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Nel retail vince chi conosce meglio il cliente

Il mondo del retail è in costante fermento, e il cliente di oggi è più esigente che mai. Ma come possono le aziende non solo sopravvivere, ma prosperare in questo scenario in continua evoluzione? KeyPartners, società di Executive Search, ha esplorato le principali tendenze che stanno rimodellando la distribuzione intorno al concetto della centralità del cliente realizzando il white paper “Retail 4.0: strategie, tecnologie e tendenze per creare esperienze incentrate sul cliente”. Frutto della collaborazione con esperti di spicco del settore, il report esamina le strategie e gli strumenti tecnologici per la transizione dal paradigma basato sulla disponibilità del prodotto a scaffale a quello incentrato sull’ascolto e sulla comprensione profonda del cliente. L’obiettivo è offrire esperienze sempre più coinvolgenti, personalizzate e appaganti in ogni singolo touchpoint.
“Nel retail non vince chi vende di più, ma chi conosce meglio il proprio cliente – commenta Marco Oliveri, Co-Founder & Partner, KeyPartners –. Nel 2024, il 69% delle grandi imprese italiane ha adottato l’AI nei processi di gestione cliente, con impatti fino al +15% sul tasso di conversione. Ma non basta la tecnologia: serve un cambio culturale. Il cliente oggi non cerca un prodotto, cerca un’identità in cui riconoscersi. Il nostro white paper vuole sfidare le aziende a passare dalla logica del ‘vendere’ a quella del ‘coinvolgere’, perché l’esperienza è il vero prodotto del futuro”.

QUALITÀ, PREZZO ED ESPERIENZA
Nell’era digitale, il cliente oggi è iperconnesso, informato ed esigente. Non si accontenta più solo di prodotti di qualità o prezzi convenienti; cerca esperienze su misura. La diffusione di smartphone, marketplace social ed e-commerce ha alzato le aspettative, rendendo velocità, comodità e personalizzazione requisiti imprescindibili. Il passaggio fluido tra canali – dalla scoperta di un prodotto sui social all’acquisto in negozio – è ormai uno standard. In questo contesto, le tecnologie digitali rappresentano una leva fondamentale per i retailer: omnicanalità, big data, AI, geofencing, chatbot, VR e AR sono solo alcuni degli strumenti a disposizione. Integrandoli strategicamente, le aziende possono ottenere una comprensione profonda delle esigenze individuali e delle abitudini d’acquisto di ogni cliente. Questo permette di intercettarle e soddisfarle in maniera proattiva e personalizzata su qualsiasi canale, ottimizzando i tassi di conversione e cementando la fidelizzazione.

L’OMNICANALITÀ SECONDO MONDADORI RETAIL E SEPHORA
L’omnicanalità rappresenta oggi una necessità strategica per il retail, consentendo alle imprese di offrire un’esperienza integrata e senza interruzioni attraverso tutti i canali di vendita. Non si tratta solo di offrire canali diversi, ma di integrarli in un ecosistema unico in cui il cliente percepisce continuità e facilità d’uso. “L’integrazione tra esperienza fisica e digitale è spesso associata al marketing, ma in realtà coinvolge trasversalmente tutte le aree aziendali: acquisti, operation e vendite – spiega Carmine Perna, Amministratore Delegato Mondadori Retail –. L’omnicanalità non è più un’opzione, ma una necessità per garantire al cliente un’esperienza fluida e coerente. Si parla sempre più di ‘phygital’, un concetto che combina il meglio del mondo fisico e digitale”.
Un esempio concreto del successo dell’omnicanalità riguarda la multinazionale di profumi e cosmetici Sephora. La catena, infatti, ha implementato un’esperienza d’acquisto che combina tecnologia digitale e consulenza in negozio. La app Sephora permette di provare virtualmente il trucco sullo smartphone grazie alla realtà aumentata (Virtual Try-On) e i clienti possono salvare i prodotti provati in negozio sull’app per acquistarli successivamente online.

LA REALTÀ AUMENTATA DI IKEA CREATIVE
L’intelligenza artificiale (AI) è uno strumento chiave per prevedere le esigenze dei clienti e offrire esperienze su misura, analizzando dati per raccomandazioni personalizzate. Nel 2024 due terzi delle grandi imprese italiane hanno aumentato il budget AI per l’Omnichannel Customer Experience, con il 69% che l’ha utilizzata nei processi di gestione del cliente. L’analisi dei Big Data e i customer analytics trasformano le informazioni in dettagli preziosi per ottimizzare assortimenti, marketing e pricing. Comprendere il percorso del cliente attraverso dati concreti permette alle aziende di adattarsi rapidamente ai cambiamenti nelle preferenze. L’adozione di sistemi Crm avanzati e l’analisi dei dati per offrire esperienze d’acquisto iper-personalizzate hanno mostrato un impatto significativo sul tasso di conversione (+10/+15%) e sull’AOV nel commercio elettronico.
L’uso di chatbot basati sulla AI migliora il customer service, offrendo assistenza 24/7 e risposte rapide alle domande più comuni. La realtà aumentata (AR) e virtuale (VR) arricchiscono l’esperienza d’acquisto, consentendo ai consumatori di “provare” virtualmente i prodotti o di visualizzare articoli quali mobili o decorazioni nel loro contesto di destinazione. Ikea, ad esempio, ha sviluppato Ikea Creative, una app di realtà aumentata che consente ai clienti di visualizzare virtualmente mobili e complementi d’arredo nelle proprie case prima dell’acquisto. “I dati sull’utilizzo di Ikea Creative da parte dei clienti sono positivi – dichiara Laura Schiatti, Country Marketing Manager Ikea –. È in fase di semplificazione per rispondere sempre meglio alle esigenze e rendere l’esperienza più intuitiva e accessibile. L’obiettivo è quello di offrire uno strumento ancora più efficace, che permetta di progettare e personalizzare gli spazi con maggiore facilità”.

OLTRE IL PUNTO VENDITA
Il report “Retail 4.0” sottolinea l’importanza dei layout dei negozi fisici, trasformati da semplici punti vendita in spazi di interazione ed esperienza con design immersivo e innovazione tecnologica. Desigual, Il brand spagnolo di abbigliamento e calzature, ad esempio, ha rinnovato i suoi negozi ispirandosi alle gallerie d’arte, offrendo anche personalizzazione dei capi e workshop. I touchpoint digitali – dai social alle app, agli e-shop – devono garantire un’esperienza rapida e senza frizioni.
Infine, il tema della sostenibilità è cruciale per le imprese che devono adottare pratiche ecocompatibili e comunicare in modo trasparente. Oltre il 66% dei consumatori globali è disposto a pagare di più per prodotti o servizi di aziende impegnate in modo coerente nella sostenibilità.

