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Trend positivo per il plant-based: lo acquista il 60% delle famiglie

I carrelli degli italiani sono sempre più verdi per la continua crescita dell’acquisto di prodotti plant-based, che nel 2024 ha coinvolto più di 15 milioni di famiglie, raggiungendo una penetrazione assoluta del 59,3%. Questi gli ultimi dati raccolti da YouGov Shopper, operatore attivo nel mercato delle ricerche sul mondo del largo consumo, che ha rilevato l’aumento del consumo plant-based nell’anno appena trascorso confermando la solidità di una tendenza che non accenna ad arrestarsi. Tutti gli indicatori monitorati durante il 2024 confermano il consolidamento del settore: la penetrazione assoluta accelera la sua crescita (+2,2 punti percentuali), mentre la frequenza di acquisto segna un significativo +9,6% che influenza l’acquisto medio (+1,8%). L’unico dato in controtendenza è quello relativo all’acquisto medio per atto (-7,1%), con un calo che conferma anche in questo settore le nuove abitudini delle famiglie italiane che fanno la spesa sempre più spesso, ma in quantità sempre più ridotte.
Qual è il profilo socio-demografico delle famiglie che scelgono prodotti plant-based? Analizzando ad esempio la gastronomia vegetale (fresca o surgelata), i dati evidenziano una prevalenza di acquirenti nel Nord Italia, appartenenti a classi socio-economiche medio-alte, di età superiore ai 45 anni e senza figli. Oltre il 60% delle famiglie che scelgono il plant-based è infatti composto da nuclei monocomponente o con massimo due componenti.

L’IDENTIKIT DI VEGETARIANI E VEGANI
Tra i fattori che spiegano la continua crescita dell’acquisto di prodotti plant-based emerge, secondo la ricerca firmata da YouGov, il progressivo affermarsi della dieta vegetariana e di quella vegana in Italia. Sono complessivamente quasi 3 milioni, infatti, coloro che si dichiarano vegetariani (3,7% della popolazione, pari a 2,1 milioni di persone) o vegani (1,5% del totale, 855.000 persone).
Per la maggioranza di coloro che adottano questi regimi dietetici – in prevalenza donne (55%) e residenti nel settentrione (52%) – lo stimolo è la volontà di avere un certo stile di vita (32%). Particolarmente rilevante risulta essere anche la salute personale che motiva il 31% degli acquirenti a scegliere prodotti vegani e vegetariani. L’etica si intreccia dunque alla cura personale, delineando un’attenzione al benessere collettivo e individuale, che guida le scelte alimentari di questi consumatori. Guardando alle loro attitudini emerge infatti che vegetariani e vegani sono più ambientalisti rispetto alla popolazione italiana maggiorenne complessiva (34% vs. 12%) e prediligono marchi e aziende che esprimono un impegno concreto nelle cause sociali e ambientali. Inoltre, sono più attenti della media nazionale alle etichette degli alimenti e alle liste di ingredienti (31% vs. 20%) e maggiormente pet-friendly (nel 47% dei casi possiedono due o più animali domestici, a fronte di una media nazionale che si attesta al 30%).

BENE LE BEVANDE VEGETALI E GLI HAMBURGER
Analizzando nel dettaglio la penetrazione assoluta dei segmenti, emerge che nel 2024 più di un italiano su 3 ha acquistato bevande vegetali (39,3%) e gastronomia vegetale (38%) mentre quasi uno su cinque (19,8%) compra prodotti sostitutivi dei latticini. Guardando alla variazione della penetrazione tra il 2023 e il 2024, si osserva un miglioramento complessivo che coinvolge tutte le categorie: gastronomia vegetale (+2,7 punti percentuali), bevande vegetali (+1,9pp), alternative ai latticini (+1,6pp), salumi vegetali (+1,4pp). Prendendo in considerazione i singoli prodotti, inoltre, si osserva che l’aumento più significativo riguarda il numero di consumatori che acquistano gli hamburger (+3,5pp), il finger food (+2,1pp), e i condimenti (+ 2pp).
Il perseguimento di uno stile di vita sano e responsabile sta spingendo sempre più famiglie italiane a modificare le proprie abitudini alimentari – commenta Paola Corbellini, National Clients Cluster Lead di YouGov – incrementando il consumo di prodotti plant-based. Secondo i nostri dati, infatti, tale tendenza è in costante crescita e segna un’espansione che coinvolge un numero sempre maggiore di italiani, in particolare quelli residenti nel Nord (47,5% del totale), appartenenti a classi socio-economiche medio-alte (51,1%), con età superiore ai 45 anni (73,9%) e senza figli (78,4%). A questo target, si affianca anche quello dei vegani e vegetariani, che contribuiscono in modo determinante alla diffusione del plant-based nel nostro Paese”.

