CLOSE
Home Authors Posts by instore

instore

189 POSTS 0 COMMENTS

Schweppes Limone Zero al debutto in Tv

Secondo episodio di una saga pubblicitaria ambientata su Marte per Schweppes. Stavolta la campagna è dedicata a Schweppes Limone Zero, referenza senza zuccheri, ed è trasmessa sui principali canali televisivi nazionali e online con un formato da 15 secondi, pensato per massimizzare impatto e memorabilità. Lo spot, firmato dalla regista Susanna White e prodotto da Ridley Scott Associates, vede protagonista ancora una volta Eva, che incontra una civiltà marziana e, in uno scambio di doni simbolico, offre al loro ambasciatore la sua bevanda più preziosa. L’intento è quello di sottolineare quanto anche su Marte, i momenti migliori della vita meritino di essere assaporati proprio come si gusta una Schweppes Limone Zero.

La campagna si avvale di una direzione artistica d’eccezione: il direttore della fotografia John Mathieson (Gladiator I & II), lo scenografo Will Htay (Star Wars) e la costumista premio Oscar Janty Yates (The Martian), che hanno contribuito a costruire un universo visivo dove il gusto senza zuccheri diventa protagonista assoluto.
La pianificazione media interessa il mercato italiano, con un focus particolare sulla brand awareness e sull’engagement crossmediale. Con questa nuova campagna, Schweppes – in Italia prodotta e distribuita da Acqua Minerale San Benedetto su autorizzazione di Schweppes International Limited – conferma il proprio approccio alla comunicazione, che mira a unire storytelling cinematografico, innovazione di prodotto e un’estetica visionaria per coinvolgere un pubblico sempre più attento, curioso e consapevole.

Conad Adriatico chiude il 2024 con un fatturato di 2,2 miliardi di euro

Fatturato di 2,241 miliardi di euro, cresciuto del +4,98% rispetto al 2023, e una quota di mercato del 17,62% nei territori in cui opera. Ecco in estrema sintesi il 2024 di Conad Adriatico, primo retailer – in base ai dati GNLC del secondo semestre 2024 – in Abruzzo (quota 32,18%), nelle Marche (20,89%) e in Molise (20,39%). Lo scorso anno la cooperativa è arrivata a contare 439 punti vendita tra Marche (69), Abruzzo e Molise (158), Basilicata e Puglia (178), Albania e Kosovo (34), con una superficie complessiva di 379.731 mq, gestiti da 267 soci imprenditori, per un totale di 8.842 collaboratori. Diversi i formati distributivi utilizzati: 24 Spazio Conad, 9 Conad Superstore, 179 Conad, 114 Conad City, 24 Margherita Conad, 68 Todis e 15 L’Alimentare. La rete di vendita è completata da 4 distributori di carburante e da 2 Pet Store Conad, a cui si aggiungono 27 Parafarmacie e 10 Ottico Conad. Per il triennio 2024-2027 sono previsti investimenti per 258 milioni di euro, destinati all’ampliamento e all’ammodernamento della rete vendita, all’innovazione tecnologica e al potenziamento dei processi operativi e logistici per accrescere l’efficienza. La cooperativa rivendica di aver confermato anche nel 2024 una strategia orientata al contenimento dei prezzi e al sostegno del potere d’acquisto, generando oltre 74 milioni di euro di risparmio per i clienti, con iniziative come “Bassi e Fissi”, che comprende oltre 600 prodotti a marchio Conad, proposti a prezzi ribassati in modo stabile rispetto alla media di mercato. Quanto al rapporto economico con il tessuto produttivo del territorio, nei passati 12 mesi Conad Adriatico ha attivato rapporti con 549 fornitori locali, generando un volume d’affari di oltre 539 milioni di euro.

I DATI DEL PRIMO BILANCIO DI SOSTENIBILITÀ
La cooperativa ha inoltre presentato il suo primo Bilancio di Sostenibilità, in base al quale nel 2024 è aumentato l’autoconsumo di energia pulita, grazie alla presenza di 31 impianti fotovoltaici attivi su sedi e punti vendita (che diventeranno 41 entro il 2026), per un beneficio ambientale annuo stimato in 2.650 tonnellate di CO₂ non immesse in atmosfera, equivalenti alla restituzione di circa 3.620 alberi all’ambiente. La riduzione delle emissioni totali di sedi e Ce.Di. è stata del 5%, nonostante l’ampliamento del perimetro di rendicontazione, mentre è arrivata al 12% quella delle emissioni per metro quadrato, a conferma del miglioramento dell’efficienza energetica.
Nell’ambito della logistica e dei trasporti, sono state attuate numerose azioni per ottimizzare le tratte, ridurre i carichi e utilizzare mezzi a più basso impatto ambientale, che hanno consentito di migliorare l’efficienza del trasporto stradale. L’impiego di mezzi LNG ha permesso di ridurre del 16,5% le emissioni di particolato (PMx) rispetto al 2023, abbassare l’impatto climatico a 0,130 kg CO₂e per tonnellata-km trasportata e aumentare al 77% la quota di percorrenze effettuate con mezzi Euro 6, confermando un trend di miglioramento continuo. Conad Adriatico sottolinea che la logistica rappresenta un elemento determinante nella sua strategia di sostenibilità, con 9 hub logistici per 115.000 mq di superficie e 250 milioni di colli movimentati.

