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D.IT, prove di dialogo tra industria e distribuzione

In Ucraina c’è la guerra, in Italia manca il vetro”. Questa frase sintetizza bene cosa voglia dire vivere in un mondo interconnesso. L’intento di chi l’ha pronunciata – nel corso dell’incontro organizzato a Bologna da D.IT per celebrare i suoi cinque anni di vita – non era certo quello di mettere sullo stesso piano situazioni che hanno livelli di gravità incomparabili, ma piuttosto ricordare quanto sia fitta la trama di relazioni di un’economia globalizzata. Non a caso, “Le nuove sfide nella società complessa” è stato il titolo scelto per questo evento da D.IT, la cooperativa che unisce le insegne Sigma e Sisa con un fatturato alle casse stimato in 3 miliardi di euro e il 2% di quota del mercato nazionale. L’obiettivo era creare un’occasione di dialogo tra industria e distribuzione e la tavola rotonda moderata da Daniele Fornari, Direttore REM-Lab, Università Cattolica ha fornito molti spunti. Vediamone alcuni.

A citare la scarsità di vetro come effetto dell’aggressione russa ai danni dell’Ucraina è stata Barbara Garioni, Direttore Vendite di Heineken Italia, sottolineando come in un mondo così complicato sia necessaria velocità, capacità di interpretazione dei dati e collaborazione tra funzioni aziendali e all’interno delle filiere: “Il potere d’acquisto è sotto pressione, anche nella fascia intermedia, cioè il grande bacino del food & beverage. La maggiore capacità di risparmio di cui i consumatori hanno beneficiato nel periodo del Covid secondo le ultime stime si andrà ad esaurire nel corso del 2023. Oggi l’indice di fiducia delle famiglie è attestato su 95 punti, lo stesso livello di maggio 2020, contro i 115 punti dello scorso anno”.

Il bisogno di convenienza ha messo le ali dal discount e Alessandro Camattari, Direttore Commerciale e Marketing di D.IT, ha sollevato una questione di non poco conto: “È legittimo che l’industria di marca guardi a un canale che sta crescendo, ma dovrebbe uscire da una logica strettamente di prodotto e molto tattica e ragionare in termini di proposta di marketing e assortimentale, molto diversa tra discount e distribuzione tradizionale, non fosse altro che per il numero medio di referenze assai differente. Ci sono aree di valore che vanno calcolate”. Un ragionamento che ha trovato la sponda di Massimiliano Capogrosso, Direttore Commerciale Italia di Gruppo Lunelli: “Noi non siamo nel discount, perché abbiamo mediamente sette referenze in un punto vendita e non viviamo solo di Ferrari Brut. Sarebbe deleterio per tutto il gruppo. Abbiamo avuto degli incontri con operatori discount, ma non entreremo in quel canale”.

Anche l’industria di marca ha però le sue lamentele: “Alce Nero è presente in 40 categorie, con un fatturato 2021 di 86 milioni di euro – ha spiegato Massimo Monti, Amministratore Delegato di Alce Nero – e un posizionamento super premium, visto che il nostro price index e di poco più del 200% sui prodotti convenzionali. Nel 2020 e nel 2021 siamo cresciuti del 20%, ma quest’anno stiamo facendo -7% perché non siamo riusciti a trovare l’accordo con la Gdo sui listini e abbiamo tagliato tutte le promozioni. L’innovazione nel food non deve riguardare tanto il prodotto, quanto i processi, le modalità di relazione e serve maggiore umiltà. L’alternativa è veder chiudere le aziende e i negozi”.

A fronte di un futuro ricco di incognite, abbiamo almeno una certezza: “Compreremo di più online – ha detto Barbara Labate, Amministratore Delegato di ReStore –. L’e-commerce non cannibalizza il negozio fisico, ma fidelizza, perché anche cambiare una password e un metodo di pagamento salvato è un deterrente a passare a un altro retailer”.

