Esselunga inaugura il nuovo supermercato di Rozzano lungo via Manzoni, angolo via Brodolini.
Sarà la quarta apertura del 2015 dopo quella di via Adriano a Milano, di Casale Monferrato e di Sesto Calende e il 153° negozio della catena.
Il negozio, con 2500 metri quadri di superficie di vendita, è dotato di certificazione energetica di classe A. Esselunga ha riqualificato la viabilità cittadina con 3 nuove rotatorie, risistemando il tratto adiacente di roggia Pizzabrasa con nuovi argini; ha inoltre attrezzato le aree verdi della città di via Persighetto e del Parco dello Smeraldino.
Interessante il contributo dell’insegna sul fronte occupazionale: all’interno del nuovo negozio, infatti, saranno impegnati 143 dipendenti, oltre a 12 che lavoreranno nel bar Atlantic. E non basta: anche il territorio ne sarà avvantaggiato, in quanto si prevede che entreranno in Azienda oltre 100 nuove risorse, 65 delle quali residenti proprio a Rozzano.
E proprio a questo proposito, così si espressa Barbara Agogliati, sindaco di Rozzano:” “Il nuovo punto vendita di Esselunga, che occupa 140 addetti, rappresenta un incremento dei servizi di qualità offerti alla cittadinanza e un’ulteriore fonte di attrattività sul territorio. Questo è sicuramente un fattore positivo. Credo che il traguardo più importante sia stato raggiunto grazie alla collaborazione che è nata tra l’Amministrazione comunale e Esselunga, che ha portato ad una strategia capace di innalzare il livello occupazionale per i rozzanesi, con un metodo di selezione assolutamente trasparente, in base alla convenzione del lavoro a km 0, con il supporto di Afol Sud Milano. In questo modo infatti, molti dei nostri cittadini hanno potuto trovare un impiego sul territorio o in altri punti vendita limitrofi. Inoltre, 35 rozzanesi già assunti in Esselunga hanno potuto trasferirsi vicino a casa. Ad oggi sono 46 i neoassunti nostri cittadini. La previsione di Esselunga è di arrivare a un totale di 65 nuovi posti di lavoro assegnati a rozzanesi nei prossimi due/tre mesi. Da indicazioni dell’azienda si tratta della quota più alta rispetto alle ultime nuove aperture. È un risultato che siamo certi porterà un po’ di serenità a chi da tempo aspettava un’occasione. Tuttavia non è finita. L’intero comparto si sta infatti vivacizzando e l’Esselunga, come un polo attrattore, sta portando ulteriori opportunità che i rozzanesi dovranno essere messi in grado di sfruttare al meglio. Auguriamo a tutti buon lavoro”.
I reparti I clienti disporranno di tutti i reparti che hanno contribuito al successo del marchio Esselunga: la frutta e verdura sfusa e confezionata con un’offerta di oltre 450 prodotti, la pescheria con personale dedicato che offre pesce fresco già pulito, la macelleria, la gastronomia e un vasto assortimento di vini con oltre 500 etichette. Nel nuovo negozio di Rozzano, inoltre, sarà attivo anche il 112° forno di Esselunga: panettieri specializzati, formati dalla “scuola dei mestieri” interna, offriranno ai clienti 18 varietà di pane fresco sfornato di continuo durante l’intero arco della giornata.
Un momento del convegno organizzato da Cir Food a Expo: da sinistra Luca Ponzi, moderatore, Andrea di Stefano (Novamont), Silvio Barbero (Slow Food), Gian Carlo Caselli e Alessandro Leo (Libera Terra).
L’agroalimentare è un settore che si presta ancor più di altri alle infiltrazioni mafiose, fatto di piccole aziende “aggredibili” da quella “mafia liquida” che penetra ovunque ci sia la possibilità di fare o riciclare denaro: 15,4 miliardi di euro è la stima dei guadagni dalle agromafie nel 2014 (secondo il terzo rapporto Agromafie Coldiretti / Eurispes). «Quando entra in un settore la mafia tende a impadronirsene e a svuotarlo – spiega l’ex pocuratore Gian Carlo Caselli – cancellando i diritti sindacali e ricorrendo anche alla forza per risolvere problematiche che gli altri imprenditori devono affrontare rispettando le regole. L’agroalimentare è un settore florido, che non subisce più di tanto la crisi, l’appeal del Made in Italy nel mondo è innegabile. Dunque presenta alla mafia grandi possibilità di guadagno, in tutta la filiera, dalla coltivazione alla distribuzione e ristorazione, passando per il trasporto». Insomma, “il piatto è ricco”. E il rischio di avere conseguenze, in caso di frodi e contraffazioni, oggi è basso.
