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Tag: World retail Congress 2015

Oggi contactless, domani via smartphone, tempo e convenienza spingono il cliente verso i pagamenti digitali

Un futuro di pagamenti digitali, che vedrà lo smartphone sempre più protagonista. Lo prevede Carlos J Menendez, Presidente Enterprise and Growth Partnership di MasterCard. Se mobile shopping, trasporti e ristoranti sembrano all’avanguardia della nuova onda di pagamenti facili e veloci, i supermercati sono lungi dall’essere esclusi. Si paga contactless già quotidianamente in Australia, Canada e Polonia. Perché la “nuova” spesa è più frequente e il carrello più piccolo, e il cliente in debito di tempo vuole che sia anche veloce. Da qui, superate ormai le preoccupazioni per la sicurezza, la richiesta di soluzioni che facciano risparmiare tempo. E le nuove generazioni sono le prime a richiederle.

Anche in Italia, che da sempre vanta una densità di cellulari e smartphone molto alta a fronte di un utilizzo dei pagamenti digitali ai minimi in Europa, il consumatore sembra pronto. Dalla ricerca Mastercard sull’analisi delle interazioni social gli italiani dimostrano di apprezzare in particolar modo i pagamenti digitali quando l’esperienza di acquisto riguarda la tecnologia consumer (99%), i viaggi (98%) e la moda (97%). Il tema più discusso è la comodità dei pagamenti digitali (34%), seguito dalla possibilità di ottenere benefit e servizi aggiuntivi (29%) e dal servizio clienti (14%). Secondo Fabrizio Burlando, Head of Europe Mastercard “bisogna far capire al consumatore quali sono i vantaggi di usare la carta. Oggi ci sono 250mila carte contactless sul mercato ma di fatto rispetto agli altri Paesi europei abbiamo saltato una generazione in quanto a uso dei pagamenti digitali. Un ritardo che potrebbe essere colmato proprio grazie all’uso dei pagamenti mobile, vista la grande affezione nazionale verso smartphone e affini”.

Confidando su ciò e per spingere ulteriormente l’utilizzo specie da parte dei piccoli esercizi Mastercard ha scelto l’Italia per lanciare un nuovo servizio, Local Market Intelligence. Presentato al World Retail Forum 2015, consente un’analisi dei dati e dei competitor geolocalizzata “perché i vantaggi dei pagamenti digitali lato retailer possono non essere immediatamente evidenti ma ci sono, ad esempio in termini di analisi dei dati della clientela, utili a riposizionare l’offerta ove necessario e seguire meglio il mercato” spiega Burlando. Local Market Intelligence è una piattaforma che consente una migliore comprensione delle proprie performance di business tramite l’analisi dei dati, processati in forma anonima e aggregata, che permette la trasformazione dei Big Data in informazioni utili alle imprese. Gli analytics utilizzati dalla piattaforma analizzano le transazioni effettuate con le carte di credito in aree cittadine che rappresentano un benchmark temporale, geografico e per categoria merceologica, fornendo alle PMI informazioni fondamentali per comprendere al meglio il mercato e migliorare le loro strategie di business.

Il negozio connesso: così le tecnologie cambiano il ruolo degli addetti alla vendita

«Il negozio connesso è una necessità»: così esordisce Henri Seroux, senior vice president Emea di Manhattan Associates in questa videointervista realizzata nel corso del World Retail Congress.

L’omnicanalità infatti trascina con sé un cambiamento del ruolo dei negozi fisici e di come i commessi di nuova generazione debbano operare nella vendita assistita, in particolare nel settore dell’abbigliamento e del lusso, ma non solo. Per fornire un servizio eccellente, infatti, questi ultimi devono conoscere lo storico online e offline del cliente, completare al meglio il processo ordine, agevolare resi e scambi cross-channel e accelerare pagamento e check out.

I commessi di oggi non restano più dietro al bancone o in cassa ma si muovono continuamente all’interno del negozio creando una nuova classe di consulenti alle vendite (venditori, addetti all’assistenza clienti e al completamento ordini) con competenze specifiche in grado di garantire la migliore esperienza d’acquisto possibile, attraverso tutti i canali.

