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Largo consumo, cresce l’attenzione per rispetto e benessere degli animali

I prodotti, food e non food, “amici” degli animali si fanno sempre più notare sugli scaffali di supermercati e ipermercati italiani: quelli che presentano in etichetta un claim o una certificazione che attesta il rispetto degli animali sono 2.892 e, nell’anno finito a giugno 2022, hanno sviluppato 1,7 miliardi di euro di vendite, in crescita di +3,3% rispetto ai 12 mesi precedenti.

A misurare l’”animal welfare economy” in Italia è la dodicesima edizione dell’Osservatorio Immagino di GS1 Italy, che ogni sei mesi monitora l’evoluzione della spesa degli italiani incrociando le informazioni presenti sulle confezioni dei prodotti digitalizzate dal servizio Immagino con i dati elaborati da NielsenIQ su venduto e consumo nella Gdo. Lo studio ha rilevato e analizzato sei tra claim e certificazioni di quest’area valoriale per individuarne la presenza nei punti vendita, l’entità delle vendite e il loro andamento. Complessivamente coinvolgono il 2,2% dei quasi 130 mila prodotti di largo consumo (food & beverage, cura casa e cura persona) rilevati in quest’edizione e contribuiscono per il 4,3% al loro fatturato complessivo.

«Anno dopo anno, il carrello della spesa “rispettosa degli animali” continua ad arricchirsi di nuovi prodotti, grazie all’aumento dell’offerta proposta dalle aziende, sempre più sensibili al benessere animale» spiega Marco Cuppini, research and communication director di GS1 Italy. «A trasferire quest’impegno ai consumatori sono soprattutto sei tra claim e certificazioni che attestano il rispetto degli animali, accomunati dall’aver ottenuto positive performance di vendita nell’arco dei 12 mesi rilevati da quest’edizione dell’Osservatorio Immagino».

Le crescite annue più significative sono state registrate dalla certificazione ASC (Aquaculture Stewardship Council), che è avanzata di +6,7%, arrivando a 43 milioni di euro di vendite realizzate da 59 prodotti, e dal claim “no cruelty”, che ha incrementato il giro d’affari di +6,7% superando i 280 milioni di euro. “No cruelty” è anche l’indicazione più diffusa sulle etichette: l’Osservatorio Immagino l’ha trovata su 1.280 prodotti, pari all’1,0% del totale rilevato. Seconda per numerica è la certificazione Friend of the sea, con 648 prodotti (0,5% del totale) per un giro d’affari di oltre 553 milioni di euro (+0,2% annuo). Segue il logo Cruelty free, con 629 prodotti per quasi 61 milioni di euro di vendite (+0,4%).

Al quarto posto per numero di prodotti c’è il claim “benessere animale”, individuato su 588 referenze, che però è il numero uno per valore delle vendite con 585 milioni di euro, il 6,5% in più rispetto all’anno precedente. È cresciuto di +1,7% in 12 mesi il giro d’affari dei 441 prodotti certificati MSC (Marine Stewardship Council), che hanno superato i 466 milioni di euro di vendite.

Accanto a questi prodotti che indicano in etichetta l’attenzione al benessere animale, l’Osservatorio Immagino ha analizzato anche le referenze che sono invece prive di componenti di origine animale, monitorando il claim “vegano”: si trova su 3.554 prodotti (3,9% del totale) che hanno sviluppato 980 milioni di euro, in calo annuo di -1,0%, a causa della contrazione della domanda (-9,9%).

Italiani in visibilio per caramello e pistacchio, è boom di vendite

Il caramello e il pistacchio sono i nuovi ingredienti “must” degli italiani. A rivelarlo la nuova edizione dell’Osservatorio Immagino di GS1 Italy, che da sei anni individua gli ingredienti “benefici” più trendy nei prodotti alimentari in supermercati e ipermercati e ne monitora l’andamento delle vendite.

Il caramello è il fenomeno dell’ultimo anno nel food, l’ingrediente emergente con il maggior tasso di crescita delle vendite. Nell’arco di 12 mesi il giro d’affari dei prodotti che lo segnalano in etichetta è cresciuto di +14,3% superando i 92 milioni di euro. A trascinarlo è stato l’aumento dell’offerta (+23,0%), che ha portato sugli scaffali della Gdo ben 314 prodotti con il caramello come ingrediente-chiave indicato sulle confezioni. Le performance migliori di vendita? Quelle di biscotti tradizionali, budini e creme.

In forte crescita anche il pistacchio: l’Osservatorio Immagino ha individuato 512 referenze, tra prodotto al naturale e alimenti che lo usano come ingrediente, per un giro d’affari di oltre 175 milioni di euro, in crescita annua di +11,1%. Un risultato dettato dall’aumento dell’offerta (+26,8%) e dai trend positivi di alcune categorie di prodotti, come gelati multipack, creme spalmabili, colombe e uova di Pasqua.

Cacao, nocciole, noci, limone e vaniglia sono gli altri prodotti/ingredienti tradizionali rilevati per la prima volta dall’Osservatorio Immagino, che, insieme alle novità di mango e anacardi, vanno ad aggiungersi agli altri 27 “ingredienti benefici” monitorati da tempo, come cocco, canapa, mandorla, avocado, avena, zenzero e semi di lino. Si tratta di quasi 13 mila referenze per 3,8 miliardi di euro di vendite, in crescita di +2,5% nell’arco dei 12 mesi rilevati.