Contraffazione bio e mancato ritiro della merce nuovi reati
Gian Carlo Caselli e a sin. Silvio Barbero.
Servono nuove leggi più incisive: il 14 ottobre la Commissione ministeriale presieduta da Gian Carlo Caselli presenterà al ministro della Giustizia Andrea Orlando il testo definitivo della riforma dei reati agroalimentari. Volto ad aggiornare una legge “obsoleta e financo criminosa nella sua incapacità a rendere poco conveniente la contraffazione” ha detto lo stesso Caselli al convegno “Filiera della legalità nel settore alimentare” organizzato dalla cooperativa di ristorazione Cir Food a Expo. Il testo prevede nuovi reati come il disastro sanitario (avvelenamento, contaminazione o corruzione di acque o sostanze alimentari), l’omesso ritiro dal mercato di sostanze alimentari pericolose nel ciclo produttivo e distributivo, il reato di agropirateria ovvero il crimine agroalimentare perpetrato da organizzazione criminale non ascrivibile ad associazione mafiosa (che non rientra dunque nel 416bis), la simulazione di metodi di agricoltura biologica e la falsa indicazione geografica di un prodotto. Sono poi previsti modelli organizzativi aziendali che individuino responsabilità amministrativa anche alle persone giuridiche come strumento di prevenzione dei reati alimentari.
«Il fulcro della nuova normativa è la tutela dei prodotti alimentari imperniata sulla figura del consumatore finale – ha spiegato Caselli -. La frode è considerata lesiva soprattutto dei suoi interessi, tendendo anche conto del maggior valore che ha progressivamente assunto l’identità del cibo nella cultura dei territori, delle comunità locali e dei piccoli produttori. È una legge pragmatica, con sanzioni pesanti, tra cui la sospensione ed espulsione dal mercato, che valorizza il ravvedimento operoso. E c’è la prospettiva di un’etichetta “narrante”, comprensibile e trasparente, che faccia capire chiaramente cosa c’è dentro cibi e bevande». «Una buona legge insomma ricordando – ammonisce Caselli – che anche la legge migliore se non è applicata, se il processo non funziona rimane sulla carta. Non servono solo nuove norme ma controlli e la diffusione di una cultura della legalità».
Slow Food: la distribuzione deve assicurare la pulizia della filiera «Dobbiamo cambiare il paradigma del nostro rapporto con il cibo cambiando la scala di valori: non è più sufficiente che il cibo sia “buono” nel senso della sicurezza alimentare, ma deve anche essere “legale” per poter essere messo sul mercato. Deve includere valori quali i diritti dei lavoratori, deve essere il frutto di un corretto rapporto con il territorio che lo produce, di un’economia democratica, di piccola e media scala, e di una filiera trasparente» ha detto Silvio Barbero, vicepresidente dell’Università delle scienze Gastronomiche di Pollenzo e tra i fondatori di Slow Food. «Al mondo della distribuzione chiediamo che assuma alcuni elementi di codice per cui certi prodotti siano esclusi dalle politiche di acquisto, garantendo al consumatore la pulizia della filiera. Non è difficile, in questo Paese le cose si sanno. Ma è necessario fare formazione sulle tematiche della legalità agli addetti agli acquisti. I consumatori devono essere messi in condizione di poter scegliere in modo chiaro: oggi non lo sono».
Chiara Nasi, presidente Cir Food.
“Pessimista” si è dichiarata Chiara Nasi, presidente di Cir. «La politica del contenimento dei prezzi per forza di cose apre le porte a player che non sono legali, praticano il lavoro in nero, non rispettano i capitolati. È vero, le aziende che praticano l’illegalità devono uscire dal mercato, ma spesso anche quando ciò avviene rientrano con un altro nome. Oggi, anche grazie alle nuove tecnologie, alle app che leggono le etichette ad esempio, si potrebbe fare moltissimo. Non è però solo questione di buone norme, il problema è applicarle e diffondere una rivoluzione culturale che vedo ancora molto lontana. Ma è una battaglia che dobbiamo vincere».