NUOVA PIATTAFORMA A GROTTAGLIE
Un passaggio chiave è stato l’avvio della nuova piattaforma di Grottaglie (TA), sviluppata su una superficie di 21.000 mq, di cui 10.000 coperti, progettata per gestire le referenze del superfresco – in particolare carni e ortofrutta – e un assortimento no food a media-alta rotazione. La struttura, dotata di impianto fotovoltaico e sistemi digitali avanzati, ha contribuito a migliorare la capacità distributiva della rete della Puglia e dell’intero bacino sud servito dalla Cooperativa. Sempre nel 2024, è stato completamente riorganizzato il magazzino ittico di Pescara (PE), con un progetto di locazione integrale del complesso e l’introduzione dei roll isotermici, per uniformare la gestione delle consegne del pesce rispetto alle altre categorie del fresco. Il nuovo modello, operativo dal secondo semestre 2024, sarà esteso ai punti vendita della Puglia nel 2025.
Tra le iniziative più significative rientra anche il consolidamento del modello di pallet pooling, che consente il riutilizzo dei bancali nel circuito distributivo, riducendo i rifiuti e promuovendo un approccio circolare alla gestione delle risorse. Nel 2024, questa pratica ha permesso di evitare 39.074 km di percorrenze, risparmiare 443.925 dm³ di legno, ridurre le emissioni di CO₂ di 50.099 kg e prevenire la produzione di 49.248 kg di rifiuti. Il solo utilizzo dei pallet CHEP, insieme ai contributi di LPR e CPR, ha garantito una gestione efficiente degli imballaggi e un impatto ambientale significativo: 6.871 tonnellate di CO₂ evitate rispetto alle casse in plastica, 2.503 tonnellate rispetto a quelle in cartone e –29% di materia prima vergine utilizzata per i bancali in legno.

I PROGETTI DI RESPONSABILITÀ SOCIALE
La dimensione sociale dell’impresa ha visto nel 2024 la destinazione di 2,8 milioni di euro a progetti di responsabilità sociale, dalla solidarietà alle nuove generazioni, al contrasto alla violenza di genere, dallo sport inclusivo alla valorizzazione culturale del territorio, grazie anche all’azione congiunta dei soci e della Fondazione Conad ETS per promuovere progetti concreti di inclusione, cultura e sostegno alle nuove generazioni.
Il 2024 è stato un anno complesso – dichiara Antonio Di Ferdinando, Amministratore Delegato di Conad Adriatico –, segnato da instabilità, inflazione e incertezza nei consumi. In questo scenario, Conad Adriatico ha scelto di essere presente, vicino alle persone e ai territori, rafforzando il proprio ruolo sociale ed economico. Abbiamo continuato a investire nella rete, nella qualità dell’offerta e nella relazione con i clienti, grazie all’impegno quotidiano dei nostri Soci e collaboratori, che interpretano con competenza e passione le esigenze delle comunità locali. Il nostro sviluppo si basa su un modello imprenditoriale radicato nei territori, attento all’equilibrio tra crescita e responsabilità. La sostenibilità, integrata in ogni area della Cooperativa, non è un obiettivo separato ma un criterio guida delle nostre scelte: dalle filiere alla logistica, dal contenimento degli sprechi all’efficienza energetica fino all’impegno per i territori e le comunità. Il primo Bilancio di Sostenibilità racconta questo approccio con trasparenza, come parte integrante della nostra identità. Continuiamo a investire sulle persone, con percorsi formativi e iniziative che rafforzano competenze, professionalità e senso di appartenenza. Ci guida lo stesso spirito cooperativo che ci ha portato fin qui: unire forze, esperienze e generazioni per affrontare il cambiamento, costruire futuro e promuovere una crescita sostenibile per tutti”.