La classifica degli ingredienti benefici, con l’analisi completa del loro valore nel carrello della spesa e della sua evoluzione, è consultabile nella dodicesima edizione dell’Osservatorio Immagino, scaricabile gratuitamente dal sito osservatorioimmagino.it

Osservatorio Immagino, l’italianità nel carrello trionfa con Docg e Doc

Nel 2021 la corsa del fenomeno dell’italianità nel carrello della spesa si è stabilizzata, dopo anni di espansione. I 23.944 prodotti su cui l’Osservatorio Immagino ha rilevato un’icona, un claim, un riferimento alla provenienza da un preciso territorio italiano o un’indicazione geografica europea hanno chiuso l’anno con oltre 8,9 miliardi di euro di sell-out tra ipermercati e supermercati. Rispetto al 2020, il giro d’affari è rimasto stabile al -0,1%, con una diminuzione della domanda (-2,7%) a fronte di un’offerta che, invece, ha continuato a espandersi (+2,5%). Nonostante questo scenario di sostanziale stabilità delle vendite, quello dell’italianità resta il fenomeno più pervasivo tra quelli individuati dall’Osservatorio Immagino, poiché accomuna il 26,8% delle referenze rilevate e contribuisce per il 27,5% al giro d’affari complessivo del paniere Immagino. Il marker dell’italianità più presente sulle etichette dei prodotti è la bandiera tricolore, che è stata rilevata su oltre 13 mila prodotti (15,5%) del totale che hanno realizzato oltre 5 miliardi di euro di sell-out, ossia il 16,0% del totale del paniere Immagino. Rispetto all’anno precedente, nel 2021 hanno perso il -1,3% del giro d’affari, zavorrati dalla contrazione del -3,8% della componente pull a cui si è rivolta una componente push in crescita annua del +2,5%.

Uova, mozzarelle, crescenze, surgelati vegetali e farine sono state tra le categorie in calo, soprattutto per l’effetto rimbalzo sulla domanda, dopo le crescite del 2020. Al contrario nel 2021 sono aumentati affettati, bevande base thè, pizze surgelate e avicunicoli di quarta lavorazione, in tutti i casi per un maggior utilizzo della bandiera italiana sulle confezioni. In flessione anche il business del “100% italiano”, che ha un’incidenza dell’8,0% sulla numerica rilevata e contribuisce per l’11,5% al valore complessivo delle vendite del paniere rilevato. Nel 2021 il giro d’affari dei 7.126 prodotti con questo claim in etichetta ha fatto registrare una flessione del -1,8%, attestandosi a 3,7 miliardi di euro. Un risultato legato soprattutto al calo della domanda, arretrata del -7,0% rispetto al 2020, e a cui si è contrapposta la crescita del +5,3% dell’offerta. Tra i prodotti sono risultati in crescita merendine, affettati, avicunicoli di quarta lavorazione e latte Uht, mentre a calare sono stati mozzarelle, formaggi a pasta filata e uova. Terzo claim di questo paniere, sia per incidenza sulla numerica dei prodotti sia per valore delle vendite, è “prodotto in Italia”: nel 2021 le 6.748 referenze su cui è stato rilevato hanno realizzato 1,4 miliardi di euro di sell-out, in calo del -0,6% rispetto al 2020.

A determinarlo è stato il calo dell’offerta, con la riduzione del -3,0% dell’uso del claim in etichetta. Invece la domanda è risultata in aumento del +2,4%. Tra le categorie in crescita troviamo piatti pronti surgelati, pesce surgelato panato, uova di Pasqua, uva e verdure di quarta gamma. Tra quelle in calo affettati, paste filate e olio extravergine di oliva. La performance migliore del 2021 nel paniere dell’italianità l’hanno messa a segno gli oltre 4 mila prodotti che evidenziano in etichetta di aver ottenuto la Doc (Denominazione di origine controllata), la Dop (Denominazione di origine protetta) o la Docg (Denominazione di origine controllata e garantita): nell’arco di 12 mesi il loro giro d’affari è aumentato del +4,0% arrivando a 1,3 miliardi di euro. Un risultato a cui hanno contribuito sia la componente push (+2,2%) sia quella pull (+1,9%), entrambe in espansione. Scorporando i trend delle singole indicazioni europee, spicca il ruolo trainante della Docg, che ha ottenuto nell’anno un aumento del +13,2% del giro d’affari, arrivato a sfiorare i 291 milioni di euro. Molto forte la domanda (+7,7%) e dinamica l’offerta (+5,5%).

Decisamente sopra media anche il trend del paniere Doc (+6,4%), arrivato a 486 milioni di euro di sellout, spinto da un’offerta e da una domanda aumentate di circa tre punti percentuali. Tra le categorie in crescita di tutto il paniere Doc, Dop e Docg spiccano gli spumanti charmat secchi, gli spumanti classici e i vini; tra quelle in calo soprattutto i formaggi grana e simili, a cui si deve in gran parte il risultato annuo negativo del paniere Dop (-2,1%), che, penalizzato dalla contrazione sia della domanda sia dell’offerta, si è fermato a 567 milioni di euro di sell-out. Sostanzialmente stabili, invece, sono risultate le vendite dei 1.946 prodotti contrassegnati dalla Igp (Indicazione geografica protetta) o dalla Igt (Indicazione geografica tipica): nel 2021 hanno perso lo 0,3% del giro d’affari, ammontato a 594 milioni di euro. Verdure di quarta gamma, cipolle, patate e affettati sono stati i prodotti in crescita, mentre mele, pasta di semola e vini quelli in diminuzione.

