generi non alimentari Il COVID-19 avrà chiaramente un impatto a lungo termine sulle modalità di acquisto di prodotti non alimentari. In Europa, più della metà (58%) dei consumatori ha ridotto le spese di abbigliamento da quanto sono state messe in atto le restrizioni contro il COVID-19 (il 77% in Italia, il 68% in Francia, il 57% in UK, il 48% in Svezia e il 39% in Germania). C’è stata una tendenza simile per i settori fai da te ed elettronica, che hanno registrato una diminuzione della spesa rispettivamente da parte del 40% e 45% (il 48% e 61% in Italia). Comprensibilmente, il settore sanitario ha invertito il trend, con il 23% degli acquirenti che ha detto di aver speso di più durante questo periodo ( contro una media del 17%, in Italia 26% ).

“La preoccupazione costante per i retailer è il rischio che gli acquirenti spendano meno o non visitino i negozi con la stessa frequenza. Per avere successo, le supply chain dei retailer devono essere pronte a fornire ai consumatori i prodotti che desiderano, online o in negozio, nel modo più efficiente possibile. Questo renderà necessario migliorare le capacità di previsione e avere una maggiore visibilità delle supply chain rispetto al passato. L’Intelligenza artificiale e il machine learning possono svolgere un ruolo importante non solo nell’aiutare i rivenditori ad anticipare meglio la domanda, ma anche nell’identificare e risolvere i problemi a un livello più granulare”, ha concluso Snyder.

Metodologia della ricerca

L’indagine europea è stata condotta da Opinium, agenzia specializzata in indagini di mercato strategiche, tra marzo e fine aprile 2020. I risultati si basano su 6.018 interviste online di cittadini europei (2.000 nel Regno Unito, 1.000 in Francia, 1.000 in Germania, 1.000 in Italia, 1.000 in Svezia). L’indagine statunitense ha raccolto le risposte di oltre 1.000 consumatori maggiorenni residenti negli Stati Uniti tramite un fornitore di terze parti sia a marzo che aprile 2020.

Design International Foundation: così ripensiamo gli spazi di socializzazione

Dal Covid-19 in poi (e chissà per quanto) il distanziamento sociale avrà un impatto a lungo termine sull’architettura e sulla progettazione di qualsiasi edificio che serva la propria comunità come luogo di incontro. Come i Centri Commerciali, per esempio. E’ per questo che la Design International Foundation sta collaborando con Design International per sfruttare la sua esperienza nella progettazione di Food Court e identificare delle soluzioni al problema più urgente: come adattare ciò che di solito è progettato per essere un’area affollata e vivace alle esigenze del distanziamento sociale, senza perdere l’attrattività e il divertimento che caratterizzano i luoghi di aggregazione?

“Poiché i luoghi di ospitalità, shopping, ristorazione e intrattenimento stanno gradualmente riaprendo le porte al pubblico, la chiave è massimizzare la sicurezza dei visitatori, senza compromettere l’esperienza del cliente e il coinvolgimento della comunità” commenta Gianluca Gerosa, Presidente in pectore  di Design International Foundation.

L’iniziativa è pensata per fornire una consulenza e degli schemi distributivi, creati dai team di Design International che lavorerà con i proprietari dei Malls per definire dei layout conformi al distanziamento sociale nelle Food Court di loro proprietà. Facendo propri la responsabilità sociale e i valori etici della Fondazione, Design International contribuirà con 300 giorni di progettazione gratuiti – l’obiettivo è produrre layout per 300 Food Court in 300 giorni; il numero non è casuale in quanto rappresenta i progetti realizzati da Design International nel corso dei suoi cinquantacinque anni di storia, una sorta di restituzione e ringraziamento al settore.

“Apprezziamo molto le relazioni strette che abbiamo instaurato con i nostri clienti nel tempo”, afferma Davide Padoa, CEO di Design International. “Questo è il motivo per cui sentiamo che dopo aver condiviso così tanti anni di progetti innovativi, visioni e collaborazioni produttive, è tempo di restituire qualcosa al settore. I nostri team di Londra, Milano, Shanghai e Dubai sono pronti a fornire un aiuto a qualsiasi proprietario in cerca di supporto in questo momento di crisi”.

Food Court Remastered è disponibile per tutti i proprietari di Malls dal 12 maggio 2020 all’indirizzo www.designinternational.com/giveback.

Pet food: il mercato cresce del 2,8%. Durante il lockdown bene la prossimità

La stima è di 60,3 milioni di animali d’affezione in Italia nel 2019. Si conferma, quindi, un rapporto di 1 a 1 tra il numero di pet e la popolazione residente nel nostro Paese: 29,9 milioni di pesci, 12,9 milioni di uccelli, 7,3 milioni di gatti, 7 milioni di cani, 1,8 milioni di piccoli mammiferi, 1,4 milioni di rettili e un mercato che vale oltre 2 miliardi di euro.

Sono le cifre che emergono dalla XIII° edizione del Rapporto Assalco – Zoomark, realizzato da ASSALCO, l’Associazione Nazionale tra le Imprese per l’Alimentazione e la Cura degli Animali da Compagnia.

Il documento è presentato in collaborazione con Zoomark International – il Salone internazionale b2b dei prodotti e delle attrezzature per gli animali da compagnia organizzato da BolognaFiere.