I dazi faranno crescere l’Italian Sounding negli USA

I dazi americani faranno crescere negli USA le imitazioni di cibi e bevande italiani. L’Italian Sounding, ovvero i prodotti agroalimentari che attraverso nomi o immagini evocano il Made in Italy senza essere stati realizzati in Italia, negli Stati Uniti aumenterà fino al 15% per effetto dei dazi e dagli attuali 7,5 miliardi di euro raggiungerà gli 8,6 miliardi, quasi 1,1 miliardi di euro in più. I dati sono stati illustrati durante la nona edizione del forum Food&Beverage organizzato da TEHA (The European House – Ambrosetti) a Bormio. “Oltre 6 miliardi di euro di alimenti e bevande Made in Italy dei 7,8 complessivi esportati negli USA – spiega Valerio De Molli, Managing Partner e Ceo di TEHA – sono prodotti che non hanno alternative sul mercato statunitense e perciò difficilmente sostituibili. Se questo può essere un vantaggio in termini di impatto sulle esportazioni, quando i dazi entreranno in vigore faranno crescere l’Italian Sounding, un mercato che colpisce soprattutto i prodotti non sostituibili e che oggi vale 69 miliardi di euro nel mondo, uno in più rispetto all’export agroalimentare italiano. Ciò significa che riducendo queste imitazioni l’export agroalimentare del nostro Paese potrebbe anche raddoppiare, specie negli Stati Uniti”.

L’EFFETTO TRUMP SULL’EXPORT TRICOLORE
I nuovi dazi americani potrebbero generare una riduzione potenziale di 1,3 miliardi di euro di export food italiano, considerando sia lo sforzo di revisione temporanea dei margini da parte delle aziende italiane sia l’elasticità della domanda al consumo. All’interno dell’Ue, il nostro Paese è il più esposto all’effetto dei dazi voluti dal presidente americano, anche perché gli Stati Uniti sono per noi il secondo Paese per esportazioni di cibi e bevande dopo la Germania (10,8 miliardi di euro). Per la Francia il peso dei dazi sarebbe di poco superiore al miliardo di euro (1,1 mld), inferiore per Spagna (0,7 mld) e Germania (0,5 mld). Tuttavia, data l’unicità dell’offerta Made in Italy, la stima realizzata da TEHA è di una contrazione effettiva di circa 300 milioni di euro di esportazione agroalimentare.

CONCORRENZA SLEALE IN GIAPPONE, BRASILE E GERMANIA
Sugli scaffali dei supermercati giapponesi e brasiliani più di 7 prodotti agroalimentari su 10 evocano il Made in Italy, ma solo 3 su 10 provengono davvero dall’Italia. Come emerge dall’analisi dedicata di TEHA, in Germania, Regno Unito e Stati Uniti, l’Italian Sounding rappresenta tra il 60 e il 67% dei prodotti tipici italiani. Viaggiano poco sopra il 50% nei Paesi Bassi, in Cina e in Australia mentre sono poco sotto il 50% le imitazioni dei prodotti italiani venduti nei supermercati di Canada e Francia. I prodotti più contraffatti sono nell’ordine ragù, parmigiano e grana, aceto balsamico, pesto, pizza, prosciutto, pasta di grano duro, prosecco, salame, ecc.
Le imitazioni sono anche più appetibili dei prodotti italiani originali perché i prezzi sono più bassi, a volte anche fino al 70% in meno come succede negli USA per l’olio di oliva, piuttosto che per la pasta (-54%), parmigiano e grana (-44%) e salumi (-40%).

IN CINA C’È DESIDERIO DI MADE IN ITALY
All’estero i consumatori che ci tengono ad acquistare veri prodotti agroalimentari italiani senza badare al prezzo sono soprattutto cinesi, seguiti da giapponesi, canadesi, tedeschi e australiani. Gli inglesi sono, invece, quelli che sembrano badare più al prezzo. I prodotti sui quali si cerca soprattutto la reale origine italiana sono specialmente l’olio d’oliva, l’aceto balsamico, il gorgonzola, la pasta di grano duro, il prosecco, ecc.
Da 4 anni TEHA – afferma Benedetta Brioschi, partner TEHA – elabora il «Manifesto per il contrasto all’Italian Sounding» composto da 8 raccomandazioni e una visione Paese. Sin dalla prima edizione abbiamo evidenziato la necessità di ridurre le barriere tariffarie e doganali, una direzione contraria alle attuali politiche protezionistiche in atto. Si potrebbe agire con nuovi accordi di libero scambio tra Unione Europea e Paesi internazionali e lavorando su rapporti bilaterali per le imprese agroalimentari”.