Intelligenza artificiale: il 32% degli italiani la usa per fare acquisti

Il dato è di per sé illuminante e testimonia la pervasività dell’intelligenza artificiale: il 32% degli italiani utilizza questa tecnologia per fare acquisti e la quota è cresciuta del 47% rispetto al 2024, in particolare – altro aspetto degno di nota – fra i Baby Bommer, cioè persone con un’età compresa tra i 60 e i 78 anni. Anche se poi la fiducia nello strumento non si può definire granitica, visto che il 12% teme che l’intelligenza artificiale possa fornire consigli sbagliati. A rivelare questi e ulteriori spunti è il Retail Report 2025 di Adyen, piattaforma tecnologico finanziaria scelta da molte aziende leader a livello mondiale, come Meta, Uber, H&M, eBay e Microsoft. Nel sondaggio condotto su 41.000 consumatori di 28 Paesi, tra cui l’Italia, un italiano su dieci (10%) ha dichiarato di aver adoperato per la prima volta l’intelligenza artificiale negli ultimi 12 mesi per migliorare la propria shopping experience. Inoltre, ben il 53% si è detto disposto a fare acquisti utilizzandola in futuro. Già oggi, comunque, una percentuale analoga ricorre a questa tecnologia per trarre ispirazione con riguardo ad abiti, generi alimentari e altri prodotti. Quasi uno su dieci (9%) ha affermato di trarre le migliori idee per nuovi prodotti proprio dall’intelligenza artificiale e oltre la metà (52%) degli intervistati desidera trovare brand unici con questa modalità, un dato che evidenzia l’opportunità per i marchi di combinare partnership e cross-selling per incrementare le vendite.

BOOMER E GEN X GUIDANO LA CRESCITA
Secondo il Retail Report 2025 di Adyen, l’intelligenza artificiale nella shopping experience in Italia sta guadagnando popolarità in tutte le fasce d’età, ma sono Baby Boomer (60-78 anni) e Gen X (44-59 anni) ad aver registrato i maggiori incrementi negli ultimi 12 mesi, rispettivamente del 58% e del 54%. Tuttavia, solo il 16% degli over 60 afferma di utilizzare attualmente questi sistemi come supporto per gli acquisti, percentuale che sale al 44% per i Millennial (28-43 anni) e al 53% per la Gen Z (16-27 anni). Complessivamente, il 57% degli italiani dice di essere consapevole che i retailer potrebbero servirsi dell’intelligenza artificiale per proporre loro dei prodotti. “I consumatori stanno adottando l’IA a una velocità senza precedenti, scoprendo come questa tecnologia sia in grado di trasformare l’esperienza di acquisto – commenta Roelant Prins, CCO di Adyen –. Stiamo probabilmente entrando in un’era in cui l’IA può agire come un vero e proprio personal stylist, selezionando outfit su misura in base ai gusti e alle preferenze individuali. Le differenze demografiche emerse dalla nostra ricerca hanno mostrato risultati interessanti, soprattutto per quanto riguarda l’integrazione dell’IA nelle abitudini di acquisto da parte delle generazioni più mature”.

LA PAROLA AI RETAILER
La ricerca ha sondato anche il fronte aziendale e quando è stato chiesto ai retailer italiani come intendano aumentare i propri ricavi nel 2025, l’adozione dell’intelligenza artificiale e di nuove tecnologie è risultata una scelta strategica molto diffusa. Il 25% ha sostenuto di volerci investire per supportare le attività di vendita e marketing, mentre il 22% per favorire l’innovazione di prodotto. “L’intelligenza artificiale non è più considerata una scommessa per il futuro, ma un imperativo attuale per retailer e consumatori – sottolinea Holly Worst, VP of Retail di Adyen –. A inizio 2025 abbiamo lanciato Adyen Uplift, la nostra suite di ottimizzazione dei pagamenti alimentata dall’IA che aiuta le aziende ad aumentare la conversione dei pagamenti, a semplificare la gestione delle frodi e a ridurre i costi delle transazioni. Adottando l’intelligenza artificiale in questo modo, siamo in grado di aiutare i retailer a offrire una customer experience senza precedenti, in quanto gli acquirenti ‘buoni’ sono in grado di accelerare le operazioni di checkout, mentre noi possiamo intercettare le transazioni fraudolente. È evidente il motivo per cui l’IA abbia conquistato il primo posto come fattore di crescita più citato per il 2025”.

I PUNTI DI FORZA DEL “FISICO”
Sebbene gli investimenti in nuove tecnologie vengano accolti con favore, solo il 38% dei retailer italiani ha dichiarato di permettere già ai clienti di acquistare e completare facilmente le transazioni attraverso i canali online e offline. Un ulteriore 16% dei business leader prevede di attivare questa possibilità nei prossimi 12 mesi e una percentuale simile (14%) ha asserito di avere in programma di offrire ai clienti esperienze esclusive in store. Il Retail Report 2025 di Adyen evidenzia che le tecnologie e le esperienze online stanno aprendo nuovi canali per i brand, permettendo loro di connettersi con i clienti. Il 37% delle persone si aspetta, infatti, di poter fare shopping presso un’azienda attraverso molteplici touchpoint, tra cui social media, app e store online. Ad esempio, quasi un terzo dei consumatori (29%) ha risposto di utilizzare i social media per fare acquisti.
Detto questo, il retail fisico recita un ruolo ancora rilevante: il 37% degli acquirenti italiani sceglie i negozi fisici, contro il 23% che, invece, preferisce riempire il carrello online. Vari i fattori che giocano a favore della modalità di commercio tradizionale: il 41% degli italiani ha affermato di voler vedere e toccare con mano il prodotto prima di effettuare l’acquisto, con un 40% che ha precisato di voler provare gli articoli prima di acquistarli. E tra i vantaggi del fisico a giudizio degli italiani c’è l’immediatezza, perché circa un terzo (31%) ha dichiarato di voler uscire dal negozio con il prodotto subito dopo l’acquisto.

Real estate, gli investimenti nel retail oltrepassano i 2 miliardi

Gli ultimi anni sono stati contraddistinti da profondi cambiamenti nel mercato retail, sia di carattere temporaneo, come la perdita del potere d’acquisto dei consumatori con un tasso inflattivo in aumento, sia strutturale come l’evoluzione delle preferenze dei consumatori che coniugano l’acquisto nello store fisico con quello effettuato online. Il team Real Estate di PwC, in collaborazione con l’Ufficio Studi di PwC Italia, ha realizzato un approfondimento che si sofferma su vari aspetti macroeconomici e di mercato che hanno contribuito a cambiare le scelte dei consumatori e come questi abbiano influito su due settori specifici del mercato immobiliare: shopping center e high street retail.