Il mercato continua a crescere

I canali principali – Grocery, Petshop Tradizionali e Catene Petshop[1] – hanno sviluppato un giro d’affari di 2.078 milioni di euro per un totale di 556.424 tonnellate vendute.

Prosegue il trend positivo del mercato a valore inteso come somma dei canali principali (Grocery, Petshop Tradizionali e Catene Petshop) con un incremento del fatturato del +2,8% rispetto allo scorso anno: il pet food si conferma un mercato in crescita, con un tasso di sviluppo superiore a quello del Largo Consumo Confezionato, pari a +1,7%[2] nel 2019. L’orientamento dell’acquirente alla composizione del carrello per il proprio pet è stato quello di scegliere prodotti premium.

Gli alimenti per gatto rappresentano il 52,6% del valore totale del mercato (Grocery + Petshop Tradizionale + Catene), sviluppando 1.093 milioni di euro (+3,1% verso il 2018) mentre gli alimenti per il cane ne rappresentano il 47,4%, pari a quasi 986 milioni di euro.

Il mercato degli alimenti per piccoli animali da compagnia registra in GDO un fatturato di circa 12,5 milioni di euro, confermando il trend di flessione già registrato negli ultimi anni. Uccelli (39,9%) e roditori (30,2%) i segmenti principali, seguono gli alimenti per i pesci e per le tartarughe.

Al valore totale del mercato si deve aggiungere una stima di quanto sviluppato dai nuovi canali, rilevati a partire dal 2019: 20,7 milioni di euro generati dal canale Petshop GDO[3] e 13,1 milioni di euro dai Generalisti On Line[4]. 

Covid-19 e animali da compagnia

L’alimentazione degli animali da compagnia è stata indicata come un’attività non differibile già nelle prime fasi dell’emergenza Covid-19. In questo periodo difficile, i proprietari degli animali d’affezione italiani di ogni specie hanno potuto beneficiare del fatto che tutti i canali di distribuzione, inclusi i negozi specializzati, sono rimasti aperti. Il petshop ha infatti un’offerta che integra quella della GDO: alimenti con particolari fini nutrizionali e accessori indispensabili per la corretta gestione dell’animale.

Nonostante l’ampia disponibilità di prodotto, anche gli alimenti per cani e gatti, al pari dei prodotti di primaria necessità del Largo Consumo Confezionato per uso umano, hanno registrato per l’effetto scorta un incremento delle vendite nelle prime settimane di marzo 2020 sia in GDO che nelle Catene Petshop. Anche in termini di preferenza di canale, si registra una simmetria tra i beni del Largo Consumo Confezionato per uso umano e gli alimenti per cani e gatti in GDO. A partire dalla settimana del 22 marzo, le limitazioni al movimento imposte dai provvedimenti di distanziamento sociale hanno condotto ad una maggiore concentrazione degli acquisti nei formati distributivi più vocati a supportare la domanda di prossimità.

Per quanto riguarda il canale online nel mese di marzo 2020, si è registrata una crescita del 220% verso il corrispondente mese del 2019 delle vendite degli operatori generalisti (gruppi della GDO e Amazon).

Gianmarco Ferrari, Presidente di Assalco, ha così commentato: “Nel 2019 è proseguito l’andamento positivo del mercato italiano guidato nelle scelte d’acquisto dall’attenzione al benessere del proprio pet. Per l’andamento del mercato 2020, a causa dell’emergenza Covid-19, è difficile fare un pronostico. Le evidenze in nostro possesso mostrano, nella settimana del lockdown nazionale, una fase di accaparramento per scorta del pet food, al pari di quanto realizzato per i beni di prima necessità del Largo Consumo Confezionato per uso umano. Un’ulteriore evidenza che abbiamo registrato è relativa ai canali di vendita. Successivamente al lockdown sull’intero territorio nazionale, i proprietari si sono orientati agli acquisti in negozi di prossimità, confermando ancora una volta la similitudine tra i prodotti destinati agli animali da compagnia e quelli per il consumo umano”.

Accessori e lettiere

Il mercato degli accessori per la cura e la gestione quotidiana (prodotti per l’igiene, giochi, guinzagli, cucce, ciotole, voliere, acquari, tartarughiere e utensileria varia), che vale circa 70,6 milioni di euro, nel 2019 ha registrato in GDO un lieve incremento delle vendite in volume (+2,3%) e una lieve flessione del fatturato pari allo 0,9%. Il segmento dei prodotti per l’Igiene Animali (tappetini assorbenti igienici, salviette, shampoo, spazzole, deodoranti, tutto ciò che ha a che fare con la cura e la bellezza) si conferma il più importante e registra una crescita a valore pari all’8,3%

Le lettiere per gatto, rilevate separatamente, nel 2019 registrano in GDO un volume d’affari di 73,7 milioni di euro, con una crescita a valore del +2% rispetto all’anno precedente.

[1] Panel Iri Catene Peshop: rappresentativo di L’isola dei Tesori, Maxi Zoo, Croce Azzurra, Italpet, Zoo Megastore, Agrizoo2. Arcaplanet, Fauna Food e Zoomarket sono escluse dalla rilevazione IRI.