Vendite in aumento per i prodotti Fairtrade

Il 2024 ha visto segnali incoraggianti per l’economia sostenibile: crescono in Italia le vendite dei prodotti certificati Fairtrade, così come il numero di aziende che scelgono un modello di approvvigionamento più equo, trasparente e attento ai diritti umani lungo tutta la filiera. Il dato emerge dal Bilancio Sociale 2024 di Fairtrade Italia. E se da una parte l’aggravarsi del cambiamento climatico – con effetti sempre più evidenti su coltivazioni come cacao e caffè – rende ancora più urgente l’adozione di pratiche agricole sostenibili da parte dei produttori Fairtrade, dall’altra i dati in crescita raccontano il contributo concreto del mercato italiano.
Fairtrade è il sistema di certificazione internazionale che verifica che dietro ai prodotti ci siano filiere trasparenti, responsabili e attente alle persone. In Italia, Fairtrade collabora con le aziende per facilitare l’approvvigionamento etico delle materie prime come cacao, caffè, banane, zucchero, fino a cotone e fiori. Nel 2024, il valore dei prodotti venduti nel nostro Paese contenenti almeno un ingrediente certificato Fairtrade ha superato i 550 milioni di euro. Un dato che include non solo le materie prime in quanto tali, ma anche i prodotti trasformati che utilizzano uno degli ingredienti certificati, come i biscotti ad esempio.
Ed è proprio grazie agli acquisti – sempre più consapevoli – da parte degli italiani che sono stati generati circa 4 milioni di euro sotto forma di Premio Fairtrade, la somma extra versata per ogni prodotto venduto e utilizzata per finanziare progetti collettivi di sviluppo delle organizzazioni di agricoltori e lavoratori in Asia, Africa e America Latina. L’aumento delle vendite dei prodotti certificati Fairtrade in Italia ha portato a un incremento del Premio del +4%. Le categorie che hanno inciso maggiormente sono state il cacao con più di 2 milioni euro, le banane con 743.000 euro e il caffè con 332.000 euro. A livello globale, il Premio ha superato i 211 milioni di euro nel 2023, sostenendo milioni di persone in oltre 75 Paesi in ambito sanitario, educativo, infrastrutturale e ambientale.

LE BANANE PRIMO PRODOTTO CERTIFICATO A VOLUME
Nel nostro Paese, il 2024 è stato un anno di consolidamento per molte delle filiere certificate Fairtrade. Nonostante l’instabilità dei mercati internazionali e il “caos prezzi” che ha colpito per esempio cacao e caffè, le vendite dei prodotti certificati sono cresciuti. Le banane si confermano il prodotto certificato Fairtrade più venduto, con oltre 14.000 tonnellate (+1,5% rispetto al 2023), e si consolida il consumo di cacao che torna a superare le 10.000 tonnellate, segnando un aumento del 5% rispetto all’anno precedente. In crescita, seppur rallentata, anche lo zucchero di canna (+0,5%), mentre l’andamento del caffè Fairtrade, nonostante l’anno critico a livello globale in tema prezzi che ha visto un’impennata incontrollabile, è tornato sopra le 800 tonnellate, con un incremento superiore al 12,5%.
A salire è anche il numero di operatori italiani attivi: oggi oltre 300 aziende importano, trasformano e distribuiscono prodotti certificati Fairtrade, in crescita del +3% rispetto al 2023. Aumentano anche le referenze a scaffale, soprattutto nella Gdo, e si rafforza la presenza del marchio nel mercato del non food, con il cotone (+40%) e i fiori recisi (+28%) in forte rialzo.

REFERENZE ETICHE AFFIDABILI PER 6 ITALIANI SU 10
A sostenere questa tendenza non è solo la spinta normativa, ma una trasformazione culturale in corso nel comportamento di acquisto dei consumatori. La nuova ricerca Nielsen realizzata per Fairtrade Italia fotografa un’Italia più consapevole, in cui il valore etico di un prodotto non è più un “plus”: oltre sei italiani su dieci giudicano affidabili i prodotti etici. Chi conosce Fairtrade, nella quasi totalità dei casi, ne apprezza il valore: la brand awareness è cresciuta di 8 punti rispetto al 2021 e più di otto persone su dieci che riconoscono il marchio dichiarano di fidarsi di esso. La ricerca descrive Fairtrade come una certificazione moderna e intergenerazionale, capace di coniugare affidabilità, impatto e valore per tutta la famiglia. L’indagine collega questa fiducia a comportamenti concreti: il consumatore di oggi è spinto dalla ricerca di cibi più salutari e predilige brand impegnati che sostengono una giusta causa e che hanno un minor impatto ambientale. Il canale prevalente rimane la grande distribuzione (supermercati, ipermercati e discount), mentre calano i negozi specializzati.

