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Insegne luminose, in Francia è stop dall’una alle 6 del mattino

Sostenibilità e inquinamento luminoso si incrociano e in modo radicale – siamo in Francia in fondo – la decisione è presa ed è entrata in vigore: dal 1 luglio le insegne e le pubblicità luminose dovranno essere spente dall’una di notte alle sei di mattino.  La misura sarebbe piaciuta alla nostra Margherita Hack e un po’ meno ai retailer d’Oltralpe, che hanno avuto comunque ben sei anni per adeguarsi: il decreto attuativo risale al 2012. L’obiettivo è limitare l’impatto dell’inquinamento luminoso notturno, che si è intensificato negli ultimi anni. E anche risparmiare energia.

Come spiega francinfo, oltre l’80% dell’umanità vive sotto cieli inondati di luce artificiale e un terzo della popolazione del pianeta non può mai vedere la Via Lattea.  E negli ultimi venti anni, la quantità di luce emessa durante la notte è aumentata del 94%. Sul banco degli imputati ci sono i lampioni e l’illuminazione stradale sempre più intensa.

Il divieto è in vigore in tutto il Paese, ad eccezione degli aeroporti e delle città con più di 800.000 abitanti, nelle quali i sindaci adottano i propri regolamenti. I prefetti possono consentire “eccezioni alla regole” durante eventi eccezionali, ad esempio durante le luminarie natalizie.
Un altro decreto, risalente al 2013, prevedeva lo spegnimento delle vetrine e degli uffici dall’una del mattino. Ma le valutazioni condotte dall’Associazione nazionale per la protezione del cielo e dell’ambiente notturno (ANPCEN) mostrano che la misura non è molto seguita, per mancanza di controlli sufficienti.

“Alcuni, forse a causa della mancanza di informazioni, non seguono questa misura, mentre altri ritengono che dal momento in cui non c’è una verifica, sia inutile seguirla. Dono a favorevole allo spegnimento di questi dispositivi luminosi durante le ore non di punta: abbiamo tutto da guadagnare, in euro, in kilowattora, nel ridurre l’inquinamento luminoso e soddisfare le aspettative dei francesi ” ha detto a francinfo Anne-Marie Ducroux, presidente ANPCEN.

Se questo decreto sarà seguito, ridurrà il consumo di energia facendo risparmiare ogni anno 1.000 gigawattora, l’equivalente del consumo di elettricità di 370.000 famiglie.

Arriva il Baromètre de la Valeur Shopper, ovvero cosa pensa il cliente italiano delle insegne?

Un’indagine che analizza anno dopo anno la qualità della relazione tra le insegne retail e i loro clienti: è il Baromètre de la Valeur Shopper di Altavia che, in Francia da cinque edizioni, debutta ora in Italia. «Abbiamo cercato di guardare il mondo del retail visto con gli occhi del cliente – sintetizza Paolo Mamo, Presidente e Amministratore Delegato di Altavia Italia. – perché l’empatia e la relazione sono oggi alle basi del commercio».
La ricerca appena presentata ha analizzato 160 catene inquadrate in otto settori merceologici: GDO alimentare, Abbigliamento, Cosmetica, Hi-tech, Casa & Decò, Bricolage-DIY, Pet food e Varie-multisettore.
Ognuna di queste è stata valutata in rapporto a 11 “attese shopper”, identificate in sede di focus group, che coprono le attese tangibili e intangibili, relazionali e transazionali che influiscono sull’esperienza d’acquisto.

Immagine le 11 attese individuate dai consumatori italiani.
Immagine le 11 attese individuate dai consumatori italiani.

Forse scontato il fatti che, degli 11 elementi individuati, una volta chiesti ai clienti quali sono i tre che determinano la scelta “sul campo” di un’insegna piuttosto che di un’altra, i prescelti sono i “soliti noti”, la “triade razionale”: risparmio (ovvero prezzo, o meglio la consapevolezza di spendere il giusto), tempo (ottimizzazione dello stesso) e assortimento (trovo ciò che cerco e che mi aspetto di trovare in quel posto). Come se nulla fosse cambiato in questi ultimi 10/15 anni.