Le regioni italiane in etichetta
Ha continuato a crescere anche nel 2021 l’interesse per i prodotti del food & beverage che esprimono tradizioni e peculiarità territoriali. In supermercati e ipermercati è aumentato l’assortimento di referenze sulle cui etichette è esplicitata la provenienza da una specifica regione italiana. L’Osservatorio Immagino ne ha individuate 9.852 (11,0% della numerica complessiva) che hanno sviluppato oltre 2,7 miliardi di euro di vendite, ossia il +3,2% rispetto al 2020, contribuendo per l’8,3% sul giro d’affari complessivo del food rilevato. La valorizzazione della provenienza regionale ha preso spazio sull’offerta, aumentata del +2,6%, e ha beneficiato di una domanda in lieve crescita (+0,6%). Passando alla consueta classifica delle regioni che hanno sviluppato il maggior giro d’affari con i loro prodotti, ancora una volta la prima posizione spetta al Trentino-Alto Adige, con 968 prodotti (1,1% del totale) e oltre 359 milioni di euro di vendite (1,1% di quota). Leadership rafforzata nel 2021 grazie a una crescita del +2,1% del sell-out, sostenuta dall’aumento delle vendite soprattutto di spumante, latte fresco, vini Doc e Docg, speck. Seconda per giro d’affari (326 milioni di euro) è la Sicilia, con 1.109 prodotti. I principali sono stato i vini Doc e Docg, i sughi pronti, le arance e le birre, ma quelli che hanno più contribuito alla crescita annua del +3,5% delle vendite sono stati le birre, la limonata, la pasta fresca ripiena e i prodotti da forno da ricorrenza. Terza regione in ordine di importanza per giro d’affari è il Piemonte, con 301 milioni di euro generati da 1.251 prodotti. Rispetto al 2020, le vendite sono aumentate del +1,4%. Le categorie più importanti in termini di valore sono stati i vini rossi Doc e Docg, la terza lavorazione bovina (hamburger), la crescenza, la robiola e il primo sale, mentre quelle a maggior crescita nel 2021 la terza lavorazione bovina (macinato), le uova di Pasqua (> 30 g farcite/bigusto), lo spumante charmat dolce e l’acqua minerale non gassata (101-150 cl).

Al quarto posto della classifica per valore delle vendite in supermercati e ipermercati si conferma l’Emilia-Romagna, una delle poche regioni ad aver chiuso il 2021 con una contrazione, e anche significativa, delle vendite (-4,2%), ammontate a quasi 289 milioni di euro, inficiate dal calo delle vendite delle categorie più importanti, come gli affettati (prosciutto crudo) e le merendine. Ai primi posti per sellout anche vini rossi Doc e Igp, brandy, burro e passate di pomodoro. Anno molto positivo il 2021 per il mercato dei prodotti made in Veneto, le cui vendite sono aumentate del +9,1% in 12 mesi, arrivando a 279 milioni di euro ed evidenziando la miglior performance annua tra tutte le 20 regioni monitorate. E sono state le categorie più rilevanti per giro d’affari, ossia Prosecco e vini Doc e Docg (sia rossi che bianchi), a mostrare i maggiori trend di crescita. La Toscana ha uno dei panieri regionali più ricchi di prodotti (1.170 referenze) che nel 2021 hanno sviluppato 242 milioni di euro di sell-out, confermandola al sesto posto nella classifica nazionale. Nel corso dell’anno il giro d’affari del paniere toscano è aumentato del +0,4%.

Vini rossi Doc, Docg, Igp e Igt, ma anche passate di pomodoro, ceci e zuppe, sono stati tra le categorie principali mentre le crescite più significative sono state evidenziate da vini rossi Doc e Docg, vini bianchi Igp e Igt, e prodotti di pasticceria. Sopra media la crescita del giro d’affari dei 533 prodotti presentati in etichetta come collegati alla Lombardia: grazie a uno scatto in avanti del +3,8%, il loro fatturato è arrivato a quasi 163 milioni di euro. Le categorie più importanti sono state lo spumante classico non millesimato, le crescenze e i vini rossi Doc e Docg, mentre quelle più in espansione sono state gli spumanti classici e la pasta fresca.

Significativo miglioramento del business generato in supermercati e ipermercati dai 607 prodotti con l’indicazione Sardegna in etichetta. Nel 2021 hanno generato 160 milioni di euro di vendite, in crescita del +5,3% rispetto ai 12 mesi precedenti. Se i prodotti più rappresentativi restano latte Uht, vini Doc e Docg, mozzarelle e altri liquori base frutta, quelli che hanno contribuito maggiormente all’aumento del sell-out sono stati i vini bianchi Doc e Docg Italiano, i formaggi grana e simili grattugiati e il latte Uht. Sul podio delle prime tre regioni più performanti del 2021 è salita la Puglia, grazie a una crescita delle vendite in valore del +8,3%, che le ha portate a 142 milioni di euro. In questo paniere di 690 prodotti, i più “pesanti” in termini di fatturato sono stati vini rossi, taralli, mozzarelle, burrata e ceci. I maggiori contributi alla crescita li hanno forniti burrata, taralli, mozzarelle e vini rossi. Al decimo posto della classifica nazionale per regioni nel 2021 è salita l’Umbria, che ha visto aumentare il suo giro d’affari del +3,3% su base annua, arrivando a quasi 115 milioni di euro generati da 243 referenze. Presente soprattutto sulle etichette di acque minerali, passate di pomodoro e vini, ha ottenuto i migliori aumenti delle vendite in acque non gassate, vini Doc, Docg, Igp e Igt, e birre.