Caporalato si deve fare di più La piaga del caporalato balzata alle cronache questa estate non è considerata nel disegno di legge «ma – ha annunciato l’ex procuratore – chiederemo al ministro l’istituzione di una Commissione apposita. È una piaga di cui sappiamo tutto, eppure si sta espandendo nelle aree più ricche, come dimostrano i recenti casi in Piemonte. Si tende ad appocciare secondo logiche emergenziali, se c’è un morto o nella stagione della raccolta, per poi dimenticarsene il resto dell’anno: andrebbe invece affrontata in una logica strutturale, come un’economia perversa che ha legami con la mafia». «Si è scoperto che un fenomeno che sembrava toccare solo stranieri e migranti riguarda, complice la crisi, anche cittadini italiani, soprattutto donne – dice Alessandro Leo, presidente del Consorzio Libera Terra Mediterraneo – . Noi ci opponiamo a questo modello dimostrando che sui terreni confiscati alla mafia si può praticare un’economia diversa, che crea lavoro e valore tramite il biologico e le eccellenze agroalimentari. Ricordando che chi è schiavo non controlla il proprio lavoro, e utilizzerà e sarà vittima dell’uso di diserbanti e pesticidi ad esempio».
Il prezzo della legalità Tutto ciò si scontra spesso con un consumatore abituato a scegliere i prodotti alimentari guardando al prezzo più basso. «La sintesi del nostro lavoro sono i prodotti venduti sugli scaffali dei supermercati – dice ancora Leo -. Coop ma ora anche Auchan e Carrefour, segno che stiamo riuscendo ad avere prezzi sostenibili con il mercato anche non cooperativo -. Dimostrano che l’acquisto di un prodotto è una presa di posizione, un atto politico che però presuppone una conoscenza da parte del consumatore. Il rispetto dei diritti dei lavoratori per noi è scontato ma non lo è per tutti, e nemmeno la paga minima ai braccianti agricoli. Siamo un’impresa pulita che crea opportunità di lavoro, tutelando il territorio e il reddito dei contadini che lo custodiscono, anche attraverso l’agricoltura biologica, creando lavoro e rapporti». «I cittadini devono capire che il prezzo non è tutto, specie per quanto riguarda i prodotti alimentari: ogni anno ne buttiamo via 13 miliardi di euro. Bisogna diffondere e far vincere la cultura di consumare meno ma consumare meglio su quella del prezzo più basso» ha commentato Andrea Di Stefano di Novamont, azienda attiva nel settore delle plastiche biodegradabili. «I consumatori devono sapere che, se spendono un po’ di più per un prodotto, lo fanno per un Paese più pulito» conclude Barbero.
Si chiama Natale a casa Amazon la presentazione organizzata per la stampa che lancia ufficialmente la campagna natalizia del leader dell’e-commerce. Qust’anno la novità sono le 7.000 referenze di alimentari confezonati che da luglio sono in vendita sul portale italiano.
Per i freschi, dicono in azienda, c’è ancora da attendere, anche se rientrano negli obiettivi. Ma per il momento Fresh è attivo solo in alcune città degli Stati Uniti. Una smentita, quindi, alle reiterate voci di una prossima vendita anche in Italia di alimentari freschi. Tuttavia, proprio per la riservatezza che contraddistingue Amazon, nulla è può essere dato per scontato., visto che la mission di Amazon è quella di vendere tutto quanto si può vendere.
Soddisfazione, invece per l’apertura al pubblico del magazzino centrale di Castel San Giovanni: sono già più di 1200 i visitatori che a gruppi di 30 toccano con mano l’efficienza logistica di Amazon. E i prossimi mesi sono già sold out.
Tornando al Natale, il sito di e-commerce ha pensato anche ai ritardatari: c’è tempo per effettuare ordini fino al 23 dicembre per consegne in 24 ore, con la Spedizione Mattino, oppure fino al 19 dicembre per consegne 2-3 giorni e fino al 18 per consegne 3-5 giorni. Tra decorazioni natalizie, novità in campo hi-tech con il nuovissimo tablet Fire e un’ampia selezione di droni, libri, DVD, videogiochi, prodotti outdoor, make-up, le ultime novità di Amazon Moda, per la festa di capodanno e tutto l’inverno, e giochi per bambini, da quest’anno sono disponibili anche i prodotti degli artigiani del negozio Made in Italy, dedicato alle eccellenze del territorio italiano, in particolare di quello toscano, tra prodotti per la casa, ceramiche, creazioni artistiche, gioielli, pezzi di oreficeria e cristalleria. (leggi….)
Diverse le soluzioni per ricevere il prodotto in tempo per ogni necessità: da Amazon Prime per la consegna gratuita in due-tre giorni, con possibilità di accedere alle offerte in anteprima di Buy Vip, a Spedizione Sera, disponibile nell’area milanese, che consente di ordinare i prodotti fino alle 13,15 e di riceverli la sera stessa entro le 21:00.