 

 

La strategia di Google: aiutare il retailer a cogliere l’attimo (di vendita)

C’era una volta un motore di ricerca, che nel giro di pochi anni sbaragliò la concorrenza (qualcuno si ricorda Netscape?) grazie alla grande efficenza garantita dagli ormai mitici algoritmi.

Oggi Google, forte di un fatturato di 15,5 miliardi di USD derivato solo dalla pubblicità nel primo trimestre 2015 (+11% dallo stesso periodo 2014), guarda al retail. Obiettivo: far trovare al consumatore il punto vendita più vicino, ed economico, in tempo reale, per l’acquisto di qualsiasi cosa. Che sia online o fisico, poco importa. L’importante è che il cliente ottenga ciò che vuole, nel minor tempo possibile (e senza tanti ripensamenti).
In questa direzione vanno i nuovi prodotti del colosso di Mountain View, come ha spiegato Jonathan Alferness, Global VP of Product Management and Shopping di Google al World Retail Congress settimana scorsa a Roma.

Jonathan Alferness
Jonathan Alferness di Google.

«È in atto una rivoluzione nel retail, e non siamo ancora all’apice perché ancora metà della popolazione mondiale deve connettersi. Al centro di tutto c’è il dispositivo mobile. Già in dieci Paesi la ricerca in mobilità ha superato quella da desktop, dunque i retailer hanno infinite opportunità di raggiungere i consumatori sul mobile». L’importante, secondo Alferness, è cogliere il momento, anzi il micromomento giusto. «Ci sono tantissime occasioni nell’arco della giornata nelle quali una persona ha bisogno di un contatto con la marca, mentre in molti altri momenti non vuole essere disturbata. I consumatori stanno interagendo con i retailer per brevissimi momenti di tempo, quando fanno ricerche in mobilità. Il 76% ricerca su smartphone o tablet prima di andare nel punto vendita, e una ricerca su tre genera una visita. Il futuro del retail sta proprio nella capacità di cogliere, di essere visibili in questi micromomenti».
Qualcuno in realtà lo sta già facendo: Darty ha un “bottone di emergenza” schiacciando il quale si viene richiamati entro 60 secondi, Argos riceve già il 25% di ordini via mobile, Amazon sperimenta con i droni, la britannica Jinn a Londra acquista e consegna qualsiasi cosa (dal pranzo al caffè al caricatore per il cellulare) da qualsiasi negozio in un’ora, Target ha aperto a San Francisco un nuovo tipo di store, chiamato Open House, in cui si invita chi entra a sperimentare le nuove tecnologie nel campo della domotica. Ma solo il 2% dei retailer sarebbe pronto a “cogliere l’attimo”.

Gallery: i tre errori dei retailer secondo Google

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«Noi ci consideriamo dei connettori, degli assistenti allo shopping finali, costruiamo una struttura». Con Google shopping innanzitutto, che risponde alla domanda implicita nella ricerca “dove trovo un frullatore?” con una serie di opzioni, online ma anche fisiche, un’opportunità per i piccoli negozi “smart” oltre che per le catene, considerato che le ricerche geolocalizzate sono aumentate di 34 volte dal 2011. Ma anche tramite YouTube: «pensate alle opportunità di vendita date dai video tutorial di YouTube, per il make-up ad esempio, visti da milioni di persone, se con un click si può comprare un prodotto descritto». Una sorta di “acquisto di impulso digitale” se vogliamo: è questo il “micromomento dello shopping”.

Che cosa avete perso al World Retail Congress 2015? In sette minuti lo racconta Fabrizio Valente (Kiki Lab)

Che cosa c’entrano eBay e Google con il retail? L’omnicanalita è d’obbligo. Ma quanto è redditizia?