UN RINNOVATO INTERESSE
Il mercato immobiliare retail, sotto la media storica dovuta alla pandemia (-45% gli investimenti nel 2023 rispetto al 2021) sta attraversando un rinnovato interesse da parte degli investitori, con volumi pari a circa 2.2 miliardi di euro, in aumento di oltre il 200% nel 2024 rispetto allo scorso anno. L’operazione di Kering in Via Montenapoleone ha impattato fortemente il volume investimenti totale, rappresentando il deal single asset più rilevante mai avvenuto sul mercato italiano. Dal 2018 il segmento retail ha riscontrato un trend in sostanziale decrescita (-65% nel 2023 rispetto al 2018), con i rendimenti prime in tendenziale crescita, in particolare gli shopping center, che hanno registrato un aumento di 210 bps nel periodo compreso tra i l 2018 e il 2024.

Il settore retail ha subito un impatto fortemente negativo negli anni post covid (-45% nel 2023 rispetto al 2021). Quando un evento esterno di tale portata ha una ricaduta importante a livello globale inevitabilmente porta con sé profondi cambiamenti in ogni mercato, in particolare nel segmento più rilevante di un’economia avanzata come quello dei consumi. Ad esempio, nei primi anni Novanta lo shopping center rappresentava una novità assoluta, in cui si racchiudeva in un solo luogo fisico un’offerta di prodotti così ampia mai vista prima. “Negli ultimi anni, il concetto di luogo che racchiuda un’ampia scelta di prodotti non è più sufficiente a soddisfare una domanda sempre più esigente. Il nuovo concept di centro commerciale di successo – afferma Antonio Martino, Partner PwC Italia e Real Estate Advisory Leader – deve racchiudere anche una vasta offerta di servizi come, ad esempio, il benessere e la cura personale veicolati sia attraverso lo store fisico sia online, un concetto orientato al multichannel. Lo shopping center è passato da mero luogo aggregatore di prodotti multibrand a un luogo ad alto valore esperienziale”.

IL SEGMENTO HIGH STREET
Il segmento high street sta vivendo dei cambiamenti che riguardano prettamente le scelte d’investimento. Storicamente l’high street era valutata come asset class che riguardava l’aspetto reputazionale di un brand di lusso. La strategia abituale riguardava l’affitto di un flagship store nelle vie principali delle capitali globali, che diventava un punto di riferimento nella strategia di marketing del brand di lusso. In questi ultimi anni, i due gruppi del lusso più importanti, Kering e LVMH, hanno invertito questo paradigma strategico, acquistando gli immobili più importanti delle vie del lusso più importanti a livello globale, al fine di rendere ulteriormente riconoscibile il nome della holding, oltre a quello dei singoli brand.

“I negozi dei brand di lusso sono oggetto di un ripensamento strutturale, sia in termini architettonico/estetici sia funzionali. L’obiettivo è renderli un luogo di destinazione per consumatori sempre più interessati ai contenuti esperienziali del customer journey e per avvicinare nuove tipologie di utenti finali” ha concluso Emanuela Pettenò, Partner PwC Italia, Deals Markets Leader e Consumer Markets Leader.

Buoni pasto per i dipendenti retail

Secondo lo studio Salary Guide 2024 di Hays Italia, nel corso del 2023 è stato rilevato un aumento della soddisfazione dei dipendenti del settore retail riguardo il proprio impiego, con una percentuale positiva del 56%: quando si tratta di scegliere un lavoro o valutare una nuova posizione lavorativa, comunque, il salario non è l’unico fattore preso in considerazione, ma anche il bilanciamento tra vita professionale e privata, i benefit offerti, l’ambiente di lavoro e le opportunità di sviluppo professionale.

Attualmente, il 67% dei professionisti del retail riceve benefit come computer, telefono, buoni pasto, assicurazione sanitaria e lavoro flessibile.

Per aumentare il benessere dei dipendenti le aziende del retail possono contare su benefit importanti come, appunto, i buoni pasto. I vantaggi dei buoni pasto per il settore retail sono molteplici, sia per le aziende che per i dipendenti. La normativa attuale, come spiega il CCNL commercio, riporta che i buoni pasto sono di norma sono degli strumenti facoltativi, ma anche nel caso in cui non siano inseriti nel CCNL ci sono tanti buoni motivi per erogarli ai propri dipendenti.

Come per il CCNL metalmeccanici, le aziende possono liberamente scegliere di corrispondere i buoni pasto seguendo le indicazioni dell’articolo 51 del TUIR, che stabilisce l’esenzione dalle tasse per un limite massimo di 4 euro per i buoni cartacei e di 8 euro per quelli digitali, che di conseguenza sono molto più convenienti. La convenienza fiscale, essendo i buoni pasto deducibili al 100%, non è l’unico motivo per scegliere i buoni pasto, ma anche la soddisfazione e la fidelizzazione dei dipendenti, che miglioreranno la qualità dei rapporti sul posto di lavoro.

I buoni pasto digitali rappresentano uno strumento esentasse di integrazione al reddito che permette all’azienda di recuperare i costi sostenuti e ai collaboratori di utilizzarli presso supermercati, alimentari, bar, ristoranti e molto altro (anche online).

I dipendenti potranno contare su una pausa pranzo di qualità, migliorando i rapporti con i colleghi, preferendo andare a pranzo insieme anziché consumare un pasto frettoloso portato da casa. I buoni pasto sono infatti un vantaggio economico, ma anche sociale e sono comodamente utilizzabili anche tramite app.

Real estate, nel 2024 investimenti in crescita per il retail a oltre 2 miliardi di euro

È il settore retail a primeggiare per volume d’investimento complessivo nel terzo trimestre 2024 nel real estate, facendo registrare 1,3 miliardi di euro, per un totale di 2,1 miliardi di euro da inizio anno. A dirlo una recente ricerca CBRE che evidenzia come i volumi di questa asset class siano stati guidati in modo molto significativo da una singola operazione su trophy asset nel quadrilatero del lusso di Milano ad opera di un occupier. L’interesse degli occupier per il mercato high street è rimasto forte, contribuendo negli ultimi anni a mitigare l’impatto dell’aumento dei tassi d’interesse sui repricing in questo settore. Gli investitori istituzionali, invece, continuano a preferire grocery e retail warehouse, in particolare grazie a net-lease-buyer alla ricerca di opportunità a rendimenti competitivi su immobili in sale & leaseback con contratti a lungo termine. Torna l’interesse degli investitori, non più solo opportunistici, per i centri commerciali dominanti all’interno del proprio bacino di utenza, anche per ticket di grande dimensione.