Sono stati 394 i prodotti individuati dall’Osservatorio Immagino che riportavano on pack l’indicazione Campania. Nel 2021 hanno realizzato 107 milioni di euro di sell-out, in calo del -0,2% rispetto all’anno precedente. Mozzarella di bufala, vini, pizza surgelata e pasta di semola sono stati i prodotti che hanno maggiormente contribuito al sell-out. Brillante annata il 2021 per i 247 prodotti presentati in etichetta come provenienti dalla Calabria. Grazie al miglioramento del +8,7% del giro d’affari, sono stati il secondo paniere regionale per crescita assoluta e sono arrivati a 102 milioni di euro di incassi. Tra i prodotti più rappresentativi si sono segnalati gli amari, il tonno e le cipolle rosse. Le migliori performance sono state quelle di amari, cipolle rosse e clementine.

Di segno opposto il 2021 dei prodotti targati Lazio: hanno accusato una diminuzione del -1,3% del giro d’affari, ammontato a 84 milioni di euro, a causa dei cali delle vendite di latte e panna freschi, di vini Doc, Docg, Igp e Igt e di passate di pomodoro. Positivo il bilancio annuo del paniere del Molise (+2,5% sul 2020), arrivato a 77 milioni di euro di giro d’affari e il prodotto più rappresentativo (ossia la pasta di semola) in crescita. Ottima performance per le Marche, i cui 273 prodotti hanno fatturato 61 milioni di euro (+6,7% sul 2020), trainati dai vini Doc, Docg, Igp e Igt. Ancora meglio il bilancio del paniere della Liguria, che ha messo a segno una crescita annua in valore del +7,7%. 40 i milioni di euro di sell-out generati dai 204 prodotti di questo paniere, con acqua minerale, vino bianco, secondi piatti surgelati e focacce tra i best seller. Sono stati 21 i milioni di euro raggiunti nel 2021 dalle vendite dei prodotti della Basilicata (+6,8%). Negative le performance di altri due panieri regionali: l’Abruzzo ha perso il -4,1% delle vendite dei suoi 172 prodotti, scese a circa 39 milioni di euro, a causa soprattutto della contrazione dei suoi vini Doc e Docg. Invece il Friuli-Venezia Giulia ha visto diminuire il sell-out annuo del -2,6% (42 milioni di euro il totale 2021), a causa del calo delle vendite di mozzarelle, latte, vini rossi Doc e Docg, e burro. Chiude la classifica la Valle d’Aosta, con 29 prodotti per 8 milioni di euro di sell-out, in sostanziale stabilità sul 2020 (+0,3%).

Cosa mettono gli italiani nel carrello della spesa?

Dalla colazione alla cena, passando per il fuoripasto: come cambiano le scelte alimentari degli italiani in funzione del momento in cui si mangia e si beve? E nelle diverse occasioni di consumo quotidiano quali sono le tendenze più consistenti in termini di valore delle vendite in GDO e di crescita ottenuta nel corso dei 12 mesi rilevati?

Sono le domande a cui l’Osservatorio Immagino di GS1 Italy – lo studio che ogni sei mesi analizza l’evoluzione del carrello della spesa incrociando le informazioni presenti sulle confezioni dei prodotti digitalizzate dal servizio Immagino di GS1 Italy con i dati elaborati da NielsenIQ su venduto nella GDO e consumo – risponde con un dossier speciale che ha riunito i claim più dinamici rilevati su 88.261 prodotti alimentari di largo consumo (esclusi cura della casa, cura della persona, pet food e cibi per l’infanzia) in cinque macro-famiglie valoriali (benessere, salutismo, naturalità, sicurezza, italianità) e ne ha misurato il peso e il trend in tre occasioni di consumo: prima colazione, pasti (primi e secondi piatti, sia basici sia di servizio) e fuoripasto. Il quadro che ne è emerso individua le tendenze trasversali che attraversano il mondo del food in Italia e ne misura il peso e il dinamismo nei diversi momenti di consumo.

«Con questo dossier abbiamo introdotto una nuova chiave di lettura, ancora più approfondita e trasversale, del largo consumo alimentare in Italia e che va ad arricchire la consueta analisi per fenomeni di consumo» afferma Marco Cuppini, research and communication director di GS1 Italy. «In questo modo ci siamo prefissi di fornire nuove indicazioni alle aziende aiutandole a interpretare e contestualizzare in modo più completo le evidenze che emergono dall’Osservatorio Immagino».

Individuate le categorie di prodotto più significative per ogni momento di consumo e selezionati i claim più rappresentativi (ossia presenti su prodotti che raggiungono almeno l’1% di incidenza sul sell-out totale e hanno un trend maggiore di almeno il +2,5% sulla media della specifica occasione di consumo), l’Osservatorio Immagino ha potuto intercettare quanto benessere, salutismo, naturalità, sicurezza, italianità siano diversamente importanti nel corso della giornata alimentare dei consumatori e quali siano i più rilevanti e i più dinamici claim presenti sulle etichette dei prodotti nel mondo della colazione, dei pasti e dello snacking.