Dopo l’apertura del supermercato online, Amazon punta ancora sull’Italia nei suoi continui e rutilanti progetti di espansione: l’ultimo nato della creatura di Jeff Bezos si chiama Made in Italy, un negozio Marketplace dedicato all’eccellenza dei prodotti artigianali realizzati in Italia e inaugurato sui siti Amazon.it e Amazon.co.uk, e presto disponibile anche su Amazon.com. Gioielli, cornici, ceramiche, pelletteria, l’eccellenza italiana nel mondo è fatta anche di artigianato d’altissima gamma. L’invio esplicito rivolto agli artigiani di tutta Italia è quello di iscriversi e rendere disponibili i loro prodotti ai 285 milioni di clienti di Amazon in tutto il mondo.
Sono già 5.000 gli articoli in vendita, realizzati da centinaia di artigiani. I clienti possono trovare le informazioni specifiche di ogni prodotto, tra cui le immagini, le descrizioni delle botteghe dove i prodotti sono stati realizzati e le tecniche utilizzate. Presto alcuni di questi prodotti potranno anche essere personalizzati.
«Tramite il Marketplace di Amazon, gli artigiani italiani avranno l’opportunità di presentare e vendere i loro prodotti al di fuori della loro regione e dei confini nazionali. Durante gli ultimi 12 mesi, il numero di aziende italiane che hanno esportato i loro prodotti con Amazon è cresciuto di più del 90% e questi, tramite Amazon.it Marketplace, hanno fatturato più di 133 milioni di euro solamente dalle esportazioni” ha dichiarato Francois Saugier, Direttore EU Marketplace di Amazon.
Un momento della conferenza stampa.
Per il lancio del nuovo Marketplace è stata scelta la culla dell’artigianato italiano, Firenze, con una conferenza tenutasi nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio a Firenze, alla presenza di Dario Nardella, Sindaco di Firenze e di Francois Nuyts, Country Manager di Amazon Italia e Spagna, che ha commentato come “la collaborazione fra Amazon.it e il Comune di Firenze, insieme alle istituzioni locali e agli artigiani, possa aiutare a stimolare la crescita dell’economia locale, offrendo ai produttori artigianali un accesso facile e immediato ad un mercato globale per i loro prodotti” e aggiungendo che “il progetto coinvolgerà sempre più anche le altre regioni italiane, contribuendo alla crescita dell’export italiano”.
«Con il negozio Made in Italy abbiamo voluto focalizzarci, in questa fase iniziale, sulle eccellenze artigianali fiorentine e italiane, piccole imprese che garantiscono non solo che i prodotti siano completamente realizzati in Italia, ma anche in una modalità tradizionale e non meccanizzata, in produzioni limitate usando materiali di alta qualità – ha aggiunto Giulio Lampugnani, Manager Amazon Marketplace Italia -. Solitamente i loro prodotti possono essere apprezzati solo nella regione d’origine da quei fortunati che possono viaggiare e visitare le aree in cui risiedono gli artigiani. Pensiamo che i nostri clienti di tutto il mondo ameranno molto questa nuova offerta, che ha un incredibile valore, sin da oggi».
Si chiama “Chi ama lo sport trova un tesorio” il nuovo progetto di marketing tra Conad e Kinder Ferrero teso a valorizzare lo sport come pratica di condivisione e aggregazione sociale. L’attività intende infatti sostenere le Associazioni Sportive Dilettantistiche che in Italia sono oltre 60.000 e che affiancano molte famiglie italiane nell’educazione sportiva dei più piccoli.
La dinamica di partecipazione prevede l’acquisto di prodotti Kinder nei punti vendita Conad e la votazione della propria Associazione Sportiva Dilettantistica preferita sul sito chiamalosport.it, previa indicazione del punto vendita Conad in cui si è effettuata la spesa: ogni mese Kinder e Conad premieranno le 5 Associazioni più cliccate con un premio di 2.000 € da utilizzare per migliorare le proprie strutture e/o servizi.
Alla fine del periodo di attivazione del progetto (31 gennaio 2016) sarà inoltre assegnato un Super Premio di 5.000€ all’Associazione più votata in assoluto. Un premio spetterà anche ai punti vendita Conad che hanno contribuito all’iniziativa, con uno stanziamento di 1.000 € ai Soci Imprenditori che più hanno saputo promuovere il successo del progetto.
Infine ai consumatori di Kinder che parteciperanno a “Chi ama lo sport trova un tesoro” è dedicata una meccanica “Instant Win” con la quale aggiudicarsi 246 buoni Decathlon da 50 €, (2 al giorno da ottobre a gennaio).
