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Tesco in Uk parte con la consegna della spesa in un’ora (senza Amazon)

È senz’altro una sfida quella lanciata da Tesco, insegna britannica tre le “Big 4” (insieme a Sainsburys, Morrison e Asda), che ha lanciato il servizio di consegna della spesa in un’ora in tutto il Regno Unito. Un servizio certo non semplice da assicurare ma che finora però ha permesso ad Amazon di guadagnare parecchie posizioni nella grande sfida dell’online con i supermercati tradizionali, costretti in qualche modo ad inseguire.

Il servizio, partito a Londra nel 2014, sarà disponibile ora in 300 punti vendita in grado di coprire il 99% delle famiglie, e rendendo l’insegna il primo retailer ad offrire un simile servizio su suolo britannico. Il costo va dalle 3 alle 8 sterline (dai 3,35 agli 8,90 euro) ma in una prima fase sarà gratuito per i membri del programma online di Tesco, non c’è limite al numero di articoli che si possono ordinare. Le consegne in giornata sono sempre più richieste e dall’inizio dell’anno Tesco ha visto un aumento del 18%. Il servizio si unisce all’estensione del programma click and collect che ora è disponibile 300 punti vendita.

Secondo Adrian Letts, managing director di Tesco Online, “I clienti vogliono avere la spesa consegnata velocemente e convenientemente e con il nostro servizio possono ordinare all’ora di pranzo e avere consegnata la spesa per ora di cena. abbiamo visto che il servizio nel tempo ha acquistato in popolarità da quanto l’abbiamo lanciato a Londra e poi nel sud-est dell’Inghilterra e siamo contenti di averlo ora esteso a tutti i nostri clienti”. In realtà, per coprire l’intero territorio nazionale, bisognerà aspettare fino a fine agosto.

Tesco anti-spreco: dallo yogurt con frutta rovinata al recupero totale dai pdv entro il 2017

Frutta rovinata, frutta brutta, buona nel gusto ma “fuori dagli standard”, che non ha passato per vari motivi (maltempo, o semplicemente di dimensioni o forme fuori dai parametri) il test per renderla adatta alla vendita. Per anni questa frutta o verdura è stata sprecata. Oggi grazie ai movimenti anti-spreco sono varie le iniziative delle insegne per recuperarla. Questa di Tesco però è la prima iniziativa di una insegna che coinvolge un prodotto confezionato. In collaborazione con il produttore biologico Yeo Valley e l’agricoltore Adam Wakeley lancia il primo yogurt prodotto recuperando frutta rovinata e dunque non adatta alla vendita, e che in più supporta l’organizzazione benefica FareShare, che si occupa di ridistribuire cibo ai bisognosi.

Left-Yeovers è uno yogurt buonissimo con una missione chiara: affrontare il problema dello spreco alimentare utilizzando l’intero raccolto dei nostri agricoltori. Questo progetto è un fantastico esempio di come insieme ai nostri agricoltori siamo riuscito ad avere un approccio creativo per ridurre lo spreco alimentare, in ogni fase del viaggio del nostro cibo” ha commentato Matt Simister, direttore commerciale per il fresco di Tesco.

Tesco si è impegnata a non sprecare cibo ancora disponibile per il consumo umano nei suoi supermercati britannici entro la fine del 2017.

Tesco ha attivato questi altre iniziative per la lotta allo spreco alimentare:

  • Una partnership tra Branston, che coltiva patate e Samworths per l’uso di patate buona ma brutte per creare puré.
  • L’introduzione delle linee Farm Brands e Perfectly Imperfect, che consentono all’insegna  di usare fino al 95% dei raccolti.
  • La riduzione dei passaggi nel viaggio dal campo alla tavola che ha consentito di aggiunger ue giorni di freschezza in più a frutta come limoni, lattuga, pomodori, cetrioli, peperoni, broccoli e sedano.

Chi vince e chi perde nella Gdo mondiale (che comunque cresce)

Cresce la Gdo nel panorama mondiale. Secondo il rapporto Mediobanca l’aggregato di 12 tra i principali gruppi internazionali che operano nel settore ha chiuso il 2015 con ricavi pari a 1.040 miliardi di euro, con una crescita sensibile, pari all’8,3%, rispetto all’anno precedente. Parliamo di giganti: gli statunitensi Walmart, Kroger, Target, i francesi Carrefour, Auchan e Casinò, il britannico Tesco, il giapponese Aeon, il tedesco Rewe, l’olandese Ahold, il belga Delhaize, questi ultimi due poi recentemente fusi, e lo spagnolo Mercadona. Dodici “big” che in totale gestiscono superfici commerciali per 211,7 milioni di metri quadri e occupano 5,5 milioni di dipendenti. Il loro margine operativo è pure in crescita del 9% e rappresenta il 4% del fatturato, mentre il risultato netto ha un saldo di 22,4 miliardi di euro, pari al 2,1% del fatturato. Inoltre la redditività industriale è pari al 12%, mentre quella netta tocca il 16,3%.