Prima colazione
Nel corso del 2021 i 12.704 prodotti per la colazione monitorati hanno accusato un calo di -2,4% del valore delle vendite in supermercati e ipermercati, attestandosi poco sopra i 5,7 miliardi di euro. Ma c’è chi è andato controcorrente, aumentando il sell-out: si tratta dei prodotti posizionati nei mondi del salutismo, della sicurezza, della naturalità e del benessere, che si sono mostrati capaci di guidare le scelte d’acquisto degli italiani per il menu della prima colazione. L’area valoriale maggiormente premiata nel 2021 è stata quella del salutismo (+5,3% il sell-out), in cui spicca la crescita del business dei prodotti “senza lattosio” (+6,0%). Invece il mondo più significativo per giro d’affari è quello del benessere, che contribuisce per il 22,7% al sell-out totale e dove spicca l’affermazione dei prodotti accompagnati dal claim “proteine”, vero fenomeno del 2021, con una crescita annua di +9,6% delle vendite. Performance annue molto positive anche per i claim “pochi zuccheri” e “senza zuccheri aggiunti” (+5,9% ciascuno) e per i prodotti con “avena” (+6,2%) e per quelli “vegani” (+6,0%). Da segnalare anche, per la tematica della sicurezza alimentare, la crescita del claim “filiera” con un +4,0%, e l’attenzione alla naturalità, con “mandorla” (+5,0%) e “senza conservanti” (+3,0%).

Primi piatti
Le oltre 9.500 referenze identificate dall’Osservatorio Immagino hanno sviluppato 2,1 miliardi di euro di sell-out, in calo annuo di -1,6%. Ma l’analisi rileva l’andamento decisamente positivo di alcuni panieri “tematici”. Come quello incentrato sulle proposte benessere, che ha visto crescere le vendite di +9,6%, quello incentrato sulla filiera (+7,5%) e quello salutistico (+5,9%). Nella classifica dei claim a maggior crescita spiccano “pochi grassi” (+22,2%) e “senza coloranti” (+13,7%).

Scindendo il mondo dei primi piatti fra le proposte “basic” e quelle a maggior contenuto di servizio, emerge poi che nelle prime l’area più dinamica è quella del salutismo (+9,0%), trainata dalla crescita delle vendite dei prodotti “senza glutine” (+8,0%), mentre nei primi piatti pronti è il benessere il valore che spinge le vendite, in particolare per i claim “senza grassi idrogenati” (+42,9%), “pochi grassi” (+27,9%) e “senza olio di palma” (+19,4%).

Secondi piatti
In questo carrello l’Osservatorio Immagino ha monitorato 11.898 referenze, che in un anno hanno realizzato 6,7 miliardi di euro di sell-out, in calo di -1,3% annuo, ma con tre panieri – sicurezza, salutismo e benessere – in crescita. Tra i claim rilevati, le migliori performance sono state messe a segno da “senza olio di palma” (+9,1%), “senza antibiotici” (+6,2%), “filiera” (+4,8%) e “Omega 3” (+3,8%).

Scorporando il mondo dei secondi piatti per livello di servizio, emerge che per quelli basici sono premianti la sicurezza (+14,8% il sell-out), con il claim “100 % ingredienti naturali” cresciuto di +20,4%, e l’italianità con il claim “regionalità” a +8,8%. Nei secondi piatti pronti è il benessere il tema trainante, con “Omega 3” best performer (+3,9%). In crescita anche la sensibilità alla sicurezza dei prodotti, con il claim “filiera” che ha aumentato di +3,0% le vendite, e l’attenzione al salutismo, con l’indicazione “senza latte” in crescita annua di +2,7%.

Fuoripasto
Sono ben 15.822 le referenze presenti nel paniere dell’Osservatorio Immagino che si prestano a un consumo “fuori orario” e nel 2021 hanno ottenuto 4,3 miliardi di euro di vendite, in crescita di +3,1% rispetto all’anno precedente. Ma c’è chi ha fatto di meglio, in primis i panieri incentrati sul salutismo (+13,8%) e sul benessere (+12,4%). Tra i claim emergono le performance delle indicazioni “proteine” (+48,3% il sell-out), “senza lattosio” (+44,7%), “senza zuccheri aggiunti” (+33,9%), “fibre” (+18,4%), “pochi grassi” e “non fritto” (entrambi +14,6%).

Riciclabilità del packaging, l’indagine dell’Osservatorio Immagino

L’indicazione sulla riciclabilità dei packaging è sempre più presente sulle confezioni dei prodotti di largo consumo venduti in Italia. Compare, infatti, sul 35,9% dei 128.111 prodotti rilevati in quest’edizione dell’Osservatorio Immagino e risulta cresciuta di quasi cinque punti percentuali rispetto alla fotografia relativa al 2020. Dunque, oggi oltre un prodotto su tre venduto in supermercati e ipermercati comunica esplicitamente al consumatore come gestire le confezioni dopo l’uso o il consumo. Ma la percentuale di prodotti di largo consumo venduti in packaging riciclabili è di fatto maggiore visto che in molti casi (tipicamente per le confezioni in vetro) non viene comunicata sulle etichette.

Tornando a quei 46 mila prodotti che spiegano sulle confezioni come riciclarle, nel corso del 2021 è aumentata la percentuale di quelli in cui la confezione è totalmente o largamente riciclabile (84,4% della numerica) ed è diminuita quella dei prodotti con packaging non valorizzabili tramite la raccolta differenziata (4,2%), a conferma dell’impegno delle aziende del largo consumo sul fronte della sostenibilità degli imballi.

