CLOSE
Home Tags Retail

Tag: Retail

Real estate, nel 2024 investimenti in crescita per il retail a oltre 2 miliardi di euro

È il settore retail a primeggiare per volume d’investimento complessivo nel terzo trimestre 2024 nel real estate, facendo registrare 1,3 miliardi di euro, per un totale di 2,1 miliardi di euro da inizio anno. A dirlo una recente ricerca CBRE che evidenzia come i volumi di questa asset class siano stati guidati in modo molto significativo da una singola operazione su trophy asset nel quadrilatero del lusso di Milano ad opera di un occupier. L’interesse degli occupier per il mercato high street è rimasto forte, contribuendo negli ultimi anni a mitigare l’impatto dell’aumento dei tassi d’interesse sui repricing in questo settore. Gli investitori istituzionali, invece, continuano a preferire grocery e retail warehouse, in particolare grazie a net-lease-buyer alla ricerca di opportunità a rendimenti competitivi su immobili in sale & leaseback con contratti a lungo termine. Torna l’interesse degli investitori, non più solo opportunistici, per i centri commerciali dominanti all’interno del proprio bacino di utenza, anche per ticket di grande dimensione.

“La crescita dei volumi d’investimento nel terzo trimestre del 2024 ha interessato in modo trasversale tutte le principali asset class, nonostante il persistere di un certo attendismo da parte dei capitali core”, afferma Silvia Gandellini, Head of Capital Markets and Head of A&T High Street di CBRE Italy. “Gli investitori continuano a guardare soprattutto a iniziative value-add, pur rimanendo selettivi nella scelta delle location e dei prodotti su cui investire, prestando grande attenzione ai fondamentali del mercato occupier. Sarà necessario più tempo per un ritorno più consistente degli investitori esteri “core”, ma le prospettive rimangono positive grazie alla riduzione del costo del debito e alla stabilizzazione dei rendimenti”.

Nel terzo trimestre 2024 hotels è stata la seconda asset class per volumi d’investimento, con 450 milioni di euro investiti, per un totale di 1,4 miliardi di euro da inizio anno. Il mercato è dominato da operazioni di owner operator, che rappresentano oltre la metà dei volumi complessivi del trimestre. La strategia di investimento più diffusa in questa fase rimane il value-add, guidata appunto dagli owner operator e investitori private equity. La performance dell’industria alberghiera italiana rimane positiva, come testimoniato dalla continua crescita dei valori di Average Daily Rate (ADR), soprattutto nei segmenti upscale e luxury. I valori di occupancy mostrano alcuni segnali di rallentamento a fronte dell’aumento dei prezzi medi dei pernottamenti, un trend osservato soprattutto nelle maggiori città nel corso della passata stagione estiva. Restano ottime le performance dei mercati leisure, che contribuiscono a rafforzare un forte interesse tra gli investitori, e registrano circa il 40% dei volumi.

Risultati positivi anche per il settore office, che nei soli primi nove mesi dell’anno è riuscito ad eguagliare i volumi d’investimento dell’intero 2023, per un totale di 1,2 miliardi di euro da inizio 2024, di cui circa 370 milioni registrati nel terzo trimestre. Gli investitori continuano ad essere focalizzati sul value-add, rimanendo fortemente selettivi sui mercati prime, dove le performance dei mercati occupier si confermano molto solide. La raccolta di fondi per gli investimenti core è in ripresa, ma permane ancora un certo attendismo, che potrebbe attenuarsi con nuove riduzioni del costo del debito e la stabilizzazione dei rendimenti, anche se nel trimestre abbiamo registrato operazioni core plus da parte di capitale domestico. Le compressioni dei rendimenti richiederanno tempo, ma con un outlook di stabilità per i mercati prime a fine anno. Nei mercati secondari, invece, si osserva un persistente bid-ask spread, in particolare sul prodotto value-add, a causa di alcuni segnali di debolezza provenienti da un mercato occupier sempre più attento alla qualità del prodotto e della location.

I volumi d’investimento nel mercato industrial & logistics salgono a quota 1,1 miliardi di euro da inizio anno, di cui circa 640 milioni registrati nel solo terzo trimestre. Nonostante il significativo impatto di un’operazione core sui volumi d’investimento di questo trimestre, gli investitori istituzionali attivi sul mercato italiano continuano a guardare soprattutto a opportunità value-add o con ottimi margini di reversion sui canoni di locazione. L’interesse degli investitori si concentra soprattutto sui mercati occupier primari, ma si mantiene un buon interesse anche nei mercati secondari, sebbene con una certa cautela dovuta al rallentamento delle prospettive di crescita dei canoni di locazione.

Nel settore living i volumi d’investimento restano limitati a causa del divario persistente tra le aspettative di prezzo degli investitori core e le richieste nel mercato degli studentati, unita alla scarsità di prodotti nel segmento build-to-rent. Nel trimestre, i volumi d’investimento dell’intera asset class sono stati pari a 90 milioni di euro, quasi esclusivamente concentrati nel segmento degli studentati. Gli investitori internazionali mostrano interesse per questo settore, soprattutto per le maggiori città universitarie, mentre gli investitori domestici guardano con favore anche a mercati più locali. Negli ultimi anni i tassi di occupancy delle strutture purpose-built student accommodation (PBSA) sono riusciti a infondere una grande fiducia negli investitori, grazie a risultati anche al di sopra delle aspettative iniziali dei business plan. Nel mercato del Build-to-Sell la crescita dei capital value continua a sostenere le attività di sviluppo, sia a Milano, dove attualmente si osserva un rallentamento delle costruzioni a causa della necessità di chiarimenti sugli iter autorizzativi, che a Roma, sempre più attenzionata dagli investitori.

I volumi d’investimento nel settore alternative continuano a risentire del rallentamento della pipeline provocato dall’aumento dei costi operativi nel settore healthcare e dall’aumento dei costi di costruzione registrato nel post-pandemia. Nel terzo trimestre del 2024, complessivamente sono stati investiti meno di 100 milioni di euro, per un totale di circa 200 milioni da inizio anno. Rimane comunque positivo l’interesse degli investitori per l’Operational Real Estate, in particolare nel settore delle infrastrutture e in quello delle strutture sanitarie, non più solo limitatamente agli investimenti in RSA, come testimonia una significativa pipeline di investimenti nel segmento acute care. Infine, per quanto riguarda il segmento dei data centre, la crescita dei volumi d’investimento rimane arginata dalla mancanza di prodotto stabilizzato, ma l’attività di compravendita di terreni da destinare allo sviluppo di nuovi centri rimane molto intensa, attestando un forte interesse per il mercato italiano da parte degli operatori del settore.

Prende vita il concept retail del Consorzio Parmigiano Reggiano

Il Consorzio Parmigiano Reggiano ha dato incarico allo Studio FaseModus e a RBA Design di realizzare un progetto di concept retail con lo scopo di cercare un anello di congiunzione tra le identità dei singoli caseifici aderenti al consorzio, situati nelle province di Reggio Emilia, Modena, Parma, Bologna (a sinistra del fiume Reno) e Mantova (a destra del Po), e quella del consorzio stesso. L’obiettivo, in buona sostanza, era creare un “carattere” specifico, che non si sovrapponesse all’identità del Consorzio e mantenesse al contempo gli elementi grafici e i codici visivi identificativi di ciascuna realtà produttiva.