Il nuovo progetto prende avvio proprio a conclusione della precedente campagna “Disegna il tuo parco a colori” rivolta a tutti i bambini fra i 4 e i 12 anni che, grazie al loro impegno e alla loro fantasia, sono stati invitati ad aiutare Kinder e Conad nella riqualificazione di 8 aree giochi su tutto il territorio italiano. Agli otto comuni di residenza dei vincitori è andata la somma di 15.000 euro ciascuno per riqualificare i parchi delle loro città.
Quello che è andato in scena venerdì a Expo, con il convegno Fare Meglio Italiano per la regia di GS1 Italy, è con ogni probabilità l’inizio di un diverso approccio nelle relazioni tra industria, distribuzione e mondo agricolo, tutte e tre parti essenziali di un sistema vitale e competitivo, quello dell’agroalimentae italiano che, meglio di altri, ha superato gli anni della crisi.
Non senza difficoltà, indubbiamente. Ma proprio per questo il sistema ha in sé le capacità di segnare un cambiamento nelle relazioni, partendo – ha detto il presidente di Gs1 Italy Marco Pedroni – dalla capacità e dalla volontà di riconoscersi reciprocamente, di riconoscere con un approccio pre-competitivo di essere parte di un progetto comune per far diventare più forte il sistema agroalimentare italiano.
«Riconoscere le specificità dell’agricoltura italiana è importante per tutti gli attori, così come bisogna riconoscere all’industria che è stata fondamentale per dare valore all’agroalimentare italiano. La distribuzione, poi, deve essere considerata fondamentale per l’economia del Paese, come avviene dovunque nel mondo», ha precisato Pedroni.
A dare fondamento scientifico a queste premesse ci hanno pensato Giorgio Di Tullio, filosofo dell’innovazione ed Enzo Rullani, presidente Tedis Center Venice International University.
Per Di Tullio, il concetto di filiera verticale basata sul prodotto deve lasciare il passo a un ecosistema basato sulla condivisione delle conoscenze, sulla trasparenza, sulla tracciabilità e sulla sicurezza. «Il prodotto oggi è il processo ed è un atto di condivisione. È urgente ricercare e fissare i requisiti pre-competitivi del sistema, come primo passaggio di una strategia di revisione dello scenario complessivo, Senza definire il contesto pre-competitivo, si continuerà a interpretare il modello come continua contrattazione tra parti: non l’integrazione governa il sistema, ma la contrapposizione». E ha aggiunto: «Ragionare in prospettiva sistemica e secondo una logica di rete, significa comprendere la propria identità come parte di un ecosistema multidimensionale, dotato di strutture concettuali e di parole chiave, di comportamenti del tutto diversi da quelli conosciuti e attivati».
Sulla stessa onda anche Rullani, per il quale il modello di filiera lineare, ereditato dal Novecento e ispirato alla logica fordista della massima integrazione, ha fatto il suo tempo. Servono relazioni collaborative tra imprese che pur restando autonome, investono sulla relazione. Quali sono queste filiere diverse da quelle passate? «Per stare nelle filiere globali – ha affermato Rullani – bisogna imparare a lavorare in rete. Ma le reti stanno in piedi se rendono e generano valore. Occorre quindi superare i difetti di fondo: le reti spesso nascono per innovare ma nel tempo diventano conservatrici. Per questo sono necessarie idee-motrici, una concezione del vivere e del lavorare con un respiro molto più ampio, come la sostenibilità, l’ancoraggio al territorio (italianità) come differenza distintiva, non solo in termini di origine, ma di qualità e di promesse fatte al cliente. Il sistema agroalimentare italiano può essere la guida di questa trasformazione, valorizzando l’italianità attraverso la tracciabilità dei processi produttivi e presidiando i significati connessi al produrre e al vivere (estetica, sostenibilità, etica)».
I pilastri (i valori) sui quale far poggiare il processo di valorizzazione della filiera agroalimentare italiana sono, per Pedroni, quattro: la condivisione e la collaborazione delle diverse componenti, con il riconoscimento della molteplicità di produzioni, tradizioni e culture legate al cibo; la trasparenza, visibilità e sicurezza nei confronti dei consumatori; l’attenzione estrema alla tutela della legalità; le soluzioni per formare e valorizzare i giovani per la sostenibilità futura del settore stesso.
«Occorre lavorare su due punti – ha poi riassunto il presidente di Coldiretti Roberto Moncalvo -, vale a dire prendere atto che ciò che differenzia l’agricoltura italiana (in termini di struttura e di imprese) è figlio della nostra storia e della nostra cultura. Ed è un patrimonio da valorizzare. In secondo luogo spingere su un percorso di trasparenza perché il consumatore possa scegliere. Dobbiamo puntare sulla massima dimensione di italianità dal campo alla tavola. E soprattutto dobbiamo creare modelli nuovi, evitando che una volta terminata la fase di individuazione degli obiettivi comuni, quando si va nella fase operativa ci si torni a chiamare fornitori e clienti».