[2] Ipermercati, Supermercati, Libero Servizio-Piccolo, Specialisti Casa e Persona, Discount

[3] Petshop GDO: superfici specializzate nella vendita di alimenti e accessori per animali ed appartenenti ad organizzazioni della GDO. I dati contenuti nel rapporto sono relativi ad un leader panel di 49 punti vendita con insegna Amici di Casa Coop, Petstore Conad, Animali Che Passione, Joe Zampetti e Pet Elite (Selex).

[4] Generalisti On Line: tracking delle vendite on line di operatori della GDO (Esselunga, Carrefour, Pam/Panorama, Coop, Selex, Bennet, Unes, Auchan, Finiper, Supermercato 24) e Amazon [Fonte Iri E-Commerce]

Covid-19: europei un po’ più tranquilli ma ancora stressati

Il Covid-19, non si è diffuso in maniera omogenea, né con la medesima tempistica. Ciò ha portato a reazioni diversificate da parte dei cittadini dei vari Paesi. Initiative, network di comunicazione internazionale, ne ha tracciato una mappa nella ricerca Covid-19 Impact

Dall’indagine è essenzialmente emerso come in tutti i Paesi coinvolti ci sia uno spirito di adattamento alla situazione molto forte – con un picco della Francia con il 62%. C’è collaborazione e impegno nel voler superare l’emergenza. Ma c’è anche tanta ansia per come sarà il domani. Una nota da sottolineare rispetto all’Italia è che il 15% degli intervistati dichiara di sentirsi un po’ più ottimista rispetto all’inizio perché “si vede la luce alla fine del tunnel”. La società sta pian piano scorgendo una via d’uscita dall’emergenza covid-19 e c’è una comune percezione che la situazione stia lentamente ritornando alla normalità. Accanto a questi dati, emerge anche uno stress non indifferente con cui le persone stanno facendo i conti: il 36% degli italiani di dichiarano di essere stressati dalla situazione, il 38% in UK, il 43% in US e in Francia il 45% delle persone si sentono stressate da quanto accade. In Italia questo dato è controbilanciato dagli effetti positivi del lockdown. Questo sta ad indicare che al progredire della pandemia, la gente si adatta a quanto sta accadendo anche con una nuova routine giornaliera. Il sentimento comune è il pensiero alla normalità, ad un ritorno alle nostre abitudini che abbiamo dato per scontate.

Come sono cambiate le loro giornate? La nostra routine quotidiana è stata completamente rivoluzionata: prendiamo meno i mezzi, non andiamo in luoghi pubblici, le nostre uscite sono limitate nonostante in Italia siamo passati alla Fase 2. Abbiamo ridefinito il nostro stile di vita in termini di strategie d’acquisto, gestione del tempo, cultura. Le strategie di acquisto sono mutate, le persone hanno ridotto l’acquisto di pacchetti vacanze, viaggi e abbigliamento. Lo shopping è prevalentemente via web e focalizzato sulla spesa e i prodotti di prima necessità in genere. Il cibo è la base che guida i nostri acquisti online, si evidenzia un nuovo target di persone che non era abituato a questa modalità di acquisto. Stiamo utilizzando il nostro tempo per svolgere attività inusuali, soprattutto ci si dedica al bricolage, ma anche al “fai da te” e, più in generale, a fare cose nuove, come dichiarato dal 15% degli italiani e degli inglesi. Questi ultimi si dedicano per il 25% all’allenamento, in Italia il 22%, in Francia il 21% e US solo il 20%. In una prima fase, in tanti si sono dedicati all’esercizio fisico a livello globale, ma in tutti i Paesi si è registrato un calo nella pratica dello sport, soprattutto in Italia. Proprio gli italiani sono il popolo che più si sta preoccupando di curare la salute attraverso l’alimentazione – il 21% – rispetto agli altri Paesi coinvolti. Per quanto riguarda la cultura, non essendoci più occasioni di socialità, gli italiani hanno scelto i balconi per comunicare e trovare un momento di condivisione. Questo era valido soprattutto in un primo momento della pandemia in Italia, ora meno. Initiative ha rilevato che gli italiani trascorrono sempre più tempo connessi ai propri dispositivi, le persone stanno molto più collegate ai loro smartphone e pc – soprattutto per via dello smart working – fruendo dei servizi di smart Tv e quant’altro. Il 54% degli italiani sente di essere fortemente connesso, gli inglesi per il 49%, la Francia si ferma al 45% e UK al 38%. Questo soprattutto per informarci e per leggere le news, oltre che per coltivare le relazioni che non possiamo intrattenere di persona. La ricerca evidenzia un incremento del consumo digitale, ma anche più relazioni familiari seppur in forma virtuale. Inizialmente anche il tempo trascorso in famiglia sembrava uno sforzo per via delle nuove abitudini familiari, nella gestione degli spazi ecc. ma con il tempo ci si è abituati anche a questo, anzi si sono riscoperti aspetti che erano passati nel dimenticatoio. Nella fase 2 le persone stanno riscoprendo modi e strumenti per migliorare la nuova routine quotidiana messa a punto dall’inizio della pandemia.

Cosa ci fa stare meglio?