Il World Retail Congress ci ha abituati ad affrontare con un pensiero laterale i grandi temi che attengono al mondo del retail con interventi che a una prima lettura possono sembrare poco congruenti per chi si trova tutti i giorni in prima linea a cercare di rendere soddisfatti i suoi clienti, a recuperarne o mantenere la fiducia. Ma in realtà nella tre giorni del congresso, che ha richiamato a Roma un migliaio di delegati da 60 Paesi, sono stati affrontati temi che influenzeranno il retail prima di quanto si immagini. Anzi, li stano già influenzando.

A Fabrizio Valente, fondatore e anima di Kiki Lab, partner di Ebeltoft Group, abbiamo chiesto un commento sui risultati dell’edizione appena conclusa del World Retail Congress.

Alibaba miglior retailer dell’anno al WRC2015: ecco tutti i vincitori

È il colosso dell’e-commerce cinese Alibaba il retailer of the year 2015. Il prestigioso premio è stato assegnato ieri sera in chiusura del World Retail Congress 2015 tenutosi a Roma.

Ecco l’elenco dei vincitori per ogni categoria:

“Retailer of the Year”: Alibaba
“Outstanding Leadership Award”: Paul Marchant di Primark
“Retail Transformation and Reinvention”: Primark
“Advertising campaign of the year”: For Every Milestone di Marks & Spencer
“Young Retail Entrepreneur”: Nitin Passi, fondatore di Missguided.com
“E-Commerce Retailer of the Year”: JD.com

“Store Design of the Year”: Hamleys Moscow

Alibaba ha cambiato e modellato il comportamento dei consumatori in Cina, riuscendo al contempo ad espandere la sua presenza a livello globale. Secondo i giudici è stata proprio grazie a questa costante innovazione, dalla catena di distribuzione al sistema per i pagamenti e i servizi finanziari, che Alibaba ha saputo creare nuovi modi di servire i suoi clienti.
Anche due dei più importanti nomi inglesi del retail, Primark e Marks&Spencer, hanno fatto incetta di premi.
Primark, che ha appena aperto il suo primo punto vendita americano a Boston, e il cui debutto in Italia è atteso per la prossima primavera (vd nostro articolo) ha incassato ben due premi. Il Direttore Generale di Primark Paul Marchant è stato insignito del premio alla leadership, e l’insegna ha sbaragliato la concorrenza nella categoria “Retail Transformation and Reinvention”. Questo grazie al notevole successo del suo business, alla sua espansione internazionale e alla capacità di superare le sfide in qualsiasi mercato in cui siano mai entrati.
Il premio per la migliore campagna pubblicitaria è andato al connazionale Marks & Spencer’s con la sua “For every milestone”, grazie al suo target mirato, la sua capacità di emozionare e divertire e al tempo stesso di esaltare i prodotti sponsorizzati.
Nitim Passi, che con un piccolo capitale ha fondato Missguided.com, ha vinto il premio di giovane imprenditore dell’anno. I giudici sono rimasti particolarmente impressionati dal suo approccio visionario e dalla sua capacità di creare una compagnia internazionale, estremamente competitiva sul mercato, senza alcuna forma di rifinanziamento.
JD.com, l’e-commerce retailer dell’anno, è stato invece premiato per essere un retailer di lunga tradizione. Nonostante debba affrontare un considerevole rivale sul mercato, ha sempre dimostrato di avere una grande agilità e di saper rispondere ai bisogni del consumatore, consegnando loro prodotti autentici.
Hamleys, l’iconico negozio di giocattoli di Londra, ha vinto il premio di Store design dell’anno per il suo nuovo negozio di Mosca. Grazie alla sua atmosfera unica e coinvolgente, lo shop russo ha saputo andare oltre l’essere un semplice luogo d’acquisto a prezzi convenienti, e diventare invece una meta dello shopping per tutta la famiglia.
Ian McGarrigle, presidente del World Retail Congress, ha dichiarato: “Questo è stato un nuovo incredibile anno, ogni categoria ha visto competere finalisti di alto livello. Siamo fieri dell’alto numero di iscrizioni raggiunte e i vincitori sono tutti begli esempi della natura variegata ed in costante cambiamento del retail.”