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È il gruppo a stelle e strisce Walmart il più grande, con un fatturato pari circa al Pil della Svezia, vale a dire 439,6 miliardi di euro. Il colosso fondato nel 1962 da Sam Walton in Arkansas, vanta 11.528 punti vendita in tutto il mondo, dei quali il 54,6% all’estero, soprattutto in Messico (dove nel 1991 Walmart aprì il primo punto vendita fuori dagli Usa) e nel Regno Unito. La superficie totale è pari a 106,8 milioni di metri quadri, con superficie media del punto vendita attorno a 9.300 mq, più grandi negli Usa e meno all’estero. Si pensi che Walmart è grande oltre quattro volte il secondo operatore, Kroger, che ha un fatturato di 100,9 miliardi, e fattura quanto i successivi sei operativi messi insieme, che sono, oltre a Kroger, i francesi di Carrefour (76,9 miliardi), i britannici di Tesco (74,2 miliardi), gli statunitensi di Target (67,8 miliardi), i giapponesi di Aeon (55,2 miliardi) e gli altri francesi di Auchan (54,2 miliardi). Da notare che la fusione avvenuta nel 2016 dell’olandese Ahold con i belgi di Delhaize porterebbe il gruppo al quinto posto con un fatturato aggregato di 62,6 miliardi. WalMart è peraltro uno dei solo tre gruppi che nel 2015 hanno registrato una contrazione delle vendite (-0,7%) assieme a Tesco (-12,6%) e Casinò (-4,8%).

Lo studio di Mediobanca analizza anche molti altri risvolti delle performance delle grandi catene internazionali. Tra gli aspetti analizzati è la proiezione internazionale, che è mediamente del 27,8% (percentuale di vendite all’estero rispetto a quelle totali) e vede in testa Delhaize con il 79,6%, seguito da Ahold con 66,8% e Auchan con il 64,0.

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Interessante il tempo di rotazione del magazzino, indice precipuo dell’efficienza gestionale. Ebbene, in questo campo primeggia la spagnola Mercadona con 13 giorni davanti a Ahold e Tesco con 16. La media internazionale è di 30 giorni. Ma il dato più importante è probabilmente quello delle vendite per metro quadro, pur se difficile a volta da calcolare. Primeggiano anche qui Ahold, Mercadona e Tesco con rispettivamente 8350, 8070 e 7340 euro per metro quadro. In coda le catene statunitensi Kroger, Walmart e Target, con dati tra i 3 e i 4mila euro per mq, che però spiccano per redditività industriale e quindi per margini, ben sfruttando le maggiori superfici.

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Inevitabile il confronto con la Gdo italiana (analizzata sempre nello stesso rapporto, vedi Rapporto Mediobanca, svetta Esselunga, su i discount, Coop stabile, lottano le francesi). Bene va Esselunga, con 15.730 euro per metro quadro, si conferma come il gruppo più efficiente, precedendo l’olandese Ahold (12.780 ero per mq), la britannica Tesco con 12.050 euro (negozi nello UK e nella Repubblica di Irlanda), la spagnola Mercadona (8.070 euro) e Carrefour con 7.160 euro. Le Coop italiane si posizionano bene con 6.860 euro per metro quadro, precedendo la belga Delhaize (6.350 euro per metro quadro) e superando ampiamente la cooperativa tedesca Rewe a 4.470 euro.

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Interessante, infine, osservare che i gruppi europei con significativa presenza sul mercato USA vi realizzano vendite per metro quadro superiori a quelle delle grandi catene locali: Ahold con 7.830 euro per metro quadro e Delhaize (5.160 euro) distaccano nell’ordine Kroger, Walmart e Target.

Avocado come il burro, ma più sano: Tesco lancia la versione spalmabile “green”

È green in tutti i sensi, per colore e appartenenza al regno vegetale, e negli ultimi tempi sta vivendo una stagione di assoluto revival, anzi è più popolare che mai: stiamo parlando dell’avocado, che ora Tesco, insegna inglese sempre attenta ai nuovi trend, propone per la prima volta nel Regno Unito sotto forma di crema spalmabile.

