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Allarme spreco: i dati della Fondazione Barilla

Lo spreco alimentare ha molte colpe: dai cambiamenti climatici, all’insicurezza alimentare fino alla carenza d’acqua. E in termini di spreco l’Italia è messa maluccio:  nel nostro paese, infatti, sprechiamo – secondo il Food Sustainability Index – in media ogni anno 65kg di cibo pro capite, una quantità che ci pone, in Europa, al 13° posto per quantità di cibo edibile che si perde a monte della filiera agro-alimentare e per sprechi durante le fasi di trasformazione, distribuzione e consumo. Ecco alcuni dei dati prodotti da Fondazione Barilla in occasione della Giornata Nazionale contro lo Spreco Alimentare.

E non basta: lo spreco alimentare si traduce anche in spreco di risorse naturali. La frutta e verdura che gettiamo ogni anno, per essere prodotta, ha richiesto oltre 73 milioni di metri cubi di acqua. Un’enormità, se si pensa che con la stessa quantità potremmo riempiere – giornalmente – 80 piscine olimpioniche o soddisfare il fabbisogno di acqua potabile di tutta la Lombardia per 18 giorni, del Lazio per 23 giorni, della Campania per 27 e, addirittura, della Puglia per 153. Più in generale, a livello globale, il cibo gettato ha un costo  pari a 2,6 trilioni di dollari l’anno; contribuisce ai cambiamenti climatici (generando l’8% delle emissioni annuali di gas serra), al sovrasfruttamento dei terreni (il 28% dei terreni disponibili al mondo è usato per produrre cibo che poi non viene consumato) e all’insicurezza alimentare nelle aree del mondo già a rischio di disuguaglianza sociale.

“I numeri dello spreco dimostrano che siamo davanti a un fenomeno drammatico che, a livello globale, ci allontana dagli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 dell’ONU. Per combatterlo servono politiche mirate, come successo con la Legge Gadda in Italia o con gli accordi volontari stipulati da autorità regionali – ad esempio quelle di Lazio, Puglia e Piemonte – o come fatto nel 2018 dal Ministero delle Politiche Agricole, che ha stanziato 700.000 euro per finanziare 14 progetti di ricerca dedicati a estendere la data di scadenza dei prodotto alimentari, migliorare l’uso di nuove tecnologie di imballaggio, sviluppare app e piattaforme digitali, recuperare le eccedenze alimentari all’interno di tutta la filiera e facilitare la distribuzione del cibo ai gruppi più vulnerabili della popolazione. In parallelo, servono però anche le iniziative dei privati, per sensibilizzare le persone sull’importanza di adottare diete sostenibili e combattere gli sprechi di cibo, spiega Anna Ruggerini, Direttore Operativo della Fondazione Barilla.

Quattro casi virtuosi

Per limitare lo spreco alimentare (e delle risorse della terra) serve dar vita a un cambiamento radicale dei nostri sistemi alimentari, partendo da azioni concrete. Eccone alcuni esempi:

  • A febbraio parte il progetto Su-Eatable Life, iniziativa triennale finanziata dalla Commissione EU e pensata per risparmiare circa 5.300 tonnellate di CO2 equivalente e circa 2 milioni di metri cubi d’acqua, relative al consumo di cibo in Europa. All’interno di mense aziendali e universitarie (in Italia e nel Regno Unito), verranno introdotti dei menù sostenibili. Fondazione Barilla è capofila del progetto.
  • La città di Milano ha dichiarato guerra allo spreco alimentare puntando, entro il 2030 a ridurlo del 50%. Già nel 2018, il Comune ha agevolato i privati, riducendo del 20% la tassazione per chi dona il cibo a enti benefici e permettendo di recuperare, in appena sei mesi, 840 tonnellate di cibo.
  • L’app Last Minute Sotto Casa, che mette in contatto gli utenti con i negozianti che, a poche ore della chiusura dei loro esercizi, vendono i prodotti ancora freschi, ma invenduti, con sconti fino al 50%. Un’iniziativa che, solo a Torino, ha ridotto gli sprechi mensili fino a 3 tonnellate.
  • Piattaforma REGUSTO che, oltre a rivolgersi al mondo della ristorazione, è utile alle amministrazioni comunali che intendono implementare e ottimizzare il recupero e la ridistribuzione delle eccedenze alimentari verso le fasce più deboli della popolazione, mettendo in contatto i “donatori” (supermercati, mense, industrie, ristoranti, ecc.), con gli operatori degli enti no-profit attrezzati per il recupero.

 

 

Spreco: un terzo dei pacchi spediti viaggia in scatole grandi il doppo del necessario

Una nuova frontiera nella lotta allo spreco guarda sempre più al packaging e alla logistica: oltre un terzo (per la precisione, il 34%) delle grandi aziende di commercio al dettaglio in tutto il mondo ammette che i loro prodotti vengono spediti in pacchi grandi il doppio del necessario. Lo ha rivelato una ricerca di DS Smith, che sottolinea la stupefacente quantità di “vuoto” spedito nel mondo a causa delle confezioni non ottimizzate.