Pinalli lancia la sua prima private label

È un segno dei tempi e dell’evoluzione (senza confini) del retail. La private label – o marca del distributore, come preferiscono chiamarla le insegne – è da tempo una leva strategica, non solo in termini economici, ma anche di immagine. Un’ulteriore conferma arriva dal mondo della bellezza e da Pinalli, player attivo proprio in quel comparto, che ha lanciato sua prima private label. La linea – già disponibile nei 92 store e attraverso l’e-commerce ufficiale dell’azienda – viene presentata come una scelta strategica che arricchisce e completa l’esperienza d’acquisto, rafforzando la riconoscibilità dell’insegna nel panorama beauty nazionale.
Con la nascita della private label compiamo un passo decisivo – dichiara Raffaele Rossetti, Presidente e Amministratore Delegato di Pinalli –. Vogliamo esprimere in modo chiaro la nostra identità, dare vita a una proposta esclusiva per i nostri canali, arricchire l’esperienza dei clienti con strumenti capaci di rendere la routine di bellezza più completa e, al tempo stesso, intercettare e interpretare i trend più attuali. È una scelta che segna l’evoluzione del nostro ruolo: da semplice distributore a brand che crea valore, ispira e sorprende”.
La private label di Pinalli prende vita attraverso diverse linee: Make-uppy introduce pennelli e spugnette; Skincredible arricchisce la routine skincare con accessori come patch e pad; Hairmazing è dedicata allo styling dei capelli, con elastici, mollette e pettini; BeautyTool offre strumenti di precisione come pinzette e limette. A chiudere la collezione, le pochette, in vari colori e formati. Si tratta tuttavia di solo il primo passo di un percorso più ampio, che vedrà progressivamente l’ingresso di nuove categorie e lo sviluppo di ulteriori progetti a marchio Pinalli, a cominciare dal lancio di due mascara in questi giorni.

IL RITORNO IN TV
È emblematico che, contestualmente al debutto della private label, l’insegna annunci un’altra iniziativa focalizzata anch’essa sull’identità d’insegna: il ritorno on air con la campagna Tv nazionale “Pinalli sei meraviglia”, firmata da Serviceplan sotto la direzione creativa di Igor Borghi. La campagna, trasmessa sulle principali emittenti nazionali e sulle piattaforme digitali, mira a rafforzare il nuovo posizionamento del brand e amplificarne la riconoscibilità su tutti i touchpoint.
Nata nel 1984 a Fiorenzuola d’Arda, in provincia di Piacenza, Pinalli ha chiuso il 2024 con un fatturato di 170 milioni di euro. Da febbraio del 2023 una quota di maggioranza della società è detenuta da H.I.G. Capital, uno dei principali fondi di investimento internazionali, che ha investito in partnership con la famiglia Pinalli e con l’attuale management.

Probios sale al 60% di BMS e accresce la base produttiva

Rafforzare l’asset industriale, estendere il presidio lungo l’intera filiera produttiva e consolidare la capacità di offerta sul mercato europeo e internazionale. Sono queste le motivazioni che hanno spinto Probios Group ad incrementare dal 30% al 60% la quota detenuta nel capitale sociale di BMS, azienda di Spoleto specializzata nell’acquisto, trasformazione e commercializzazione di prodotti agroalimentari organic, salutistici e free-from, in particolare, cereali per la colazione, semi, legumi, farine gluten free e frutta secca. L’operazione è stata realizzata con il supporto di Agreen Capital, azionista di riferimento di Probios.
Dopo un 2024 segnato da una parte dall’acquisizione di BiotoBio e di cinque marchi storici del biologico italiano (Baule Volante, Fior di Loto, Zer%, La Finestra sul Cielo e ViviBio) e dall’altra dall’ingresso iniziale in BMS, il gruppo con sede a Calenzano (FI) conferma la propria traiettoria di crescita nell’healthy food, con un fatturato superiore a 100 milioni di euro e una presenza diretta in 47 Paesi. “Consolidare la maggioranza in BMS è un’operazione industriale, con una chiara visione strategica – commenta Andrea Rossi, Presidente di Probios Group e Managing Partner di Agreen Capital –. Significa garantire maggiore presidio sulla supply chain, potenziare know-how e competenze produttive, accelerare il percorso che ci vede impegnati a diventare un player europeo di riferimento nel mondo dell’alimentazione salutistica e funzionale”.