Ingrediente simbolo di quella ondata salutistica e vegetariana che ha investito il mondo occidentale, è incredibilmente popolare nei Paesi anglosassoni, questo frutto tropicale ha visto nell’ultimo anno un aumento delle vendite del 40% nel Regno Unito arrivando a 150 milioni di sterline (190 milioni di euro) di vendite e superando le arance, tra i frutti più richiesti. Anche da noi si sta diffondendo: basta fare una ricerca su Google e vedere la pletora di ricette e consigli per utilizzarlo, mentre su Pinterest è in cima agli argomenti più trattati, e sempre più spesso si trova sugli scaffali della Gdo.

Più sano di burro e margarina, ha tra i vantaggi, oltre al contenuto in acidi grassi Omega 3 e vitamina A e D, il fatto di essere senza lattosio, da molti non tollerato e presente in molte creme spalmabili. Prima dell’avocado spalmabile Tesco aveva introdotto sue altre innovazioni: l’avocado surgelato e l’Avozilla, un tipo di avocado cinque volte più grande dell’originale, ma anche una serie di ricette a base di avocado come il Guacamole e il Chipotle.

Come ha commentato Dean Rawlinson, responsabile acquisti Tesco: «I clienti non ne hanno mai abbastanza di avocado, un frutto che è sempre più popolare grazie al gusto, alla versatilità in cucina e ai benefici nutrizionali».

Guerra ai discount a colpi di restyling della private label. I casi Tesco e Woolworths

Passa per un completo restyling delle private label la guerra all’ultimo prezzo e promozione tra supermercati “storici” e discount che imperversa da qualche tempo nel mondo anglosassone.

Fa discutere la decisone recentissima di Tesco di creare una serie di marchi suoi ma senza riferimenti diretti al suo nome. L’insegna britannica ha lanciato sette marchi sulle referenze di carne e altri prodotti freschi con nomi fittizi di fattorie: Boswell Farm, Woodside Farms, Willow Farm. Obiettivo: creare dei prodotti che vadano in concorrenza diretta con quelli dei discount tedeschi Lidl e Aldi battendoli proprio sul loro terreno, il prezzo. Non sono mancate le critiche: ma come, proprio in un’epoca in cui i clienti richiedono trasparenza sulla provenienza dei prodotti si creano fattorie inesistenti, dai nomi che richiamano la tradizione inglese? Testate come il “Daily Telegraph” hanno gridato allo scandalo,  parlando di “insulto alla campagna inglese” mentre la Bbc ha bollato la scelta più sobriamente come “fuorviante”.

Lo scopo, secondo un comunicato di Tesco, è comunque quello di “offrire ai clienti prodotti freschi e di qualità a un prezzo competitivo”.  Le marche commerciali di Tesco sono tra le più variegate e segmentate di tutto il panorama europeo. La strategia che sta perseguendo il retailer è quella di creare vari marchi, spesso senza rifermento al nome dell’insegna, in numerose categorie, dall’elettronica al food, ognuna sostenuta da una diversa campagna promozionale e pubblicitaria. Alla fine, probabilmente solo alcune incontreranno il favore del pubblico e la sua fedeltà, mentre altre potrebbero avere una vita breve.

All’altro capo del pianeta un approccio simile ma diverso è stato preso dall’insegna Woolworths, prima in Australia, che dopo 33 anni di onorato servizio dice addio alla propria marca commerciale Homebrand. Secondo il Sydney Morning Herald, lo scopo sarebbe quello, anche in questo caso, di affrontare la concorrenza del discounter Aldi che godrebbe una percezione di maggiore convenienza.

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La “vecchia” private label Homebrand…

In questo caso l’insegna ha optato per un “trasbordo” degli oltre mille articoli del marchio Homebrand a un altro marchio del retailer, Essentials. Questione, secondo alcuni analisti, più che di prezzo di percezione del valore del marchio e della sua qualità, data anche da elementi quali il packaging. In ogni caso secondo Morgan Stanley, l’insegna australiana avrebbe ridotto il prezzo della sua mara commerciale del 4,6% dallo scorso maggio.

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Essentials che accoglierà mille articoli del “vecchio” marchio Homebrand.

 

Guerra dei prezzi Uk: niente più voucher, Tesco applica il Miglior prezzo automatico alla cassa

Niente più voucher che si perdono o si dimenticano a casa, o magari si lasciano scadere: nella sua politica di prezzi sempre più aggressiva (che l’anno scorso è risultata nel dimezzamento dei ricavi per l’insegna britannica) Tesco applica un nuovo programma di comparazione prezzi che promette: “non pagherai mai di più per i tuoi prodotti di marca” e che presenta due novità.