Studio FaseModus e RBA Design hanno subito adottato come citazione il “casello” (così erano denominati gli antichi caseifici con cottura a legna) che identifica il legame con il luogo, un elemento di autenticità e il simbolo di una produzione fatta ancora in modo artigianale. Il concetto creativo del casello è interpretato attraverso la caratteristica costruzione della “gelosia”, la storica finestra areata tipica della maggior parte delle costruzioni rurali. Il percorso esperienziale prevede poi una serie di “tappe” che portano il visitatore a immergersi completamente nell’atmosfera del caseificio: dall’avvicinamento alla prima sosta in un’area di accoglienza dove l’operatore anticipa quelli che saranno i contenuti della visita; successivamente si passa alla zona di produzione dove il casaro, o suo incaricato, spiega e illustra i passaggi di un’arte millenaria. Si arriva quindi alla zona adibita alla degustazione dei prodotti per poi accedere, infine, all’area dedicata all’acquisto.

Il concept è già stato sperimentato e applicato a due caseifici: Giansanti di Muzio e San Pier Damiani. All’esterno, il progetto di riqualificazione ha previsto una razionalizzazione degli spazi mediante un sistema di “segni” e “driver” per favorire l’orientamento dei visitatori e degli acquirenti. Una nuova pavimentazione marca i percorsi di visita e delimita una zona di accoglienza più ordinata e riconoscibile. Una serie di paletti indicatori, alcuni dei quali provvisti d’illuminazione segna-passo, definisce le zone destinate a parcheggio e le zone destinate ai pedoni. All’interno invece, le zone che vanno a connotare le fasi della visita hanno caratteristiche diverse per quanto riguarda materiali e colori, e si declinano con un set di forme lungo il tragitto, a seconda delle funzioni. La progettazione degli spazi destinati all’accoglienza e allo shop, ad esempio, parte dall’idea di mantenere un legame con gli spazi esterni. Per questa ragione il progetto prevede una serie di zone di attesa e di ritrovo che accolgono i visitatori nelle corti dei caseifici e li accompagnano fin dentro il punto vendita. Le pavimentazioni esterne e interne segnano questa continuità grazie alla similitudine dei colori dei materiali con cui vengono realizzate. 

La disposizione degli arredi all’interno del negozio porta il visitatore a immergersi nel mondo dei prodotti del caseificio e del territorio. Da una prima stanza dedicata alla conoscenza del mondo della filiera del Parmigiano Reggiano e del caseificio ospitante, dove il conduttore può usufruire di supporti come un monitor e una parete esplicativa realizzata con grafica ed elementi tridimensionali, alla zona lounge attrezzata con una panca e con tavolini alti e sgabelli, per sorseggiare un caffè. Le aree dedicate all’acquisto e alla degustazione convivono nello stesso ambiente ma sono caratterizzate da hardware diversi. La prima area dedicata allo shop è costituita da una serie di mobili bassi in legno da cui spiccano le vetrine refrigerate. Il resto dello spazio è arredato più liberamente con espositori, freestand, tavoli tondi, scaffali, credenze che riprendono i materiali e alcune caratteristiche dei mobili tradizionali del mondo del Parmigiano Reggiano.

Imoon, i giochi di luce nel retail sono una cosa seria

A ciascun reparto la sua luce. Nella Gdo è ormai la norma e una riprova si ha scorrendo il catalogo di Imoon, azienda milanese che si è fatta notare nell’ultima edizione di Euroshop grazie a uno stand molto particolare, ispirato all’arte metafisica di Giorgio De Chirico (si veda foto in alto e in basso). Guidata da Laura e Riccardo Tarquinio, figli del fondatore Paolo, Imoon è specializzata nella progettazione e produzione di soluzioni illuminotecniche per i settori food & fashion retail e vanta collaborazioni con insegne come SPAR, Billa, Edeka, Carrefour, Coop, Conad, Auchan, E.Leclerc, Migros, Booths Supermarkets, Intermarché. Presente direttamente in Regno Unito, Repubblica Ceca, Turchia, Sudafrica, Finlandia, cui si aggiungono i mercati presidiati grazie a partner commerciali, la società vende i propri prodotti in oltre 55 Paesi, illuminando ogni anno circa 400 punti vendita, per un fatturato che nel 2022 si è attestato intorno ai 21 milioni di euro.

L’idea di fondo è che nella progettazione del design della luce di un punto vendita entrano in gioco tre fattori primari: le superfici da illuminare, le sorgenti di luce e le persone che fruiranno degli spazi di consumo. Ciascuna famiglia di prodotto può essere personalizzata in base al LED, alla temperatura di colore, alla tipologia di fascio luminoso, al design e alle modalità di installazione. Per esempio, nella sala che ospita i prodotti a libero servizio, in cui è necessario privilegiare efficienza e versatilità, la proposta di Imoon consiste in Concept Ambient, un sistema plug-in compatibile con protocolli e tecnologie universali di lighting control, che consente l’istallazione su un unico binario elettrificato di tutti gli elementi tecnici: dai molteplici corpi illuminanti (lineari, spot e dedicati), all’illuminazione di emergenza, fino alle casse audio Wi-Fi. Questo perché in un contesto come le corsie di un supermercato, l’illuminazione generale va bene per le aree perimetrali, mentre l’utilizzo di proiettori dotati anche di LED speciali si presenta come la scelta più adeguata per porre l’attenzione sui prodotti. Un modo per esaltare il contrasto tra area di passaggio e zona illuminata, al fine di aumentare la tridimensionalità e quindi la visibilità delle referenze esposte. La possibilità di posizionare molteplici elementi tecnici sullo stesso binario rende la soluzione estremamente agile e scalabile.

Il discorso cambia nella macelleria o nella pescheria, dove il ruolo principale della luce è sottolineare la qualità e la freschezza della merce esposta, calibrando inoltre la giusta temperatura di colore. Per questi reparti, Imoon ha ideato i corpi illuminanti componibili e flessibili della famiglia KRIOS, dotati di LED studiati appositamente per valorizzare entrambe le categorie merceologiche, come LED MEAT, disponibile nelle versioni RED, RED PLUS e MEAT FISH HD, che potenzia i rossi e i bianchi della carne e del pesce. L’attualità impone però di badare – e molto – ai costi di gestione. I LED di ultima generazione contribuiscono ad incrementare l’efficienza energetica, mentre i riflettori in alluminio preanodizzato assicurano valori di riflessione fino al 98% e, a parità di intensità luminosa, permettono di controllare la distribuzione della luce, aumentando il rendimento dei corpi illuminanti fino al 20%, portando quindi a un risparmio energetico. E per continuare a brillare di luce propria, Imoon investe in innovazione, voce a cui destina ogni anno circa il 5% del fatturato.

Inaugurato To Dream, l’Urban District torinese da 250 milioni di euro

To Dream atto primo. Ha aperto i battenti ieri, 13 aprile, la mega struttura commerciale pensata per riqualificare l’ex area industriale Michelin, nel quadrante nord-ovest di Torino. Si tratta della prima fase di un progetto che si svilupperà su un’area complessiva di 270.000 metri quadri, tra open mall e parcheggi.