L’analisi per aree merceologiche conferma che in tutti i reparti è cresciuta l’incidenza delle referenze che indicano come riciclare le confezioni. Al primo posto c’è ancora una volta il freddo: non solo è il comparto in cui viene maggiormente comunicata la riciclabilità del prodotto (60,2% dei prodotti) ma anche quello in cui quest’indicazione è maggiormente cresciuta (+9,9 punti percentuali in un anno). Al secondo posto si conferma l’ortofrutta, con il 48,3% dei prodotti su cui è indicato come conferire il packaging, rispetto al 46,4% del 2020. Spiccano, inoltre, le crescite della numerica nella drogheria alimentare e nel fresco, nel cura casa e nelle carni.

Bevande (principalmente a causa del vetro), petcare e cura persona restano le aree merceologiche con le minori percentuali di prodotti “parlanti” in tema di gestione dei packaging. Affinando ulteriormente l’analisi, i comparti merceologici che presentano minori comunicazioni di riciclabilità risultano le bevande alcoliche (come vino, birre, champagne/spumante, liquori e aperitivi) e i prodotti del cura persona (come profumeria, cosmetica, deodoranti, prodotti per la depilazione, per la rasatura e per la cura dei capelli, insieme a prodotti per l’igiene orale e per corpo, mani e piedi). Il comparto con la maggior quota di prodotti che danno indicazioni sulla riciclabilità è la pasta, seguito prima dai cibi per l’infanzia e poi dalla gastronomia vegetale sostitutiva, dal pane e dai suoi sostitutivi, dai surgelati, dal riso, dai prodotti da forno e dai cereali.

Ma qual è il livello di riciclabilità delle confezioni dei prodotti di largo consumo che la comunicano, guardando all’interno delle specifiche aree merceologiche? In ortofrutta, cura casa, bevande e carni oltre il 90% dei prodotti ha un packaging totalmente o largamente riciclabile; questa quota scende intorno all’80% in drogheria, fresco, freddo e cura persona, e si abbassa attorno al 75% per il petcare. Sempre limitandosi alle confezioni su cui viene comunicata la riciclabilità delle confezioni, tra i comparti merceologici svettano le commodity del cura casa, con il 100% delle referenze che possono essere totalmente o largamente riciclabili.

Altri comparti del cura casa (come la detergenza bucato e la detergenza stoviglie) così come alcuni segmenti delle bevande (come acqua minerale, bevande piatte e bevande gassate) sono vicini al 99% delle referenze. Valori più bassi riguardano i condimenti freschi (33,6% dei prodotti con confezioni totalmente o largamente riciclabili), i prodotti da ricorrenza (34,3%) e quelli per la cura dell’infanzia (45,0%).

Il fenomeno dell’italianità nel carrello della spesa

Nel 2021 la corsa del fenomeno dell’italianità nel carrello della spesa si è stabilizzata, dopo anni di espansione. I 23.944 prodotti su cui l’Osservatorio Immagino ha rilevato un’icona, un claim, un riferimento alla provenienza da un preciso territorio italiano o un’indicazione geografica europea hanno chiuso l’anno con oltre 8,9 miliardi di euro di sell-out tra ipermercati e supermercati.

Rispetto al 2020, il giro d’affari è rimasto stabile al -0,1%, con una diminuzione della domanda (-2,7%) a fronte di un’offerta che, invece, ha continuato a espandersi (+2,5%). Nonostante questo scenario di sostanziale stabilità delle vendite, quello dell’italianità resta il fenomeno più pervasivo tra quelli individuati dall’Osservatorio Immagino, poiché accomuna il 26,8% delle referenze rilevate e contribuisce per il 27,5% al giro d’affari complessivo del paniere Immagino. Il marker dell’italianità più presente sulle etichette dei prodotti è la bandiera tricolore, che è stata rilevata su oltre 13 mila prodotti (15,5%) del totale che hanno realizzato oltre 5 miliardi di euro di sell-out, ossia il 16,0% del totale del paniere Immagino. Rispetto all’anno precedente, nel 2021 hanno perso il -1,3% del giro d’affari, zavorrati dalla contrazione del -3,8% della componente pull a cui si è rivolta una componente push in crescita annua del +2,5%.

Uova, mozzarelle, crescenze, surgelati vegetali e farine sono state tra le categorie in calo, soprattutto per l’effetto rimbalzo sulla domanda, dopo le crescite del 2020. Al contrario nel 2021 sono aumentati affettati, bevande base thè, pizze surgelate e avicunicoli di quarta lavorazione, in tutti i casi per un maggior utilizzo della bandiera italiana sulle confezioni. In flessione anche il business del “100% italiano”, che ha un’incidenza dell’8,0% sulla numerica rilevata e contribuisce per l’11,5% al valore complessivo delle vendite del paniere rilevato. Nel 2021 il giro d’affari dei 7.126 prodotti con questo claim in etichetta ha fatto registrare una flessione del -1,8%, attestandosi a 3,7 miliardi di euro.

Un risultato legato soprattutto al calo della domanda, arretrata del -7,0% rispetto al 2020, e a cui si è contrapposta la crescita del +5,3% dell’offerta. Tra i prodotti sono risultati in crescita merendine, affettati, avicunicoli di quarta lavorazione e latte Uht, mentre a calare sono stati mozzarelle, formaggi a pasta filata e uova. Terzo claim di questo paniere, sia per incidenza sulla numerica dei prodotti sia per valore delle vendite, è “prodotto in Italia”: nel 2021 le 6.748 referenze su cui è stato rilevato hanno realizzato 1,4 miliardi di euro di sell-out, in calo del -0,6% rispetto al 2020. A determinarlo è stato il calo dell’offerta, con la riduzione del -3,0% dell’uso del claim in etichetta.