Il 24% degli italiani ritiene di sentirsi meglio nell’essere aggiornati attraverso le news, il 17% in UK, il 15% in US e 14% in Francia. L’aggiornamento costante ha un effetto calmante per chi vive in Italia, insieme alla rassicurazione derivante dall’attivismo e alla presenza delle aziende private.Ancora, il 22% degli italiani dichiara che sentir parlare del contributo delle aziende e di come si siano attivate e riorganizzate in questo periodo per dare il loro contributo, è rassicurante. Il ruolo dei brand in questo momento è importante perché ha un certo peso nella vita e nel percepito delle persone. Le persone sono in un momento di fragilità e insicurezza e gran parte degli acquisti non sono più una priorità per cui per loro, qualunque comunicazione dovrebbe parlare sempre meno della marca e del prodotto ed impegnarsi in un aiuto concreto al crescere dell’emergenza. Il ruolo di un brand deve essere preciso e tangibile e assolutamente al di sopra di qualunque guadagno commerciale. In questo momento le persone vogliono avere i brand al loro fianco attraverso la comunicazione oltre che con iniziative solidali, si aspettano campagne pubblicitarie in grado di generare sentimenti di positività, felicità e sicurezza.

I marchi che cercano di inserirsi in modo improprio nelle conversazioni e nel dibattito attuale con l’evolversi della crisi e il lockdown arrivano alle persone in modo negativo – 41% in UK, 31% in US, 23% in Italia e 16% in Francia. L’approccio alla comunicazione deve tenere in considerazione il pensiero delle persone anche se la direzione è diversa rispetto al modo di comunicare a cui eravamo abituati prima che il covid-19 entrasse a far parte delle nostre vite

Metodologia della ricerca

Covid-19 Impact ha coinvolto 4 Paesi europei: US, UK, Francia e Italia ed è stata condotta in modalità CAWI.

Le abitudini di acquisto degli italiani nella pandemia, secondo Weborama

Spesa online, food delivery ed e-commerce: cosa ne pensano gli italiani, costretti a ricorrevi in fase di lockdown? Si è occupata della questione Weborama, Data Science Company attiva da vent’anni in diversi ambiti del marketing digitale e off-line. Nelle regioni del Nord Italia, in cui risiede quasi la metà della popolazione italiana, vive oltre il 62% delle persone che cercano servizi per la spesa online e quasi il 52% di quelle propense al food delivery. Dati trainati in particolare da Lombardia con il 31% di italiani interessati alla spesa online e il 28% al food delivery e soprattutto, dato inaspettato, dall’Emilia-Romagna che registra il 6,5% di interesse per il food delivery e il 10% per la spesa online riservandosi così il terzo posto a livello nazionale. La terza regione a supportare il Nord, in base all’analisi condotta da Weborama, è il Veneto dove la spesa online con il 9% supera di poco il food delivery (8%), segue poi il Piemonte con l’8% di interesse per la spesa online e il 7% per il food delivery.

Queste, ad oggi, sono le regioni più urbanizzate, le aree in cui le grandi catene della GDO sono più diffuse e in cui le piattaforme di food delivery sono maggiormente presenti e che sono state più duramente colpite.

Spesa online e al food delivery

Nel Centro Italia, invece, la spesa online sembra essere un tema che interessa complessivamente il 23% degli italiani, mentre il food delivery registra il 25%, si differenzia la Toscana che da sola con l’9% di interesse per il food delivery si assesta al quarto posto su scala nazionale. Il Lazio svetta in classifica con il 13,5% per la spesa online e il 12,2% per il food delivery mentre per il Sud Italia sono singolari i dati registrati in Campania in merito all’acquisto di prodotti alimentari online con un interesse del 7% e del 12% per il food delivery che pone la regione al terzo posto a livello nazionale dopo Lombardia e Lazio. Fa eccezione anche la Sicilia che, tra le regioni del Sud, si stanzia, dopo la Campania, al secondo posto con il 3% di ordini online e il 5,5% di interesse per le richieste di food delivery. Secondo la ricerca di Weborama, tuttavia, in Sardegna e così come nel resto del sud, sembrano quasi ignorate le due categorie di spesa online e food delivery. Nello specifico, gli italiani interessati alla spesa online in Sardegna sono meno dello 0,5%, il dato più basso dopo la Basilicata con lo 0,11% e il Molise con lo 0,08%, mentre la Puglia rialza l’interesse al 2,8% e registra il 3,2% per il food delivery ma sancisce il distacco dall’Abruzzo all’1% e dalla Calabria con lo 0,1%. Le cause di questa disparità numerica possono essere ricercate nella diversa struttura commerciale, e nella ristorazione che predilige modalità di delivery gestite in autonomia dal singolo ristorante, ma anche in una diversa penetrazione dell’epidemia di Coronavirus. Si può pensare che in aree drammaticamente colpite come Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna, i consumatori siano stati più propensi ad evitare per quanto possibile di uscire di casa, mentre laddove il lockdown è stato percepito più come una misura precauzionale, la spesa settimanale o il ritiro di una pizza da asporto sono state considerate come attività legate alla quotidianità abituale.

Le regioni più interessate all’e-commerce in Italia

Al contrario, invece, la distribuzione geografica degli utenti interessati all’e-commerce è sostanzialmente analoga a quella della popolazione. Nella top 10 delle regioni più interessate all’e-commerce troviamo sul podio la Lombardia con il 31%, il Lazio con il 14,5% e la Campania con l’8% seguite in quarta posizione dal Veneto che registra il 7,6%, dal 7,3% del Piemonte e dall’Emilia-Romagna con il 6%, al settimo gradino c’è la Toscana con il 5,3%, poi la Sicilia 5,1% e al penultimo posto la Puglia 4%, chiudono al decimo posto le Marche con il 2%. Ciò conferma nuovamente come l’e-commerce sia ormai una realtà solida in tutto il Paese indipendentemente dall’area geografica.       