E invece è cambiato tutto. Tanto che molte delle insegne che hanno guadagnato il podio (e il cuore degli italici consumatori) 15 anni fa nemmeno esistevano. Pure player dell’e-commerce come l’immancabile Amazon, ma anche Dalani, Zara Home e, nella Gdo, Esselunga, tra i “grandi vecchi” che hanno saputo incontrare i tempi, ed Apple (che invero i tempi li ha piuttosto plasmati e precorsi).
Se la triade non cambia per nessuna categoria, ci sono poi aggiustamenti dovuti al prodotto venduto. Nella cosmetica e nell’informatica ad esempio c’è fame di informazioni, e nell’alimentare svetta la responsabilità e la trasparenza.

alimentare

«Due le strade che si possono scegliere in questa categoria: o l’iperprestazione sulla triade classica, come viene riconosciuta ad Auchan, o una differenziazione sul prodotto come ha fatto Natura Sì” ha spiegato Anna Cassani, Strategic Development Manager di Altavia che ha presentato i risultati della ricerca.

cosmetica

pet

Il benchmark è ancora Amazon
Resta dunque la sensazione che la gran parte delle aziende sia rimasta indietro, ferma in posizioni di difesa, con una sorta di appiattimento della proposta da cui si distinguono pochi specializzati, che hanno puntato proprio sulla differenziazione come Natura Sì, Erbolario, Yves Rocher. Nella Gdo la già citata Esselunga e Iper.
Sorprende il caso dell’abbigliamento (o forse non tanto visti i dati recenti vedi Nella moda è sempre più e-commerce, 1,8 miliardi e cresce più di tutti (+25%)). Qui le prime tre insegne a colpire il cuore (e di conseguenza il portafogli) dei consumatori italiani sono tutte pure player dell’e-commerce: Amazon, Zalando e Yoox.
Amazon in particolare ottiene punteggi molto alti sia nella triade “razionale”, sia nelle altre attese più “emozionali” dei consumatori.

 

Differenziarsi per sfuggire all’appiattimento

Nel vissuto dei consumatori, insomma, i retailer tendono ad assomigliarsi eccessivamente e le esperienze d’acquisto finiscono per essere pressoché sovrapponibili. Cosa devono dunque fare le insegne oggi per soddisfare il loro cliente?
«Devono cercare di cambiare il modello di gioco, ragionare meno sulla tattica e guardare di più al cliente e a ciò che vuole. Sopra a tutto deve esserci la relazione, il cliente deve sentirsi coccolato e poi deve pensare alla differenziazione, comprendendo che non tutte le insegne vanno bene per tutti i clienti» spiega Paolo Mamo.
Oggi, in un’epoca di rivelazioni metriche e di analisi dei BigData, è cruciale rivolgersi non solo ai numeri ma anche ai sentimenti che guidano il consumatore.

 

Italiani, nel punto vendita vogliono calore e tecnologia

«Siamo rimasti sorpresi dal calore e dall’attaccamento degli italiani verso l’esperienza d’acquisto – conferma Anna Cassani -. Gli italiani amano la tradizione ma rincorrono l’ultimo device hi-tech appena uscito, postano sui social ma si trovano ancora al bar con gli amici, amano essere considerati e non sono soddisfatti di una relazione di mero acquisto».

Rispetto ai cugini francesi hanno aggiunto un undicesimo desiderata, la modernità. Come a dire: oggi tutto è possibile, non ci sono barriere. Voglio potere acquistare ovunque e in qualsiasi momento, e dunque l’omnicanalità e l’adeguamento alle nuove tecnologie diventano cruciali. O, come conclude Cassani, “quando l’innovazione è “Tech à porter”, così vicina e disponibile a tutti, quando è così veloce da utilizzare, non può più essere considerata un’opzione. L’opzione è decidere quanto investire e come sfruttarla in termini di identità e posizionamento”.

marchi-coinvolti

La ricerca è stato presentata da AltaviaLab, divisione di Altavia. È la prima edizione italiana della più grande indagine sulla qualità della relazione tra le insegne retail e i loro clienti, nata in Francia cinque anni fa da Shopper Mind, società del Gruppo Altavia.