Non solo si applica solo ai prodotti di marca (il programma precedente includeva la private label), ma il miglior prezzo garantito è applicato direttamente alla cassa, scontando il prodotto acquistato nel caso sia in vendita a un prezzo più basso in una delle catene concorrenti “storiche”: Sainsbury’s, Morrisons e Asda. Niente più voucher dunque ma un accredito automatico e in tempo reale, che tiene conto anche delle promozioni della concorrenza: secondo alcuni analisti britannici riportati dal Guardian, questo programma potrebbe segnare una svolta nel mondo delle promozioni della Gdo britannica.

Il nuovo schema, che si chiama Brand Guarantee, si applica su spese di oltre dieci articoli diversi tra cui almeno uno, ovviamente, deve essere di marca. È valido anche online e nei supermercati più grandi mentre esclude i punti vendita di prossimità. L’insegna spera di risparmiare sul fronte della carta dei voucher stampata in negozio e di dare una percezione al cliente di valore istantaneo e di comodità (non richiede alcun tipo di intervento da parte sua). Per contro, resta il dubbio che questa “guerra dei prezzi” tra le insegne tradizionali sempre più aggressiva sia la politica giusta per contrastare l’avanzata inesorabile dei discount tedeschi, Lidl e Aldi, che a fronte di un’offerta limitata sono comunque percepiti come più convenienti rispetto ai “Big Four”.

 

Tesco distribuisce il surplus di cibo dei punti vendita con una app

Per la distribuzione di eccedenze di cibo alle associazioni caritatevoli, Tesco sta utilizzando un sistema innovativo. Attraverso la App FareShare Food Cloud, ogni store manager avvisa le associazioni collegate (Fare Share nel Regno Unito e l’impresa sociale Food Cloud in Irlanda) della disponibilità di surplus di cibo ogni giorno. L’organizzazione conferma il ritiro, lo raccoglie direttamente nel punto vendita e lo trasforma in pasti per chi ne ha bisogno. Fare Share non distribuisce il cibo direttamente alle persone bisognose, ma collabora con oltre 1900 progetti locali (ostelli per anziani, donne, rifugiati) che si occupano di fornire cibo alle persone beneficiarie.

Attualmente Tesco ha in corso questo progetto in Irlanda e lo sta testando in un punto vendita di Londra e in altri dieci a Liverpool, Belfast e Glasgow.

 

Tesco, Pam and the others: private labels are focussing on vegetarian

The most creative at the moment is the Tesco line advertised as “an alternative to pasta”, for those who want to reduce the presence of carbohydrates in their diet. Carrot spaghetti, cauliflower couscous and zucchini tagliatelle are the products. Which promise low calories and no gluten, winking at domestic chefs looking for something new to amaze their friends with at dinner, because, as the Tesco fresh produce buyer, Emma Bonny, said: “Vegetable substitutes carbohydrates such as potatoes, pasta and rice are increasingly popular, and not just among those on a diet”.

But Tesco is not the only private label which has decided to meet the needs of vegetarians, an increasingly numerous category.

Pam Panorama has just launched “Veg&Veg”, a line of products which flanks the Pam Panorama Bio line, which includes various specialities containing only vegetable protein: natural tofu and seitan but also ready-prepared products such as vegetarian rissoles, oatmeal heart nuggets, seitan burgers, croquettes, spelt and soy frankfurters, quinoa and lupine burgers, all designed for those who have decided to embrace a Veg lifestyle. The same step has been taken for example by Coop Viviverde and the Carrefour Bio line.

According to Eurispes, in 2014 nearly 6 million Italians have moved towards to a vegetarian diet and 3.5 million families have decided to follow a vegetarian diet, 13% more than in 2013. Meeting the needs, old and new, of consumers is the route taken by the retail chains to promote their private labels.

Tesco removes sweets from the checkouts

Tesco from 1 January has removed sweet and chocolate snacks from the checkouts in all UK stores.

From research conducted by the British retailer it in fact emerged that families with small children put less healthy products in the shopping cart, while adults and pensioners are more aware.

“Our customers are asking us to contribute to healthier nutrition. We will think of healthier alternatives to put at the checkouts.  The response of parents has been very positive, and now it will be interesting to see if other retailers will follow suit. We promise that we will do everything in our power to make sure that our customers and our colleagues follow a more healthy lifestyle” says David Wood, Tesco Managing Director of Health and Wellness in the video.

Now at the checkouts of all Tesco stores, from hypermarkets to local stores, nuts or dried fruit, cereal bars and products that contribute to the 5 portions of fruit or vegetables a day, which do not have a label with the “red light”, which have a controlled calorie level or are deemed by the Department of Health to be healthy snacks will be offered.

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