Il rapporto, intitolato The Empty Space Economy (L’economia dello spazio vuoto), mostra che l’impatto ambientale stimato della spedizione di spazi vuoti è significativo, con almeno 122 milioni di tonnellate di CO2 emesse (inutilmente) ogni anno, pari alle emissioni annue di anidride carbonica di Belgio, Pakistan o Argentina.

Nonostante ci sia la possibilità di ridurre significativamente i costi di spedizione e le emissioni di CO2, sembra che i manager non considerino la riduzione gli spazi vuoti nel packaging come una priorità assoluta. Solo il 36% degli interpellati aveva condotto una verifica dello spazio vuoto nella confezione dei propri prodotti, e solo un terzo (34%) aveva preso in considerazione il passaggio a una soluzione di imballaggio più ottimizzata.

“La rimozione di ciò che è effettivamente “spazio vuoto” si tradurrebbe in miliardi di euro di potenziale risparmio nei costi di spedizione, che sono attualmente trasferiti al consumatore – ha dichiarato Alessandro Fulvi, DS Smith Packaging Marketing Director -. Con l’evolversi della maturità dell’acquirente di e-commerce, non è più accettabile limitarsi a consegnare le merci in tempo e senza danni. L’imballaggio in eccesso e lo spazio vuoto all’interno di un cartone consegnato frustrano il consumatore e creano un’esperienza negativa del marchio”.

“La chiave, come tutto ciò che è legato alla catena logistica, è quella di guardare la sfida in modo olistico. È necessario concentrarsi maggiormente sull’ottimizzazione della confezione del prodotto presso la fonte di produzione e, successivamente, a livello di centro di evasione ordini”.

DS Smith ha sviluppato “Made2Fit”, un sistema di confezionamento automatizzato che elimina lo spazio vuoto e riduce significativamente i movimenti del prodotto che possono causare danni.

È possibile scaricare l’intero rapporto a questo indirizzo: https://www.strategic-packaging.com/download-whitepaper-the-empty-space-economy

Europa sprecona: il 29% dell’ortofrutta acquistata finisce nella spazzatura

Sono preoccupanti ma danno un crudo quadro della questione gli ultimi dati diramati dal JRC, il centro di studi scientifici interno alla Ue, sullo spreco dell’ortofrutta: secondo un articolo pubblicato di recente le famiglie dell’Unione europea generano circa 35,3 chilogrammi di rifiuti di frutta e verdura freschi per persona all’anno, 14,2 chilogrammi (circa un terzo) dei quali sarebbero evitabili.

Numeri in linea con i dati dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, che stima che circa un terzo del cibo prodotto a livello mondiale per il consumo umano venga sprecato.

I livelli di spreco maggiore riguarderebbe in particolare proprio frutta e verdura fresche, che contribuiscono a quasi il 50% degli sprechi alimentari generati dalle famiglie dell’UE. Ciò è prevedibile dato che costituiscono circa un terzo degli acquisti alimentari totali, parte della loro massa è immangiabile (ad esempio certi tipi di buccia) e sono altamente deperibili, ma anche prodotti relativamente economici.

Tuttavia, lo studio del JRC ha rilevato che i rifiuti evitabili potrebbero essere ridotti applicando strategie di prevenzione mirate e che i rifiuti inevitabili (parti non commestibili del prodotto) potrebbero essere gestiti in modo molto più sostenibile a livello della produzione e riciclato per essere usati nell’economia circolare.

I risultati di questo studio hanno implicazioni per le politiche sia sulla prevenzione sia sulla gestione dei rifiuti alimentari domestici. Il modello proposto può aiutare a stabilire le prassi di base e le differenze nella generazione di rifiuti tra Paesi, studiare gli effetti dei diversi modelli di consumo sulla generazione di rifiuti e stimare il potenziale di riutilizzo di rifiuti inevitabili in altri sistemi di produzione, che è di grande interesse da una prospettiva di economia circolare. Ma ha anche potenziali applicazioni più ampie, nella stima dei rifiuti generati da altri prodotti domestici.

 

Rifiuti evitabili e inevitabili: non tutti sprecano allo stesso modo

Gli autori hanno creato un modello per stimare la quantità di rifiuti domestici evitabili e inevitabili costituiti da frutta e verdura fresca prodotta dalle famiglie dell’UE. Il punto di partenza sono stati i rifiuti inevitabili (rifiuti derivanti da preparazione o consumo di cibo che non sono, e non sono mai stati, commestibili in circostanze normali) e rifiuti evitabili (cibo buttato via che era, ad un certo punto prima dello smaltimento, commestibile) calcolato per 51 tipi di rifiuti di frutta e verdura fresche in sei Paesi dell’UE (Germania, Spagna, Danimarca, Paesi Bassi, Finlandia e Regno Unito) per il 2010, e la quantità di frutta fresca e verdura fresca acquistate, consumate e sprecate (rifiuti evitabili e inevitabili) nel Regno Unito, in Germania e in Danimarca nel 2010. Le cifre sono state utilizzate per stimare gli sprechi inevitabili ed evitabili generati dalle famiglie dell’UE dal consumo di frutta e verdura fresca.