DALLA MATERIA PRIMA
AL PRODOTTO FINITO
Questa acquisizione rappresenta la naturale evoluzione del nostro piano industriale – aggiunge Renato Calabrese, Amministratore Delegato di Probios Group (nella foto a destra) –, un percorso coerente che ci porta a rafforzare la nostra base produttiva e ad ampliare la capacità di rispondere in maniera efficace alle richieste del mercato. Dalla materia prima al prodotto finito, vogliamo presidiare ogni fase della filiera, garantendo continuità, solidità operativa e valore per consumatori e stakeholder”.
L’ingresso stabile in Probios Group segna per BMS l’avvio di una nuova stagione di crescita – conclude Enrico Tinelli, Amministratore Delegato di BMS –. La nostra esperienza industriale si unisce ora alla visione internazionale del gruppo, creando le condizioni ideali per valorizzare ulteriormente la filiera agricola e mettere a fattor comune sinergie commerciali e operative”.
La sfida per Probios è interpretare e anticipare le nuove sensibilità dei consumatori: dalla ricerca di alimenti clean label e plant-based fino al crescente orientamento verso prodotti funzionali, gluten free e a ridotto impatto ambientale. Una strategia finalizzata a conquistare un pubblico sempre più trasversale, che va dai consumatori amanti del biologico e degli acquisti consapevoli a coloro che scelgono prodotti con particolari claim e caratteristiche per soddisfare stili alimentari ed esigenze di benessere.
Nell’operazione, il gruppo è stato assistito da Agreen Capital per le attività di M&A advisory e da Epyon Consulting per la due diligence finanziaria, mentre sul fronte legale è stato supportato dallo Studio Avvocatidimpresa, con il Managing Partner Avv. Alberto Calvi di Coenzo.

Effetto dazi sull’export di vino negli Usa: prezzo medio cala del 13,5%

L’Osservatorio di Unione italiana vini lancia l’ennesimo allarme: il conto dei dazi lo stanno pagando le imprese. A provarlo sarebbero i dati sulle importazioni delle dogane americane e precisamente la media a listino del vino italiano, passata dai 6,52 dollari/litro di luglio 2024 ai 5,64 dollari del pari periodo di quest’anno, quindi con un ribasso del 13,5% del prezzo medio. E questo, sottolinea l’associazione, nonostante una fase di deprezzamento del dollaro Usa che dovrebbe invece spingere gli americani a spendere mediamente di più per comprare in euro.
Secondo l’Osservatorio, dall’attivazione delle nuove tariffe a fine luglio il vino italiano ha subito tariffe aggiuntive pari a 61 milioni di dollari, circa un terzo rispetto al totale import di prodotti provenienti dall’estero. Una classifica ad handicap, che vede primeggiare di poco la Francia (62,5 milioni di dollari), seguita dall’Italia e, in lontananza, dalla Spagna.

LE IMPRESE COMPRIMONO I MARGINI PER RIMANERE COMPETITIVE
Dobbiamo evidenziare il sacrificio importante sui margini che stanno facendo le nostre imprese per fare fronte ai dazi statunitensi – dice Lamberto Frescobaldi, Presidente di Unione italiana vini –, il vino sta uscendo dalle cantine a prezzi inferiori, e questo testimonia che buona parte delle imprese si sta assumendo in toto il dazio per rimanere competitive”. Ma c’è di più: secondo Uiv si stanno paradossalmente riscontrando ingiustificati aumenti nei punti vendita americani. “Ci risulta che i prodotti allo scaffale facciano parte degli stock pre-dazi accumulati nei primi mesi dell’anno – aggiunge Frescobaldi -; dispiace, perciò, assistere ad aumenti che non hanno ragion d’essere. Speculazioni di alcuni che non aiutano le nostre imprese, ma nemmeno i partner del trade statunitense che si oppongono anch’essi alle tariffe”.
A fronte di queste difficoltà Uiv auspica l’attivazione di una promozione straordinaria per il vino proprio a partire dalla piazza a stelle e strisce già a partire dal 2026. Una reazione concepita a regia pubblico-privata e basata sull’unicità del bere italiano, che oltre agli Stati Uniti dovrebbe concentrarsi su mercati promettenti come Uk, Canada, Brasile.

