Tim Berners-Lee: Big Data e IA prossime sfide della rete. Ma ci vuole più condivisione

È stato un fiume in piena Tim Berners-Lee al World Retail Congress. C’era grande attesa per l’intervento del creatore del World Wide Web, chiamato a parlare di retail in una edizione in cui la multicanalità ha fatto da fil rouge praticamente a tutti gli interventi. E come è giusto che sia, sir Tim non si è soffermato sulle piccolezze del commercio minuto e ha spaziato nella stratosfera di internet, non tralasciandone le zone oscure. Tra queste, bullismo (“Twitter è una grande invenzione ma dovrebbe fare qualcosa per bloccare il bullismo”), omologazione (“dobbiamo far salire a bordo ancora metà della popolazione mondiale, e quando arriverà ciò si tradurrà in un mix ancora più eccitante di culture e tradizioni. Che devono essere preservate”) e mancanza di trasparenza sui dati acquisiti dalle aziende (“conoscere il proprio cliente, il numero di scarpa che ha ma anche i suoi gusti, sarà sempre più fondamentale ma le aziende dovrebbero condividere con la persona i dati che hanno acquisito su di essa, per aiutarla a rendere la sua vita migliore”). Perché la relazione con il consumatore attraverso internet è, o dovrebbe essere, una mutua condivisione di conoscenze.

Berners-Lee ha anche individuato nell’Intelligenza artificiale la prossima forza dominante del futuro, e il retail dovrà prenderne atto. Ma ciò pone dei problemi. “Per ora non ne vediamo un grande utilizzo. Certo, quando chiedi al tuo telefono che tempo farà magari stai usando parecchi bit di Intelligenza Artificiale. Se la tua azienda ha una massa di big data e la sta usando per cercare dei modelli per comprendere il comportamento e anticipare i desideri dei consumatori, magari sta usando degli strumenti di IA. Ma quando ho fame e chiedo al mio telefono qual è il ristorante cinese più vicino sorge una questione interessante: per chi sta lavorando Siri? Sta lavorando per me? Il lavoro di Siri è trovarmi la cena cinese migliore o Siri sta lavorando per Apple e sta cercando di fargli guadagnare più soldi possibile vendendo all’asta il fatto che hanno un consumatore affamato attaccato al telefono che cerca disperatamente del cibo? Il dibattito etico gira intorno alla questione: per chi lavora l’AI?”.

La rete globale e l’arrivo di nuovi utenti del web porterà a formare una cultura globale “necessaria per parlare di problematiche come i migranti e la finanza ed affrontare problemi come il riscaldamento globale, la scienza e la cura del cancro.” Però “anche se il web ha abbattuto le frontiere tra le nazioni, e tu puoi leggere il blog di chiunque nel mondo, le leggi e i governi rimangono entro i confini nazionali. Fuori da ciò abbiamo molta poca governance, collaborazione, cooperazione e comprensione effettive. Farà veramente la differenza se saremo in grado di progettare sistemi democratici, scientifici e collaborativi e usare il web perché lavori come un pianeta intero, come una sola squadra”.

Tanta digitalità porterà a uno straniamento della persona, a un distacco dalla realtà? Almeno su questo Berners-Lee si è rivelato ottimista. “Posso parlare con altre sei persone che si trovano dall’altra parte del mondo ma penso che il bisogno di incontrarsi in un bar o interagire con una persona che puoi toccare e si trova davanti a te, non sparirà”.

Alla domanda di rito: quando guarda quello che è diventata la sua creatura oggi cosa pensa, le piace o no?” risponde “la rete è come l’umanità, ha cose gloriose e altre meno piacevoli. Ci sono miliardi di storie, piccole e grandi: la vera sfida è che non vengano perse”.