A essere inaugurati in corso Romania – alla presenza di Alberto Cirio, Presidente della Regione Piemonte, e Stefano Lo Russo, Sindaco di Torino – sono stati per ora circa 25.000 metri quadri, che ospitano negozi di abbigliamento, casalinghi, libri, attrezzatura sportiva, beauty e una food court con 14 ristoranti, per un totale di 56 attività. Ma è solo l’antipasto: una volta completato – a fine 2024 – To Dream accoglierà, oltre al nuovo headquarter Michelin, 107 punti vendita, di cui 24 dedicati alla ristorazione; un cinema con 8 sale; una palestra Virgin; un Hotel Marriot 4 stelle con 120 stanze; una pista per go-kart tra le più lunghe d’Europa, costruita su tre livelli. Sono previsti inoltre numerosi servizi, un’area parcheggio per oltre 4.000 posti auto, dei quali 700 all’aperto, 400 postazioni di ricarica per le vetture elettriche e più di 150 stalli per le biciclette. A regime, in base alle attese dei promotori, To Dream dovrebbe richiamare ogni anno 12 milioni di visitatori, grazie a 88.000 metri quadri di superficie, suddivisi tra 45.000 metri quadri di negozi, ristoranti e servizi; 20.000 metri quadri di attività ludico ricreative, hotel, palestra; 20.000 metri quadri di retail park; 3.000 metri quadri di uffici.

Numeri impressionanti e l’investimento non è da meno: To Dream costerà oltre 250 milioni di euro, secondo quanto dichiarato a Instoremag da Francesco Federico, Amministratore Delegato di Romania Sviluppo, la società che ha portato avanti l’iniziativa: “To Dream nasce con l’ambizione di portare benefici a un ampio territorio; è un progetto di rigenerazione urbana straordinario, con un evidente valore sociale, che recupera oltre 270.000 metri quadri di area industriale restituendo ai cittadini un pezzo di città che offrirà servizi, occupazione, accessibilità, sistemi di mobilità efficienti e alternativi. L’intervento rappresenta uno snodo strategico di collegamento tra la periferia nord e il resto della città: una ricucitura fisica, economica e sociale. Una centralità urbana, ottimamente collegata non solo con il centro di Torino, ma con l’intera regione. To Dream dimostra concretamente come l’applicazione degli strumenti di rigenerazione urbana possano dare vita a un luogo nuovo in grado di creare valore, offrendo anche possibilità di incontro, lavoro e relazione”.

Questa prima fase ha richiesto 18 mesi di lavori, ma chiaramente la genesi del progetto è molto più antica, visto che il cambio di destinazione d’uso dell’area era stato avviato dall’Amministrazione di Torino nel 2010. Nella seconda fase – la cui apertura è prevista per il prossimo autunno – l’offerta commerciale verrà arricchita con ulteriori 20.000 metri quadri e l’arrivo delle insegne del gruppo Inditex (7.000 metri quadri) e di Primark (6.000 metri quadri). La terza, e ultima, fase di sviluppo di questo Urban District è prevista per la fine del 2024, con la realizzazione dell’area dedicata alle attività ludico-ricreative e del retail park con grandi e medie superfici commerciali (tra cui Decathlon con 5.500 metri quadri), Euronics, Risparmio Casa e il completamento dell’offerta di ristorazione, nonché l’apertura dell’Hotel Marriott.

Per quanto riguarda l’alimentare, To Dream avrà tre food court che incideranno circa il 10% sulla superfice commerciale utile: “La prima è collocata all’ingresso – spiega Edoardo Favro, Amministratore Delegato di Realia, la società che cura la commercializzazione del progetto – ed è focalizzata su fast food e delivery; la seconda, anch’essa inaugurata nella prima fase, seppure parzialmente, ha un carattere più da slow food, con servizio al tavolo. La terza food court, che verrà realizzata nell’aera ludica, sarà un misto tra le due formule. Ci saranno tutte le principali insegne, come Bomaki, Roadhouse, Wagamama, La Piadineria, Caffè Vergnano, Kebhouze. In particolare, Signorvino farà qui il suo flagship piemontese con un’area di 550 meri quadri, di cui 300 dedicati all’enoteca e 250 dedicati alla ristorazione. To Dream è un’iniziativa di natura regionale e questo è stato riconosciuto da tutti i principali brand, che hanno optato per taglie importanti dei punti vendita”.

Sotto il profilo architettonico, il progetto dell’architetto Adolfo Suarez, direttore di L22 Retail, brand del Gruppo Lombardini22, prevede che il percorso di visita inizi dalla piazza sviluppata intorno alla torre piezometrica, elemento di archeologia industriale che è stato conservato per ricordare il passato dell’area. Una grande scalinata in legno porta al piano commerciale rialzato dove archi e portici abbracciano la promenade (un viale centrale che sarà lungo circa un chilometro) e accolgono le vetrine dei negozi. Suarez – ideatore di altre importanti opere in ambito retail come il Forum Palermo, il Centro Sarca e il Bicocca Village di Milano, il centro commerciale Porte dello Jonio a Taranto e il Centro Commerciale Lingotto di Torino – si è ispirato ai portici della città sabauda, reinterpretandoli con grandi archi dal disegno minimale e contemporaneo, che si ritrovano anche nel logo della struttura.

Digitalizzazione retailer, il 28% investe in soluzioni per recuperare efficienza

L’innovazione riveste un ruolo rilevante per lo sviluppo del retail in Italia e, nonostante le aspettative non rosee, l’investimento in digitale da parte dei principali attori del settore non ha subito nel 2022 una battuta d’arresto: il rapporto tra spesa in innovazione digitale e fatturato è stabile rispetto al 2021 e pari al 2,5%. Queste sono alcune delle evidenze emerse dall’Osservatorio Innovazione Digitale nel Retail, promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano e giunto alla nona edizione.

“Negli ultimi anni il retail, soprattutto fisico, ha vissuto momenti di forte stress. Nel 2020 lo scoppio dell’emergenza Covid ha generato un violento spostamento dei consumi e degli investimenti da offline a online” dichiara Valentina Pontiggia, Direttrice dell’Osservatorio Innovazione Digitale nel Retail. “Nel 2022 lo scenario è totalmente cambiato: la crescita delle vendite al dettaglio complessive e la stabilità del tasso di incidenza dell’online sui consumi sono segnali inequivocabili di come gli italiani abbiano riscoperto il valore dell’esperienza fisica. Congiuntamente sono sorte nuove sfide per il retail. Il digitale può essere però uno strumento efficace su cui investire per contrastare le conseguenze economiche, derivanti dall’instabilità geopolitica, quali l’inflazione e l’aumento dei costi di energia e materie prime”.