Secondo lo studio, ogni anno nell’UE si producono pro capite 21,1 chilogrammi di rifiuti inevitabili e 14,2 chilogrammi di rifiuti evitabili. In media, il 29% (35,3 chilogrami per persona) di frutta e verdura fresca acquistata dalle famiglie nell’UE-28 è sprecato, il 12% (14,2 choilogrammi) del quale era evitabile.

Gli autori hanno riscontrato grandi differenze nei rifiuti evitabili e inevitabili generati dai diversi Paesi a causa dei diversi livelli di comportamenti dispendiosi (legati a fattori culturali ed economici) e di diversi modelli di consumo (che influenzano la quantità di rifiuti inevitabili generati).

Ad esempio, sebbene gli acquisti di verdure fresche siano più bassi nel Regno Unito che in Germania, la quantità di rifiuti inevitabili generati pro-capite è quasi la stessa, mentre la quantità di rifiuti evitabili è più alta nel Regno Unito. Si è scoperto che i Paesi i cui cittadini spendono una percentuale maggiore del loro reddito per il cibo generano rifiuti meno evitabili.

Circa 88 milioni di tonnellate di cibo sono sprecate ogni anno nell’UE, con costi associati stimati a 143 miliardi di euro.

Proposta sconveniente: a Melbourne il supermercato dove paghi ciò che puoi

Allude ai convenience store ma mette subito in chiaro la sua diversità l’Inconvenience Store di Melbourne, Australia, un nuovo supermercato creato con in mente non tanto la convenienza, quanto la lotta allo spreco alimentare e i problemi delle fasce sociali svantaggiate che avanzano che nelle nostre, tecnologicamente avanzatissime società.

I prodotti in vendita – spesso vicini alla scadenza – non riguardano tanto scatolette e cibi confezionati. Si tratta piuttosto di verdure fresche, pane gourmet, sottaceti, conserve, marmellate, salse, erbe e condimenti. Tutti salvati, raccolti, smistati, refrigerati e conservati da volontari,  vengono pagano secondo disponibilità o volontà, oppure non si pagano per nulla. La provenienza? Anche alcuni supermercati cittadini come Coles e Aldi, e il mercato rionale. L’ortofrutta, del resto, è spesso l’ultimo dei pensieri per chi è in difficoltà economiche, e privilegia cibi in scatola o confezionati, o direttamente si rivolge a junk food di basso prezzo, con conseguenze devastanti per la salute.

Aperto all’inizio di luglio, l’Inconvenience store di Melbourne è il secondo punto vendita del genere in Australia dopo l’OzMarket Harvest di Sidney, ed è un’iniziativa della società non profit Lentil as Anything che ha anche una serie di ristoranti (compreso uno di fianco al nuovo supermercato). La missione? “Fornire cibo senza confini di razza o stato socioeconomico. Vogliamo rimuovere i confini nella società tramite il volontariato e opportunità di lavoro per le persone provenienti da diversi contesti, compresi quelli che sono stati emarginati. I nostri ristoranti non hanno prezzi fissi e tutti sono invitati a venire a unirsi a noi per un pasto. Mangia, conosci ciò che la comunità ha da offrire e paga come ti senti in uno dei box appositi: il ricavato è la nostra unica fonte di reddito”.

Anche la plastica non è gradita: segnalate le alternative.

Lentil as Anything gestisce al momento quattro ristoranti e un servizio di catering in Australia, ognuno con la propria storia, la propria cultura e la propria cucina. In comune hanno standard elevati delle materie prime, servizio e cultura.

Il personale è per lo più volontario, “membri della comunità che sono appassionati di cibo, cultura e comunità come lo siamo noi”. Alcuni membri, come chef e gestori di ristoranti, hanno iniziato facendo volontariato nel tempo libero. Ai sottoccupati, ai senzatetto, ai rifugiati e ai diseredati viene data pari opportunità di acquisire abilità e aiutare i loro simili.

L’Inconvenience store nello slang urbano sta ad indicare un supemercatino lasciato andare, con orari fluttuanti, personale sgarbato e scaffali semivuoti e che magari vende pure Dvd illegali. L’Inconvenience store di Melbourne vuole ribaltare la prospettiva. Proponendo un approccio totalmente nuovo.

Come dice Astrid Ryan, coordinatore del progetto., “Per le persone appassionate dell’ambiente e la riduzione degli sprechi alimentari, fare shopping presso The Inconvenience Store è un atto di attivismo sociale. Ogni prodotto alimentare portato a casa è un quantitativo di CO2 in meno che si aggiunge alla discarica, e ogni dollaro versato contribuirà direttamente a un ente di beneficenza di soccorso alimentare gestito dalla comunità e da volontari. Invitiamo a fare acquisti consapevoli e ad essere parte della soluzione”.