A chiudere i lavori, l’intervento di Donatella Prampolini Manzini, Presidente di D.IT, che ha ricordato come i consumatori imputino i rincari dei prezzi a scaffale alla distribuzione, nonostante gli sforzi fatti dai retailer anche in passato per assorbire gli aumenti in specifici settori merceologici. “Ma stavolta dovete darci una mano – ha continuato, rivolgendosi ai tanti fornitori presenti nel Teatro delle Celebrazioni di Bologna – perché se la bolletta della luce arriva a incidere il 7-8% su base mensile sul fatturato di un punto vendita, quanto tu sai che alla fine dell’anno porti a casa meno dell’1%, allora devi per forza ricorrere al fieno messo in cascina negli anni precedenti. Ma quel fieno nel 2022 finirà e dopo c’è il 2023”.

Alce Nero, il bilancio annuale premia l’innovazione

Alce Nero consolida la sua posizione sul mercato chiudendo il 2021 con un fatturato di 86 milioni di euro e una quota a valore sul totale Biologico del 4,1%, confermandosi brand di riferimento del settore biologico. Capofila del Gruppo, Alce Nero Secco (prodotti conservabili a temperatura ambiente) ha fatto registrare 81,4 milioni di fatturato, di cui ben 6.5 milioni derivanti dal segmento Baby Food, in crescita dell’8% rispetto al 2020. In particolare, con una variazione del +11.3%, si sono distinti gli Omogeneizzati, rientrando a pieno titolo tra le 10 categorie che hanno inciso di più sull’intero fatturato 2021 di Alce Nero Secco. Tra queste famiglie di prodotti spiccano anche Confetture, Frollini e Biscotti e si riconfermano forti Passate e Polpe, Pasta e Legumi Lessati. Significativo il peso dell’innovazione, che è valsa ad Alce Nero Secco entrate per 4 milioni di euro.

L’innovazione continua ad essere una componente fondamentale del successo del Gruppo, attestando la sua incidenza al 10% sul totale del marchio Alce Nero. Il contributo dei prodotti lanciati nell’ultimo triennio è valso 7.6 milioni solo nel 2021, un risultato importante che dimostra l’efficacia degli investimenti in Ricerca e Sviluppo. Ricette inedite per il mercato, gustose, sempre al passo con le esigenze e le richieste delle persone: è questa la formula vincente di Alce Nero, che coniuga qualità, praticità e attenzione al benessere delle persone e della terra.

Produrre e commercializzare prodotti freschi biologici è invece l’impegno di Alce Nero Fresco, che ha chiuso il 2021 a 3 milioni. I grandi numeri restano legati a Zuppe ed Uova, le categorie più importanti per l’azienda, che da sole ne hanno determinato il 70% delle entrate. Per Alce Nero Freddo, che pesa 1.6 milioni di fatturato, sono Verdure e Pizze le linee che contribuiscono alla crescita del settore, seguite da Zuppe e Minestroni. Buone anche le vendite dei Piatti proteici, lanciati a giugno e subito ben accolti dai consumatori, sempre più orientati verso prodotti ad alto contenuto di proteine vegetali. I canali di vendita e distribuzione vedono in testa GDO ed Export, che hanno avuto un peso dell’86% sul fatturato netto di tutto il marchio Alce Nero. Dopo il boom del 2020, l’e-commerce
continua a crescere, con un incremento del 2.2%. Raddoppia quasi le sue performance il Food Service e anche il canale delle Farmacie/Baby Shop fa registrare una buona ripresa.

“Siamo decisamente soddisfatti dei risultati ottenuti nel 2021. Dopo un 2020 segnato da una imprevista e imprevedibile crescita a due cifre – anche sostenuta dal lockdown totale della primavera di quell’anno – consolidare quei risultati era il massimo obiettivo che ragionevolmente potevamo porci” dichiara Massimo Monti, Amministratore Delegato Alce Nero. “Con Alce Nero siamo cresciuti di altri due punti percentuali, portando l’aumento del fatturato 2021 sul 2019 (l’ultimo anno non condizionato dalla pandemia) al 20,6%. Il fatto che poi questo consolidamento della crescita del 2020 abbia riguardato tutti i nostri canali, vendite online comprese (nonostante risultati triplicati nel 2020 rispetto al 2019), ci gratifica ulteriormente e ci consente di pensare al futuro, forse mai come oggi così incerto e di difficilissima lettura, con ottimismo”.

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