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Per Costco, supermercati all’ingrosso, in Francia esordio con il botto: aspettando l’Italia?

Sbarca in Francia e pensa all’Italia Costco, la grande catena americana di supermercati all’ingrosso, che ha aperto il suo primo magazzino oltralpe allargando così la sua presenza in Europa dopo i 28 store in Gran Bretagna, i due in Spagna e quello aperto a maggio in Islanda. Un’espansione che secondo voci piuttosto insistenti presto potrebbe interessare anche il nostro Paese, considerato molto interessante per il colosso di Issaquah, nello stato Usa di Washington, a causa dei grandi margini di espansione individuati nel nostro Paese. Del resto, spesso nel mondo della grande distribuzione la Francia anticipa di poco quello che accade in Italia.

 

Prezzi stracciati anche per prodotti di alta gamma, layout spartano

L’arrivo di Costco con il suo modello inedito di vendita sarebbe rivoluzionario: si tratta infatti di un ipermercato assolutamente peculiare, una sorta di club (secondo il modello del “wholesale club”) con una tessera d’iscrizione di 36 euro l’anno (in Francia) che vende all’ingrosso prodotti di marca (oppure della private label Kirkland) a prezzi bassi e in grandi quantitativi, ciò che rende l’acquisto interessante soprattutto per ristoranti, alberghi, comunità, aziende e per famiglie molto grandi.

Costco riesce a tenere i prezzi bassi (il margine in Europa è del 14%, negli Usa ancora meno) grazie a politiche di contrattazione con i fornitori molto aggressive, evitando spese di imballaggio (i clienti devono portarsi le buste da casa) e disponendo gli articoli direttamente sui pallet, risparmiando sull’illuminazione artificiale grazie allo sfruttamento al massimo di quella naturale, riducendo al minimo il décor dei punti vendita. Altra caratteristica, il rimborso totale delle merci che non hanno soddisfatto il cliente. Anni fa Costco fece notizia per il rifiuto di vendere prodotti della Coca-Cola a causa del rifiuto della multinazionale di Atlanta di abbassare i prezzi.

Nel suo primo giorno di apertura a Villebon-sur-Yvette, alla periferia di Parigi, lo scorso 22 giugno, il nuovo negozio Costco ha fatto registrare quasi 2mila nuove iscrizioni e oltre 6500 scontrini.

«È stata una giornata magnifica. Abbiamo raggiunto il nostro obiettivo in termini di giro d’affari. Siamo molto soddisfatti» ha detto ha caldo Gary Swindells, presidente di Costco Francia. Molto felici anche i clienti, che in molti casi hanno fatto anche un’ora di viaggio per raggiungere l’ipermercato, venendo ripagati da un’accoglienza particolarmente calorosa da parte del personale. In molti hanno mostrato di conoscere già l’insegna, che sorprendentemente poteva vantare già una comunità di fan in Francia.

Grande anche l’afflusso di giornalisti ansiosi di raccontare questa nuova realtà del commercio all’ingrosso che ha grandi numeri sin dalla carta d’identità: 13.750 metri quadri di superficie, 3.880 referenze di assortimento quasi tutte in formato XXL, alcune offerte ancora più esagerate. Quello che però ha colpito i primi testimoni è che tutte le merci sono esposte in modo “democratico”, ovvero con la stessa visibilità, senza favorire un marchio piuttosto che un altro, e che malgrado il motivo per cui si va da Costco è il risparmio c’è anche un’offerta di alta gamma. Nel negozio parigino, ad esempio, quasi tutte le carni sono “label rouge”, tra i prosciutti è ben rappresentato l’”iberico bellota”, il top del mondo, e ci sono 24 varietà di caviale.

 

Costco semplifica la vita e la gestione della casa

Interno di un punto vendita Costco

Gary Swindells sembra aver vinto la prima battaglia di una guerra che si preannuncia lunga e logorante: Costco France, di cui è presidente, aprirà il primo punto di vendita, tra 38 settimane, a Villebon-Sur-Yvette, una cittadina 30 km a sud-ovest dal centro di Parigi.

Questo nuovissimo warehouse club sarà raggiungibile con l’autostrada E5, che si raccorda a poca distanza con l’anello esteriore della metropoli, passando per l’aeroporto di Orly: una posizione strategica per attrarre clienti dalla grande metropoli.