NON SOLO PREZZI GIUSTI
I dati che presentiamo parlano di un’Italia sempre più coinvolta nel cambiamento – afferma Paolo Pastore, Direttore Generale di Fairtrade Italia –. In un mondo che chiede responsabilità, Fairtrade rappresenta una risposta concreta per le imprese e per le persone: un sistema che coniuga rigore, trasparenza e impatto reale. Rafforzare le filiere oggi significa tutelare i diritti umani, affrontare le sfide ambientali e costruire insieme un’economia che guarda al futuro. Non è solo questione di prezzi giusti, ma di responsabilità condivisa. Per questo lavoriamo ogni giorno al fianco delle aziende italiane, non solo con la certificazione ma anche con strumenti concreti per affrontare le nuove sfide di compliance e tracciabilità, restando sempre connessi ai bisogni dei produttori”.
Vediamo una crescente domanda di prodotti sostenibili e tracciabili da parte di retailer e consumatori – aggiunge Thomas Zulian, Direttore Commerciale di Fairtrade Italia –. Le aziende italiane stanno dimostrando di saper interpretare con visione il proprio ruolo nella transizione etica. Oggi il nostro compito non è solo certificare, ma accompagnare le imprese con soluzioni concrete: trasformiamo le richieste normative in percorsi strategici, capaci di generare fiducia, valore e impatto reale lungo tutta la filiera”.

DALLA CERTIFICAZIONE ALLA CONSULENZA
Oltre alla certificazione, che garantisce il rispetto di criteri sociali, ambientali ed economici lungo la catena di fornitura, Fairtrade sottolinea di offrire oggi anche un supporto consulenziale alle aziende. Un’evoluzione naturale, che risponde all’introduzione di normative europee come il Regolamento sulla Deforestazione (EUDR) e la Direttiva sulla Due Diligence di sostenibilità (CSDDD). In questo nuovo contesto, Fairtrade si propone come partner operativo e strategico, in grado di affiancare le imprese nell’interpretazione dei requisiti di legge, nella costruzione di catene di fornitura responsabili e nell’anticipazione delle sfide future, trasformando la sostenibilità in leva competitiva.

Agroalimentare made in Italy, una filiera da 707 miliardi di euro

La filiera agroalimentare, composta dal comparto agricolo, dall’industria alimentare e delle bevande e dall’intermediazione, distribuzione e ristorazione, ha superato i 707 miliardi di euro di fatturato complessivo, in crescita del 34% rispetto al 2015 impiegando 5,8 milioni di lavoratori. I dati elaborati da TEHA (The European House – Ambrosetti) in occasione della nona edizione del forum Food&Beverage di Bormio confermano quella agroalimentare come prima filiera produttiva per contributo al Pil nazionale con il 19,8% considerando le attività a monte (come ad esempio la produzione di macchinari o la fornitura di energia) e a valle (come packaging o imballaggio). Nel 2023 il settore ha generato 74 miliardi di euro di valore aggiunto diretto, un risultato che vale 2,5 volte la moda Made in Italy e oltre 5 volte l’industria chimica. L’Italia è anche il terzo tra i maggiori Paesi Ue per valore aggiunto dell’agroalimentare, con un’incidenza del 3,9% sul Pil. Il comparto sconta, però, un tessuto fatto da tantissime microimprese.

NUMERI RECORD, MA UN MODELLO INDUSTRIALE FRAMMENTATO
Oltre 8 aziende su 10 sono micro-imprese, responsabili di appena il 9,9% del valore aggiunto complessivo del comparto food&beverage. Si distinguono per la produttività le grandi imprese, che rappresentano solo lo 0,3% delll’intero comparto: hanno una produttività di 105.200 euro per addetto, un valore superiore di 1 volta e mezza (1,4) alla media Ue-27 e ancora migliore rispetto a Spagna (1,6 volte), Germania (1,5) e Francia (1,2). “La struttura di un’impresa incide sulla sua capacità di affrontare cambiamenti geopolitici, nuove regole e richieste di mercato in rapida evoluzione come quelle che stiamo attraversando – commenta Valerio De Molli, Managing Partner e Ceo di TEHA (nella foto in alto) –. E nel settore food&beverage abbiamo rilevato, con una ricerca dedicata, che oggi il 36,5% delle aziende è preoccupato per sostenere l’operatività, dato in crescita di 1,4 punti percentuali rispetto al 2024”.