REUTPALA-Alessi_Lifetime_Achievement_Award_by_Professor_Gregory_Polletta_&_iGNITIATE_for_World_Retail_CongressI nuovi trofei, disegnati dal Professore Gregory Polletta, sono stati consegnati ieri sera presso il Cavalieri Waldorf Astoria di Roma. Realizzati da una stampante 3D, sono il frutto di 300 giorni di ricerca con più di 10 partner e produttori internazionali che hanno collaborato con tre laboratori universitari in tre Paesi e con il team di iGNITIATE.

La Gran Giuria quest’anno era composta da:
Ms Yu Wang, Wangfujing Dept Stores , Vice Presidente Concetta Lanciaux, Luxadvisory , Direttore Generale Terry Duddy. Home Retail Group, Precedente AD
Rick Darling, Li & Fung USA, Presidente
Richard Simonin, Groupe Vivarte, Presidente
Paul Charron, Campbell’s Soup, Presidente
Matt Rubel, Hudson’s Bay Company, Roark Capital Special Advisor, Direttore Esecutivo Sir Ian Cheshire, Kingfisher, Precedente AD
Gordon Campbell, Spar International, AD
Bijou Kurien, L Capital, Partner
Bernie Brookes, Edcon Holdings, AD designato
Andrew Jennings, Hema, Presidente

Tim Berners-Lee: Big Data e IA prossime sfide della rete. Ma ci vuole più condivisione

È stato un fiume in piena Tim Berners-Lee al World Retail Congress. C’era grande attesa per l’intervento del creatore del World Wide Web, chiamato a parlare di retail in una edizione in cui la multicanalità ha fatto da fil rouge praticamente a tutti gli interventi. E come è giusto che sia, sir Tim non si è soffermato sulle piccolezze del commercio minuto e ha spaziato nella stratosfera di internet, non tralasciandone le zone oscure. Tra queste, bullismo (“Twitter è una grande invenzione ma dovrebbe fare qualcosa per bloccare il bullismo”), omologazione (“dobbiamo far salire a bordo ancora metà della popolazione mondiale, e quando arriverà ciò si tradurrà in un mix ancora più eccitante di culture e tradizioni. Che devono essere preservate”) e mancanza di trasparenza sui dati acquisiti dalle aziende (“conoscere il proprio cliente, il numero di scarpa che ha ma anche i suoi gusti, sarà sempre più fondamentale ma le aziende dovrebbero condividere con la persona i dati che hanno acquisito su di essa, per aiutarla a rendere la sua vita migliore”). Perché la relazione con il consumatore attraverso internet è, o dovrebbe essere, una mutua condivisione di conoscenze.

Berners-Lee ha anche individuato nell’Intelligenza artificiale la prossima forza dominante del futuro, e il retail dovrà prenderne atto. Ma ciò pone dei problemi. “Per ora non ne vediamo un grande utilizzo. Certo, quando chiedi al tuo telefono che tempo farà magari stai usando parecchi bit di Intelligenza Artificiale. Se la tua azienda ha una massa di big data e la sta usando per cercare dei modelli per comprendere il comportamento e anticipare i desideri dei consumatori, magari sta usando degli strumenti di IA. Ma quando ho fame e chiedo al mio telefono qual è il ristorante cinese più vicino sorge una questione interessante: per chi sta lavorando Siri? Sta lavorando per me? Il lavoro di Siri è trovarmi la cena cinese migliore o Siri sta lavorando per Apple e sta cercando di fargli guadagnare più soldi possibile vendendo all’asta il fatto che hanno un consumatore affamato attaccato al telefono che cerca disperatamente del cibo? Il dibattito etico gira intorno alla questione: per chi lavora l’AI?”.

La rete globale e l’arrivo di nuovi utenti del web porterà a formare una cultura globale “necessaria per parlare di problematiche come i migranti e la finanza ed affrontare problemi come il riscaldamento globale, la scienza e la cura del cancro.” Però “anche se il web ha abbattuto le frontiere tra le nazioni, e tu puoi leggere il blog di chiunque nel mondo, le leggi e i governi rimangono entro i confini nazionali. Fuori da ciò abbiamo molta poca governance, collaborazione, cooperazione e comprensione effettive. Farà veramente la differenza se saremo in grado di progettare sistemi democratici, scientifici e collaborativi e usare il web perché lavori come un pianeta intero, come una sola squadra”.