Roberto Carnazza, Country Manager di Weborama Italia commenta a proposito dell’analisi: I dati estratti da MoonFish sottolineano ulteriormente come, a causa del Covid-19, le abitudini degli italiani relative alla spesa online siano drasticamente cambiate e come ogni area del Bel Paese segua dinamiche proprie. Una volta usciti dall’emergenza, le vere incognite saranno molteplici: come affrontare un mercato che sarà inevitabilmente diverso, come prevedere i cambiamenti degli utenti online e lo scardinamento dei modelli fino ad ora conosciuti. Avremo una conferma soprattutto dell’effettivo interesse degli utenti verso la spesa online e il food delivery durante la cosiddetta Fase 2, momento in cui per i brand di settore, ma non solo, sarà quindi fondamentale formulare o riformulare strategie data-driven mirate e allo stesso tempo versatili al fine di ottimizzare gli investimenti e proseguire nel processo di fidelizzazione”.

Modalità della ricerca

L’analisi effettuata da Weborama è stata realizzata attraverso il nuovo tool proprietario MoonFish, una nuova soluzione che semplifica la creazione di audience specifiche, basata sulla qualità dei dati di Weborama e sull’intelligenza artificiale semantica. Con MoonFish è possibile creare segmenti di pubblico esclusivi, raggiungere un pubblico che risponderà in modo efficace e che potrà essere immediatamente attivato utilizzando le leve principali leve del marketing e dei media. MoonFish si basa sul know-how di professionisti che lavorano da anni nel reparto R&D di Weborama e rappresenta una risposta innovativa e dalle alte prestazioni alle sfide della conoscenza reale dei clienti dei brand nel mondo digitale. Questa conoscenza è già al servizio di quasi 1.000 grandi aziende nei più vari settori di attività, aziende che hanno la necessità di conversare e rivolgersi direttamente ai loro consumatori ideali.

Covid-19, fase 2 e moda: arriva l’algoritmo salva- negozi

L’assunto è: “La crisi del comparto moda si è aggravata col Covid19, per uscire dall’emergenza deve finire la guerra tra e-shop e spazi fisici”. Parola di Bassel Bakdounes, inventore di un algoritmo salva fashion retail (in qualità di guida di Velvet Media), che si ripropone di rispondere ad un annoso quesito: “In che modo la comunicazione realizzata da un negozio fisico permette di vendere un capo di abbigliamento nello shop online della griffe?”

E’ qui che entra in scena l’algoritmo. Ma come funziona? Semplice: dà un valore numerico ad ognuna delle attività che i negozianti possono fare per promuovere un brand, dall’ampiezza della vetrina allo spazio riservato al capo di abbigliamento sugli scaffali, fino all’iconicità della location (il centro di New York vale di più di quello di un comune di periferia). A questo si uniscono altre variabili, come il prezzo, la tipologia della collezione e l’autorevolezza del marchio. Questi dati vengono geolocalizzati con app di proximity marketing ed elaborati attraverso centinaia di variabili.

Alla fine, come output l’algoritmo definito da Bakdounes genera un “numero magico”, ossia la percentuale di vendite online che un determinato negozio fisico genera solo con la propria presenza comunicativa sul territorio. Il ruolo che avrà questo algoritmo nel mondo del fashion sarà dirompente, la partita è quella di trovare soluzioni possibili per evitare l’apocalisse dei retail che è stata ulteriormente accelerata dal Coronavirus. Velvet Media ha infatti ribattezzato il cervello artificiale che genera il numero magico “algoritmo salva-negozi”.

“Abbiamo risolto il dilemma del rapporto tra vendite online e negli store fisici”, è entusiasta il titolare di Velvet Media, Bassel Bakdounes. “Abbiamo chiarito in termini matematici come dare un peso specifico ai retail, che in questo momento stanno soffrendo una delle peggiori crisi che il comparto abbia mai avuto. Stando alle prime simulazioni, il nostro algoritmo ha già dimostrato che un negozio fisico può valere fino al 30% delle vendite online perfezionate in quel territorio. Va detto però che nella maggioranza dei casi il valore non supera il 5%”.

L’algoritmo brevettato da Velvet Media si basa sulle più recenti tecnologie di geolocalizzazione, sulla valorizzazione dei big data e sulle innovazioni in fatto di proximity marketing. In pratica, controlla i movimenti delle persone (ovviamente in modo aggregato, senza violare la privacy) nell’area attorno ai negozi di riferimento. Questo permette alle marche di abbigliamento di capire come la sommatoria di attività di comunicazione svolte dal negoziante incida in modo reale sulle vendite nel web. Semplificando: se una persona passa dieci volte vicino al negozio e poi compera quel capo online, sicuramente serve riconoscere un merito economico anche al retail.

“La nostra divisione specializzata nel fashion adesso avrà di fronte una nuova sfida”, commenta Bakdounes. “Dovremo mediare tra griffe e retail, diffondere questi dati perché ognuno abbia ciò che gli spetta nella commercializzazione della moda. Le vetrine virtuali sul web senza i negozi fisici non possono sopravvivere, la sfida per il futuro è quella di riconoscere ai retail il valore economico che producono a favore della griffe in termini comunicativi”.