“La crescita dei volumi d’investimento nel terzo trimestre del 2024 ha interessato in modo trasversale tutte le principali asset class, nonostante il persistere di un certo attendismo da parte dei capitali core”, afferma Silvia Gandellini, Head of Capital Markets and Head of A&T High Street di CBRE Italy. “Gli investitori continuano a guardare soprattutto a iniziative value-add, pur rimanendo selettivi nella scelta delle location e dei prodotti su cui investire, prestando grande attenzione ai fondamentali del mercato occupier. Sarà necessario più tempo per un ritorno più consistente degli investitori esteri “core”, ma le prospettive rimangono positive grazie alla riduzione del costo del debito e alla stabilizzazione dei rendimenti”.

Nel terzo trimestre 2024 hotels è stata la seconda asset class per volumi d’investimento, con 450 milioni di euro investiti, per un totale di 1,4 miliardi di euro da inizio anno. Il mercato è dominato da operazioni di owner operator, che rappresentano oltre la metà dei volumi complessivi del trimestre. La strategia di investimento più diffusa in questa fase rimane il value-add, guidata appunto dagli owner operator e investitori private equity. La performance dell’industria alberghiera italiana rimane positiva, come testimoniato dalla continua crescita dei valori di Average Daily Rate (ADR), soprattutto nei segmenti upscale e luxury. I valori di occupancy mostrano alcuni segnali di rallentamento a fronte dell’aumento dei prezzi medi dei pernottamenti, un trend osservato soprattutto nelle maggiori città nel corso della passata stagione estiva. Restano ottime le performance dei mercati leisure, che contribuiscono a rafforzare un forte interesse tra gli investitori, e registrano circa il 40% dei volumi.

Risultati positivi anche per il settore office, che nei soli primi nove mesi dell’anno è riuscito ad eguagliare i volumi d’investimento dell’intero 2023, per un totale di 1,2 miliardi di euro da inizio 2024, di cui circa 370 milioni registrati nel terzo trimestre. Gli investitori continuano ad essere focalizzati sul value-add, rimanendo fortemente selettivi sui mercati prime, dove le performance dei mercati occupier si confermano molto solide. La raccolta di fondi per gli investimenti core è in ripresa, ma permane ancora un certo attendismo, che potrebbe attenuarsi con nuove riduzioni del costo del debito e la stabilizzazione dei rendimenti, anche se nel trimestre abbiamo registrato operazioni core plus da parte di capitale domestico. Le compressioni dei rendimenti richiederanno tempo, ma con un outlook di stabilità per i mercati prime a fine anno. Nei mercati secondari, invece, si osserva un persistente bid-ask spread, in particolare sul prodotto value-add, a causa di alcuni segnali di debolezza provenienti da un mercato occupier sempre più attento alla qualità del prodotto e della location.

I volumi d’investimento nel mercato industrial & logistics salgono a quota 1,1 miliardi di euro da inizio anno, di cui circa 640 milioni registrati nel solo terzo trimestre. Nonostante il significativo impatto di un’operazione core sui volumi d’investimento di questo trimestre, gli investitori istituzionali attivi sul mercato italiano continuano a guardare soprattutto a opportunità value-add o con ottimi margini di reversion sui canoni di locazione. L’interesse degli investitori si concentra soprattutto sui mercati occupier primari, ma si mantiene un buon interesse anche nei mercati secondari, sebbene con una certa cautela dovuta al rallentamento delle prospettive di crescita dei canoni di locazione.

Nel settore living i volumi d’investimento restano limitati a causa del divario persistente tra le aspettative di prezzo degli investitori core e le richieste nel mercato degli studentati, unita alla scarsità di prodotti nel segmento build-to-rent. Nel trimestre, i volumi d’investimento dell’intera asset class sono stati pari a 90 milioni di euro, quasi esclusivamente concentrati nel segmento degli studentati. Gli investitori internazionali mostrano interesse per questo settore, soprattutto per le maggiori città universitarie, mentre gli investitori domestici guardano con favore anche a mercati più locali. Negli ultimi anni i tassi di occupancy delle strutture purpose-built student accommodation (PBSA) sono riusciti a infondere una grande fiducia negli investitori, grazie a risultati anche al di sopra delle aspettative iniziali dei business plan. Nel mercato del Build-to-Sell la crescita dei capital value continua a sostenere le attività di sviluppo, sia a Milano, dove attualmente si osserva un rallentamento delle costruzioni a causa della necessità di chiarimenti sugli iter autorizzativi, che a Roma, sempre più attenzionata dagli investitori.

I volumi d’investimento nel settore alternative continuano a risentire del rallentamento della pipeline provocato dall’aumento dei costi operativi nel settore healthcare e dall’aumento dei costi di costruzione registrato nel post-pandemia. Nel terzo trimestre del 2024, complessivamente sono stati investiti meno di 100 milioni di euro, per un totale di circa 200 milioni da inizio anno. Rimane comunque positivo l’interesse degli investitori per l’Operational Real Estate, in particolare nel settore delle infrastrutture e in quello delle strutture sanitarie, non più solo limitatamente agli investimenti in RSA, come testimonia una significativa pipeline di investimenti nel segmento acute care. Infine, per quanto riguarda il segmento dei data centre, la crescita dei volumi d’investimento rimane arginata dalla mancanza di prodotto stabilizzato, ma l’attività di compravendita di terreni da destinare allo sviluppo di nuovi centri rimane molto intensa, attestando un forte interesse per il mercato italiano da parte degli operatori del settore.

Prende vita il concept retail del Consorzio Parmigiano Reggiano

Il Consorzio Parmigiano Reggiano ha dato incarico allo Studio FaseModus e a RBA Design di realizzare un progetto di concept retail con lo scopo di cercare un anello di congiunzione tra le identità dei singoli caseifici aderenti al consorzio, situati nelle province di Reggio Emilia, Modena, Parma, Bologna (a sinistra del fiume Reno) e Mantova (a destra del Po), e quella del consorzio stesso. L’obiettivo, in buona sostanza, era creare un “carattere” specifico, che non si sovrapponesse all’identità del Consorzio e mantenesse al contempo gli elementi grafici e i codici visivi identificativi di ciascuna realtà produttiva.

Studio FaseModus e RBA Design hanno subito adottato come citazione il “casello” (così erano denominati gli antichi caseifici con cottura a legna) che identifica il legame con il luogo, un elemento di autenticità e il simbolo di una produzione fatta ancora in modo artigianale. Il concetto creativo del casello è interpretato attraverso la caratteristica costruzione della “gelosia”, la storica finestra areata tipica della maggior parte delle costruzioni rurali. Il percorso esperienziale prevede poi una serie di “tappe” che portano il visitatore a immergersi completamente nell’atmosfera del caseificio: dall’avvicinamento alla prima sosta in un’area di accoglienza dove l’operatore anticipa quelli che saranno i contenuti della visita; successivamente si passa alla zona di produzione dove il casaro, o suo incaricato, spiega e illustra i passaggi di un’arte millenaria. Si arriva quindi alla zona adibita alla degustazione dei prodotti per poi accedere, infine, all’area dedicata all’acquisto.