Coop contro lo spreco, +15% di alimenti donati e un portale dedicato all’economia circolare

Fa i conti di sei anni di impegno nella lotta allo spreco alimentare Coop, in vista della  Giornata nazionale contro lo spreco alimentare prevista per il 5 febbraio: 6mila tonnellate di derrate donate (+15% rispetto all’anno precedente) e il progetto www.coopnospreco.it, il portale e web community partiti a dicembre. Obiettivo: coinvolgere nell’economia circolare consumatori, associazioni, scuola, Pmi ed enti locali diffondendo buone pratiche, consigli ma anche creando veri e propri scambi di prodotti soprattutto non alimentari (abiti, giocattoli, elettrodomestici) con la logica che prima di buttare si può riutilizzare facendo incontrare domanda e offerta. I primi risultati in poco più di un mese di attività sono incoraggianti: 440.000 accessi al portale, 110.000 alla web community e più di 600 app installate.

Con il programma “Meno Spreco, Più Solidarietà” Coop intende prevenire e ridurre la formazione delle eccedenze alimentari e donare la quota che inevitabilmente si genera nel processo distributivo.

 

Sette milioni di pasti donati nel 2016

L’incidenza media in Coop delle eccedenze alimentari è sostanzialmente dimezzata rispetto a quella registrata dal resto della Gdo, come dimostra il “Libro Bianco Coop sullo Spreco Alimentare”, una ricerca che coinvolge le sette maggiori cooperative di consumatori italiane e due cooperative medie, che rappresentano complessivamente oltre il 95% delle vendite totali Coop in Italia. Nove Coop che nel 2016 tramite il progetto “Buon Fine” hanno donato, attraverso il 75% dei propri punti di vendita, 6mila tonnellate di derrate alimentari in grado di generare 7 milioni di pasti, per un valore pari a 28 milioni di euro, a 943 associazioni di volontariato e caritative.

Le donazioni Coop sono cresciute del 15% rispetto all’anno precedente anche grazie alle semplificazioni amministrative e all’estensione della rete dei soggetti beneficiari prevista dalla Legge Gadda, entrata in vigore nel settembre 2016. Dal confronto con altre catene distributive, il “Libro Bianco” evidenzia che Coop dona sei volte tanto il proprio concorrente più virtuoso.

L’80% delle donazioni interessa prodotti freschi e freschissimi: Coop ha ideato un meccanismo “a km zero” nel quale direttamente dal punto vendita si raggiunge, attraverso una rete capillare di associazioni coinvolte e grazie al lavoro congiunto di dipendenti e soci, la destinazione individuata (mensa, ostello o quant’altro). Una sorta di rete di protezione diversa da territorio a territorio e capace comunque di dar vita a un’importante operazione di inclusione sociale.
Oltre alle donazioni, Coop ha venduto, nel 2016, a prezzo mediamente dimezzato, prodotti buoni e sani, prossimi alla data di scadenza o a fine giornata per un valore superiore ai 23 milioni di euro.

 

Un portale per promuovere (e praticare) l’economia circolare

Lo scorso dicembre Coop ha deciso di aggiungere un altro tassello alla sua strategia anti spreco, lanciando l’app e il portale coop no spreco. Ideato per divulgare e incentivare la lotta allo spreco alimentare in casa e fuori casa e per favorire le donazioni dell’invenduto, il portale ha avuto fino ad ora 440.000 accessi, mentre sono oltre 600 le app installate.

Il sito presenta un ricettario degli avanzi e una serie di tutorial virtuali che permettono di esplorare i sette ambienti presenti (casa, orto, scuola, ristorante, farmacia, supermercato, associazioni di solidarietà) e scoprire come ridurre nel quotidiano e con pochi piccoli accorgimenti gli sprechi di cibo, di prodotti per l’igiene e di farmaci, scegliendo le soluzioni più adatte per sé e per la propria famiglia. 

Particolarmente interessante è la web community, un luogo dove tutti possono condividere i propri annunci per donare o ricevere eccedenze alimentari, promuovere progetti ed eventi dedicati alla lotta allo spreco o creare comunità di scambio sul territorio

Gdo e riduzione dello spreco, Gruppo Gabrielli premiato da Legambiente Marche

Uno spreco alimentare non più sostenibile: per questo anche nella Gdo si moltiplicano le azioni per ridurlo, e su questo fronte il Gruppo Gabrielli ha ottenuto un importante riconoscimento da Legambiente Marche per la sua pluriennale collaborazione con Banco Alimentare. Ideato in occasione della IV edizione di “Ridurre si può nelle Marche”, il premio intende valorizzare le migliori realtà del territorio per la riduzione e prevenzione della produzione di rifiuti e dello spreco alimentare. Ufficializzato lo scorso dicembre in occasione della prima edizione dell’”Ecoforum Marche – l’economia circolare dei rifiuti”, la consegna ufficiale del riconoscimento è avvenuta lunedì 29 gennaio presso la sede del Gruppo Gabrielli a Monticelli Ascoli Piceno per mano della Presidente Legambiente Marche Francesca Pulcini.