I PRODOTTI CERTIFICATI SPINGONO L’EXPORT
Con 891 prodotti Dop e Igp, l’Italia è prima in Europa per numero di certificazioni: questo segmento ha generato 20,2 miliardi di euro di fatturato nel 2023, con il vino prodotto leader per valore generato, seguito da formaggi e prodotti a base di carne. Nel loro insieme, le produzioni certificate rappresentano il 10,8% del fatturato del settore food&beverage e contribuiscono per il 19,9% all’export alimentare nazionale. “Le certificazioni – aggiunge Benedetta Brioschi, partner TEHA (nella foto accanto) – non solo sostengono l’export, ma rafforzano il posizionamento globale del made in Italy, come dimostra anche il valore medio delle esportazioni agrifood italiane, pari a 254,5 euro per 100 kg, il più alto tra i principali Paesi europei”.
“Durante la nona edizione del forum food&beverage di Bormio definiremo proposte di policy che coinvolgono l’intero sistema agroalimentare esteso – dichiara De Molli –. Le misure che proponiamo puntano a sostenere l’innovazione e la digitalizzazione, semplificare l’accesso al credito, valorizzare le filiere certificate, promuovere la sostenibilità lungo tutta la catena del valore, attrarre giovani talenti attraverso percorsi formativi più qualificanti e garantire un quadro normativo stabile e favorevole all’impresa. In un momento in cui il futuro del Paese si gioca sulla capacità di affrontare con strumenti nuovi i cambiamenti in corso, l’agroalimentare italiano può e deve diventare un modello di crescita resiliente, digitale e inclusivo. Per farlo è necessario un piano strategico condiviso, basato sui dati, che coinvolga tutta la filiera e guardi lontano”.

Amadori lancia lo Smash Burger in edizione limitata

È una novità da “schiacciare” e gustare entro l’estate quella proposta da Amadori. Smash Burger è infatti una limited edition disponibile da giugno ad agosto, pensata per i palati più curiosi e gli amanti delle nuove tendenze in cucina. Si tratta di un hamburger dalla forma circolare e dalla texture adatta ad essere schiacciata in cottura con lo smasher, cioè un’apposita pressa. In questo modo, una volta pronto, l’hamburger presenta una crosticina esterna più marcata, mentre l’interno rimane morbido e ricco di sapore. Lo speciale Smash Burger è realizzato con carne di tacchino 100% italiana, da filiera Amadori integrata e controllata in tutte le fasi, ed è arricchito al gusto bacon. Pensato per una preparazione semplice e veloce, il nuovo Smash Burger è pronto da cuocere in padella o sulla piastra in 3 minuti.

Il lancio di questa referenza in edizione limitata si inserisce nel trend crescente che vede nello “smash” un hamburger sempre più diffuso e apprezzato anche in Italia, dopo aver conquistato gli Stati Uniti e gran parte dell’Europa. L’iniziativa è inoltre abbinata al concorso Smash&Win: è sufficiente acquistare una confezione di Smash Burger per partecipare all’estrazione. Tra i premi in palio anche 100 smasher personalizzati Amadori per la perfetta cottura dell’hamburger, mentre quello finale è un voucher da 5.000 euro per “il viaggio dei sogni”.

Zara riapre a Torino con un nuovo concept

Zara riapre le porte del suo store di via Roma 360, nel cuore del centro storico di Torino, con un nuovo concept dedicato alle collezioni Donna e Bambino. Situato sull’asse che collega Palazzo Madama con la stazione di Porta Nuova, il negozio si estende su una superficie di 1.124 metri quadri distribuiti su due piani e si aggiunge allo spazio Zara Man inaugurato nel 2024 al civico 354 della stessa via. Progettato dallo Studio di Architettura di Zara, lo store si caratterizza per una successione di ambienti collegati tra loro e in dialogo con la facciata. L’ampiezza degli spazi vuole evocare il calore e la vicinanza di una casa, rafforzando il legame tra cliente e prodotto. Il design combina elementi contemporanei con dettagli architettonici di ispirazione classica, riflettendo un equilibrio tra modernità e tradizione. Le diverse aree sono caratterizzate dal trattamento di pareti e soffitti, che variano in toni e texture.

MARMO E ROVERE PER GLI INTERNI
Dall’esterno, il negozio si distingue per i suoi imponenti portici, che incorniciano l’ingresso principale e anticipano il carattere distintivo degli interni. Varcato l’ingresso, il cliente viene accolto da un’area di benvenuto da cui accede all’universo della collezione Donna, distribuito in una sequenza di spazi interconnessi. Ogni angolo incorpora pezzi di arredamento di design e dettagli architettonici, dove il marmo, presente sia nei pavimenti sia negli spazi di transizione tra le stanze, diventa il materiale principale. L’utilizzo, anche predominante, del legno di rovere conferisce calore e intimità agli ambienti. Al centro del percorso, un’area in verde introduce un punto di contrasto cromatico che si distingue per la sua atmosfera. Al piano superiore, il negozio lascia il posto a un’area appositamente progettata per la collezione Bambino, con finiture in acciaio, mobili in mattonelle e un design informale.