Tanta digitalità porterà a uno straniamento della persona, a un distacco dalla realtà? Almeno su questo Berners-Lee si è rivelato ottimista. “Posso parlare con altre sei persone che si trovano dall’altra parte del mondo ma penso che il bisogno di incontrarsi in un bar o interagire con una persona che puoi toccare e si trova davanti a te, non sparirà”.

Alla domanda di rito: quando guarda quello che è diventata la sua creatura oggi cosa pensa, le piace o no?” risponde “la rete è come l’umanità, ha cose gloriose e altre meno piacevoli. Ci sono miliardi di storie, piccole e grandi: la vera sfida è che non vengano perse”.

WRC 2015: un nuovo modello di business del retail è possibile?

Nick Everitt, Global Insight and Strategy Director, Planet Retail

Come stanno cambiando gli atteggiamenti del consumatore a livello internazionale e cosa devono fare i retailer per convincerli? Questa la sfida che la Oxford Saïd Business School e Planet Retail hanno colto nell’indagine Towards the Retail Business Model of the Future, presentata questa settimana in occasione del World Retail Congress, evento internazionale punto di riferimento per il mondo retail.

Lo studio – condotto tra aprile e luglio 2015 su un campione di 13.500 consumatori in 15 diversi paesi nel mondo – analizza le diversità dei comportamenti di acquisto nei paesi emergenti e avanzati, ridefinendo il profilo di molte convinzioni comuni.

Nelle due immagini le motivazioni principali nella scelte dei clienti, escludendo il prezzo, nei Paesi sviluppati e in quelli emergenti.

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Sono tre i punti chiave ad emergere:

Non esiste una normalità di comportamenti del consumatore universalmente intesa.

– I mercati emergenti sono il motore del cambiamento.

– Vi è una diffusa delusione riguardo l’uso delle tecnologie in store. È necessario migliorare la shopping experience attraverso una tecnologia sempre più innovativa.

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Sulla base di queste linee guida un modello di retail di successo dovrà tenere conto di questi aspetti:

– I principi base del retail sono più importanti che mai: il vasto assortimento di prodotti, il servizio eccellente e l’affidabilità del marchio, rimangono valori essenziali.

– Il concetto di “convenienza” si sta ridefinendo: nei mercati in via di sviluppo la vicinanza o meno allo store non è una priorità. A livello mondiale è fondamentale una connessione ininterrotta tra negozi e online.

– I mercati emergenti sono in prima linea per l’innovazione tecnologica: il mobile payment e l’utilizzo diretto dei social media sono importanti impulsi all’acquisto.

– La tecnologia da sola non è la risposta: va utilizzata solamente come integrazione dell’esperienza in-store.

– I retailer affermati devono adattare il loro modello di business per avere una crescita sostenibile: devono essere più agili e investire in soluzioni innovative.

Se si guarda all’Italia, la principale leva di acquisto è rappresentata dalle promozioni. Il 70% dei consumatori italiani acquista sia online che in negozio in presenza di offerte. Il nostro mercato quindi deve rendere sempre allettanti le attività promozionali e di comunicazione, per permettere al consumatore di orientarsi tra la vastità di prodotti esistenti, e rendendolo in grado di controllare e organizzare la propria esperienza d’acquisto.

Riguardo alla tecnologia i mercati emergenti la fanno da padrone. In paesi come l’India, il Brasile e la Turchia vincono i retailer che meglio sanno far dialogare il punto vendita fisico con l’online.

Anche i social media hanno molta influenza sulle decisioni di acquisto, in India il 67% dei consumatori si fa guidare dal sentiment della rete circa il posizionamento di un brand,  in Cina questo è valido per il 57% dei rispondenti.

