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#Obbligo_prodotto_dove, la Gdo entra in azione: raccolta firme per l’obbligo del luogo di produzione

Da sinistra: Beniamino Casillo, Vito Gulli, Raffaele Brogna, Mario Gasbarrino, Domenico Canzoniero, Eleonora Graffione, Francesco Pugliese, Giorgio Santambrogio

Un passo avanti nella battaglia per ripristinare l’obbligo di indicazione del luogo di produzione sulle etichette dei prodotti alimentari è stato compiuto nel corso del tavolo di lavoro durante il Green Retail Forum a Milano.

L’amministratore delegato di Unes Mario Gasbarrino, di Végé Giorgio Santambrogio ed Eleonora Graffione, presidente di Coralis si sono dichiarati d’accordo ad appoggiare la proposta espressa dall’amministratore delegato di Conad Francesco Pugliese sul dar luogo a una raccolta di firme, coinvolgendo i cittadini-consumatori nella abolizione di una «legge scellerata».

Ecco nelle parole di Pugliese la proposta, alla quale hanno aderito anche i due rappresentanti dell’industria presenti: Vito Gulli, amministratore delegato di Generale Conserve, che da tempo si batte – uno dei pochi, se non il solo, nel mondo industriale – contro questa stortura e Beniamino Casillo di Casillo Group.

Nel corso dell’incontro sono stati affrontati i temi chiave che stanno dietro a questa battaglia che, ricordiamolo, nasce dall’entrata in vigore a metà dicembre scorso del Regolamento europeo 1169/11 riguardante l’etichettatura dei prodotti alimentari che ha introdotto l’indicazione degli allergeni, la esatta composizione degli ingredienti (il caso dell’olio di palma è deflagrato proprio per questo motivo) con l’obiettivo di una maggiore informazione dei consumatori, ma ha reso facoltativa l’indicazione del luogo di produzione.

«Si tratta di una vera istigazione alla delocalizzazione – puntualizza Vito Gulli – e sul tema l’industria si è dimostrata miope. Inoltre ha generato una confusione che non fa bene a nessuno, perché la questione dell’etichetta si è sovrapposta al dibattito sull’origine della materia prima. Sgombriamo il campo da questa confusione. Sono due cose completamente diverse. Non nego però che la battaglia per la trasparenza porti con sé un rischio di nazionalismo, leghismo, salvaguardia dell’italianità: quel che conta è la trasparenza. Non solo. Qualcuno potrà dire che l’obbligo dell’indicazione dello stabilimento di produzione (peraltro condensato in una stringa di sei cifre) è salvo, ma non è la stessa cosa del luogo di produzione».

La battaglia della distribuzione, che peraltro indica il luogo di produzione sui prodotti a marchio, guarda avanti. Spiega infatti Mario Gasbarrino «Il motivo per cui dobbiamo intervenire non riguarda l’oggi, ma può succedere, e dobbiamo aspettarcelo, che qualsiasi nuovo proprietario straniero di un’azienda italiana possa decidere di lasciare la sede legale in Italia e produrre all’estero un prodotto connotato con un marchio italiano, che è sempre stato prodotto in Italia e come tale è conosciuto dai consumatori. Noi vogliamo che sia salvaguardata la trasparenza nei confronti dei cittadini consumatori. Poi saranno loro a decidere di acquistare un prodotto perché è fatto in Italia o un altro anche se non viene prodotto in Italia. Ma la trasparenza è fondamentale».

Non mancano le iniziative dei singoli distributori, come la stessa Unes che visualizza sull’etichetta a scaffale l’origine di produzione dei prodotti a marchio («ma stiamo pensando di estenderlo anche all’industria di marca», chiosa Gasbarrino) o Coralis, che con Etichètto segnala una selezione di prodotti di marca nati e prodotti in Italia.

Assordante il silenzio al riguardo delle associazioni di categoria dell’industria ma anche della distribuzione. Ne rende conto Raffaele Brogna che con Io Leggo l’etichetta ha dato vita prima che scoppiasse il caso a una raccolta di firme online e ha sollecitato la firma la distribuzione che ha aderito in gran numero a livello di insegna, mentre «ci sono stati tanti silenzi da parte delle associazioni e delle singole imprese industriali». In realtà la posizione dominante tra le imprese industriali, in qualche modo recepita dal Mise e dal Mipaaf, è che occorre lavorare in modo che l’obbligo di indicazione valga per tutti i paesi europei. Che è un tipico atteggiamento italiano per non affrontare un problema aprendo un’altra questione che darà origine a altri tavoli di discussione.

Sulle rappresentanze della distribuzione il pressing è forte, ma per ora non c’è una presa di posizione. La determinazione dei quattro retailer presenti all’incontro però è forte così come la consapevolezza di rappresentare, in quel contesto, la gdo italiana. Poi, quando partirà la raccolta di firme, probabilmente la compagine crescerà.