Con il Gigante Selex si rafforza

Con la chiusura di Centrale Italiana, Il Gigante entra in Selex e porta in dote al gruppo storico della Distribuzione Organizzata 1 miliardo di euro di fatturato, una rete di 53 ipermercati e supermercati (35 in Lombardia, 15 in Piemonte e 3 in Emilia Romagna) e 5.500 dipendenti.

insegne Selex
Le insegne del gruppo Selex al 1 gennaio 2015

È l’ultimo (per il momento) episodio del risiko che si è innescato nella Gdo italiana dopo la cessazione dell’attività della centrale guidata da Coop Italia. Con l’ingresso de Il Gigante – ha detto Maniele Tasca, Direttore Generale del Gruppo Selex nel suo intervento all’assemblea semestrale dove è stato dato l’annuncio – Selex si conferma capace di attrarre aziende imprenditoriali italiane di grande qualità ed affidabilità grazie ad una centrale che offre sinergie, vantaggi economici e, soprattutto, l’ambiente ideale per lo sviluppo di competenze e strumenti indispensabili per competere». La centrale è, come noto, ESD Italia, alla quale fanno capo Agorà Network, Acqua e Sapone e il Gruppo Sun che a livello internazionale è Socia di EMD – European Marketing Distribution.

Con il nuovo socio, il Gruppo Selex consolida il suo ruolo di terza forza della distribuzione italiana incrementando ulteriormente la sua attuale quota del 10,8% (dati IRI canale I+S+ST+CC a giugno 2014) che dagli attuali

Soddisfatto si dice il presidente e fondatore de Il Gigante Gicancarlo Panizza: «Selex è un gruppo composto da imprese italiane che hanno in comune il forte legame che le unisce al territorio ove operano; la stessa caratteristica è presente anche in Gigante; Selex è un ottimo tavolo di confronto formato da aziende che vogliono essere protagoniste in un mercato difficile ed innovativo senza dimenticare le proprie origini e la propria distintività».

Gli fa eco il presidente di Selex Dario Brendolan: «L’adesione de Il Gigante al nostro Gruppo è un segnale positivo per il 2015 e ci rafforza in regioni per noi molto importanti. Nuove energie per contrastare un periodo difficile che non ci ha impedito, tuttavia, di mantenere anche quest’anno una grande attenzione alla qualità e convenienza nei nostri punti di vendita».

A fine 2014 il Gruppo Selex è composto da: 17 imprese associate; 2.549 punti di vendita tra supermercati, supermercati integrati, superstore, ipermercati, superettes, mini mercati, hard e soft discount, cash & carry e dà lavoro ad oltre 31 mila dipendenti.

E per il 2015 Selex prevede investimenti per 135 milioni di euro con 47 aperture di nuovi punti di vendita e la ristrutturazione di 46 punti di vendita. Lo sviluppo occupazionale sarà di 800 nuovi addetti.


 

Il pollo fritto di KFC arriva in Italia

Il pollo del colonnello Sanders sbarca in Italia e il 20 novembre sbarca a Roma il primo punto vendita KFC al Centro Commerciale Roma Est in via Collatina. Il locale, in franchising, doveva essere inaugurato a settembre, ma l’apertura era stata rinviata, annunciando grandi sorprese.

Non è la prima assoluta di KFC nel Bel Paese.  Qualche attività era presente negli anni Settanta a Napoli e a Milano, ma poi aveva cessato. Attualmente ci sono due ristoranti  KFC all’interno di basi americane in Sicilia e in Campani che, attualmente sono aperti anche al pubblico civile (dietro permesso).

KFC è una delle  maggiori catene di ristoranti al mondo, con 19 mila negozi in 118 Paesi e fa parte di Yum! Brands , proprietaria anche di Taco Bell e Pizza Hut.

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