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Schivazappa, AD Parmacotto Group: sui costi energetici è emergenza

In un anno normale noi abbiamo un consumo energetico pari mediamente a 2 milioni di euro, mentre per il 2022 ad oggi siamo a 7,5 milioni di euro” Andrea Schivazappa, Amministratore Delegato di Parmacotto Group, sintetizza in una sola frase lo sconquasso che i costi energetici fuori controllo stanno provocando nei conti economici delle aziende. Far quadrare i bilanci in una situazione del genere diventa difficile.

Noi prevediamo di chiudere l’anno intorno ai 120 milioni di fatturato – spiega Schivazappa a Instoremag.it, a margine della presentazione dell’iniziativa #FellinGoodma gli aumenti dell’energia finiranno con il dimezzare l’Ebitda. E a preoccupare è il 2023, perché se riportiamo a un intero anno l’incidenza dei costi energetici impazziti nella seconda parte del 2022, tutto diventa ancora più complicato”.

Peraltro, Parmacotto è corsa ai ripari per tempo, avviando un progetto di digitalizzazione finalizzato a monitorare e dunque contenere i consumi energetici: “Pensiamo di tagliarli del 15% entro la fine del 2023 – annuncia Schivazappa – ma probabilmente riusciremo ad ottenere un risparmio ancora maggiore, vicino al 20%. A livello di gruppo abbiamo investito 4 milioni di euro su questo fronte e altri 1,6 milioni di euro sono destinati a impianti fotovoltaici: i lavori sono partiti la scorsa settimana e si concluderanno al massimo nei primi mesi del 2023, ma per avere i permessi di mesi ne abbiano impiegati otto, un tempo che non è compatibile con le esigenze di un’azienda”.

Insomma, efficientamento energetico e fonti rinnovabili, per ridurre le emissioni di CO2 ed essere più competitivi. Come a dire che per Parmacotto sostenibilità e business sono due facce della stessa medaglia. E sul fronte prettamente commerciale, buone notizie arrivano dagli Stati Uniti, dove nel 2019 il gruppo aveva acquisito il distributore Cibo Italia, diventato Parmacotto LLC: “Nell’anno dell’acquisizione l’azienda fatturava 10 milioni di euro – racconta Schivazappa – mentre quest’anno ci attestiamo intorno ai 20 milioni, più o meno. E ciò nonostante nei mesi della pandemia abbiamo dovuto fermare per un po’ il progetto di ristrutturazione. Inoltre, il mercato Usa ha una marginalità buona e costante, con un Ebitda che si avvicina al’8-9%, anche se poi c’è l’effetto cambio da considerare”.

E l’Italia? “Se non si fa qualcosa di serio e strutturato sul fronte dell’energia, l’Italia sarà un punto interrogativo – ribadisce l’AD di Parmacotto – perché quello che sta accadendo va oltre il normale rischio d’impresa. Per quanto ci riguarda avevamo operato un aumento dei listini, ma prima dell’impennata dei prezzi energetici. Adesso non possiamo fare a meno di proporre alla distribuzione un nuovo aumento e vedremo cosa succederà”.

Rincari dei listini e dei costi energetici, gli effetti sulla Gdo

Cosa può esserci di peggio per la Gdo del 2022, cioè di un anno in cui i listini rincarano, i costi energetici triplicano, ma si fatica a trasferire a valle gli aumenti nel timore di perdere volumi? Forse una sola cosa: il 2023. Nel corso della presentazione del Rapporto Coop 2022, Marco Pedroni, Presidente di Coop Italia e di Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori) ha dichiarato di attendersi per i prossimi mesi un’ulteriore crescita dell’inflazione, seppure a ritmi un po’ inferiori di quelli registrati finora. Il che vorrebbe dire complicare ulteriormente uno scenario da brividi per la grande distribuzione. Vediamo perché.

I prezzi dei beni alimentari venduti dall’industria alle catene della Gdo sono cresciuti del +14,9% rispetto allo scorso anno (var % tendenziale luglio-agosto 2022-2021), mentre l’inflazione alla vendita nello stesso periodo ha fatto segnare un valore di poco superiore al +9,2%. Il differenziale fra il prezzo all’acquisto e quello alla vendita segna -5,7% ed è a carico della grande distribuzione. Davvero impressionanti i rialzi dei prezzi all’acquisto dei prodotti basici, sui quali l’impennata delle materie prime incide molto: l’olio di semi segna +40,9%, quello di oliva +33,1% e ancora la pasta +30,9%, la farina +25,4%.

I discount non sono molto lontani dal recuperare quasi tutto l’aumento dei prezzi di acquisto – ha detto Pedroni – mentre il resto della distribuzione è partita dopo e noi di Coop particolarmente dopo”. Tradotto in numeri, lo scorso luglio il tasso di inflazione dei prezzi al consumo era del +14,4% nel discount contro il +9,1% dei super.

Capitolo costi energetici sopportati dalla Gdo: nel 2019 erano pari a 1.512 milioni di euro e pesavano l’1,7% sul fatturato; nel 2022 arriveranno a 5.022 milioni di euro, per un’incidenza del 4,7% sul fatturato che salirà al 5,2% nel 2023. Il Rapporto Coop sottolinea come questo incremento è tanto più preoccupante se si considera che il retail alimentare è un settore strutturalmente a bassa redditività, dove piccole variazioni dei margini possono seriamente compromettere la tenuta dei conti economici. In base ai dati Mediobanca, il valore aggiunto trattenuto in media dalle imprese della Gdo nel 2021 è stato pari al 14,7%, l’Ebitda del 5,3% e l’Ebit del 2,6%. Allo stesso modo, ogni 100 euro spesi dal consumatore l’utile netto per i retailer è stato appena superiore ad 1,5 euro.

Ma quali sono i risultati dei punti vendita Coop in una situazione così complessa? “I canali hanno performance diverse – ha dichiarato Maura Latini, Amministratore Delegato di Coop Italia – anche se tutti hanno beneficiato di un andamento positivo nei mesi estivi. In generale, l’iper perde volumi per via delle sue difficoltà strutturali, purtroppo accentuate dall’aumento del costo dei carburanti, che ostacola lo spostamento dei clienti. Il supermercato tiene, con un recupero importante dal lancio del nostro progetto sul prodotto Coop a cui si è aggiunta la positività del mercato nella stagione calda. Nel complesso, registriamo una crescita dell’1% a volume”.

Coop ha annunciato lo scorso maggio un piano che una volta a regime (entro il 2024) includerà circa 5.000 nuovi prodotti a marchio, che innoveranno l’offerta del 50%. “I primi dati non solo ci danno ragione – ha affermato Latini – ma riconfermano la straordinaria forza del nostro prodotto. Da giugno a metà agosto, abbiamo rilasciato circa 1.000 nuovi prodotti. Una valutazione sulla base delle vendite a valore è difficile per via dell’inflazione e quindi guardiamo ai pezzi. Ebbene, in una categoria che definirei ‘tranquilla’ o quasi in leggera flessione, come le merendine, in cui abbiamo rinnovato la nostra offerta completamente, abbiamo registrato da giugno a metà agosto un +30% nei volumi venduti di prodotto Coop e +5% di quota. Se prendo una categoria completamente diversa, cioè gli aperitivi, dove l’innovazione è stata di segmento, di offerta e di assortimento, i volumi del prodotto Coop sono cresciuti del +88% e la quota del +9%”.

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