Il concept è già stato sperimentato e applicato a due caseifici: Giansanti di Muzio e San Pier Damiani. All’esterno, il progetto di riqualificazione ha previsto una razionalizzazione degli spazi mediante un sistema di “segni” e “driver” per favorire l’orientamento dei visitatori e degli acquirenti. Una nuova pavimentazione marca i percorsi di visita e delimita una zona di accoglienza più ordinata e riconoscibile. Una serie di paletti indicatori, alcuni dei quali provvisti d’illuminazione segna-passo, definisce le zone destinate a parcheggio e le zone destinate ai pedoni. All’interno invece, le zone che vanno a connotare le fasi della visita hanno caratteristiche diverse per quanto riguarda materiali e colori, e si declinano con un set di forme lungo il tragitto, a seconda delle funzioni. La progettazione degli spazi destinati all’accoglienza e allo shop, ad esempio, parte dall’idea di mantenere un legame con gli spazi esterni. Per questa ragione il progetto prevede una serie di zone di attesa e di ritrovo che accolgono i visitatori nelle corti dei caseifici e li accompagnano fin dentro il punto vendita. Le pavimentazioni esterne e interne segnano questa continuità grazie alla similitudine dei colori dei materiali con cui vengono realizzate. 

La disposizione degli arredi all’interno del negozio porta il visitatore a immergersi nel mondo dei prodotti del caseificio e del territorio. Da una prima stanza dedicata alla conoscenza del mondo della filiera del Parmigiano Reggiano e del caseificio ospitante, dove il conduttore può usufruire di supporti come un monitor e una parete esplicativa realizzata con grafica ed elementi tridimensionali, alla zona lounge attrezzata con una panca e con tavolini alti e sgabelli, per sorseggiare un caffè. Le aree dedicate all’acquisto e alla degustazione convivono nello stesso ambiente ma sono caratterizzate da hardware diversi. La prima area dedicata allo shop è costituita da una serie di mobili bassi in legno da cui spiccano le vetrine refrigerate. Il resto dello spazio è arredato più liberamente con espositori, freestand, tavoli tondi, scaffali, credenze che riprendono i materiali e alcune caratteristiche dei mobili tradizionali del mondo del Parmigiano Reggiano.

Imoon, i giochi di luce nel retail sono una cosa seria

A ciascun reparto la sua luce. Nella Gdo è ormai la norma e una riprova si ha scorrendo il catalogo di Imoon, azienda milanese che si è fatta notare nell’ultima edizione di Euroshop grazie a uno stand molto particolare, ispirato all’arte metafisica di Giorgio De Chirico (si veda foto in alto e in basso). Guidata da Laura e Riccardo Tarquinio, figli del fondatore Paolo, Imoon è specializzata nella progettazione e produzione di soluzioni illuminotecniche per i settori food & fashion retail e vanta collaborazioni con insegne come SPAR, Billa, Edeka, Carrefour, Coop, Conad, Auchan, E.Leclerc, Migros, Booths Supermarkets, Intermarché. Presente direttamente in Regno Unito, Repubblica Ceca, Turchia, Sudafrica, Finlandia, cui si aggiungono i mercati presidiati grazie a partner commerciali, la società vende i propri prodotti in oltre 55 Paesi, illuminando ogni anno circa 400 punti vendita, per un fatturato che nel 2022 si è attestato intorno ai 21 milioni di euro.

L’idea di fondo è che nella progettazione del design della luce di un punto vendita entrano in gioco tre fattori primari: le superfici da illuminare, le sorgenti di luce e le persone che fruiranno degli spazi di consumo. Ciascuna famiglia di prodotto può essere personalizzata in base al LED, alla temperatura di colore, alla tipologia di fascio luminoso, al design e alle modalità di installazione. Per esempio, nella sala che ospita i prodotti a libero servizio, in cui è necessario privilegiare efficienza e versatilità, la proposta di Imoon consiste in Concept Ambient, un sistema plug-in compatibile con protocolli e tecnologie universali di lighting control, che consente l’istallazione su un unico binario elettrificato di tutti gli elementi tecnici: dai molteplici corpi illuminanti (lineari, spot e dedicati), all’illuminazione di emergenza, fino alle casse audio Wi-Fi. Questo perché in un contesto come le corsie di un supermercato, l’illuminazione generale va bene per le aree perimetrali, mentre l’utilizzo di proiettori dotati anche di LED speciali si presenta come la scelta più adeguata per porre l’attenzione sui prodotti. Un modo per esaltare il contrasto tra area di passaggio e zona illuminata, al fine di aumentare la tridimensionalità e quindi la visibilità delle referenze esposte. La possibilità di posizionare molteplici elementi tecnici sullo stesso binario rende la soluzione estremamente agile e scalabile.

Il discorso cambia nella macelleria o nella pescheria, dove il ruolo principale della luce è sottolineare la qualità e la freschezza della merce esposta, calibrando inoltre la giusta temperatura di colore. Per questi reparti, Imoon ha ideato i corpi illuminanti componibili e flessibili della famiglia KRIOS, dotati di LED studiati appositamente per valorizzare entrambe le categorie merceologiche, come LED MEAT, disponibile nelle versioni RED, RED PLUS e MEAT FISH HD, che potenzia i rossi e i bianchi della carne e del pesce. L’attualità impone però di badare – e molto – ai costi di gestione. I LED di ultima generazione contribuiscono ad incrementare l’efficienza energetica, mentre i riflettori in alluminio preanodizzato assicurano valori di riflessione fino al 98% e, a parità di intensità luminosa, permettono di controllare la distribuzione della luce, aumentando il rendimento dei corpi illuminanti fino al 20%, portando quindi a un risparmio energetico. E per continuare a brillare di luce propria, Imoon investe in innovazione, voce a cui destina ogni anno circa il 5% del fatturato.

Inaugurato To Dream, l’Urban District torinese da 250 milioni di euro

To Dream atto primo. Ha aperto i battenti ieri, 13 aprile, la mega struttura commerciale pensata per riqualificare l’ex area industriale Michelin, nel quadrante nord-ovest di Torino. Si tratta della prima fase di un progetto che si svilupperà su un’area complessiva di 270.000 metri quadri, tra open mall e parcheggi.