Carni trasformate, i deputati Ue per l’obbligo di indicare la provenienza

I recenti fatti di cronaca circa frodi alimentari e lo scandalo della carne equina lo dimostrano, i consumatori vogliono la massima trasparenza circa la provenienza delle materie prime, anche degli alimenti trasformati. Per questo i deputati Ue hanno chiesto alla Commissione europea di presentare proposte legislative col fine di rendere obbligatoria l’indicazione della provenienza delle carni anche degli alimenti trasformati, come avviene già per le carni bovine fresche.

La risoluzione, approvata con 460 voti favorevoli, 204 contrari e 33 astensioni, sollecita la Commissione a dare seguito alla relazione stilata nel 2013 con proposte legislative che rendano obbligatoria l’indicazione del Paese di origine delle carni utilizzate nei prodotti alimentari trasformati, in modo da assicurare una maggiore trasparenza in tutta la catena alimentare, informare meglio i consumatori europei aiutando così a riconquistare la loro fiducia.

“Oggi dobbiamo riconquistare la fiducia dei consumatori europei, che anche a seguito di frodi alimentari (…) auspicano regole più severe in materia di tracciabilità e informazione – ha affermato il presidente della commissione per l’ambiente Giovanni La Via -. L’intervento legislativo dovrà tener conto della trasparenza e della leggibilità delle informazioni per i consumatori pur consentendo allo stesso tempo alle imprese europee di operare in modo economicamente redditizio.

Lo chiedono 9 consumatori su 10

In effetti lo studio della Commissione europea (17.12.2013) mostra come più del 90% degli intervistati considera importante il fatto che l’origine delle carni sia etichettata sui prodotti alimentari trasformati. La questione del resto è lungi dall’essere “di nicchia” e riguarda un gran numero di alimenti. A seconda dello Stato membro, dal 30 al 50% delle carni macellate sono trasformate in ingredienti a base di carne per alimenti, principalmente carne macinata, preparati di carne e prodotti a base di carne.

Auchan sceglie le etichette elettroniche di SES

particolare delle etichette elettroniche

La collaborazione con Store Electronic Systems (SES), iniziata nel 2010, ha visto Auchan scegliere e implementare la soluzione di etichettatura elettronica fornita da SES negli ipermercati di Curno e di Cuneo. «Nel nostro business – spiega Marino Vignati, IT Manager di Auchan Italia – il confronto con i competitor è all’ordine del giorno e quindi la necessità di adeguare i prezzi di vendita è un’esigenza quotidiana, mentre l’altra molla fondamentale che ci ha portato a SES e all’integrazione di una soluzione di etichettatura elettronica è stata la necessità di rassicurare il cliente riguardo il fatto che il prezzo a scaffale sia sempre lo stesso che sarà battuto in cassa», evitando così insoddisfazione, reclami e rimborsi. La soluzione SES implementata da Auchan Italia, infatti, sfrutta la tecnologia LCD TN (visualizzazione per segmenti) delle etichette S-Tag, che garantiscono l’ottimizzazione dei margini e del posizionamento dei prezzi e quindi un aumento di competitività, oltre alla certezza del prezzo corretto, eliminando gli errori manuali dovuti all’utilizzo di etichette cartacee. «Inoltre – aggiunge Vignati – abbiamo riscontrato un enorme risparmio di tempo del personale interno, che non è più costretto a stampare nuove etichette, recarsi in corsia e individuare il prezzo da cambiare, sia per quanto riguarda le variazioni prezzo standard che quelle promozionali. Ora gli addetti vendita possono dedicarsi ad attività a maggior valore aggiunto. Una su tutte, la gestione delle relazioni con il cliente». Nel solo ipermercato Auchan di Cuneo, dove l’installazione SES si è conclusa nella primavera 2014, le variazioni di prezzo annue sono circa 520.000 e, considerando la procedura di sostituzione delle etichette cartacee, il risparmio di tempo stimato è di circa l’80%: «La soluzione SES – riprende Vignati – ci permette una maggiore tranquillità nella gestione dei cambi, dal momento che in alcuni reparti si arriva anche a 600 variazioni al giorno. Implementarla in un ipermercato come quello di Cuneo, di 8.000 metri quadri, significa sia mantenere la fiducia dei consumatori che hanno già scelto Auchan, ma anche farne un polo di attrazione per potenziali nuovi clienti, grazie all’offerta di prodotto ma anche a un’esperienza di acquisto il meno stressante possibile. Dopo ogni innovazione introdotta, Auchan misura la soddisfazione dei consumatori attraverso questionari di gradimento e focus group: grazie a questi strumenti sappiamo che i nostri clienti sono stati colpiti positivamente dall’utilizzo delle etichette elettroniche che, oltre ad essere sempre corrette e visivamente chiare, contribuiscono a un’immagine moderna e pulita dell’ipermercato». Le etichette elettroniche, infatti, vengono messe in sicurezza con Easylock, un sistema di fissaggio unico al mondo perché sviluppato da SES, e vengono aggiornate a distanza tramite la tecnologia a onde radio a bassissima frequenza: aggiornamenti e dati di gestione sono istantanei, automatici, senza errori né interventi manuali e il layout del punto vendita beneficia della pulizia estetica garantita dal perfetto fissaggio delle etichette sul binario, che garantisce il rispetto del facing e l’immagine tecnologica del negozio.

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