TECNOLOGIA LA SERVIZIO DELLA CUSTOMER EXPERIENCE
In linea con la filosofia di Zara di offrire un’esperienza di moda integrata con la piattaforma online, il negozio di Via Roma incorpora i più recenti strumenti digitali che consentono al cliente di interagire con il brand attraverso zara.com e l’app ufficiale, da qualsiasi dispositivo. Tra le funzionalità disponibili ci sono la consultazione in tempo reale dello stock in negozio, la localizzazione dei prodotti e la possibilità di ritiro in store degli ordini online entro due ore. Inoltre, il negozio dispone di casse assistite di self-checkout e di una cassa specifica per la gestione dei resi.

I SISTEMI DI EFFICIENZA ENERGETICA
Il punto vendita dispone di alcuni dei più avanzati sistemi di efficienza energetica. Le misure adottate si riflettono, ad esempio, nell’efficienza dei sistemi di riscaldamento e raffreddamento, nell’illuminazione a Led per un maggiore risparmio energetico e nell’uso di materiali più rispettosi dell’ambiente. Il negozio è collegato alla piattaforma interna Inergy, che monitora centralmente i consumi degli impianti di climatizzazione ed energia elettrica, al fine di ottimizzarne la gestione, identificare gli impianti più efficienti, migliorarne la manutenzione e definire strategie per ridurre la domanda di energia.

EasyCoop traccia l’identikit del suo cliente online

Nel 2025, oltre 35 milioni di italiani acquistano online, con una spesa complessiva che supera i 62 miliardi di euro e un settore Food & Grocery cresciuto del +7%, superando quota 4,3 miliardi di euro. È quanto emerge dai dati dell’ultimo Osservatorio eCommerce B2c del Politecnico di Milano, secondo cui i consumatori italiani mostrano una crescente fiducia verso il carrello online, apprezzandone in particolare la comodità e la possibilità di acquistare prodotti di qualità. Coop Alleanza 3.0 tratteggia il profilo del cliente di EasyCoop, il servizio di spesa online partito nel 2016, con consegna a casa o presso un locker, offerto dalla cooperativa.
L’identikit restituisce un consumatore maturo, digitale e fidelizzato: l’età media si attesta sui 54 anni tra i clienti più assidui e scende a 46 tra i nuovi acquirenti. Il giorno preferito per la consegna è il sabato. Il comportamento d’acquisto evidenzia una crescita dello scontrino medio annuo del +4% rispetto all’anno precedente; in crescita anche il numero di ordini – giunto a quota 8% – di chi sceglie al check out di coprire parte dell’importo con i buoni pasto. Aumenta anche la quota di prodotti a marchio Coop, che raggiunge il 43%, con un incremento di 2 punti percentuali rispetto al 2023: il 51% dei pezzi di prodotti a marchio acquistati riguardano la linea Coop, seguono al 18% i prodotti a marchio Fior fiore e al 12,5% il marchio Vivi verde

L’APP PREVALE SUL SITO
La componente digitale gioca un ruolo sempre più centrale: oggi il 53% degli ordini della spesa online passa tramite App, un dato in crescita del 6% rispetto al 2023 quando a prevalere erano ancora gli ordini da sito. L’app si conferma quindi uno strumento strategico per la customer experience, in grado di coniugare semplicità d’uso e personalizzazione dell’offerta. L’utilizzatore EasyCoop spesso combina gli acquisti online con quelli nei punti vendita fisici; il ricorso alla spesa online secondo la cooperativa contribuisce ad aumentare lo la percentuale di spesa fatta con Coop, accrescendo la fedeltà dei clienti all’insegna e facendo sì che l’utente medio “omnicanale” spenda mediamente all’interno dell’ecosistema Coop un importo del 22% più elevato rispetto a coloro che fruiscono solo del canale fisico. L’incidenza delle promozioni si mantiene intorno al 30%, in linea con quella degli ipermercati, con cui EasyCoop condivide l’ampiezza dell’assortimento, e superiore a quella dei supermercati, a conferma della competitività del canale online.
I nuovi clienti arrivano principalmente da campagne di marketing erogate sui canali digitali (38%) e dagli accessi diretti (38%), mentre un 24% proviene da attività promozionali veicolate sui canali Coop (iniziative in negozio, volantini, comunicazioni ai soci, …). Significativo anche il gradimento del servizio da parte della base sociale della cooperativa: ben il 76% degli ordini è effettuato da soci Coop, dato che evidenzia il forte legame tra EasyCoop e il canale fisico.