Da parte delle istituzioni, il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina non ha fato mancare il sostegno del Governo a costruire le condizioni per accompagnare la trasformazione. «Lo sforzo che deve essere fatto da tutti – ha spiegato Martina – riguarda la costruzione di un sistema agroalimentare che affronti e risolva il nodo delle difficoltà di rapporti nella filiera e in particolare ripensi a come viene scaricata la catena del valore. Abbiamo agricolture forti con imprese agricole deboli. E per noi il tema dominante è come consentiamo alle persone di stare nell’impresa agricola».
«Le leve su cui agire – ha poi concluso Pedroni – sono la fiducia, la trasparenza, le esperienze di altri sistemi. Accordi di ampio respiro, riduzione delle intermediazioni che creano inefficienza, apertura e dialogo verso i cittadini-consumatori per una trasparenza informativa sui prodotti e sui processi. Queste le sfide che hanno davanti le imprese e le loro persone. Siamo anche convinti che le azioni pre-competitive (dove è importante il ruolo concreto giocato dalle nostre associazioni) siano determinanti per valorizzare l’agroalimentare italiano».
MD sostiene la Settimana della Prevenzione giunta alla quinta edizione e presentata ieri a Napoli. Un progetto volto a diffondere la cultura della prevenzione attraverso conoscenze di tipo sanitario, culturale, educativo e scientifico. Tutti elementi utili a riconoscere e combattere le malattie più comuni che colpiscono oggigiorno la popolazione.
La Settimana della Prevenzione comincia a Napoli il 4 di ottobre con una serie di convegni e dibattiti tematici alla Città della Scienza. Dall’8 al 10 di ottobre, in piazza del Plebiscito, è possibile usufruire gratuitamente di screening medici e conoscere dal vivo anche i prodotti MD in un punto informativo dedicato. L’evento si conclude l’11 con la Prevention Race, una maratona di 10 km per ribadire il concetto che alimentazione e attività fisica vanno di pari passo nel combattere le malattie.
L’alimentazione gioca un ruolo primario nella prevenzione di numerose patologie contemporanee e nutrirsi bene vuol dire scegliere prodotti di fiducia la cui qualità e sicurezza è garantita da marchi come quelli presenti nei 720 punti vendita MD, frutto di oltre 20 anni di storia.
Tra questi, “Vivo Meglio”, un’intera gamma ispirata ai principi dell’alimentazione salutistica e rispettosa delle intolleranze, e “Premium”, dove la selezione delle migliori materie prime si unisce alle lavorazioni tipiche della tradizione gastronomica italiana con prodotti DOP, come l’Olio Extravergine di oliva. In anteprima anche la nuova linea Bio MD.
Le trattative per il rinnovo del contratto dei lavoratori della distribuzione si sono nuovamente arenate.
“Nell’incontro del 30 settembre Federdistribuzione – dichiara una nota dell’asociazione dei retailer – ha proposto un piano di interventi articolato e prima di tutto finalizzato al complessivo mantenimento dei livelli occupazionali. Ciò in un quadro economico ancora complicato, con solo timidi e incerti segnali di uscita da una crisi profonda che ha avuto pesanti impatti sul settore.
All’interno di questo piano non vi sono preclusioni nei confronti del riconoscimento dell’aumento salariale richiesto dai Sindacati, purché erogato in un arco di tempo adeguato, il triennio 2016-2018, ed accompagnato da misure di sostenibilità, flessibilità e produttività”.
“La proposta di Federdistribuzione – prosegue la nota – si qualifica anche per elementi che caratterizzano già ora in modo forte il settore, come maggiori investimenti su giovani e apprendisti; impostazione di una bilateralità che, a parità di costo per imprese e lavoratori, sia più efficiente e più efficace di quella attuale, aumentando il sostegno al reddito dei collaboratori; ridisegno di un welfare che tuteli maggiormente i dipendenti”.
Da parte delle organizzazioni sindacali si osserva che lo scoglio maggiore è la richiesta di adeguamento salariale di 85 euro al mese, avendo come parametri di riferimento il contratto siglato a marzo con Confcommercio. Tanto che è stato fatto ricorso alla magistratura, ha detto in una dura intervista a Italia Oggi “per chiedere l’applicazione anche ai lavoratori di questo settore di quegli aumenti salariali che i lavoratori delle aziende aderenti a Confcommercio già trovano in busta paga da qualche mese, perché è irrazionale oltre che ingiusta la divaricazione esistente. I tribunali ci stanno dando ragione e hanno emesso diversi decreti ingiuntivi per il pagamento di quanto dovuto”.