Fase 2: arriva il fast delivery a sostegno dei negozi di vicinato

L’e-commerce di vicinato: la via per ricominciare. Da qui nasce “We support locals”, la piattaforma per il fast delivery, sviluppata dall’agenzia fiorentina WeRad, pensata per mettere le attività di vicinato nelle condizioni di attivare in poche mosse il servizio di vendita con formula take away o consegna a domicilio.

Non solo bar, ristoranti e pasticcerie, già più familiari al concetto della consumazione da asporto: l’esigenza di riconnettersi con il tessuto cittadino e trovare un’altra modalità di vendita è trasversale. Dal negozio di abbigliamento all’artigiano, dal fioraio alla rivendita di materiale da ufficio, articoli per la casa o oggetti di design, dal supermercato fino alla bottega di alimentari e l’enoteca, anche i negozianti che hanno meno confidenza con la tecnologia saranno in grado di dotarsi di un sistema pratico e veloce per iniziare subito a ricontattare i propri clienti. O trovarne di nuovi in rete.

La consulenza comprende nel complesso: acquisto del dominio per la realizzazione del sito web, set up della piattaforma con primo inserimento di contenuti (ovvero i prodotti in vendita), un’ora di formazione per la gestione autonoma del sistema, avviamento dei canali social (Facebook, Instagram e LinkedIn) per la promozione online del servizio. Eventualmente è possibile richiedere anche un servizio fotografico professionale. Una volta impostato il proprio ecommerce, sarà possibile anche definire orari di consegna per il ritiro sul posto in negozio o al ristorante, scaglionando la clientela ed evitando code e assembramenti.

“Già dai primi giorni di lockdown – dichiara WeRad – ci siamo resi conto che le piccole strutture avrebbero avuto bisogno di una mano per digitalizzare la loro attività e ridistribuire i costi dei dipendenti, o dei soci stessi, impiegando il loro tempo nelle consegne a domicilio. Le consegne devono avere un costo contenuto in questo momento, ma la gestione dei costi è possibile solo se si è proprietari di una piattaforma comoda ed economica. Altrimenti è necessario appoggiarsi a strutture che hanno costi maggiori. Per questo abbiamo sviluppato una piattaforma personalizzabile e in grado di contenere i costi”.

Per andare incontro alle attività provate dalla serrata prolungata, il pacchetto “We support locals” è offerto gratuitamente per il primo mese, in modo che le attività possano rendersi conto dell’effettiva necessità e del ritorno economico. Nella fase successiva la gestione sarà offerta in abbonamento, sempre a costi contenuti.

Post Covid-19 secondo BrandZ Top 75: ascoltare e supportare il consumatore

Il terzo annual BrandZ Top 75 Most Valuable Global Retail Brands Ranking, presentato da WPP e Kantar e lanciato in collaborazione con il World Retail Congress, rivela che il i 75 principali marchi di vendita al dettaglio a livello mondiale sono cresciuti a valore del 12%, arrivando a toccare, lo scorso anno, i 1,5 trilioni di dollari.

Il rapporto fornisce anche un’indicazione sui marchi che hanno le maggiori probabilità di avere il sopravvento in un mercato post-coronavirus sia sulla base dei rispettivi fondamenti finanziari, sia valutandone la loro risposta alla mutata domanda dei consumatori.

“La crisi del coronavirus sottolinea il ruolo essenziale del retail nella vita quotidiana e nell’economia globale; stiamo assistendo ad alcuni esempi di retailer che si sono adoperati per soddisfare le esigenze dei consumatori continuando a 2far girare il mondo”. Tramite il rapòporto vogliamo dimostrare alle aziende che chi ha investito nel diventare un marchio forte, è oggi potenzialmente in grado di resistere allo shock attuale.

La classifica dei gruppi più inclini e ricettivi ai mutamenti dettati dalla pandemia vede al primo posto Amazon ($ 415,9 miliardi) che ha saputo gestire la domanda e  ridurre la sua velocità di consegna per dare la priorità ai prodotti chiave; secondo posto per Alibaba (n. 2, $ 152,5 miliardi) che ha utilizzato la sua esperienza di intelligenza artificiale per aiutare i medici in Cina a ridurre significativamente i tempi di diagnosi del coronavirus; 5° posto per Louis Vuitton (n. 5, 51,8 miliardi di dollari), che ha impiegato solo 72 ore per convertire le sue linee di produzione per disinfettare le mani; 13° il marchio di e-commerce cinese JD (n. 13, $ 25,5 miliardi) che ha consegnato forniture mediche e cibo utilizzando la sua vasta rete di distribuzione.