«All’interno del primo Ecoforum delle Marche abbiamo anche premiato le esperienze che si sono distinte in quest’ultimo anno per la prevenzione della produzione dei rifiuti all’interno del bando “Ridurre si può nelle Marche” – ha sottolineato Francesca Pulcini -.  Tra questi abbiamo riconosciuto una menzione speciale al Gruppo Gabrielli, per l’impegno che da anni porta avanti con il Banco Alimentare nella prevenzione della produzione di spreco alimentare, che è sia una questione ambientale, ma anche e soprattutto etica e sociale molto importante di cui essere orgogliosi. Per Legambiente questa buona pratica è stata straordinaria, per questo abbiamo deciso di raccontarla e premiarla, e ci auguriamo possa essere da esempio per chiunque voglia seguire questa strada».

Dal 2010 infatti, è in essere un accordo con il Banco Alimentare in base al quale vengono distribuite quotidianamente le eccedenze dei punti di vendita non più vendibili per motivi commerciali ma ancora perfettamente edibili da un punto di vista organolettico.

«Accogliamo con grande piacere questo riconoscimento – ha detto Barbara Gabrielli, vicepresidente del Gruppo – in quanto è uno stimolo a continuare nell’impegno preso con il Banco Alimentare in favore di chi grava in una situazione di bisogno e nel contempo ci vede in prima linea nella lotta allo spreco alimentare che per noi è una priorità al pari di quella ambientale».

Meno spreco, più solidarietà (con qualche incentivo): nasce LIFE-Food.Waste.StandUp

Un protocollo d’intesa per incentivare le donazioni di prodotti alimentari verso le persone bisognose: è “LIFE-Food.Waste.StandUp”, progetto di filiera coordinato da Federalimentare in partenariato con Federdistribuzione, Fondazione Banco Alimentare Onlus e Unione Nazionale Consumatori, è co-finanziato dalla Commissione Europea nel quadro del programma per l’ambiente e l’azione per il clima (LIFE 2014-2020). Si tratta di una campagna di comunicazione e sensibilizzazione contro lo spreco alimentare e in favore dell’aumento delle donazioni che parte dall’industria, passa per la distribuzione e arriva ai consumatori. Il progetto è stato presentato venerdì presso il Belvedere di Palazzo Lombardia alla presenza dell’assessore all’Ambiente, Energia e Sviluppo sostenibile Regione Lombardia Claudia Maria Terzi e dell’On. Maria Chiara Gadda, prima firmataria della recente legge contro lo spreco alimentare.

Su iniziativa di Federdistribuzione è stato inoltre sottoscritto un protocollo d’intesa con la Regione, siglato anche dagli altri partner di LIFE-Food.Waste.Stand.Up, finalizzato a sviluppare una serie di attività volte ad aumentare e rendere più agevoli, per le aziende che operano sul territorio lombardo, le donazioni di prodotti alimentari in favore delle persone indigenti. Un’iniziativa che dovrebbe portare a una riduzione dei quantitativi di rifiuti prodotti e, di conseguenza, alla diminuzione dei relativi costi economici, sociali ed ambientali di smaltimento, prevedendo anche l’introduzione di un concetto di premialità per i soggetti economici che facciano donazioni, come ad esempio la riduzione della tassa sui rifiuti, così come esplicitamente previsto dalla legge 166/2016.

In Italia ogni anno vengono prodotte circa 5,6 milioni di tonnellate di eccedenze alimentari (dati Politecnico di Milano). Di queste solo l’8,6% è recuperato attraverso donazioni alle persone bisognose. Il resto è buttato: 12,6 miliardi di euro, il 15,4% del totale dei consumi alimentari.

«Numeri impressionanti – ha dichiarato Giovanni Cobolli Gigli, Presidente di Federdistribuzione – che vanno imputati a tutti gli attori della filiera: produzione, industria di trasformazione, distribuzione e consumatori, a cui spetta la parte più rilevante dello spreco. Da anni ormai le imprese della Distribuzione sono impegnate in programmi di recupero delle eccedenze con accordi con Onlus e associazioni caritatevoli, tuttavia siamo convinti che si possa fare ancora di più. Ed è per questo che la nostra Federazione ha aderito al progetto LIFE-Food.Waste.StandUp, perché crediamo che solo attraverso il coinvolgimento di tutti i soggetti della filiera si possano ottenere risultati importanti».

L’On. Maria Chiara Gadda ha fornito i risultati della legge“antisprechi” 166/2016 a un anno dalla sua approvazione: sono state sottratte allo spreco e destinate per solidarietá sociale migliaia di tonnellate di cibo con una media nazionale di incremento del 20% rispetto all’anno precedente e con punte di eccellenza soprattutto nelle Regioni del centro e nord Italia. Allo stesso tempo, si è ampliata la qualità dei prodotti recuperati e si sono attivati progetti in luoghi prima impensabili (navi da crociera, banchetti o eventi sportivi). «Ciò dimostra quanto ci fosse davvero bisogno di una norma nazionale in grado di mettere a sistema i diversi attori coinvolti e definire un quadro estremamente semplificato assieme ad agevolazioni di tipo fiscale. È anche grazie a questa legge che molte Regioni e Comuni hanno avuto l’opportunità di avviare nuovi bandi e iniziative sul tema dello spreco alimentare» ha concluso Gadda.