Sia Federdistribuzione sia i sindacati si dichiarano comunque pronti a continuare il confronto per una chiusura della trattativa e il rinnovo del constratto scaduto da tempo.
Intanto, però, sono stati proclamati due giorni di sciopero il 7 nevembre e il 19 dicembre.
Eleonora Graffione (presidente Coralis) presenta Etichètto
Con i riflettori puntati sul cibo e sull’alimentazone (Expo non sta passando inutilmente) il dibattito sul made in italy si fa ogni giorno più stringente. Da un lato l’obiettivo del ministero delle Politiche agricole di portare l’export alimentare a 50 miliardi di euro nel giro di pochi anni, dall’altro la consapevolezza che comincia a farsi strada nei protagonisti della filiera che, per raggiungerlo, occorre unire gli sforzi e agire in maniera coordinata. In mezzo i cittadini consumatori che vogliono sempre più spesso sapere che cosa mangiano, dove e come è allevato l’animale, dove e come è coltivato quell’ortaggio o quel frutto.
Gli esempi di questo concentrarsi di interesse sopra e attorno al cibo si moltiplicano. Si è appena conclusa la battaglia sul ritorno dell’indicazione dello stabilimento di produzione in etichetta, che già se ne profila un’altra per affiancargli la dichiarazione d’origine del prodotto. E il ministro MaurizioMartina lancia una nuova sfida all’Europa: «Ribadito alla Commissione UE il no ai formaggi senza latte fresco. Avanti per la tutela dei consumatori e dei nostri produttori», ha twittato. E venerdì 2 ottobre a Expo il convegno di GS1 Italy | Indicod-Ecr con il titolo Fare meglio italiano vuole sviluppare l’idea di un ecosistema agroalimentare italiano che, come ha spiegato recentemente il presidente dell’associazione Marco Pedroni, «deve fare un passo avanti, superando gli schemi che vedono contrapporre gli interessi di coltivatori, industria di trasformazione, distribuzione. Occorre affrontare e sviluppare insieme i temi precompetitivi nelle relazioni tra imprese».
In questo filone si inserisce anche l’incontro che si è svolto qualche giorno fa al padiglione CibusèItalia-Federalimentare, che ha cercato di trovare una via d’uscita alla contrapposizione tra Made in Italy o Italian Made. Se cioè I prodotti alimentari “Made in Italy” debbano essere prodotti interamente in Italia, dal campo allo scaffale, oppresse sia possibile definire prodotto italiano anche quello che utilizza materie prime estere?
Tema, come si è visto particolarmente spinoso, perché tra chi sostiene il primo e chi invece vede nel mercato completamente aperto una opportunità di crescita del saper fare italiano, le distanze sembrano incolmabili. Peraltro accettando la prima ipotesi, buona parte dell’industria agroalimentare italiana sarebbe fuori gioco, mentre nel secondo caso si premierebbe solo ed esclusivamente l’origine della materia prima.
Roberto Montalvo (Coldiretti) a sinistra e Roberto Brazzale (Gruppo Brazzale)
Nela fattispecie il presidente di Coldiretti Roberto Moncalvo afferma: «Secondo quanto emerso dalla consultazione svolta dal Ministero delle Politiche agricole il 96,5% dei consumatori ritiene necessario che l’origine dei prodotti agricoli debba essere scritta in modo chiaro e leggibile nell’etichetta. In un difficile momento di crisi bisogna portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza e della verità per combattere la concorrenza sleale e rispondere alle reali esigenze dei consumatori. E quando si parla di importazione necessaria di materie prime alimentari bisogna ricordare anche che esistono aree agricole non più coltivate perché non c’era più convenienza, e che invece vanno rivitalizzate».
Proprio questo è il punto di partenza del ragionamento di Roberto Brazzale, presidente del Gruppo Brazzale (azienda lattiero-casearia che produce oltre al formaggio Gran Moravia – in Repubblica Ceca -, burro, quattro prodotti DOP e sei diversi marchi): «Per riuscire a soddisfare la domanda complessiva di alimenti, composta dalla somma dei consumi interni più la quota destinata all’export, l’Italia deve necessariamente importare materie prime da trasformare, cioè prodotti finiti già trasformati all’estero. Diverse filiere alimentari non sono e non potranno essere autosufficienti, tanto è vero che tante produzioni italiane sono autobloccate, per sostenere i prezzi. La questione fondamentale, perciò, diventa: vogliamo che questo cibo sia prodotto all’estero e poi venduto in Italia, oppure vogliamo sempre più intercettare questo flusso, diventando sempre più protagonisti nell’imponente fabbisogno di produzione e trasformazione di alimenti per soddisfare la domanda interna e quella di export, potenzialmente illimitata?».