Invece la domanda è risultata in aumento del +2,4%. Tra le categorie in crescita troviamo piatti pronti surgelati, pesce surgelato panato, uova di Pasqua, uva e verdure di quarta gamma. Tra quelle in calo affettati, paste filate e olio extravergine di oliva. La performance migliore del 2021 nel paniere dell’italianità l’hanno messa a segno gli oltre 4 mila prodotti che evidenziano in etichetta di aver ottenuto la Doc (Denominazione di origine controllata), la Dop (Denominazione di origine protetta) o la Docg (Denominazione di origine controllata e garantita): nell’arco di 12 mesi il loro giro d’affari è aumentato del +4,0% arrivando a 1,3 miliardi di euro. Un risultato a cui hanno contribuito sia la componente push (+2,2%) sia quella pull (+1,9%), entrambe in espansione. Scorporando i trend delle singole indicazioni europee, spicca il ruolo trainante della Docg, che ha ottenuto nell’anno un aumento del +13,2% del giro d’affari, arrivato a sfiorare i 291 milioni di euro. Molto forte la domanda (+7,7%) e dinamica l’offerta (+5,5%).

Decisamente sopra media anche il trend del paniere Doc (+6,4%), arrivato a 486 milioni di euro di sellout, spinto da un’offerta e da una domanda aumentate di circa tre punti percentuali. Tra le categorie in crescita di tutto il paniere Doc, Dop e Docg spiccano gli spumanti charmat secchi, gli spumanti classici e i vini; tra quelle in calo soprattutto i formaggi grana e simili, a cui si deve in gran parte il risultato annuo negativo del paniere Dop (-2,1%), che, penalizzato dalla contrazione sia della domanda sia dell’offerta, si è fermato a 567 milioni di euro di sell-out. Sostanzialmente stabili, invece, sono risultate le vendite dei 1.946 prodotti contrassegnati dalla Igp (Indicazione geografica protetta) o dalla Igt (Indicazione geografica tipica): nel 2021 hanno perso lo 0,3% del giro d’affari, ammontato a 594 milioni di euro. Verdure di quarta gamma, cipolle, patate e affettati sono stati i prodotti in crescita, mentre mele, pasta di semola e vini quelli in diminuzione.

Gli italiani e i prodotti healthy, i risultati dell’Osservatorio Immagino

Gli italiani hanno “fame” di ingredienti benefici: la nuova edizione dell’Osservatorio Immagino di GS1 Italy – lo studio semestrale che monitora i fenomeni di consumo nella GDO incrociando le informazioni sulle etichette dei prodotti digitalizzati dal servizio Immagino e i dati di NielsenIQ di venduto e consumo – ha, infatti, rilevato un aumento annuo di +3,5% della domanda di prodotti alimentari sulle cui etichette è segnalata la presenza di almeno uno dei 27 ingredienti healthy rilevati, appartenenti a sei famiglie: superfruit, spezie, semi, cereali speciali/farine, superfood, dolcificanti.

Per soddisfare questo desiderio i consumatori hanno avuto a disposizione un’ampia scelta a scaffale: in supermercati e ipermercati sono oltre 6 mila i prodotti che evidenziano la presenza di uno di questi 27 ingredienti benefici (dall’avena allo zenzero, dalla mandorla alla spirulina, dai semi di sesamo alla stevia) e in un anno hanno realizzato oltre 1,4 miliardi di euro di vendite (+3,1% annuo), incidendo per il 5,2% sul giro d’affari complessivo del paniere alimentare dell’Osservatorio Immagino.

L’analisi dei trend di vendita nei 12 mesi ha identificato i nuovi fenomeni del paniere della spesa healthy. Come il boom di spirulina (+49,0%) e canapa (+31,4%) e il successo di avocado, cocco, matcha e açai (con crescite attorno al +20%), ma anche il calo di goji (-17,6%), germe di grano, acqua di cocco e curcuma.

La classifica degli ingredienti benefici, con l’analisi completa del loro valore nel carrello della spesa e della sua evoluzione, è consultabile nell’undicesima edizione dell’Osservatorio Immagino, scaricabile gratuitamente dal sito osservatorioimmagino.it

Cresce il carrello della spesa sostenibile, lo studio di Osservatorio Immagino

La sostenibilità guida le scelte d’acquisto degli italiani, ma soprattutto permea le politiche delle aziende del largo consumo, che stanno affrontando su più fronti la “transizione ecologica” e lo comunicano sempre più spesso ai consumatori. È quel che emerge dalla nuova edizione dell’Osservatorio Immagino, che ha rilevato ben 35 indicazioni “green” leggibili sulle etichette di oltre 30 mila prodotti venduti in supermercati e ipermercati di tutta Italia. Un paniere significativo e multiforme, che ha superato gli 11,5 miliardi di euro di vendite, mettendo a segno un aumento di +3,2% rispetto ai 12 mesi precedenti e contribuendo per quasi il 30% al sell-out di tutto il paniere rilevato dall’Osservatorio Immagino.

«Questa crescita si deve all’aumento dell’offerta di prodotti dalle caratteristiche sostenibili, che rappresentano ormai il 23,9% delle 125.431 referenze monitorate in questa decima edizione dell’Osservatorio Immagino» spiega Marco Cuppini, research and communication director di GS1 Italy.

Ma come stanno cambiando i prodotti di largo consumo per diventare sempre più sostenibili? Su quali fronti si concentrano gli sforzi delle aziende? E come scelgono di comunicare queste innovazioni sulle etichette dei prodotti? Per rispondere a queste domande, da gennaio 2020, l’Osservatorio Immagino intercetta e individua tutti i claim e le certificazioni relativi allo sfaccettato mondo della sostenibilità, misurandone la presenza numerica a scaffale e l’andamento del sell-out.