Il retail in Italia
Nel 2022 il valore delle vendite al dettaglio di prodotto totali (online + offline) ha registrato in Italia una crescita del +4,7% rispetto all’anno precedente (era +4% nel 2021), mentre l’eCommerce continua il suo percorso di evoluzione, seppur in maniera più contenuta rispetto alla crescita straordinaria degli ultimi anni. Nel 2022 il valore degli acquisti online in Italia, nella sola componente di prodotto, raggiunge i 33,2 miliardi di euro, con un tasso di crescita del +8% rispetto all’anno precedente (era +18% nel 2021). Il ritorno alla normalità e alla frequentazione dei negozi fisici da parte dei consumatori porta la penetrazione dell’online sul totale retail a rimanere stabile nel 2022 e pari all’11%. La variazione del numero di punti vendita rimane negativa, in continuità con il passato, ma il tasso di decrescita è il più basso registrato negli ultimi cinque anni: a fine 2021 in Italia si contano 581.521 esercizi commerciali di prodotto, con una contrazione del -0,6% rispetto al 2020 (il CAGR 2016-2020 è pari al -1,4%).

L’aumento dei costi, anche di gestione dei punti vendita, unitamente alle nuove abitudini e aspettative dei consumatori, quali ad esempio la possibilità di smart working o la ricerca di fluidità nell’utilizzo dei canali, condizionano l’evoluzione dell’infrastruttura commerciale italiana. La rete fisica sta infatti attraversando una fase di profonda ristrutturazione e i retailer stanno abbandonando le grandi superfici di vendita (comprese tra 1.500 e 5.000 mq): a fine 2021 questa tipologia di store si è ridotta del -12% rispetto a fine 2020 (il CAGR 2016-2020 è pari al -1%). Al tempo stesso i retailer si concentrano su formati di negozio caratterizzati da elevata capillarità sul territorio nazionale e un posizionamento nei punti strategici dei centri città. Questi nuovi store di prossimità sono dotati di soluzioni digitali in grado non solo di migliorare l’esperienza transazionale e relazionale del consumatore, ma anche di supportare l’online.

Infine, cresce l’attenzione verso l’offline anche da parte di operatori commerciali e tecnologici, tradizionalmente presenti solo online, che iniziano a riconoscere nel negozio fisico un ruolo da protagonista nel consolidamento del rapporto con i consumatori finali.

La maturità digitale dei retailer in Italia
Nel 2022 l’investimento in digitale nel retail non ha subito una battuta d’arresto: l’incidenza di questa spesa sul fatturato rimane infatti stabile rispetto al 2021 e pari al 2,5%. Gli interventi messi in atto dai retailer italiani sono legati, in primis, all’ottimizzazione di alcune attività in negozio. Si investe in etichette smart, adottate e/o potenziate nel 2022 dal 18% dei top retailer italiani, per gestire in modo dinamico e in tempo reale le variazioni di prezzo e garantire la massima trasparenza al consumatore, e si lavora in parallelo all’efficientamento delle attività e dei processi lungo la supply chain.

Da un lato i retailer sfruttano il digitale per contrastare le difficoltà nell’approvvigionamento di beni e materie prime attraverso lo sviluppo e/o il potenziamento di sistemi di demand, inventory e distribution planning (28%), per effettuare previsioni più accurate della domanda e ottimizzare la gestione dei prodotti lungo la filiera. Dall’altro, puntano a contenere i costi delle operations e della logistica per cercare di recuperare marginalità: il 16% dei retailer adotta o consolida, infatti, i sistemi di incremento delle performance di magazzino e le soluzioni di tracciamento dei prodotti lungo la filiera.

La ripresa del canale fisico impone una revisione degli store non solo dal punto di vista infrastrutturale, ma anche digitale. L’esperienza del cliente viene semplificata e resa più consapevole: i chioschi digitali, implementati dal 28% dei top retailer, favoriscono l’approfondimento della conoscenza dei prodotti, mentre le soluzioni di digital signage (23%) attivano una comunicazione efficace con il cliente. Particolarmente rilevante è anche l’automatizzazione dell’esperienza, grazie a sistemi di self scanning (18%) da app o device dedicati. Un altro cantiere di innovazione riguarda il punto cassa: il 33% investe in soluzioni di mobile e contactless payment e il 9% in sistemi di self check-out per snellire la fase di pagamento. Infine, il 25% dei retailer dichiara di essere al lavoro sull’evoluzione del tradizionale significato della cassa: non è più solo un punto in cui termina l’esperienza d’acquisto, ma un luogo dove erogare servizi a valore aggiunto per il consumatore.

“Il digitale non rappresenta unicamente un mezzo per lavorare al miglioramento dell’esperienza del cliente e allo sviluppo di modelli di vendita omnicanale, ma svolge anche un compito primario in risposta all’attuale situazione economica. Cambia anche la modalità con cui i retailer fanno innovazione: si prediligono approcci lean, ovvero in grado di garantire la flessibilità necessaria per operare in condizioni di incertezza e adattarsi più rapidamente alle turbolenze del mercato” conclude Valentina Pontiggia.

“È interessante notare anche la rivoluzione dell’employee experience, che amplifica l’integrazione online-offline. Alcuni attori della filiera stanno infatti puntando sul ruolo del digitale per facilitare l’operatività del personale di front-end, altri stanno avviando programmi di formazione sui temi della trasformazione digitale per favorire l’acquisizione di nuove competenze in ottica omnicanale. Infine, c’è chi lavora sul piano dell’innovazione di significato progettando un’employee experience memorabile, che spinga il personale dei negozi a vivere esperienze ricche di valore nei momenti di interazione fisica e digitale con i clienti” aggiunge Emilio Bellini, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Innovazione Digitale nel Retail.

I trend di innovazione nel retail internazionale
I retailer cercano sempre più di contrastare le conseguenze economiche della crisi globale e proseguono nel percorso di innovazione, focalizzando l’attenzione su tre principali cantieri di lavoro.

Il primo si traduce nel testare le opportunità del metaverso, in relazione ai propri asset, processi e cluster di consumatori. Il metaverso rappresenta uno spazio virtuale che abilita nuove esperienze relazionali e transazionali per il Retail. Le principali sperimentazioni riguardano l’attivazione di un’interazione immersiva tra consumatori e prodotti-servizi offerti, la comunicazione all’esterno di valori aziendali o, ancora, la vendita di prodotti reali e virtuali.

Il secondo trend di innovazione riguarda la sperimentazione di nuove tecnologie di frontiera, sempre più centrali nella strategia di business: le soluzioni di intelligenza artificiale e di Internet of Things, ad esempio, vengono sempre più spesso utilizzate in modo combinato dai retailer per testare ed estendere formati di negozio completamente automatizzati.

Il terzo e ultimo cantiere si concretizza nell’implementazione di nuovi modelli di business fondati sulla progettazione di ecosistemi di servizio. In questo senso l’utilizzo di asset e canali già esistenti e l’attivazione di partnership con competitor, service provider o startup sono i fattori chiave alla base di queste nuove iniziative imprenditoriali, volte a offrire servizi innovativi B2c, come spazi reali e virtuali di consulenza o piattaforme di riparazione e resale, e B2b, quali ad esempio il lancio di marketplace o l’offerta di servizi di marketing e advertising.