Oasi di sostenibilità a Spoltore per Magazzini Gabrielli

Nuovo punto vendita a Spoltore, in provincia di Pescara, per Magazzini Gabrielli. La struttura di Viale Europa si estende su 2.500 metri quadrati di superficie di vendita, con un parcheggio esterno da 194 posti auto e rappresenta un potenziamento della catena in Abruzzo. Magazzini Gabrielli ha riqualificato l’area, demolendo il fabbricato esistente e operando una vera e propria bonifica. Sono circa 65 i collaboratori che lavoreranno nel superstore, tutti di Spoltore e zone limitrofe. L’assortimento comprende 18.800 referenze food e 5.700 non food, le casse sono 14 di cui sei self check-out. Il negozio sarà aperto tutti i giorni con orario continuato dalle 8 alle 21.
Con l’inaugurazione, l’azienda precisa di aver immediatamente posto in essere le consuete “azioni di solidarietà immediata”, che permettono di incontrare le realtà che, nei vari territori, operano nel sociale. Alle iniziative riservate a tutti i clienti con Carta Unika si aggiungono quelle dedicate ai clienti che scaricano la App Oasi Tigre, che potranno accedere a sconti aggiuntivi, agli iscritti all’Associazione Nazionale Famiglie numerose e ai clienti con più di 70 anni di età, appartenenti al club delle Volpi Grigie.

CONSUMI ENERGETICI OTTIMIZZATI
Grazie a un involucro edilizio altamente isolante, infissi a taglio termico e impianti tecnologici di ultima generazione, il nuovo Oasi ha raggiunto la classe energetica A4, la più alta prevista dalla normativa. L’impianto fotovoltaico da 196,08 kWp fornisce energia rinnovabile, mentre la climatizzazione avviene attraverso pompe di calore e un sistema VRF a flusso variabile di refrigerante, garantendo consumi ridotti e comfort ottimale. Il freddo alimentare è prodotto con un impianto a CO₂, che non altera la composizione dell’atmosfera e riduce l’impatto ambientale. L’illuminazione interna ed esterna è affidata a sistemi LED di quinta generazione con controllo intelligente e adattivo, in grado di creare scenari luminosi personalizzati che migliorano l’esperienza di acquisto e l’efficienza energetica.
La produzione di acqua calda sanitaria è assicurata a costo zero dal recupero di calore degli impianti di refrigerazione, mentre un sistema BMS (Building Management System) integra e ottimizza la gestione di tutti i consumi.
L’apertura di Spoltore – dichiara Laura Gabrielli, Presidente di Magazzini Gabrielli – conferma l’impegno dell’azienda a promuovere un modello di sviluppo sostenibile, che unisce il rispetto per l’ambiente alla qualità dei servizi per i clienti. L’Abruzzo è una regione strategica per la nostra crescita e per l’evoluzione del nostro modo di vivere l’esperienza d’acquisto”.

Osservatorio Non Food, più consumi e meno negozi

Nel 2024 gli italiani hanno speso 111,6 miliardi di euro per l’acquisto di prodotti e beni non alimentari, con un incremento del +0,6% rispetto al 2023, anno che aveva visto un saldo appena positivo (+0,1% sul 2022), mentre nel medio periodo la crescita è stata molto più sostenuta: +18,6% rispetto al 2020, anno della pandemia. Contemporaneamente, la rete dei punti vendita fisici non food si è ridotta: nel 2024 è scomparso lo 0,4% dei negozi proseguendo un trend che continua da anni. Tra 2020 e 2024, considerando il saldo tra le nuove aperture e le chiusure a parità di insegne, la rete commerciale si è ridotta del -12,3%. È quanto emerge dalla nuova edizione dell’Osservatorio Non Food di GS1 Italy, che monitora l’andamento di 13 comparti (abbigliamento e calzature, elettronica di consumo, mobili e arredamento, bricolage, articoli per lo sport, prodotti di profumeria, casalinghi, prodotti di automedicazione, edutainment, prodotti di ottica, tessile casa, cancelleria, giocattoli).