A essere inaugurati in corso Romania – alla presenza di Alberto Cirio, Presidente della Regione Piemonte, e Stefano Lo Russo, Sindaco di Torino – sono stati per ora circa 25.000 metri quadri, che ospitano negozi di abbigliamento, casalinghi, libri, attrezzatura sportiva, beauty e una food court con 14 ristoranti, per un totale di 56 attività. Ma è solo l’antipasto: una volta completato – a fine 2024 – To Dream accoglierà, oltre al nuovo headquarter Michelin, 107 punti vendita, di cui 24 dedicati alla ristorazione; un cinema con 8 sale; una palestra Virgin; un Hotel Marriot 4 stelle con 120 stanze; una pista per go-kart tra le più lunghe d’Europa, costruita su tre livelli. Sono previsti inoltre numerosi servizi, un’area parcheggio per oltre 4.000 posti auto, dei quali 700 all’aperto, 400 postazioni di ricarica per le vetture elettriche e più di 150 stalli per le biciclette. A regime, in base alle attese dei promotori, To Dream dovrebbe richiamare ogni anno 12 milioni di visitatori, grazie a 88.000 metri quadri di superficie, suddivisi tra 45.000 metri quadri di negozi, ristoranti e servizi; 20.000 metri quadri di attività ludico ricreative, hotel, palestra; 20.000 metri quadri di retail park; 3.000 metri quadri di uffici.

Numeri impressionanti e l’investimento non è da meno: To Dream costerà oltre 250 milioni di euro, secondo quanto dichiarato a Instoremag da Francesco Federico, Amministratore Delegato di Romania Sviluppo, la società che ha portato avanti l’iniziativa: “To Dream nasce con l’ambizione di portare benefici a un ampio territorio; è un progetto di rigenerazione urbana straordinario, con un evidente valore sociale, che recupera oltre 270.000 metri quadri di area industriale restituendo ai cittadini un pezzo di città che offrirà servizi, occupazione, accessibilità, sistemi di mobilità efficienti e alternativi. L’intervento rappresenta uno snodo strategico di collegamento tra la periferia nord e il resto della città: una ricucitura fisica, economica e sociale. Una centralità urbana, ottimamente collegata non solo con il centro di Torino, ma con l’intera regione. To Dream dimostra concretamente come l’applicazione degli strumenti di rigenerazione urbana possano dare vita a un luogo nuovo in grado di creare valore, offrendo anche possibilità di incontro, lavoro e relazione”.

Questa prima fase ha richiesto 18 mesi di lavori, ma chiaramente la genesi del progetto è molto più antica, visto che il cambio di destinazione d’uso dell’area era stato avviato dall’Amministrazione di Torino nel 2010. Nella seconda fase – la cui apertura è prevista per il prossimo autunno – l’offerta commerciale verrà arricchita con ulteriori 20.000 metri quadri e l’arrivo delle insegne del gruppo Inditex (7.000 metri quadri) e di Primark (6.000 metri quadri). La terza, e ultima, fase di sviluppo di questo Urban District è prevista per la fine del 2024, con la realizzazione dell’area dedicata alle attività ludico-ricreative e del retail park con grandi e medie superfici commerciali (tra cui Decathlon con 5.500 metri quadri), Euronics, Risparmio Casa e il completamento dell’offerta di ristorazione, nonché l’apertura dell’Hotel Marriott.

Per quanto riguarda l’alimentare, To Dream avrà tre food court che incideranno circa il 10% sulla superfice commerciale utile: “La prima è collocata all’ingresso – spiega Edoardo Favro, Amministratore Delegato di Realia, la società che cura la commercializzazione del progetto – ed è focalizzata su fast food e delivery; la seconda, anch’essa inaugurata nella prima fase, seppure parzialmente, ha un carattere più da slow food, con servizio al tavolo. La terza food court, che verrà realizzata nell’aera ludica, sarà un misto tra le due formule. Ci saranno tutte le principali insegne, come Bomaki, Roadhouse, Wagamama, La Piadineria, Caffè Vergnano, Kebhouze. In particolare, Signorvino farà qui il suo flagship piemontese con un’area di 550 meri quadri, di cui 300 dedicati all’enoteca e 250 dedicati alla ristorazione. To Dream è un’iniziativa di natura regionale e questo è stato riconosciuto da tutti i principali brand, che hanno optato per taglie importanti dei punti vendita”.

Sotto il profilo architettonico, il progetto dell’architetto Adolfo Suarez, direttore di L22 Retail, brand del Gruppo Lombardini22, prevede che il percorso di visita inizi dalla piazza sviluppata intorno alla torre piezometrica, elemento di archeologia industriale che è stato conservato per ricordare il passato dell’area. Una grande scalinata in legno porta al piano commerciale rialzato dove archi e portici abbracciano la promenade (un viale centrale che sarà lungo circa un chilometro) e accolgono le vetrine dei negozi. Suarez – ideatore di altre importanti opere in ambito retail come il Forum Palermo, il Centro Sarca e il Bicocca Village di Milano, il centro commerciale Porte dello Jonio a Taranto e il Centro Commerciale Lingotto di Torino – si è ispirato ai portici della città sabauda, reinterpretandoli con grandi archi dal disegno minimale e contemporaneo, che si ritrovano anche nel logo della struttura.

Digitalizzazione retailer, il 28% investe in soluzioni per recuperare efficienza

L’innovazione riveste un ruolo rilevante per lo sviluppo del retail in Italia e, nonostante le aspettative non rosee, l’investimento in digitale da parte dei principali attori del settore non ha subito nel 2022 una battuta d’arresto: il rapporto tra spesa in innovazione digitale e fatturato è stabile rispetto al 2021 e pari al 2,5%. Queste sono alcune delle evidenze emerse dall’Osservatorio Innovazione Digitale nel Retail, promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano e giunto alla nona edizione.

“Negli ultimi anni il retail, soprattutto fisico, ha vissuto momenti di forte stress. Nel 2020 lo scoppio dell’emergenza Covid ha generato un violento spostamento dei consumi e degli investimenti da offline a online” dichiara Valentina Pontiggia, Direttrice dell’Osservatorio Innovazione Digitale nel Retail. “Nel 2022 lo scenario è totalmente cambiato: la crescita delle vendite al dettaglio complessive e la stabilità del tasso di incidenza dell’online sui consumi sono segnali inequivocabili di come gli italiani abbiano riscoperto il valore dell’esperienza fisica. Congiuntamente sono sorte nuove sfide per il retail. Il digitale può essere però uno strumento efficace su cui investire per contrastare le conseguenze economiche, derivanti dall’instabilità geopolitica, quali l’inflazione e l’aumento dei costi di energia e materie prime”.