Lotta allo spreco, Froodly avvisa quando il cibo è vicino alla scadenza (e in promo)

Una delle vie maestre per combattere lo spreco alimentare è, come appare sempre più chiaro, la tecnologia e in particolare le app. Dalla Finlandia ne arriva una che incrocia consapevolezza ambientale del consumatore, voglia di risparmio ma anche interattività e coinvolgimento con l0utente finale: si chiama Froodly e, semplicemente, avvisa l’utente dentro il supermercato quando c’è un’offerta su un cibo che si avvicina alla scadenza. Non solo: l’app dà la possibilità a chiunque di segnalare un prodotto in promozione perché prossimo alla scadenza, semplicemente scattando una foto, e naturalmente promette un “premio”: un caffè o cibo gratis da uno delle insegne o locali “partner” dell’iniziativa.

Il sistema è molto semplice e immediato, e ha la doppia valenza di informare i clienti sulle offerte di prodotti scontati nel mare magnum di etichette e fogliettini e farlo sentire parte della lotta allo spreco evitando che alimenti ancora buoni vadano al macero, ma aiuta anche l’insegna a liberare gli scaffali da prodotti che “scottano” perché presto dovranno essere rimossi.

È sufficiente che il negoziante o anche un cliente facciano una foto del prodotto inseriscano l’ammontare dello sconto e chi si trova nella zona del punto vendita riceverà una notifica sul telefonino. Gli sconti tipicamente variano dal 30 al 70%.

Disponibile per Ios e Android, l’app per ora è disponibile solo per il mercato finlandese.

 

LIFE-Food Waste StandUp, al via a gennaio la campagna antispreco per tutta la filiera

Si chiama LIFE-Food Waste StandUp la campagna di comunicazione e sensibilizzazione contro lo spreco alimentare e in favore delle donazioni presentato al ministero delle politiche Agricole Alimentari e Forestali alla presenza del ministro Maurizio Martina, e che per la prima volta coinvolge l’intera filiera: produttori, distributori, venditori e consumatori. Un progetto la cui partenza è prevista per il gennaio 2017, cofinanziato dalla Commissione europea nell’ambito del programma per l’azione per il clima LIFE 2014-2020 e che vanta un partenariato di filiera composto da Federalimentare come capofila e da Federdistribuzione, Fondazione Banco Alimentare e Unione Nazionale Consumatori.

Lo scopo è quello di prevenire e ridurre lo spreco alimentare e recuperare le eccedenze. Per raggiungerlo sono tre i target strategici destinatari della intensa campagna di sensibilizzazione: imprese di produzione agroalimentare, imprese della Gdo e consumatori. Il progetto mira a coinvolgere circa 20mila imprese agroalimentari, 12mila punti vendita diretti e in franchising e 500mila consumatori che dovranno diffondere informazioni e modelli per la gestione delle eccedenze alimentari a 200mila imprese europee, formare almeno 200 aziende agroalimentari e 65 aziende della Gdo sulle procedure di donazione e di gestione delle eccedenze e attivare 59 infopoint in altrettante città di 15 regioni italiane a disposizione dei consumatori.

Secondo i dati della Fao, nel mondo ogni anno vanno sprecati 1,3 miliardi di tonnellate di cibo per un valore di oltre 2mila miliardi di euro, pari a circa un terzo dell’intera produzione mondiale. E non sono solo i Paesi sviluppati a riempire le pattumiere: la quantità di alimenti gettati via nei Paesi in via di sviluppo (630 milioni di tonnellate) è quasi pari a quella che viene buttata nei Paesi industrializzati (680 milioni di tonnellate). L’Italia si colloca, con 12,6 miliardi di euro di cibo gettato via, a metà della classifica europea dello spreco, che vede nel poco onorevole ruolo di capolista i Paesi Bassi e all’ultimo posto, Paese quindi più virtuoso, la Grecia.

Molto importante il ruolo nel Progetto LIFE-Food Waste StandUp della distribuzione. «La realizzazione di un progetto di filiera sul tema della lotta allo spreco e del recupero delle eccedenze alimentari – dice Giovanni Cobolli Gigli, presidente di Federdistribuzione – è un fatto di grande rilievo. Insieme agli altri partner potremo avere una forza d’urto significativa per stimolare comportamenti virtuosi nel mondo delle imprese e dei consumatori, con impatti positivi sulla società e sull’ambiente. La recente legge approvata dal Parlamento crea un contesto più favorevole a un aumento delle donazioni: sarà compito di Federdistribuzione sensibilizzare ulteriormente il settore della distribuzione, consapevole e già impegnato in iniziative concrete». Secondo Cobolli Gigli è necessario lavorare “in ogni regione d’Italia affinché si possano intraprendere in modo ancora più convinto azioni per dare una seconda vita a prodotti alimentari perfettamente commestibili. Nell’ambito del progetto LIFE gireremo tutto il Paese per parlare alle amministrazioni locali e per aprire nuove collaborazioni tra le nostre imprese e le istituzioni del territorio, con l’obiettivo di contribuire, attraverso le donazioni, a migliorare le condizioni delle persone che si trovano in situazioni di bisogno e ridurre l’impatto sull’ambiente attraverso un utilizzo sostenibile delle risorse”.