L’ELETTRONICA DI CONSUMO RICONQUISTA LA VETTA
Nonostante un calo di -0,5% del fatturato, l’elettronica di consumo ha riconquistato il primo posto nella graduatoria per entità del giro d’affari, con 21,8 miliardi di euro di sell-out. Di conseguenza è sceso al secondo posto il comparto abbigliamento e calzature, che ha chiuso il 2024 con 21,6 miliardi di euro di vendite, in sostanziale stabilità rispetto al 2023. Seguono i mobili e arredamento, con 15,7 miliardi di euro (-0,3% annuo) e il bricolage, con 13,3 miliardi di euro (-1,4%). Così come nel 2023, anche nel 2024 questi primi quattro comparti raccolgono il 65% del valore totale dell’Osservatorio Non Food di GS1 Italy.
Il comparto dei prodotti di profumeria si conferma nel 2024 il settore del non food con il maggior incremento annuo di vendite (+8,0%), arrivate a circa 8,1 miliardi di euro. Anche i prodotti di automedicazione (ovvero i farmaci acquistabili senza prescrizione medica e gli integratori notificati dal SSN) hanno aumentato gli incassi rispetto al 2023 (+3,2%), sfiorando i 9 miliardi di euro. A crescere nel corso del 2024 è stato poi il giro d’affari di edutainment (+3,2%), tessile casa (+2,0%) e articoli per lo sport (+0,8%). Affari in calo, invece, per ottica (-0,7%), cancelleria (-2,9%) e giocattoli (-3,4%) e vendite in sostanziale stabilità per casalinghi (+0,2%).
Partendo dalle evidenze emerse dall’Osservatorio Non Food, abbiamo identificato le dieci macro-trend di consumo che hanno caratterizzato il 2024 e che raccontano i nuovi atteggiamenti degli italiani nei confronti degli acquisti extra alimentari – dichiara Samanta Correale, Business Intelligence Senior Manager di GS1 Italy –. Dalla ‘comfortability’ alla ‘leisurizzazione’, dalla tirannia della convenienza alla riscoperta di canali commerciali ‘alternativi’, queste dieci tendenze di fondo hanno attraversato i 13 comparti rilevati dall’Osservatorio Non Food. Ad esempio, l’attenzione allo starbene e al mostrarsi bene ha spinto la spesa destinata ai prodotti cosmetici e di automedicazione ma anche alle attrezzature sportive e ai servizi dedicati al benessere, che hanno migliorato anche l’attrattività di centri commerciali e factory outlet. Invece l’esigenza di ridurre la crescente complessità della vita quotidiana ha fatto spesso preferire prodotti più semplici da usare, canali d’acquisto più facili da fruire grazie all’assortimento limitato ma selezionato e retailer affidabili per competenza specialistica e servizi pre e post-vendita”.