Il retail in Italia
Nel 2022 il valore delle vendite al dettaglio di prodotto totali (online + offline) ha registrato in Italia una crescita del +4,7% rispetto all’anno precedente (era +4% nel 2021), mentre l’eCommerce continua il suo percorso di evoluzione, seppur in maniera più contenuta rispetto alla crescita straordinaria degli ultimi anni. Nel 2022 il valore degli acquisti online in Italia, nella sola componente di prodotto, raggiunge i 33,2 miliardi di euro, con un tasso di crescita del +8% rispetto all’anno precedente (era +18% nel 2021). Il ritorno alla normalità e alla frequentazione dei negozi fisici da parte dei consumatori porta la penetrazione dell’online sul totale retail a rimanere stabile nel 2022 e pari all’11%. La variazione del numero di punti vendita rimane negativa, in continuità con il passato, ma il tasso di decrescita è il più basso registrato negli ultimi cinque anni: a fine 2021 in Italia si contano 581.521 esercizi commerciali di prodotto, con una contrazione del -0,6% rispetto al 2020 (il CAGR 2016-2020 è pari al -1,4%).

L’aumento dei costi, anche di gestione dei punti vendita, unitamente alle nuove abitudini e aspettative dei consumatori, quali ad esempio la possibilità di smart working o la ricerca di fluidità nell’utilizzo dei canali, condizionano l’evoluzione dell’infrastruttura commerciale italiana. La rete fisica sta infatti attraversando una fase di profonda ristrutturazione e i retailer stanno abbandonando le grandi superfici di vendita (comprese tra 1.500 e 5.000 mq): a fine 2021 questa tipologia di store si è ridotta del -12% rispetto a fine 2020 (il CAGR 2016-2020 è pari al -1%). Al tempo stesso i retailer si concentrano su formati di negozio caratterizzati da elevata capillarità sul territorio nazionale e un posizionamento nei punti strategici dei centri città. Questi nuovi store di prossimità sono dotati di soluzioni digitali in grado non solo di migliorare l’esperienza transazionale e relazionale del consumatore, ma anche di supportare l’online.

Infine, cresce l’attenzione verso l’offline anche da parte di operatori commerciali e tecnologici, tradizionalmente presenti solo online, che iniziano a riconoscere nel negozio fisico un ruolo da protagonista nel consolidamento del rapporto con i consumatori finali.

La maturità digitale dei retailer in Italia
Nel 2022 l’investimento in digitale nel retail non ha subito una battuta d’arresto: l’incidenza di questa spesa sul fatturato rimane infatti stabile rispetto al 2021 e pari al 2,5%. Gli interventi messi in atto dai retailer italiani sono legati, in primis, all’ottimizzazione di alcune attività in negozio. Si investe in etichette smart, adottate e/o potenziate nel 2022 dal 18% dei top retailer italiani, per gestire in modo dinamico e in tempo reale le variazioni di prezzo e garantire la massima trasparenza al consumatore, e si lavora in parallelo all’efficientamento delle attività e dei processi lungo la supply chain.

Da un lato i retailer sfruttano il digitale per contrastare le difficoltà nell’approvvigionamento di beni e materie prime attraverso lo sviluppo e/o il potenziamento di sistemi di demand, inventory e distribution planning (28%), per effettuare previsioni più accurate della domanda e ottimizzare la gestione dei prodotti lungo la filiera. Dall’altro, puntano a contenere i costi delle operations e della logistica per cercare di recuperare marginalità: il 16% dei retailer adotta o consolida, infatti, i sistemi di incremento delle performance di magazzino e le soluzioni di tracciamento dei prodotti lungo la filiera.

La ripresa del canale fisico impone una revisione degli store non solo dal punto di vista infrastrutturale, ma anche digitale. L’esperienza del cliente viene semplificata e resa più consapevole: i chioschi digitali, implementati dal 28% dei top retailer, favoriscono l’approfondimento della conoscenza dei prodotti, mentre le soluzioni di digital signage (23%) attivano una comunicazione efficace con il cliente. Particolarmente rilevante è anche l’automatizzazione dell’esperienza, grazie a sistemi di self scanning (18%) da app o device dedicati. Un altro cantiere di innovazione riguarda il punto cassa: il 33% investe in soluzioni di mobile e contactless payment e il 9% in sistemi di self check-out per snellire la fase di pagamento. Infine, il 25% dei retailer dichiara di essere al lavoro sull’evoluzione del tradizionale significato della cassa: non è più solo un punto in cui termina l’esperienza d’acquisto, ma un luogo dove erogare servizi a valore aggiunto per il consumatore.

“Il digitale non rappresenta unicamente un mezzo per lavorare al miglioramento dell’esperienza del cliente e allo sviluppo di modelli di vendita omnicanale, ma svolge anche un compito primario in risposta all’attuale situazione economica. Cambia anche la modalità con cui i retailer fanno innovazione: si prediligono approcci lean, ovvero in grado di garantire la flessibilità necessaria per operare in condizioni di incertezza e adattarsi più rapidamente alle turbolenze del mercato” conclude Valentina Pontiggia.

“È interessante notare anche la rivoluzione dell’employee experience, che amplifica l’integrazione online-offline. Alcuni attori della filiera stanno infatti puntando sul ruolo del digitale per facilitare l’operatività del personale di front-end, altri stanno avviando programmi di formazione sui temi della trasformazione digitale per favorire l’acquisizione di nuove competenze in ottica omnicanale. Infine, c’è chi lavora sul piano dell’innovazione di significato progettando un’employee experience memorabile, che spinga il personale dei negozi a vivere esperienze ricche di valore nei momenti di interazione fisica e digitale con i clienti” aggiunge Emilio Bellini, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Innovazione Digitale nel Retail.

I trend di innovazione nel retail internazionale
I retailer cercano sempre più di contrastare le conseguenze economiche della crisi globale e proseguono nel percorso di innovazione, focalizzando l’attenzione su tre principali cantieri di lavoro.

Il primo si traduce nel testare le opportunità del metaverso, in relazione ai propri asset, processi e cluster di consumatori. Il metaverso rappresenta uno spazio virtuale che abilita nuove esperienze relazionali e transazionali per il Retail. Le principali sperimentazioni riguardano l’attivazione di un’interazione immersiva tra consumatori e prodotti-servizi offerti, la comunicazione all’esterno di valori aziendali o, ancora, la vendita di prodotti reali e virtuali.

Il secondo trend di innovazione riguarda la sperimentazione di nuove tecnologie di frontiera, sempre più centrali nella strategia di business: le soluzioni di intelligenza artificiale e di Internet of Things, ad esempio, vengono sempre più spesso utilizzate in modo combinato dai retailer per testare ed estendere formati di negozio completamente automatizzati.