È stata dura, però. In un’Europa che predica la libertà di mercato, ma cerca di frenarla con una selva di artifizi burocratici, dare uno spazio (seppur minimo) al colosso Americano di Seattle è apparso oltremodo rischioso.

La Francia, affetta da sempre da un complesso di inferiorità verso gli USA, non poteva però negare la liceità sul piano commerciare di un formato di vendita mancante al suo panorama; un formato comunque troppo difficile da avviare e da gestire da imprese nazionali per le molte ragioni che verranno spiegate più avanti.

Insomma, nonostante i lacci e i lacciuoli e i cavilli politico-amministrativi messi in atto per ritardarne l’avvio, l’avventura francese di Costco è avviata.

Intendiamoci, in Italia a Costco sarebbe andata peggio. Nonostante le ipocrite lamentazioni per il numero crescente di famiglie sotto la soglia di povertà, l’idea di dare spazio a un fuoriclasse del risparmio, ovvero all’archetipo del “price-impact store”, non sfiora neppure i più convinti, sedicenti alfieri del libero mercato.

Una formula vincente
Difficile, d’altra parte, pensare che aziende europee possano anticipare uno specialista dei prezzi bassi tutti i giorni, come Costco. La sua formula di magazzino aperto ai clienti che sottoscrivono una tessera necessita, infatti, per raggiungere il profitto, il superamento di una certa, impegnativa numerica. Il warehouse francese, in realtà, sarà solo il numero 3 nell’Europa continentale, dopo i due spagnoli di Siviglia e Madrid, ma il primo dei dieci previsti, entro il 2025, nell’esagono. Il fatturato che dovrebbero generare raggiungerebbe allora qualcosa in più di 1,5 mld di euro: una cifra contenuta rispetto al mercato totale, ma che risulta comunque pericolosa per il criterio che introdurrebbe nell’Unione Europea.

Di fatto, il concetto elaborato, già nel 1976, dal genio di Sol Price (n. 1916 –m. 2009) è semplice: selezionare un assortimento ristretto di prodotti alimentari e non, ad altissima rotazione e di grande notorietà per venderli, senza alcun servizio aggiuntivo, a un prezzo imbattibile: inferiore almeno del 30% a quello del concorrente più aggressivo.

Metterlo in atto fu più complesso, soprattutto se impegnati ad essere, simultaneamente, “tough in business” e “socially responsible” verso i dipendenti. La formula funziona, infatti, se si perseguono con ferrea coerenza alcune pratiche: a) un controllo feroce dei costi; b) una logistica sempre al limite dell’eccellenza; c) un’elevata produttività del personale. L’altra condizione è: crescere in fretta di dimensione per comprare alle migliori condizioni. Costco è appunto l’azienda che, tra tutte, ha avuto la crescita più veloce nei suoi primi sei anni di vita.

Ad oggi, nel settore dei beni di consumo, l’equazione che prevede due variabili cruciali: a) pagare bene i dipendenti; b) praticare i prezzi più bassi del mercato sembra, però, quasi impossibile da risolvere.

Il ruolo del cliente
L’idea risolutiva resta quella di Sol Price, trasferita poi a Jim Sinnegal (Costco) e a Sam Walton (Sam’s Club). È un principio altrettanto semplice e geniale: farsi anticipare dagli stessi clienti parte del cash-flow necessario. Attraverso la sottoscrizione di una tessera annuale essi hanno accesso ad un magazzino disadorno, ma ordinato e pulito in cui fare grandi acquisti di prodotti di base e godere di altri benefici collaterali come la restituzione del 2% delle somma spesa annualmente. Inoltre, i clienti possono anche approfittare della vendita temporanea di partite fortemente scontate di prodotti di tendenza: elettronica, abbigliamento, accessoristica, giocattoli, ecc.; insomma la base della cosiddetta “treasury hunt” che porta lo scontrino medio oltre i 120 $ e genera la cosiddetta “Costco Frenzy”.

In un periodo come gli ultimi anni ’70, in cui l’inflazione galoppante falcidiava il benessere delle classi medie, l’offerta di grandi risparmi in cambio di una esasperata semplificazione del servizio reso da Price Club e poi da Costco, riscosse comprensibilmente un successo clamoroso. A ciò contribuì soprattutto l’iniezione di coraggio e di energia di Jim Sinegal (n. 1936 -) giovane allievo e poi socio di Sol Price. Partendo da un hangar dismesso dell’aviazione, a San Diego (CA), Jim avviò, nel 1982, la saga di Costco portandolo a divenire oggi il secondo retailer del mondo. La storia susseguente è ben nota negli USA, ma poco in Italia e si riassume in poche cifre indicative: 118 mld di $ di fatturato, 117mila dipendenti, 690 warehouse di cui 493 negli USA e gli altri in Messico, Giappone, UK, Corea, Taiwan e Spagna.