 Buone pure le performance della azienda di abbigliamento sportivo Lululemon (n. 25, $ 9,7 miliardi, cresciuta del 40% e che ha attivato l’offerta di programmi di formazione online e una tattica di marketing mirata adottata da Adidas (n. 18, $ 14,8 miliardi).Accanto ai nativi digitali, buoni risultati sono stati ottenuti anche dai retail tradizionali come Costco,(n. 11 $ 28,7 miliardi) cresciuto del 35%, Target (n. 23, $ 10,6 miliardi) aumentato del 27%, Walmart (n. 8, $ 45,8 miliardi) aumentato del 24% e Sam’s Club (n. 36, $ 6,8 miliardi) cresciuto del 19%. I rivenditori intelligenti e lungimiranti hanno resistito anche alla tentazione di ridurre gli investimenti pubblicitari, apprendendo lezioni dalla Cina in cui i marchi che “si sono oscurati” stanno lottando per riconnettersi durante le prime fasi della ripresa mentre i consumatori optano per quelli che hanno continuato a fornire un supporto e far sentire la loro vicinanza in maniera continuativa. Graham Staplehurst, Global Strategy Director di BrandZ presso Kantar, ha commentato così questo aspetto: “Il valore del marchio non è determinato solo dalla performance finanziaria, ma anche dalla reputazione agli occhi dei consumatori. Il modo in cui i rivenditori si comportano ora in termini di assistenza alle persone durante la crisi, nonché il modo in cui trattano il loro personale e in cui si rivelano rispettosi dei consigli del governo per il mantenimento della sicurezza e della salute pubblica, saranno importanti per la loro sopravvivenza. Coloro che hanno attivamente dimostrato la loro rilevanza e utilità e continuano a farlo mentre la vita dei consumatori inizia a tornare alla normalità, saranno nella posizione migliore per rafforzare le relazioni con i clienti sia nella fase di recupero che a lungo termine “.

Alcune evidenze

I più forti si sono rafforzati: i primi 10 marchi in classifica hanno superato il resto del settore, registrando un aumento medio del valore del marchio del 16,4%. Amazon rappresenta il 27% del valore totale del marchio dei Top 75, mentre le solide prestazioni di altri 10 marchi come Alibaba mostrano che i marchi forti possono fare di più che cavarsela.    

I leader del settore hanno continuato a dominare: McDonald’s (n. 3, 129,3 miliardi di dollari) è di gran lunga il marchio Fast Food più prezioso al mondo, anche se altri hanno registrato una rapida crescita, grazie in gran parte alla consegna e ad altre innovazioni di servizio.

Louis Vuitton è il marchio di lusso più prezioso, con un nuovo flagship store globale a Seul e collaborazioni creative con importanti artisti, mentre Nike (n. 6, $ 50,0 miliardi) guida la categoria Abbigliamento con e-commerce, personalizzazione del prodotto e collaborazioni che guidano forti vendite.    

Cinque nuovi concorrenti: tre marchi giapponesi fanno il loro debutto nella classifica di quest’anno; il negozio di moda online Zozotown (n. 52, $ 4,5 miliardi), la rete di vendita al dettaglio Aeon (n. 64, $ 2,9 miliardi) e la società di storia di convenienza Family Mart (n. 75, $ 2,4 miliardi). La piattaforma di e-commerce cinese Pinduoduo (n. 26, $ 9,4 miliardi) è la nuova entrata più alta, dopo il successo del suo modello di acquisto di gruppo online; e poi ecco la catena hardware Bunnings dall’Australia (n. 69, $ 2,7 miliardi.

Radio in store: così si comunicherà con i clienti nella Fase 2

Nella fase 2 di riapertura, sarà fondamentale puntare sulla comunicazione. Per questo lL Radio In-Store, servizio strategico di M-Cube, diventa strumento chiave per la comunicazione nei negozi.

Già da qualche settimana M-Cube (attivo su 240 clienti tra cui Despar, Esselunga, Benetton, Motivi, Elena Mirò, Etro, Tod’s, Carpisa, Yamamay) lavora attivamente nella creazione di contenuti per le radio In-Store dei retailer aperti, soprattutto nel settore della GDO, utili a gestire al meglio le criticità di questo periodo, e si appresta a farlo anche per le catene delle categorie merceologiche di prossima riapertura.

Per il personale di vendita sono stati creati messaggi per comunicare le misure adottate dall’azienda per garantire la sicurezza dello staff all’interno del punto vendita, informare sui protocolli e linee guida adottate dall’azienda e sulle nuove normative vigenti e ricordarne il rispetto da parte di tutti i membri del personale. Importanti anche i messaggi di incoraggiamento e di ringraziamento per favorire un clima positivo e sereno fra gli addetti. Questi messaggi vengono normalmente trasmessi negli orari a ridosso dell’apertura e della chiusura.

Per i clienti vengono realizzati due tipi di comunicazioni: informative ed emozionali. Le prime servono per ricordare al cliente le norme di comportamento, raccomandare l’uso dei dispositivi di sicurezza messi a disposizione all’interno del punto vendita, raccontare le misure che l’azienda ha adottato per garantire la sicurezza dei propri spazi e prodotti, annunciare tutti i servizi che il brand mette a disposizione per uno shopping sicuro, come, ad esempio, consegna a domicilio, shopping online, prenotazione posti in coda etc. etc.

I comunicati emozionali vengono utilizzati per fare sentire il brand più vicino ai propri clienti e favorire un clima positivo e rassicurante durante la permanenza in negozio.

M-Cube ha inoltre lanciato un servizio di comunicazione on-demand attraverso il quale il personale di vendita può attivare e gestire comunicati specifici tramite una app dedicata.

Nell’imminenza della riapertura delle catene della moda e del lusso l’attenzione si sposta anche su nuovi temi, in vista dell’introduzione o del potenziamento di nuovi servizi come appuntamenti, pagamenti senza passare dalle casse, ampliamento dell’offerta grazie agli schermi digitali.