Il terzo e ultimo cantiere si concretizza nell’implementazione di nuovi modelli di business fondati sulla progettazione di ecosistemi di servizio. In questo senso l’utilizzo di asset e canali già esistenti e l’attivazione di partnership con competitor, service provider o startup sono i fattori chiave alla base di queste nuove iniziative imprenditoriali, volte a offrire servizi innovativi B2c, come spazi reali e virtuali di consulenza o piattaforme di riparazione e resale, e B2b, quali ad esempio il lancio di marketplace o l’offerta di servizi di marketing e advertising.

Retail, M-Cube evidenzia 9 tendenze che segneranno il 2023

M-Cube, società che opera nelle soluzioni di In-Store Digital Engagement, ha stilato la lista dei 9 trend del retail che saranno più in voga per il 2023. Il cambiamento delle abitudini di acquisto sta interessando in maniera profonda il mondo retail, come dimostrano anche i risultati di un’indagine condotta da M-Cube In un universo in divenire come quello del retail, la consumer experience sta vivendo una profonda trasformazione e i brand si sono dovuti necessariamente adattare, dialogando con il consumatore in maniera completamente nuova. Per aiutare i brand a seguire le tendenze più efficaci, M-Cube ha stilato una lista delle nove tendenze che segneranno il mondo del retail nel 2023:

1. I brand daranno la priorità agli investimenti in negozio rispetto all’e-commerce
La ricerca di M-Cube ha rilevato che il 67% dei marketer sta investendo in esperienze in negozio più coinvolgenti per attirare il consumatore a tornare a un engagement emotivo forte anche in-store. Nonostante l’e-commerce continuerà a ricoprire una buona fetta di mercato, i brand nel prossimo anno dovrebbero tornare a investire in esperienze sempre più coinvolgenti in negozio, che permettano di colpire il cliente a livello emozionale.

2. I consumatori sono sempre più affezionati alla privacy data dalle soluzioni digitali
Il consumatore si è abituato all’alto livello di privacy che gli acquisti tramite canali e-commerce consentono di raggiungere: per questo utilizzano sempre di più soluzioni digitali in-store, tendenza che dovrebbe continuare a crescere, grazie a strategie in cui l’omnicanalità all’interno degli store diventa centrale. Infatti, la gestione sinergica dei vari punti touchpoint nei negozi con i device personali del cliente permette di ottimizzare l’esperienza d’acquisto del consumatore stesso. Con l’aumento dell’uso di soluzioni digitali, gli addetti vendita negli store dovranno capire come interagire con i device presenti: l’obiettivo sarà di ridefinire il ruolo del buyer e costruire così una nuova proposta di journey.

3. La tendenza principale non sarà solo shopping
Sebbene la pandemia abbia accelerato il mercato dell’e-commerce, il lockdown ci ha insegnato una cosa: le persone amano l’interazione umana, l’essere connessioni e vivere esperienze da ricordare. Ecco perché, con la ripresa dell’esperienza in-store, i brand abbracceranno l’experience retail, che permetterà ai punti vendita di combinare musica, ristorazione e intrattenimento così da offrire al cliente un’esperienza indimenticabile da portarsi fino a casa.

4. I rivenditori online investiranno in negozi fisici
Man mano che riprenderà piede l’importanza del negozio fisico, sempre più brand online investiranno nella creazione di spazi fisici. Un esempio di questa tendenza è quello di Amazon e dei suoi punti vendita Amazon Fresh, progettati per riflettere l’esperienza online e dove i clienti possono ritirare i loro prodotti, metterli nel “carrello virtuale” e uscire dal negozio senza dover pagare fisicamente. Un mondo simile a quello reale ma più sostenibile e non legato al denaro contante.

5. L’omnicanalità in negozio sarà cruciale
Oggi il modello di business per la vendita al dettaglio è radicalmente cambiato rispetto soltanto a pochi anni fa: le aziende si stanno sempre più spostando da una strategia multicanale e crossmediale a una gestione integrata di tutte le informazioni, dei dati e dei comportamenti degli utenti che transitano dai diversi touchpoint. In questo modo, l’esperienza omnicanale – con al centro un consumatore interconnesso con tutti i touchpoint del negozio – consente alle aziende di personalizzare le esperienze per tutti i loro clienti e fornire loro un servizio qualitativamente molto alto.

Omnichannel management non significa semplicemente gestire le vendite in negozio e le vendite online, ma identificare le tecnologie più adatte ad abilitare nuove logiche di servizio e di offerta senza soluzioni di continuità tra canali fisici e canali digitali. Il tutto tracciando e monitorando ogni singola interazione per analizzare i feedback registrati e perfezionare sia l’offerta che la relazione. Solo così è possibile progettare al meglio le soluzioni di ingaggio e di fidelizzazione che garantiscono ai consumatori esperienze quanto più gratificanti, coerenti e rilevanti possibili, soprattutto se si vuole restare competitivi nella nuova normalità.

6. Uno scenario adattato alle esigenze della Gen-Z
Per riportare la Gen-Z nei negozi fisici, i brand dovranno ricreare nel punto vendita un’esperienza più coinvolgente dato che il prodotto da solo non sarà più sufficiente per influenzare i clienti. Le generazioni più giovani sono native digitali e apprezzano la velocità e la convenienza delle offerte date dall’e-commerce. Per questo è fondamentale che i brand traspongano i vantaggi del mondo online ai negozi fisici e creino uno spazio dove ingaggiare la Gen-Z e avvicinarla al mondo del retail fisico.

7. I rivenditori esploreranno l’impatto dei Big Data e del Metaverso sulle esperienze dei clienti
Man mano che il mondo fisico e quello digitale continueranno a interfacciarsi, i brand dovranno utilizzare sempre di più l’intelligenza artificiale per ottimizzare e personalizzare le esperienze dei propri clienti. Un rapporto di Accenture ha confermato che l’86% delle aziende si è adattato alla fine della pandemia ritrovando una nuova normalità in cui l’utilizzo di Intelligenza Artificiale, Big Data e Metaverso permetteranno di portare i brand in un mondo virtuale ma

8. L’inflazione renderà il consumatore sempre più attento ai costi
Data la recessione che sta interessando l’economia a livello globale e quella del nostro Paese in particolare, i consumatori saranno sempre più attenti ai costi. Ne è specchio la flessione delle vendite retail che hanno registrato un calo dell’1,6% nell’agosto 2022. Per affrontare con successo questo scenario, i brand dovranno impegnarsi maggiormente sull’engagement dei clienti, trovando soluzioni che sappiano attirarli e incentivare gli acquisti di valore.

9. Musica la centro della brand identity nel punto vendita
Per i brand diventerà sempre più cruciale trasmettere i propri valori e rafforzare la propria brand identity e per farlo sarà sempre più centrale il ruolo della musica, strumento di forte engagement per comunicare all’interno dei punti vendita in modo coinvolgente e immersivo.

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