Sempre sul fronte industriale la testiminianza di Pasquale Petti, amministratore delegato dell’omonimo gruppo conserviero va proprio nella direzione di una saldatura con il mondo agricolo: «Per il nostro progetto di marca utilizziamo solo pomodoro toscano lavorato a bassa temperatura; per questo abbiamo deciso di far entrare al nostro interno, con quote societarie, la parte agricola del processo produttivo, ovvero l’Asport (Associazione produttori ortofrutticoli toscani), per garantire ai consumatori finali oltre a qualità ed innovazione dei processi di trasformazione, anche la tracciabilità e la provenienza della materia prima».
Ragioni che non fanno una piega, quelle dei coltivatori e quelle dell’industria alimentare: entrambi vogliono salvaguardare il proprio business. Ma la questione dirimente sta invece nel consumatore, nel cittadino che vuole trasparenza, informazione chiara. Poi potrà scegliere se acquistare un prodotto che arriva da materia prima estera (lo fa già con l’olio extravergine) o se invece acquistare solo prodotto italiano. Ma almeno che ne sia informato, senza sotterfugi e ipocrisie. L’esempio portato da Eleonora Graffione, presidente di Coralis va in questa direzione. Etichètto è infatti il progetto annunciato alcuni mesi fa e che ora è entrato nel vivo della sua attuazione per 150 prodotti di una clear label che identifica i prodotti italiani (a partire dal campo o dall’allevamento) in seguito a un protocollo messo a punto da Coralis e sottoscritto dai vari produttori. «Etichètto fa della trasparenza e della garanzia etica i propri principali valori, esaltando, quando reali, le migliori caratteristiche dei produttori. È alleanza con tutte le parti: coltivatori, produttori, clienti», ha affermato Graffione.
Sulla questione, quindi, si procede a ranghi separati, anche se in linea di principio vi è un sentire comune, che però non ha trovato ancora una sintesi condivisa. Stanno maturando i tempi perché l’agroalimentare si faccia sistema (come recita il sottotitolo del convegno di GS1 Italy), superando steccati e contrapposizioni di parte e pensi principalmente ai cittadini consumatori?
Dopo la revisione del format di punto vendita e il ridisegno del logo già attivati in 37 punti vendita, Brico Io, l’insegna dedicata al bricolage di Marketing Trend (gruppo Coop Lombardia) prosegue nell’alleanza con piccoli e medi imprenditri ed espande la propria presenza a livello nazionale.
La scorsa settimana tre aziende del centro Italia hanno sottoscritto un contratto d’affiliazione con Brico IO. Si tratta di DefìBricò Srl di Camerano (Ancona), parte del gruppo Fraschetti, e delle due società ad essa affiliate, F&M Srl di Ceprano (Frosinone) ed Energiko Srl di Città della Pieve (Perugia), alle quali fa capo una rete di vendita di 12 centri bricolage a insegna Brico Point e ABC.
«Il rapporto allacciato col gruppo Fraschetti», dichiara Mario Aspesi, consigliere delegato di Marketing Trend, «non è solo un contratto d’affiliazione. È una vera e propria alleanza strategica con un gruppo di professionisti e di manager che ha sviluppato una forte e consolidata esperienza nel settore del bricolage e che da oggi diventa un partner ideale per gli acquisti, la logistica e lo sviluppo».
In base all’accordo siglato con Marketing Trend, a far data dal 15 novembre prossimo, DefìBricò diverrà ufficialmente affiliato Brico IO con i suoi nove punti vendita. Di questi, il primo ad adottare l’insegna Brico IO sarà il centro bricolage di Sulmona (L’Aquila), una struttura di 2.500 mq che sarà inaugurata il 19 novembre prossimo. Tra dicembre 2015 e gennaio 2016 sarà la volta degli altri otto negozi, attivi lungo la dorsale adriatica e di quelli di F&M ed Energiko, finora affiliati di DefìBricò. «Siao convinti», afferma Giorgio Fraschetti «che questa operazione produrrà un rafforzamento dei punti vendita attuali e faciliterà il piano di sviluppo che intendiamo perseguire».
Con i nuovi affiliati Brico io porta a 126 i punti vendita a livello nazionale.
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