Retail, M-Cube evidenzia 9 tendenze che segneranno il 2023

M-Cube, società che opera nelle soluzioni di In-Store Digital Engagement, ha stilato la lista dei 9 trend del retail che saranno più in voga per il 2023. Il cambiamento delle abitudini di acquisto sta interessando in maniera profonda il mondo retail, come dimostrano anche i risultati di un’indagine condotta da M-Cube In un universo in divenire come quello del retail, la consumer experience sta vivendo una profonda trasformazione e i brand si sono dovuti necessariamente adattare, dialogando con il consumatore in maniera completamente nuova. Per aiutare i brand a seguire le tendenze più efficaci, M-Cube ha stilato una lista delle nove tendenze che segneranno il mondo del retail nel 2023:

1. I brand daranno la priorità agli investimenti in negozio rispetto all’e-commerce
La ricerca di M-Cube ha rilevato che il 67% dei marketer sta investendo in esperienze in negozio più coinvolgenti per attirare il consumatore a tornare a un engagement emotivo forte anche in-store. Nonostante l’e-commerce continuerà a ricoprire una buona fetta di mercato, i brand nel prossimo anno dovrebbero tornare a investire in esperienze sempre più coinvolgenti in negozio, che permettano di colpire il cliente a livello emozionale.

2. I consumatori sono sempre più affezionati alla privacy data dalle soluzioni digitali
Il consumatore si è abituato all’alto livello di privacy che gli acquisti tramite canali e-commerce consentono di raggiungere: per questo utilizzano sempre di più soluzioni digitali in-store, tendenza che dovrebbe continuare a crescere, grazie a strategie in cui l’omnicanalità all’interno degli store diventa centrale. Infatti, la gestione sinergica dei vari punti touchpoint nei negozi con i device personali del cliente permette di ottimizzare l’esperienza d’acquisto del consumatore stesso. Con l’aumento dell’uso di soluzioni digitali, gli addetti vendita negli store dovranno capire come interagire con i device presenti: l’obiettivo sarà di ridefinire il ruolo del buyer e costruire così una nuova proposta di journey.

3. La tendenza principale non sarà solo shopping
Sebbene la pandemia abbia accelerato il mercato dell’e-commerce, il lockdown ci ha insegnato una cosa: le persone amano l’interazione umana, l’essere connessioni e vivere esperienze da ricordare. Ecco perché, con la ripresa dell’esperienza in-store, i brand abbracceranno l’experience retail, che permetterà ai punti vendita di combinare musica, ristorazione e intrattenimento così da offrire al cliente un’esperienza indimenticabile da portarsi fino a casa.

4. I rivenditori online investiranno in negozi fisici
Man mano che riprenderà piede l’importanza del negozio fisico, sempre più brand online investiranno nella creazione di spazi fisici. Un esempio di questa tendenza è quello di Amazon e dei suoi punti vendita Amazon Fresh, progettati per riflettere l’esperienza online e dove i clienti possono ritirare i loro prodotti, metterli nel “carrello virtuale” e uscire dal negozio senza dover pagare fisicamente. Un mondo simile a quello reale ma più sostenibile e non legato al denaro contante.

5. L’omnicanalità in negozio sarà cruciale
Oggi il modello di business per la vendita al dettaglio è radicalmente cambiato rispetto soltanto a pochi anni fa: le aziende si stanno sempre più spostando da una strategia multicanale e crossmediale a una gestione integrata di tutte le informazioni, dei dati e dei comportamenti degli utenti che transitano dai diversi touchpoint. In questo modo, l’esperienza omnicanale – con al centro un consumatore interconnesso con tutti i touchpoint del negozio – consente alle aziende di personalizzare le esperienze per tutti i loro clienti e fornire loro un servizio qualitativamente molto alto.

Omnichannel management non significa semplicemente gestire le vendite in negozio e le vendite online, ma identificare le tecnologie più adatte ad abilitare nuove logiche di servizio e di offerta senza soluzioni di continuità tra canali fisici e canali digitali. Il tutto tracciando e monitorando ogni singola interazione per analizzare i feedback registrati e perfezionare sia l’offerta che la relazione. Solo così è possibile progettare al meglio le soluzioni di ingaggio e di fidelizzazione che garantiscono ai consumatori esperienze quanto più gratificanti, coerenti e rilevanti possibili, soprattutto se si vuole restare competitivi nella nuova normalità.

6. Uno scenario adattato alle esigenze della Gen-Z
Per riportare la Gen-Z nei negozi fisici, i brand dovranno ricreare nel punto vendita un’esperienza più coinvolgente dato che il prodotto da solo non sarà più sufficiente per influenzare i clienti. Le generazioni più giovani sono native digitali e apprezzano la velocità e la convenienza delle offerte date dall’e-commerce. Per questo è fondamentale che i brand traspongano i vantaggi del mondo online ai negozi fisici e creino uno spazio dove ingaggiare la Gen-Z e avvicinarla al mondo del retail fisico.

7. I rivenditori esploreranno l’impatto dei Big Data e del Metaverso sulle esperienze dei clienti
Man mano che il mondo fisico e quello digitale continueranno a interfacciarsi, i brand dovranno utilizzare sempre di più l’intelligenza artificiale per ottimizzare e personalizzare le esperienze dei propri clienti. Un rapporto di Accenture ha confermato che l’86% delle aziende si è adattato alla fine della pandemia ritrovando una nuova normalità in cui l’utilizzo di Intelligenza Artificiale, Big Data e Metaverso permetteranno di portare i brand in un mondo virtuale ma

8. L’inflazione renderà il consumatore sempre più attento ai costi
Data la recessione che sta interessando l’economia a livello globale e quella del nostro Paese in particolare, i consumatori saranno sempre più attenti ai costi. Ne è specchio la flessione delle vendite retail che hanno registrato un calo dell’1,6% nell’agosto 2022. Per affrontare con successo questo scenario, i brand dovranno impegnarsi maggiormente sull’engagement dei clienti, trovando soluzioni che sappiano attirarli e incentivare gli acquisti di valore.

9. Musica la centro della brand identity nel punto vendita
Per i brand diventerà sempre più cruciale trasmettere i propri valori e rafforzare la propria brand identity e per farlo sarà sempre più centrale il ruolo della musica, strumento di forte engagement per comunicare all’interno dei punti vendita in modo coinvolgente e immersivo.

Retail Datafication, 8 tendenze del retail del futuro

Il mondo del retail s’interroga su quale futuro lo aspetta nei prossimi anni cercando nuovi spazi di mercato in uno scenario complesso dove i costi fissi del punto vendita fisico sono in aumento, le abitudini dei consumatori sono state stravolte e l’e-commerce non intende arrestare la sua ascesa: basti pensare che, secondo Statista, nel 2022 il mercato del retail digitale in Italia vale 45 miliardi di euro e crescerà del 15% annuo fino al 2025. La sfida per il commercio al dettaglio è tanto semplice quanto complessa: capire in che modo riuscire a fidelizzare il consumatore creando una relazione emozionale e personale partendo dalle innovazioni tecnologiche come big data, intelligenza artificiale e automazione dei processi per riprendersi il ruolo da protagonista sul mercato.