Il ruolo del mobile è invece comune denominatore per qualsiasi acquirente a livello globale: il 51% degli intervistati ha dichiarato di accedere ad internet dal proprio telefonino e di utilizzarlo per attività di shopping. Tuttavia, solo il 15% ha dichiarato di avere avuto una buona esperienza con il wi-fi e solo il 13% con la scansione attraverso lo smartphone. Il mobile rappresenta la convergenza dell’esperienza di shopping online e instore che, se opportunamente sfruttato, aiuterà a creare una stretta relazione tra il retailer e il consumatore.

Sono comunque elevate le aspettative del 72% dei consumatori riguardo alla tecnologia. Il 40% di loro se potesse farebbe tutti gli acquisti online, ma il 38% è coinvolto dall’atmosfera nel punto vendita.

Quattro le direzioni per la ridefinizione del modello di business del retail indicate dalla ricerca:

– Bisogna aumentare l’agilità per anticipare e rispondere alla crescita di elementi dirompentidella quotidianità del business.

– Andare incontro alle aspettative dei clienti e assicurare credibilità ai loro occhi è più sfidante che mai per i retailer. L’obiettivo sarà identificare e dare priorità agli investimentinelle soluzioni innovative che possano eccedere anche le aspettative dei clienti senza intaccare i margini di profitto.

– La tencologia deve essere costruita intorno all’esperienza d’acquisto

– La distribuzione avrà necessità di cambiare i processi, le routine il mix di talenti e la struttura organizzativa.

Farinetti, la pesca e il target poetico di Eataly al World Retail Congress

È toccato a Oscar Farinetti, fondatore di Eataly aprire il World Retail Congress in corso a Roma, di fronte a un migliaio di delegati giunti da ogni dove. A loro, prima che si affrontassero i temi dell’economia mondiale, della sostenibilità, del nuovo modello di business per i retailer, ha voluto raccontare il suo modo di intendere il retali.

Quello per intenderci che dieci anni fa, un gruppo di persone ha cominciato a sbozzare intorno a un tavolo l’avventura di Eataly che, dopo otto anni è diventato un paradigma nell’ambito della vendita e della somministrazione del food. E che si avvia ad aprire a Verona e Trieste e soprattutto il secondo punto vendita a New York, di fronte a Ground Zero: «Sarà il più grande del mondo e sarà dedicato alla pace, con la sua tavola apparecchiata per otto, alla quale vorrei invitare i grandi del mondo a risolvere le loro questioni». Farinetti è così, pensa in grande, ma è atipico, lui che viene da una famiglia di commercianti e per anni ha venduto elettronica di consumo ed elettrodomestici. E che oggi dice: «Noi non siamo una catena. Rispetto le catene, ma non le amo».

E così per spiegare il progetto di Eataly ha richiamato Kotler, ma solo per dire che le cinque P del marketer più famoso del mondo ruotano a una sola P, quella che indica la Persona. Ma per arrivare a questo discoro è partito dalla P di pesca, nella quale il nocciolo è la parte più importante perché è il seme da cui origina il frutto e costituisce l’obiettivo poetico del progetto («Fare soldi, a darselo come obiettivo è stupido», la polpa rappresenta l’esperienza dei clienti e la buccia è il vestito, il marketing.

Così il nocciolo riassume gli obiettiivi di dare lavoro alle persone, di recuperare spazi per le persone vale a dire ristrutturare edifici abbandonati (fabbriche, caserme, spazi pubblici) per le persone, di celebrare l’Italia per le sue biodiversità.

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Nella polpa vi sono tutti gli attributi che clienti e lavoratori definiscono per Eataly.

 

Nella buccia, infine che cosa si vede di Eataly: gli arredi e i colori semplic («non dobbiamo vendere arredamento»). L’emozionalità del legno, la luce naturale, l’esperienza d’acquisto come conoscenza, la ruota delle stagioni per la frutta, per il pesce, per il vino.

«Ma soprattutto Eataly è na storia di persone», ha concluso Farinetti. Tra gli applausi, neanche a dirlo.

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