La premessa storica ci è stata utile a comprendere perché questa formula potrebbe avere, nel medio lungo periodo, un enorme e sorprendente impatto commerciale anche nel nostro continente. In un’epoca che prospetticamente sarà caratterizzata da: a) una contrazione relativa del reddito delle classi medie, b) un’elevata disoccupazione; c) salari ridotti dalla ristrutturazione del mercato del lavoro indotta dalle migrazioni planetarie e d) una delocalizzazione produttiva, offrire il 30% di risparmio su un 30% delle spese complessive di una famiglia non è poco. In breve, un cliente fedele potrebbe godere di un risparmio equivalente ad un mese del suo stipendio ogni anno.

Un’offerta sempre più ampia Costco, infatti, non impatta solo sugli acquisti di beni di largo consumo. La sua sfera si è allargata nel tempo (e ora anche grazie agli acquisti online) ai campi delle assicurazioni, delle spese mediche, dei viaggi, dei carburanti, delle autovetture, degli arredi funerari, di quelli per la casa, del giardinaggio e degli accessori domestici di vario tipo. Prendiamo le auto. Dal 1998 a oggi, l’insegna ne ha vendute alcuni milioni (400mila nel 2014), nuove e a km-zero, attraverso accordi con vari concessionari, distribuiti nel territorio. A ciò si aggiungano varie decine di migliaia di piccole imbarcazioni e motoscafi. Alcuni milioni sono le polizze auto e personali sottoscritte da una parte degli oltre 60 milioni di famiglie tesserate.

Estremamente concorrenziali sono anche i mutui e i finanziamenti alle abitazioni, anch’essi stipulati in base alla forza aggregativa di questo retailer unico nel suo genere. Da non dimenticare, inoltre, le assicurazioni mediche e dentistiche consentite dalla tessera “executive”. Costco si è rivelata capace, ulteriormente, di piegare l’innovazione dell’e-commerce, per altri versi distruttiva, a proprio vantaggio. La presenza di 500 warehouse sul territorio statunitense le consente di mettere in atto il principio del “click & collect” in modo semplice ed efficiente: il cliente può ordinare e pagare online e passare a ritirare nel magazzino ciò che ha acquistato. Nel caso di acquisti di grande ingombro: un cancello, la porta di un garage, una caldaia, …l’insegna provvede ovviamente anche alla consegna a domicilio.

Mutui interessi
Tornando alla relazione con la clientela, l’aspetto straordinario dal punto della tecnica di vendita è la perfetta comprensione del reciproco interesse, maturata tra una clientela che manifesta il più alto tasso di soddisfazione. Costco, offre un solo grande formato di prodotti di uso frequente, eliminando ogni costo (anche minuto come le shopping bag) e coalizza almeno 80mila famiglie in ogni area attrattiva di un warehouse. In questo modo pratica prezzi che le garantiscono un margine incredibilmente basso, dell’11% (inferiore a quello del più efficiente discount). I clienti lo sanno e concentrando quanta più spesa possibile in quest’insegna mettono in pratica il claim: “Più spendi, più risparmi”. La cosa che più ci ha colpito però è la capacità, acquisita nel tempo, di gestire le merceologie più contraddittorie: la carne in grandi formati da 5-8 kg, ma anche la personalizzazione di una torta da ricorrenza o l’acquisto di una sola bottiglia di vino (anche pregiatissimo); una memoria USB, ma anche un televisore UltraHD di grandi dimensioni; una T-shirt, ma anche gioielli certificati da 20mila dollari.

Ci sono dunque sufficienti elementi per dire che, nonostante lo scetticismo della nostra business community, Costco è una delle formule più moderne e in prospettiva più dinamiche concepite per i clienti-consumatori di domani. È un caso di studio semplice e complesso allo stesso tempo, che dietro lo slogan “Simplifying home and life” porterà anche in Europa una ventata di originalità in un settore che sembra a corto di reali idee innovative.

Daniela Tirelli e Loris Tirelli (Amagi)

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