Non sorprende, quindi, che il 95% dei merchant italiani continuerà gli investimenti per la trasformazione digitale e il 53% è ottimista in una crescita del business per il 2022 (fonte “Report Retail 2022” elaborato da Adyen in collaborazione con Kpmg): se queste stime fossero confermate si tratterebbe di un aumento del giro d’affari di 184 miliardi di euro per l’intero settore del retail.

“Il ruolo del customer engagement assumerà una valenza sempre maggiore, trasformandosi in customer intimacy e passerà attraverso punti di contatto digitali che s’integrano con continuità tra punto vendita fisico e digitale. In questo nuovo scenario l’utilizzo di piattaforme per l’integrazione, aggregazione e l’analisi di ogni dato sarà essenziale per i retailer che vogliono evolvere il rapporto e il dialogo con il consumatore creando un’esperienza di acquisto unica e personale”, spiega Francesco Soncini Sessa, Head of Strategic Alliances e co-Founder di Mia-Platform, tech company italiana specializzata nella costruzione di piattaforme e applicazioni che semplificano e accelerano l’erogazione di nuovi prodotti e servizi digitali.

L’industria è in fermento e lo testimonia anche il mercato dei big data analytics nel retail crescerà fino a 13,1 miliardi di dollari entro il 2027 con un +23,6% di incremento annuo rispetto ai 4,6 miliardi previsti per il 2022 come riportato da Research and Markets. Inoltre, secondo l’articolo di McKinsey “The future of shopping: technology everywhere”, l’impatto delle nuove soluzioni tecnologiche sarebbe in grado di far raddoppiare il margine operativo netto (l’EBIT) dei retailer oltre che rendere sempre più personale l’approccio con il nuovo consumatore. Un esempio? Le aziende di moda che hanno sfruttato la potenza dei dati per personalizzare le esperienze di e-commerce dei clienti hanno aumentato le loro vendite digitali tra il 30 e il 50%. Se consideriamo l’intera catena end-to-end (produzione, magazzino, vendita, consegna e reso) la vendita al dettaglio è probabilmente l’industria che raccoglie più dati sulle abitudini dei consumatori. Una prima sfida per i retailer sarà quella d’ideare un modello di business adeguato alla trasformazione digitale in atto cercando nuovi modi di mettersi in contatto con gli utenti che hanno cambiato le loro abitudini.

Come dimostra sempre McKinsey all’interno dell’articolo “The five zeros reshaping stores”, durante il periodo pandemico l’80% dei clienti ha sperimentato nuove modalità d’acquisto, come ad esempio il “clicca e ritira”, il 70% ha dichiarato di fare acquisti più spesso e il 34% spende di più rispetto alle persone che fanno acquisti esclusivamente nei negozi. In questo senso è chiaro che la strategia retail per intercettare un consumatore deve evolvere sempre di più in un’ottica “cross channel” perché questa tendenza omnicanale è la nuova normalità e sarà sempre più spiccata in futuro: negli Stati Uniti è già stata ribattezzata con il termine “shopping promiscuity”. Non sorprende che secondo gli analisti di Gartner solo il 14% delle organizzazioni ritiene di avere una completa visione delle necessità e dei comportamenti d’acquisto dei propri clienti: “L’esperienza di acquisto ottimale per il cliente inizia da casa navigando sul sito internet e termina all’interno del negozio fisico – spiega Francesco Soncini Sessa – Le nuove tecnologie supportano l’integrazione di canali off e online grazie a servizi digitali che facilitano il customer journey del cliente. Non stiamo parlando solo di offerte profilate ma di nuove soluzioni per la filiera che possono garantire la gestione in tempo reale degli ordini tra i diversi canali, logistica automatizzata e pagamenti integrati nei software gestionali”.

In questo senso una customer experience attenta alle necessità del consumatore può rivelarsi la chiave per fidelizzare il cliente. Pensiamo alla gestione dei resi che resta un’opzione molto apprezzata da parte dei clienti ma che comporta notevoli spese di gestione per il rivenditore: all’interno della supply chain si sta facendo strada il concetto di logistica circolare, un modello che si propone di ottimizzare le fasi di restituzione dell’oggetto valorizzando il recupero del prodotto e rimettendolo in circolo dandogli nuova vita. L’obiettivo è promuovere una maggiore produttività delle risorse riducendo gli sprechi ed evitando l’inquinamento della creazione di nuovi materiali. Secondo Statista in Italia il 43% dei consumatori ha restituito almeno un prodotto nel corso dell’anno e uno studio Barclaycard ha messo in evidenza come per il 57% degli e-commerce la gestione dei resi abbia avuto un impatto negativo sulle attività quotidiane.

Tutto questo senza contare il possibile danno economico della merce persa o sottratta illecitamente durante la logistica del trasporto e dello stoccaggio: secondo la “Retail Security Survey 2022” della National Retail Federation, negli Stati Uniti all’interno dei magazzini è stata sottratta merce per un valore complessivo vicino ai 62 miliardi di dollari, di cui la maggior parte per furti esterni compiuti anche da parte di organizzazioni criminali. “Per le aziende retail è fondamentale semplificare e velocizzare la gestione dei dati (di prodotto, logistici, transazionali e cliente), massimizzando l’integrazione e l’esposizione veloce e sicura verso sistemi interni ed esterni all’azienda. L’obiettivo è aumentare la qualità, velocità e la disponibilità del dato in modo tale da ottimizzare in ottica incrementale la supply chain visibility e ottenere una visione complessiva su tutti i flussi e processi di Supply Chain, anche grazie all’integrazione con tool e soluzioni aziendali e di partner terzi già in uso”, illustra ancora Soncini Sessa.

8 trend che rivoluzioneranno il punto vendita del futuro

1. DATA FUNDAMENTAL – Nell’architettura tradizionale delle retail company i dati sono frammentati in vari sistemi e in diverse infrastrutture locali. L’innovazione della “retail datafication” permette di sfruttare al massimo questo enorme potenziale aggregando tutti i dati: i rivenditori si stanno dotando di piattaforme basate su cloud che consentono l’automazione completa e il loro riutilizzo per analisi, trend e studi.

2. CAMERINI VIRTUALI – Tramite la propria app i retailer possono offrire la possibilità ai clienti d’indossare vestiti e accessori direttamente da casa. Sarà possibile utilizzare le proprie foto per visualizzare meglio l’aspetto dei capi d’abbigliamento, scarpe, occhiali e orologi: recentemente Walmart ha lanciato un’applicazione con 270mila capi da provare in modo virtuale riscuotendo il successo del pubblico.

3. LOGISTICA CIRCOLARE – La costruzione di catene d’approvvigionamento più sostenibili è diventata prioritaria e occorre costruire un circuito logistico circolare che vada a coprire tutto il ciclo vita del prodotto. Dalla raccolta rifiuti alla gestione degli imballaggi, fino alla riduzione del trasporto di un bene: sarà fondamentale tracciare i flussi di merci per una migliore gestione e trasparenza dell’intera filiera.

4. MICRO-INFLUENCER STUDIOS – Lo shopping accentuerà la sua forma d’intrattenimento verso i consumatori: sarà quindi possibile unire la vendita online e offline trasformando per una giornata i negozi in veri e propri studi per i micro-influencer che offrono visibilità ai prodotti. Una tendenza che potrebbe anticipare quella dello shopping live sui social media portando alla ribalta il ruolo dei “creator commerce”.