Per il ministro Martina l’Italia “si riconferma protagonista della lotta allo spreco alimentare e alla guida di un progetto sperimentale virtuoso che vede un gioco di squadra importantissimo”. Il ministro ricorda l’esempio positivo di Expo e intravede un traguardo molto simbolico: «Siamo sempre più vicini all’obiettivo di recuperare un milione di tonnellate di cibo distribuito a chi ne ha bisogno grazie al prezioso aiuto degli enti caritativi».

«Una delle principali eredità che Expo ha lasciato al mondo è la riacquisita sacralità del cibo – fa notare Luigi Scordamaglia, presidente di Federalimentare – e anche se nello stadio della trasformazione industriale l’eccedenza pesa solo per il 3% del totale, la lotta allo spreco è una priorità assoluta per l’industria alimentare italiana». E se Andrea Giussani, presidente del Banco Alimentare, si dice “molto contento di far parte di questa squadra e di mettere a disposizione tutte le nostre competenze per lavorare al meglio nei prossimi tre anni con i nostri partner”, Massimiliano Dona, segretario generale dell’Unione Nazionale Consumatori, pensa che “solo con una grande alleanza tra chi produce, vende e consuma si potrà vincere la sfida agli sprechi alimentari”.

Per saperne di più sulla legge antispreco:

Spreco alimentare, entra in vigore la legge che aiuta a donare

 

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Lotta allo spreco e Gdo: cosa stanno facendo le insegne in Europa

Lotta allo spreco, Carrefour premia i fornitori “virtuosi”

Nella lotta allo spreco incentivata anche dalla recentissima legge dello Stato (vedi Spreco alimentare, entra in vigore la legge che aiuta a donare), Carrefour Italia scende in campo con la seconda edizione di “La Grande Sfida dei Fornitori contro lo spreco alimentare”, programma di CRS volto a premiare i fornitori che si sono distinti per l’efficacia delle loro politiche di prevenzione, il riutilizzo, il recupero e la ridistribuzione dei prodotti alimentari.

Patrocinato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, il progetto intende valorizzare e premiare le buone pratiche legate alla sostenibilità, motivando i propri fornitori alla continua ricerca di soluzioni per la riduzione di tutte le forme di spreco delle risorse e degli alimenti.

I progetti sono stati valutati da Fedabo, società indipendente leader nella consulenza per l’energia, che ne ha giudicato l’efficacia e la portata innovativa in rapporto ai settori di appartenenza. Sulla base di questi elementi è stata poi stilata la classifica con le cinque aziende più virtuose (i fornitori di Carrefour Italia sono 650), ognuna in uno specifico ambito. Ogni progetto è stato poi valutato da una giuria che ha contribuito a selezionare il fornitore vincitore fra la rosa di candidati individuati dalla società Fedabo, che è risultato essere la Dial S.r.l. di Pergine Valsugana, per l’innovazione tecnologica implementata nella valorizzazione dei sottoprodotti.

I cinque hanno ottenuto il riconoscimento sono:

1)     Antonio Ruggiero S.p.A. – Sabaudia

Premio di categoria RECUPERO E RIUTILIZZO: Creazione di mercati alternativi

L’azienda, attiva da oltre 120 anni nella lavorazione di patate e cipolle di qualità, da anni destina parte dei sottoprodotti alla produzione di biogas ed energia; il progetto “Belle nel cuore” ha permesso di creare un destino virtuoso per i prodotti che non rispondono ai capitolati di fornitura, facendo acquistare nuovo valore a quei prodotti che presentano a livello estetico delle difettosità o imperfezioni. Quello che normalmente viene inteso come scarto, viene utilizzato e distribuito sul mercato ad un prezzo più conveniente per il consumatore, contribuendo al risparmio delle risorse investite nella filiera produttiva.

2)     C.I.C.O. SOC. COOP. AGRICOLA – Ferrara

Premio categoria REDISTRIBUZIONE: Donazioni e relazioni con il territorio

Società consorzio di cooperative fondata nel 1997, le cui aziende associate producono frutta e verdura. CICO si impegna da sempre a destinare i prodotti che non trovano una collocazione commerciale in diversi impieghi alternativi, come la produzione di fertilizzante agricolo e la donazione verso organizzazioni no profit. Nel 2006 si è avviato un progetto mirato a rinforzare il legame con il territorio, ed è nato “Non sprecare per aiutare”, con la donazione di generi alimentari ad un asilo nido e una scuola materna della zona. I prodotti agricoli forniti sono surplus produttivi presentano caratteristiche di qualità conformi e sono confezionati in imballi di linee commerciali non più uso.