I LUOGHI DELLO SHOPPING NON ALIMENTARE
I nuovi atteggiamenti degli italiani nei confronti della spesa non food hanno determinato anche un cambiamento nell’approccio e nella scelta di dove fare shopping. Anche nel 2024 le grandi superfici specializzate (Gss) restano il canale commerciale più importante e presente in Italia, con 28.670 punti vendita delle principali insegne (censiti da TradeLab per l’Osservatorio Non Food). Nel 2024 è proseguita la razionalizzazione della rete (-0,4%), anche se in modo meno accentuato rispetto agli anni precedenti. Le Gss dominano nei comparti tessile casa, elettronica di consumo, abbigliamento e calzature, profumeria. Nel 2024 hanno aumentato la loro quota in: articoli per lo sport, profumeria e abbigliamento e calzature.
Al secondo posto restano le grandi superfici alimentari (Gsa), con 24.898 punti vendita, in diminuzione di -0,9% rispetto al 2023. A chiudere sono stati soprattutto superette e supermercati, mentre il numero degli ipermercati è rimasto stabile e quello dei discount è cresciuto (+1,4%). Tra le grandi superfici non specializzate (Gsns) nel 2024 sono aumentate le numeriche di grandi magazzini (+2,5%) e di cash & carry (+2,4%), ma comunque le Gsns mantengono un ruolo generalmente marginale nell’universo del non food e le loro quote di mercato nei diversi comparti restano stabili. Unica eccezione nella profumeria, dove sono il secondo canale con il 31,0% di quota di mercato.
I negozi specializzati continuano a presidiare i comparti in cui sono importanti la competenza, il servizio e la possibilità di personalizzare gli acquisti, come avviene nei comparti casalinghi e prodotti di automedicazione, dove hanno oltre l’80% di quota di mercato, ma sono il canale leader anche in cancelleria, ottica, bricolage, mobili e arredamento.
Gli altri canali, come ambulanti ed edicole, restano i più utilizzati per gli acquisti di giocattoli (38,7% del mercato), mentre i mobilieri sono al primo posto negli elettrodomestici bianchi (37,0%). Inoltre, farmacie e parafarmacie mantengono un peso importante nel mondo di profumi e cosmetici, sviluppando il 18,1% delle vendite totali.
Nel 2024 è proseguita la tendenziale stabilizzazione del peso dell’e-commerce, che resta rilevante soprattutto nell’edutainment (57,6% di incidenza a valore) e nell’elettronica di consumo (29,3%), con picchi nei videogiochi (88,9%) e nel multimedia storage (44,8%). Rispetto al 2023, gli acquisti online sono aumentati nell’elettronica di consumo, nei prodotti di profumeria, nell’edutainment e nei farmaci da banco, e in particolare in videogiochi, telefonia, fotografia, hardware, supporti musicali, piccoli elettrodomestici e multimedia storage.

I CENTRI COMMERCIALI TORNANO A CRESCERE
L’Osservatorio Non Food di GS1 Italy suddivide da sempre la rete di vendita moderna extra alimentare in sei tipologie di agglomerazioni commerciali, costituite nel 2024 da oltre 30.000 punti vendita, appartenenti a 316 retailer. Il commercio urbano centrale resta l’agglomerazione più significativa, con il 43,0% dei punti vendita totali ma continua a perdere negozi (-1,7% rispetto al 2023). Nel 2024 è tornata a crescere, invece, la seconda tipologia di agglomerazioni commerciali: i centri commerciali (40,4% di quota), con un aumento del +0,7% degli esercizi commerciali. Nel 2024 è lievemente diminuita l’incidenza dei parchi commerciali, che sono scesi a 5,9% di quota sul totale e hanno perso una piccola percentuale (-1,7%) dei punti vendita.
Le aree urbane periferiche sono arrivate a quota 5,9% (+0,1% rispetto 2023) e soprattutto sono state la tipologia di agglomerazione con la più consistente crescita di attività (+1,4%). Anche i factory outlet hanno aumentato leggermente la loro quota arrivando a 3,8% (3,7% nel 2023) e hanno visto aumentare di +1,2% la numerica dei punti vendita della distribuzione moderna non alimentare. A chiudere la mappatura della rete distributiva moderna realizzata dall’Osservatorio Non Food di GS1 Italy sono gli altri poli, che detengono solo l’1,1% di quota e continuano a perdere punti vendita (-1,6% di punti vendita), soprattutto nei luoghi di passaggio e ad alto livello di traffico, come stazioni e aeroporti.

Città del sole raddoppia a Palermo

Bis a Palermo per Città del sole: nella serata di venerdì 12 settembre è stato inaugurato un negozio in Via Sciuti 66, che si va ad aggiungere a quello già attivo in Via Siracusa 5/A. Con questa apertura la catena arriva a quota 87 punti vendita sul territorio nazionale. Nata a Milano nel 1972, Città del sole si pone come obiettivo quello di accompagnare la crescita dei bambini attraverso il gioco creativo, visto come un valore per il benessere di grandi e piccoli. Non a caso, l’azienda definisce i suoi negozi come luoghi dove i giocattoli sono selezionati non per quello che fanno, ma per quello che permettono ai bambini di fare, stimolando continuamente la loro creatività.
Lo store di Via Sciuti è aperto con i seguenti orari: lunedì 16-20, da martedì a sabato 9-13.00 e 16-20, chiuso la domenica. “Siamo davvero entusiasti di questa nuova apertura che ci permette di essere presenti in modo capillare nel palermitano – afferma Graziano Grazzini, Amministratore Delegato di Città del sole –. Arrivare a questo traguardo è una cosa che ci riempie di orgoglio. Mai come oggi siamo certi che l’offerta differente di Città del sole sia la scelta corretta, nei confronti di chi, da sempre, crede nel valore del gioco come strumento educativo”.