5. INNOVATIVE PAYMENTS – Le nuove soluzioni in cloud permettono l’integrazione dei flussi di pagamento direttamente con il gestionale ERP dell’azienda e il negozio e-commerce. Questo permette un maggior controllo sulle transazioni, una migliore raccolta dati sulle abitudini del consumatore e la possibilità d’accettare forme di pagamento e circuiti differenti come bonifici istantanei e carte virtuali.

6. VERTICALIZZAZIONE – Temporary boutique, pop up store e negozi monomarca. I brand porteranno sempre più in alto la personalizzazione e verticalizzazione dei propri negozi anche con aperture che possono durare pochi giorni, come in occasione della scorsa Milano Fashion Week, oppure per aperture estive nei luoghi di villeggiatura.

7. CUSTOMER ENGAGEMENT TOUCHPOINT – Gartner prevede che entro il 2023 il 40% dei comportamenti individuali saranno tracciati attraverso sistemi di “Internet of Behavior”. Per questo in futuro il Customer Engagement Hub, il framework che collega tutti i reparti della filiera del retail per coinvolgere il cliente, verrà implementato con tecnologie cloud e data driven per fornire analisi predittive e trend di vendita.

8. NEAR FIELD COMMUNICATION – Questa tecnologia può essere utilizzata nel retail per fornire ai clienti informazioni sugli oggetti prima dell’acquisto mentre in fase di post vendite sarà il rivenditore a capire in che modo l’utente interagisce con l’oggetto. Si stanno facendo strada tecnologie centralizzate in grado di gestire gli SmartTag direttamente dal negozio o dalla sede per garantire l’integrità delle informazioni.

Retail, un settore in costante evoluzione

Il settore del commercio al dettaglio sta attraversando una fase di cambiamento strutturale, guidata dallo sviluppo delle attività digitali e dal sorgere di nuove modalità di acquisto e abitudini di consumo. Nelle nostre città capita sempre più spesso di osservare come i locali su strada stiano assumendo nuove destinazioni d’uso, ad un ritmo accelerato non soltanto dagli sviluppi tecnologici, ma anche dagli effetti duraturi della pandemia da Covid-19.

Alcuni dati: sostenibilità e digitale sembrano essere i temi più caldi nel settore retail. Secondo un recente studio di Deloitte, il 55% dei consumatori ha acquistato nelle ultime 4 settimane un bene o servizio prodotto secondo criteri di sostenibilità. Una ricerca di Bloomberg evidenza come gli acquisti attraverso canali digitali negli Stati Uniti siano destinati a crescere dal 24% del totale nel 2020 al 35% nel 2025. E il cambiamento di abitudini è testimoniato dalla minore fedeltà ai marchi: secondo McKinsey, nel febbraio del 2022 ben il 46% dei consumatori americani ha scelto brand diversi per le nuove spese, rispetto al 33% del settembre 2020.

Secondo Dana Telsey, amministratrice delegata di Telsey Advisory Group, una delle figure più influenti negli Stati Uniti nel settore dei prodotti di consumo e più volte premiata da Barron’s come una delle 100 donne più influenti nel settore finanziario, i negozi fisici e il commercio digitale sono destinati a convivere a lungo, all’insegna di una forte personalizzazione dei consumi. L’aspetto sociale e legato al contatto umano riveste infatti ancora un ruolo di grande rilievo per le scelte dei consumatori, scelta che aumenterà grazie alla presenza di piattaforme sempre più numerose, in grado di guidare le decisioni di acquisto verso bisogni specifici.

Le abitudini dei consumatori sembrano seguire sempre di più l’evoluzione dei valori di riferimento di una società, alla luce di un crescente interesse per i temi legati alla sostenibilità e alla riscoperta dei prodotti locali. È stato dimostrato che per formare un’abitudine duratura sono necessari appena 65 giorni. Le tendenze, dunque, possono emergere in un tempo relativamente breve quando nuovi valori diventano più importanti per i consumatori. Quello che si sta notando, sempre secondo le osservazioni di Dana Telsey, è che i consumatori stanno riscoprendo alcuni valori fondamentali, che si traducono in nuovi usi e consuetudini.

Per rispondere a questo nuovo insieme di valori che sta emergendo negli ultimi anni, i processi produttivi e i modelli di business hanno dovuto adattarsi diventando più veloci, più agili, più pronti alla personalizzazione dell’offerta. Un aspetto che sta diventando sempre più rilevante è l’origine di ciò che acquistiamo, e la capacità di un prodotto di esprimere attraverso la sua provenienza una serie di principi ben precisi, o l’eredità di una storia legata al territorio. Si osserva questa tendenza in tutti i settori, dall’abbigliamento al cibo: le persone selezionano con sempre maggior attenzione ciò che indossano e ciò che consumano, cercando in tutti questi prodotti l’opportunità di migliorare il proprio benessere e di condividere con gli altri ciò che li fa stare bene.

La pandemia ha portato le persone a sperimentare nuovi modi di comprare e consumare, con cambiamenti destinati a perdurare nel tempo. L’impatto del modello lavorativo ibrido tra casa e ufficio sarà positivo, perché destinato a portare una maggiore produttività. La tendenza a connettersi in comunità, siano esse virtuali o reali, renderà l’apprendimento e lo sviluppo di tendenze di consumo ben più veloci rispetto al passato.

Nasce Remark, per soluzioni destinate a retail evoluto e Gdo

Proporre al mercato sistemi di cassa smart e soluzioni con a bordo i software necessari per consentire una gestione evoluta di processi e attività. È questo l’obiettivo di Remark S.r.l., la nuova società del gruppo RCH che nasce dalla sinergia tra gli oltre 50 anni di esperienza di RCH S.p.A. nello sviluppo di soluzioni avanzate per i punti vendita e le competenze trentennali di Igesa S.r.l. nel campo dei software gestionali per le PMI, l’e-commerce, il Retail e la Distribuzione Organizzata.

La newco, le cui quote societarie sono al 60% di RCH S.p.A. e al 40% di Igesa S.r.l., è presieduta da Stefano De Pra, Presidente di RCH S.p.A.

Grazie ad una collaborazione di due anni tra le due società fondatrici e ai test effettuati nel mercato delle attività commerciali con esigenze più evolute e della Distribuzione Organizzata su oltre 700 punti cassa, Remark ha costruito una piattaforma d’offerta che propone sistemi che integrano hardware e software. Le casse smart a marchio RCH avranno infatti a bordo Physit Store Solutions, il software sviluppato per coprire le esigenze gestionali più complesse nel mercato Retail e DO.

Che si tratti di realtà distribuite sul territorio, con punti cassa multipli, con la necessità di gestire e-commerce e magazzino, i nuovi sistemi integrati di Remark consentono di disporre di soluzioni ideali per incrementare efficienza ed efficacia nel governo delle attività. Tra i vantaggi della nuova piattaforma d’offerta, un costo estremamente competitivo, anche in termini di formazione e assistenza, rispetto ad altre soluzioni presenti sul mercato.

Il canale distributivo prevalente per le soluzioni RCH con a bordo Physit Store Solutions sarà quello dei Concessionari RCH.