Per far percepire il brand più vicino e attento ai propri clienti talvolta i messaggi vengono registrati da persone particolarmente rappresentative dei valori del brand (lo stilista, un testimonial importante).

Ma la radio in-store è soprattutto musica e serve per trasmettere atmosfere e stati d’animo: in questa delicata fase di riapertura al pubblico la selezione musicale, oltre a comunicare l’identità del brand, è un elemento fondamentale per creare un clima sereno, rilassato e rassicurante. Per questo il team di Sound Designer di M-Cube ha elaborato nuove playlist per questo periodo, pensate per trasmettere serenità, valori comuni e senso di appartenenza.

Secondo quanto afferma Mike Sponza, Head of Music e responsabile del reparto audio di M-Cube: “In questa delicata fase di riapertura al pubblico, la capacità aggregativa della musica diventa il un nuovo parametro dal forte valore emozionale che va a sommarsi ai rapporti tra la musica all’interno dei punti vendita e il mood, i valori e l’identità del brand. Negli ultimi due mesi, le canzoni sono state uno dei più solidi collanti tra le persone distanziate. L’esperienza maturata da M-Cube nella gestione dei palinsesti in-store di clienti attivi anche durante il periodo di lockdown ha dimostrato come la shopping experience tragga giovamento anche dalla messa in onda di canzoni che fanno parte del nostro background musicale, sia italiano che internazionale. Tali selezioni hanno contribuito a creare atmosfere serene e rilassate ed un clima piacevole e rassicurante nel punto vendita, rafforzando allo stesso anche il senso di comunità.”

 

Covid-19: così cambiano le abitudini digitali. L’analisi GfK

All’imperversare di Covid-19 sono cambiate anche le abitudini digitali delle diverse generazioni. Per analizzare gli effetti del Coronavirus sui mercati, i consumatori e i media GfK ha attivato a fine febbraio un monitoraggio settimanale a 360 gradi.

Ne è emerso che complessivamente, il tempo dedicato al Digitale è cresciuto in maniera significativa durante il lockdown e gli italiani hanno sfruttato gli strumenti digitali per rompere l’isolamento e continuare a informarsi, intrattenersi, comunicare e coltivare le relazioni.

In particolare, secondo i dati passivi rilevati attraverso GfK Sinottica*, nel periodo compreso tra il 21 febbraio e il 12 aprile è cresciuta dell’11% la quota di tempo dedicato agli strumenti digitali legati alla comunicazione (ad esempio per chat e videochiamate), ai social media e agli streaming audio e video.

Già prima del lockdown, comunicazione virtuale, social e streaming rappresentavano molto del tempo speso quotidianamente online, ma durante l’isolamento forzato in casa questo ambito è diventato ancora più importante per gli italiani.

Differenze tra le diverse Generazioni

L’incremento più alto in termini di tempo dedicato si è avuto tra Baby Boomers (+16%) e Generazione X (+14%), che probabilmente prima del lockdown utilizzavano meno di frequente questi strumenti digitali e che si sono dovuti attrezzare per comunicare a distanza, per necessità legate allo smart working o al mantenimento delle relazioni sociali. Nelle generazioni più giovani, già abituate a dedicare molto tempo a questi aspetti della vita digitale, l’incremento è stato più ridotto:  +9% per i Millennials e +3% per la Generazione Z.

Se l’incremento del tempo dedicato a comunicazione, social e streaming è stato – seppure con accenti diversi – comune a tutte le Generazioni, andando a considerare le categorie che durante questa fase hanno visto l’incremento maggiore in termini di tempo dedicato emergono alcune differenze generazionali.

Considerando il totale del tempo dedicato al digitale, la Generazione Z durante il lockdown sta dedicando più tempo del solito al Fitness, alla GDO (incluso il fare la spesa) e a tutto quello che riguarda la Cucina. I Millennials in quarantena hanno incrementato soprattutto il tempo online dedicato alla Cucina, alla GDO e all’informazione quotidiana. Anche per la Generazione X l’incremento più significativo di tempo nella sfera digitale ha riguardato la Cucina, ma al secondo posto troviamo gli strumenti digitali della Pubblica Amministrazione (PA online) e al terzo la GDO. Ancora diversa la classifica per i Baby Boomers, che hanno incrementato soprattutto il tempo online dedicato alla GDO, seguito dalla PA online e dal settore Non Profit. In questa ultima categoria rientrano anche tutte le iniziative legate a donazioni, raccolte fondi e volontariato, per le quali gli italiani più maturi hanno intrapreso diverse iniziative sfruttando gli strumenti digitali.   

Nota metodologica

*Fonte: GfK Sinottica, indagine single source basata su un campione rappresentativo di italiani con più di 14 anni. Sinottica monitora giorno per giorno i comportamenti reali dei consumatori appartenenti al Panel, anche per quanto riguarda il consumo multimediale. I dati contenuti in questo comunicato si riferiscono al periodo compreso tra il 21 febbraio e il 12 aprile 2020 e sono stati raccolti quotidianamente, in maniera continuativa con metodologie passive (Meter e Software Tracker). Tutti i trend si riferiscono al confronto con il periodo precedente al lockdown (27 gennaio-20 febbraio 2020).

BrandContent

Fotogallery

Il database online della Business Community italiana

Cerca con whoswho.it

Diritto alimentare