Crai nomina Alessandro Buoso Direttore Sviluppo Operativo CeDi

La sua nomina è finalizzata a migliorare i processi e sostenere la crescita. Un compito non da poco attende Alessandro Buoso, nuovo Direttore Sviluppo Operativo Centri di Distribuzione di Crai. Nell’ottica di costruire un’azienda unica, l’insegna definisce il suo ingresso come un punto di svolta per CraiFutura, perché accelera la trasformazione verso un modello operativo e organizzativo più integrato ed efficiente, che vede sede e CeDi uniti in un’unica realtà, con al centro la rete dei circa 1500 negozi, tra supermercati, superette e negozi alimentari, presenti in oltre 800 comuni di tutta Italia.
Alessandro Buoso, nel suo nuovo incarico a diretto riporto del Presidente Giangiacomo Ibba, avrà il compito di guidare i progetti di crescita e potenziamento dei centri di distribuzione su tutto il territorio nazionale, uniformare i modelli operativi, favorire la collaborazione tra la sede centrale e le diverse strutture territoriali e supportare attivamente i CeDi nello sviluppo di competenze avanzate e nell’adozione di standard condivisi. Laureato in Economia e Gestione d’Impresa presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, il manager vanta una consolidata esperienza nel settore della grande distribuzione organizzata. Il suo percorso professionale lo ha visto infatti ricoprire ruoli apicali in realtà come Gruppo Végé, Coal e Gruppo Vega, acquisendo una conoscenza approfondita delle dinamiche operative e strategiche del panorama retail.

Per la gestione dei pagamenti Eataly si affida ad Adyen

Da Stoccolma a Parigi: si amplia la collaborazione tra Adyen ed Eataly. Il gruppo fondato da Oscar Farinetti, dal 2023 partecipato al 52% da Investindustrial, ha scelto la piattaforma tecnologico finanziaria come partner strategico per la gestione dei pagamenti nei punti vendita fisici, dopo i risultati positivi ottenuti con la prima integrazione a livello e-commerce nel 2017. Il calcio d’avvio c’è stato nello store di Stoccolma, dove in meno di sei mesi, è partito il progetto di Unified Commerce su circa 20 casse dell’area ristorante e dell’area mercato, attivando in quest’ultima anche terminali POS per il self checkout. Questo processo ha permesso di ridurre drasticamente i tempi di transazione con carta di credito, da 45-50 a soli 4-5 secondi, migliorando al contempo la fluidità dell’esperienza di acquisto e riducendo i tempi di attesa.
Inoltre, l’integrazione rapida con il sistema di cassa del merchant ha supportato l’avvio di funzionalità e modalità di pagamento all’avanguardia, come la gestione delle mance digitali e il Pay at Table, che ha consentito di ottimizzare il turnover dei clienti della zona ristorante, diminuendo di circa il 50% le tempistiche di pagamento al tavolo.

I RISULTATI OTTENUTI A PARIGI
La collaborazione si è poi estesa allo store di Parigi. Dopo l’internalizzazione della gestione da parte di Eataly, il punto vendita ha attraversato una complessa fase di aggiornamento tecnologico, che ha interessato i diversi sistemi di cassa, di rete e ERP. In questo contesto, Adyen ha rappresentato l’ultimo step, assicurando l’integrazione con le nuove infrastrutture e la possibilità di accettare, tramite un unico terminale, tutti i principali metodi di pagamento, inclusi meal voucher e gift card. Il go-live, avvenuto a luglio 2025, ha già registrato risultati definiti eccellenti: in un solo weekend, il negozio ha fatturato 120.000 euro, supportando transazioni tramite carta di credito, lo schema locale Cartes Bancaires, i buoni pasto e le carte regalo.