«Rispetto alla prima rilevazione abbiamo visto crescere tutti gli indicatori: il numero dei claim presenti sulle etichette e gli aspetti su cui sono focalizzati, la numerica dei prodotti e il loro giro d’affari, e dunque l’incidenza dei prodotti sostenibili sul fronte della produzione, della distribuzione e dei consumi» prosegue Cuppini. «La sensazione, quindi, è quella di un’onda verde che sta modificando in modo rapido e pervasivo il mondo del largo consumo, alimentare e non, e che sta agendo su molti e diversi aspetti della filiera».

Per affrontare un mondo tanto sfaccettato e in rapida evoluzione, l’Osservatorio Immagino ha scelto di suddividere i claim “green” presenti sulle etichette dei prodotti di largo consumo in quattro aree tematiche:

Management sostenibile delle risorse: la più rilevante, con quasi il 10% dei prodotti e con una quota del 15,7% sul giro d’affari totale del paniere rilevato.

Agricoltura e allevamento sostenibili: accomuna il 2,3% dei prodotti che contribuiscono per il 4,0% al sell-out totale.

Responsabilità sociale: coinvolge quasi il 6% delle referenze e incide per quasi il 10% sulle vendite complessive.

Rispetto degli animali: è un valore espresso sul 10,6% dei prodotti rilevati, che rappresentano il 7,5% delle vendite totali.

Se complessivamente, nell’anno finito a giugno 2021, il mondo dei prodotti sostenibili ha registrato un aumento di +3,2% delle vendite, tre dei suoi quattro panieri hanno avuto un andamento sopra media, superiore a +5,5%, e solo quello dei prodotti ottenuti nel rispetto degli animali ha mostrato una crescita più tiepida (+1,4%).

Tra i 35 claim o certificazioni green individuati dall’Osservatorio Immagino in termini di numero di prodotti il più diffuso è Biologico/EU Organic (6,6% delle referenze), seguito dalla certificazione FSC (4,7%) e dalle indicazioni “sostenibilità” (2,6%) e “riciclabile” (2,3%).

In termini di performance, nell’arco dei 12 mesi rilevati, i claim che hanno messo a segno un maggior aumento del sell-out in supermercati e ipermercati sono stati il claim Mater-Bi (+48,0%), la certificazione Ok-Compost (+44,3%) e le indicazioni “compostabile” (+25,6%) e “senza antibiotici” (+17,8%).

Free from, una tendenza intramontabile

Il successo del “free from” si conferma una delle tendenze più importanti nel mondo alimentare italiano, anche al tempo della pandemia: in 12 mesi è cresciuto di +2,2% il giro d’affari dei prodotti food sulle cui etichette è specificata l’assenza di un ingrediente, di un additivo o di un nutriente. A rivelarlo è l’ultima edizione dell’Osservatorio Immagino di GS1 Italy, realizzato in collaborazione con Nielsen.

Al mondo del free from appartengono oltre 13 mila prodotti alimentari confezionati, venduti in supermercati e ipermercati italiani, che complessivamente muovono un giro d’affari annuo di 6,9 miliardi di euro, corrispondente al 25,4% del giro d’affari complessivo dei 73.590 prodotti alimentari monitorati dall’Osservatorio Immagino.

Questa crescita riguarda anche i claim utilizzati: l’Osservatorio Immagino è infatti arrivato a rilevare 17 indicazioni differenti (come “senza olio di palma”, “senza zuccheri aggiunti” e “senza OGM”) ed è la dinamica tra di essi a testimoniare la vivacità di questo fenomeno e la sua capacità di evolversi in linea con le nuove richieste e preferenze dei consumatori (Figura 1). Se la più diffusa delle indicazioni del free from resta il “senza conservanti” (presente sul 6,0% dei prodotti), quella che è maggiormente cresciuta nell’arco degli ultimi 12 mesi è stata “senza antibiotici”, che ha aumentato le vendite di +51,7%, anche se resta su valori assoluti ancora bassi (0,2% dei prodotti). Tra i claim emergenti l’Osservatorio Immagino ha evidenziato anche l’escalation dei prodotti “non fritti” (+8,7%), di quelli “senza aspartame” (+7,0%) e di quelli “senza lievito” (+2,0%). Mentre fanno capolino anche nuovi claim, come quelli relativi all’assenza di polifosfati, uova o latte.

Fonte: Osservatorio Immagino GS1 Italy, ed. 2, 2020

L’attenzione crescente verso la presenza nei prodotti alimentare dell’ingrediente latte è l’ultima evoluzione del fenomeno del “lactose free”, che continua ad andare a gonfie vele. In 12 mesi i prodotti presentati sulle etichette come “senza lattosio” hanno aumentato di +7,8% le vendite, arrivando a superare le 2 mila referenze per oltre 1,2 miliardi di euro di sell-out tra supermercati e ipermercati.

Anche il grande segmento del “gluten free” continua a crescere, come conferma l’Osservatorio Immagino che misura sia il claim “senza glutine” sia il marchio Spiga Barrata rilasciato dall’Associazione italiana celiachia (Aic). Nell’anno finito a giugno 2020 le vendite dei prodotti accompagnati dal claim “senza glutine” sono cresciute di +4,1% e quelle dei prodotti con il marchio dell’Aic di +2,7% su base annua.

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