3)     Dial S.r.l. di Pergine Valsugana – Trento

Vincitore assoluto e vincitore del premio di categoria RECUPERO E RIUTILIZZO: Innovazione tecnologica per la valorizzazione dei sottoprodotti

Piccola impresa trentina che occupa 40 collaboratori, attiva nella lavorazione dei funghi e nella realizzazione di prodotti derivati. Nel 2011 DIAL ha avviato un progetto di ricerca con l’università di Bologna al fine di sviluppare un processo innovativo per la valorizzare dei sottoprodotti della lavorazione dei funghi secchi. Il risultato della collaborazione è la creazione di una nuova linea di creme ad alto valore di servizio a base di funghi porcini chiamata “Fior di Fungo”. Per ottenere ciò, l’azienda ha sviluppato una nuova linea di essiccazione per il recupero totale della materia prima destinata all’alimentazione del nuovo impianto di produzione automatico per la linea dei pronti all’uso.

4)     OROGEL Soc. Coop. Agricola – Cesena

Premio di categoria PREVENZIONE: per l’innovazione tecnologica implementata nella riduzione degli scarti

Azienda nata nel 1969, conta ad oggi oltre 800 dipendenti ed è attiva nella lavorazione di prodotti ortofrutticoli. Tra le pratiche implementate per la riduzione degli sprechi, l’azienda si è concentrata sulla riduzione dei sottoprodotti della lavorazione di vegetali grazie all’innovazione tecnologica nelle fasi di cernita del prodotto. La selezione è infatti diventata più mirata grazie allo sviluppo di cernitrici a telecamere e a raggi laser; tecnologie che hanno portato ad una maggior capacità di individuare e scartare i corpi estranei riducendo la precedente perdita di prodotto conforme per errato scarto. Le prime sperimentazioni su macchine cernitrici automatiche sono iniziate nel 2009 testando diversi modelli e fornitori: oggi questa tecnologia è utilizzata su tutti i vegetali lavorati in azienda, ma anche sui prodotti miscelati, come il minestrone.

 5)     Spalla Mauro srl – Alessandria

Premio di categoria REDISTRIBUZIONE: Utilizzo alternativo degli scarti alimentari

Piccola azienda in provincia di Alessandria attiva nella lavorazione e nel confezionamento di prodotti ortofrutticoli, ha presentato un progetto che riguarda in particolare la produzione di carote. I prodotti che non possono essere utilizzati per il consumo umano, dopo una selezione manuale che porta a suddividerle in prima, seconda e terza categoria, vengono separati per un loro riutilizzo per consumo animale. La rete creata da questo progetto coinvolge 260 maneggi, che permettono attualmente di aumentare il personale lavorativo impiegato e di coprire il 100% degli scarti di lavorazione.

Dalla prevenzione alla donazione, le “buone pratiche” di Carrefour

L’insegna francese tre anni fa ha creato un team, il Comitato Anti Demarque Carrefour Italia, completamente dedicato alla revisione e al miglioramento dei flussi aziendali per combattere lo spreco del cibo, ottenendo una riduzione progressiva degli sprechi. Ad esempio, durante il primo semestre 2016 , in tutti i punti vendita della rete Carrefour Italia sono state recuperate oltre 180 tonnellate in più rispetto allo stesso periodo del 2015, nel solo settore dei prodotti freschi.

Tra le attività attivate per combattere lo spreco alimentare e per ridurre al minimo i rifiuti destinati alla discarica dall’insegna ci sono:

  • La storica collaborazione con il Banco alimentare per la donazione. Nel 2015 sono stati donati da Carrefour in Italia oltre 660 tonnellate di cibo.
  • La revisione dei processi di riordino, introduzione di tecnologie per riordino automatico e revisione dei tempi che intercorrono tra l’ordine e la consegna a punto di vendita per consentire di effettuare gli ordini sulla base di quanto effettivamente venduto.
  • Il controllo rigoroso dello stock di deposito e di punto di vendita e dei dati di invenduto.
  • La revisione degli spazi espositivi e degli assortimenti e, in collaborazione con i fornitori, degli imballi e delle pezzature dei prodotti esposti per ridurre gli sprechi sia a livello di punto di vendita che presso i consumatori finali. La revisione degli assortimenti ha preso in considerazione anche una diversa gestione dei reparti freschi in funzione delle stagionalità e del clima.
  • Piano di formazione degli addetti finalizzato alla diffusione delle buone pratiche di gestione e di lavorazione degli alimenti
  • Chiusura banchi frigoriferi per migliorare ulteriormente le condizioni di conservazione dei prodotti deperibili.
  • Attività promozionali e tagli prezzi per consentire la vendita di prodotti a rischio (ad esempio prossimi alla scadenza)
  • Valorizzazione di prodotti commestibili ma non commercializzabili tal quali (ad esempio vendita di pane secco, produzione di pane grattugiato, frutta per macedonia, produzioni interne)

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