SICUREZZA E CONTINUITÀ OPERATIVA
In entrambi gli store è stata, infine, introdotta anche una gestione centralizzata dei terminali di pagamento. In questo modo, tutti i device implementati, da quelli più robusti con pulsantiera per le casse fisse dell’area mercato ai modelli mobili full touch per la zona ristorazione, possono essere ordinati, configurati e monitorati in modo semplice ed efficiente tramite la piattaforma Adyen, garantendo sicurezza e continuità operativa in ogni store.
In un contesto internazionale in cui la velocità, la sicurezza e la personalizzazione dell’esperienza di pagamento sono fondamentali, Adyen si è dimostrata un partner affidabile e flessibile, capace di adattarsi alle esigenze specifiche di ciascun mercato chiave – dichiara Rocco Dario Spano, Group Cio Eataly –. La rapidità con cui abbiamo implementato i progetti di Stoccolma e Parigi dimostra l’efficacia della partnership, rafforzata anche dal supporto locale costante del team Adyen, che ci ha accompagnato in ogni fase con soluzioni tempestive e dedicate”.
Siamo orgogliosi di supportare Eataly in questo percorso di innovazione, mettendo a disposizione la nostra piattaforma unificata per semplificare la gestione dei pagamenti e abilitare nuove funzionalità strategiche – commenta Gabriele Bellezze, Country Manager Adyen Italia –. Crediamo che la possibilità di offrire soluzioni flessibili e in grado di favorire la rapidità delle operazioni rappresenti un elemento chiave per accompagnare la crescita di realtà come Eataly nei settori del retail e della ristorazione”.
In continuità con quanto realizzato finora, Eataly prevede di estendere progressivamente la collaborazione con Adyen anche ad altri store e mercati europei, con l’obiettivo di offrire un’esperienza di pagamento all’avanguardia e ottimale in tutti i propri punti vendita.

Unionbirrai: un emendamento contro i vincoli produttivi

Adeguare il quadro normativo nazionale alla realtà moderna del settore brassicolo. Viene descritto così da Unionbirrai, l’associazione di categoria dei piccoli birrifici indipendenti italiani, l’obiettivo dell’emendamento al Ddl Imprese presentato dal senatore Luca De Carlo, presidente della Commissione Industria e Agricoltura del Senato. Il testo propone la modifica dell’articolo 7 della legge 16 agosto 1962, n. 1354 e, soprattutto, l’abrogazione definitiva del DPR 1498/1970, accogliendo le istanze portate avanti da anni dall’associazione.
L’emendamento, attualmente all’esame del Senato, stabilisce che: “L’anidride carbonica nella birra deve avere un contenuto non inferiore a gr 0,2 per ml 100 e un contenuto non superiore a gr 1 per ml 100. Il decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1970, n. 1498 è abrogato”. Una modifica che risponde alle richieste avanzate da Unionbirrai per rimuovere limiti – definiti anacronistici dall’associazione – imposti da una norma concepita oltre 50 anni fa e che sarebbe superata dalle pratiche e dagli standard produttivi odierni. Il DPR 1498/1970 introduceva infatti parametri rigidi su acidità, anidride carbonica, limpidità, tenore alcolico e ceneri, che secondo Unionbirrai sono del tutto incompatibili con gli stili brassicoli moderni, con le lavorazioni artigianali e con la normativa europea in materia di sicurezza alimentare.
Siamo molto soddisfatti – dichiara Vittorio Ferraris, Direttore Generale di Unionbirrai (nella foto in alto) – per la presentazione di un emendamento che recepisce finalmente le nostre proposte in modo chiaro e netto. Da troppo tempo chiediamo di superare un decreto vetusto, che penalizza in particolare i piccoli birrifici italiani e favorisce i produttori esteri non soggetti alle stesse limitazioni. È una norma che frena innovazione, qualità e libertà produttiva: tutte caratteristiche che rendono unica la birra artigianale italiana”.
Unionbirrai sostiene di aver già raccolto, nel corso delle interlocuzioni informali con i dicasteri competenti, pareri favorevoli alla revisione del DPR che riconoscevano l’obsolescenza e l’incompatibilità della norma con la legislazione europea, in particolare con il Regolamento CE 852/2004, che fonda la sicurezza alimentare sul sistema HACCP, demandando ai produttori la responsabilità di valutare e controllare i propri processi.
“Ora è il momento di unire le forze – prosegue Ferraris –. Rivolgiamo un appello a tutte le associazioni del settore brassicolo, ai birrifici, agli operatori della filiera, alle reti d’impresa: sosteniamo insieme questo emendamento. Non è solo una battaglia normativa, ma un atto di giustizia per centinaia di produttori che con passione portano avanti un’eccellenza italiana. È l’occasione per costruire un comparto più competitivo, innovativo e libero”.

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