“La nascita di Remark è una conferma della nostra strategia di crescita che individua RCH come punto di riferimento in un mercato in forte e costante evoluzione come quello del Retail e della DO. Sempre di più la differenza competitiva nel settore sarà determinata dalla disponibilità di soluzioni che consentano una gestione, semplice e intuitiva, di processi complessi. Crediamo che i sistemi commercializzati da Remark siano una risposta efficace per consentire la transizione delle aziende commerciali e distributive verso paradigmi più evoluti, in linea con le attuali richieste dei consumatori”, ha commentato Nicola Cassoli, Consigliere di Remark S.r.l. e Chief Marketing Officer di RCH SpA.

Le 5 tendenze nel retail del 2022 secondo Tiendeo

Il 2021 è stato un anno di assestamenti, segnato da una lenta ripresa economica ancora immersi nella pandemia di Covid-19, che continua a circolare ad alta velocità nel Paese. Ci si aspettava che il 2021 sarebbe stato l’anno del ritorno alla normalità, ma purtroppo non è stato così. A causa delle circostanze, il settore retail si è trovato ad adottare una strategia flessibile, in grado di adattarsi alle nuove abitudini di consumo degli italiani, inducendo i professionisti del marketing a riorganizzare le proprie risorse e i propri canali di distribuzione per il 2022. Tiendeo.it, azienda specializzata nella digitalizzazione del settore retail, ha realizzato uno studio coinvolgendo i professionisti del marketing dei principali brand mondiali, che ha permesso di individuare i 5 trend chiave che rivoluzioneranno il settore retail nel 2022.

1. Crescita continua delle esperienze omnicanale

Secondo lo studio condotto da Tiendeo “Retail Marketing Hot Trends 2022”, il 58,6% dei retailer e dei brand scommetterà sui canali digitali nel 2022. L’evoluzione delle abitudini di acquisto ha portato il canale digitale a essere il mezzo preferito dai marketer per connettersi con i consumatori. Pertanto, l’investimento nei media tradizionali (TV, radio o pubblicità cartacea) si è spostato verso il mezzo digitale. È quanto evidenziato dallo studio, che mostra come marketing digitale (78%) e social network (67%) saranno gli investimenti a cui verrà riservato maggior spazio nei budget marketing 2022. Ora più che mai, l’uso di strategie adattabili di fronte a un futuro incerto, insieme alla necessità di offrire esperienze omnicanale, costituiranno il fondamento delle strategie pubblicitarie.

2. Il boom del “negozio esperienziale”

Il paradigma dei negozi tradizionali scompare per lasciare posto a quello dei negozi esperienziali. Negozi in grado di coniugare il mondo fisico e digitale in un momento e in un luogo specifici. Un effetto collaterale di questo cambio di paradigma è la crisi del modello di business dei centri commerciali a cui siamo stati abituati finora. Un modello di business che rischia di scomparire, a favore di uno più flessibile, in cui predomineranno campagne effimere o addirittura occasionali.

Così, i centri commerciali cesseranno di essere luoghi di passaggio per consolidarsi come punti di incontro dove gli spazi si trasformeranno in palcoscenici, e dove si potrà assistere a diversi tipi di spettacoli che invitano al consumo di un determinato prodotto o brand. L’obiettivo di questo cambiamento di modello è quello di attirare il pubblico verso il negozio fisico (sia coloro che desiderano acquistare, sia coloro che al momento non manifestano tale intenzione) e creare così un’esperienza unica basata su emozioni in grado di sviluppare una connessione e un legame maggiori.

“Sebbene i negozi fisici continuino a riscuotere i consensi del pubblico, i consumatori sono sempre più alla ricerca di un’esperienza memorabile e fluida, in cui il digitale svolgerà un ruolo fondamentale”, afferma Eva Martín, CEO di Tiendeo.

3. La tecnologia come catalizzatore del cambiamento

Soluzioni digitali di assistenza alla vendita, chioschi interattivi, negozi cashless,… Così sarà il futuro delle attività commerciali. Con l’incorporazione della tecnologia e dell’intelligenza artificiale nel processo di vendita, assisteremo all’apparizione sempre più frequente di negozi intelligenti, che consentiranno ai consumatori di acquistare in luoghi praticamente con pochissimo personale e dove non è necessario passare dalla cassa.

A livello internazionale, i supermercati senza bancomat non sono una novità. In Italia Conad sta testando tecnologie casherless per avvicinarsi alla formula di supermercati senza cassa.

Un passo che è stato fatto anche dai grandi gruppi dei nostri cugini d’oltralpe, come Carrefour, Auchan e Monoprix. Lo sviluppo di queste tipologie di negozi consente ai rivenditori di competere con i giganti dell’e-commerce fornendo un’esperienza più confortevole e senza attriti.

Quando si parla di shopping online, si parla anche di tecnologie che ci trasportano direttamente in negozio senza muoverci da casa nostra attraverso la realtà virtuale aumentata. Ne è un esempio l’azienda Dyson, che è stata uno dei primi brand a testare questo concetto con l’apertura di un proprio negozio virtuale, in cui gli utenti sono stati invitati a testare i prodotti da remoto e avviare così il processo di acquisto.

4. L’economia circolare, al centro delle strategie

La preoccupazione dei consumatori per l’ambiente sta portando retailer e brand ad adottare una strategia più responsabile. Rifiuti Zero, il mercato dell’usato e quello d’occasione continueranno a crescere, e ci si troverà ad affrontare nel 2022 un tema cruciale per il settore: conciliare potere d’acquisto e tutela dell’ambiente.

Come ad esempio il Green Friday, ovvero il Black Friday di Ikea, collegato al servizio “Riporta e Rivendi”, che da anni aiuta le persone a prolungare la vita dei propri mobili Ikea. In occasione del Green Friday i clienti hanno goduto di una valutazione pari al 50% in più del proprio usato. Un modo per fomentare il riciclo e disincentivare lo spreco.

Un esempio per il settore moda è invece il brand francese Kiabi, che prevede di aprire in Italia diversi punti vendita specializzati in abbigliamento usato nel corso del 2022.

Un altro aspetto degno di nota in relazione all’economia circolare, è l’impegno di diversi retailer a ridurre o eliminare la produzione dei propri cataloghi cartacei. Anche in questo caso, ne è un esempio la svedese Ikea, che ha annunciato l’intenzione di interrompere la stampa del suo noto catalogo cartaceo nel 2022.

In Italia sempre più brand stanno raggiungendo questo punto di consapevolezza e optano per strumenti di comunicazione più sostenibili come i cataloghi digitali.

5. Lunga vita al social shopping

Sebbene il social shopping sia una tendenza consolidata, nel 2022 vedremo sempre più brand e retailer utilizzare questo mezzo come complemento dell’e-commerce, dove il social selling si affiderà principalmente a influencer e brand ambassador.

Secondo lo studio Tiendeo, il 68% dei retailer e dei brand prevede di aumentare la propria spesa pubblicitaria sui social media nei prossimi 12 mesi.

BrandContent

Fotogallery

Il database online della Business Community italiana

Cerca con whoswho.it

Diritto alimentare