COSA CONTIENE IL CARRELLO VIRTUALE
Come viene riempito il carrello virtuale dei clienti EasyCoop? Le categorie più acquistate sono pane e sostitutivi, formaggi freschi, acqua, yogurt e latte. Il “freschissimo” rappresenta un vero e proprio pilastro, con una quota pari al 21% del totale vendite e una penetrazione del 90%: nove ordini su dieci contengono almeno un prodotto fresco. Il servizio EasyCoop è attivo in quasi 300 comuni distribuiti tra le province di Bologna, Ferrara, Modena, Reggio Emilia, Parma, Piacenza, Ravenna, Forlì e Cesena; in oltre 500 comuni tra Rovigo, Padova, Treviso, Vicenza, Venezia-Mestre. In Emilia-Romagna, è possibile ritirare la spesa online anche presso uno dei 15 locker refrigerati presenti nelle province di Modena, Bologna e Ferrara.

Beni durevoli, un italiano su due deluso dal post vendita

“Arrivederci e grazie”: di solito qualsiasi acquisto si chiude con queste parole, rivolte dal venditore al cliente. Una frase che però potrebbe risonare ironica alle orecchie degli italiani, che lamentano di sentirsi dimenticati all’indomani di un acquisto importante di beni durevoli, mentre vorrebbero essere coinvolti in programmi di fidelizzazione, rimanere aggiornati su eventuali iniziative e promozioni e sentirsi assistiti in caso di necessità. Secondo l’ultima indagine dell’Osservatorio Findomestic, oltre il 50% dei consumatori italiani non viene più ricontattato dopo aver comprato dei beni durevoli, a prescindere dal settore merceologico: arredamento, tecnologia, utility energetiche o mobilità. Il 64% di chi ha acquistato arredi e il 58% dei clienti tech dichiara di non aver ricevuto alcun seguito da parte del brand. Anche le aziende energetiche e quelle dell’efficientamento domestico risultano carenti (50%), così come quelle del settore auto e moto, sebbene in misura minore (48%).

I consumatori, come emerge dall’analisi dell’Osservatorio Findomestic, ammettono che sarebbero incentivati al riacquisto da rivenditori più attenti, capaci di instaurare una relazione con loro dopo la vendita: la maggioranza del campione vorrebbe essere inserita in programmi di fidelizzazione con sconti e offerte esclusive (48%), mentre una fetta consistente di clienti sarebbe interessata a ricevere proposte di riacquisto tramite la permuta del vecchio prodotto (35%) o a usufruire di servizi di manutenzione che, attraverso un costante monitoraggio delle performance del bene, indichino anche quando è il momento giusto per sostituirlo (26%). Altri vorrebbero essere informati sulle nuove versioni dei prodotti (18%) o partecipare a eventi in negozio (17%), ma ad oggi al massimo un intervistato su dieci dichiara di aver ricevuto dopo la vendita una proposta per l’estensione della garanzia o per la vendita di servizi legati alla manutenzione.

Per sostenere i consumi – commenta Claudio Bardazzi, responsabile dell’Osservatorio Findomestic – i venditori di prodotti che comportano una spesa significativa devono offrire più consulenza in fase di vendita ed investire in una relazione di lungo periodo con il cliente. In un contesto che resta incerto le famiglie che si trovano ad acquistare beni durevoli chiedono convenienza, naturalmente, ma anche rassicurazione e vicinanza. Il consumatore si aspetta dai rivenditori una valutazione e una gestione del proprio usato (49%), l’offerta di prodotti di seconda mano o ricondizionati (33%) e soluzioni di credito trasparenti e su misura (32%). Ma più di ogni altra cosa chiedono consulenza (58%). Essere in grado di offrire supporto, informazioni e consigli è oggi un valore sempre più importante per il cliente in ogni fase di vendita e di dialogo, lungo tutto il ciclo di vita del prodotto”.

Tra i componenti del campione coinvolto, 6 su 10 ritengono fondamentale in fase di vendita essere informati e consigliati: il 25% sui vantaggi che comporta il bene che si intende acquistare, su come può migliorare o semplificare la vita del consumatore, il 24% sui consumi del prodotto e sul risparmio che può garantire rispetto al bene che si va a sostituire, mentre il 17% invita i retailer a valorizzarne gli aspetti etici e di sostenibilità e il 15% a offrire un quadro completo sulle modalità di pagamento più adatte alle esigenze di chi compra.

Fatturato record di 415 milioni di euro per Coricelli nel 2024

Il 2024 è stato un anno record per Coricelli, azienda olearia di Spoleto (PG). L’esercizio si è chiuso con un fatturato di 415 milioni di euro, aumentato del 25% rispetto all’anno precedente. Un risultato ovviamente legato in larga parte all’impennata dei prezzi nel mercato dell’olio, ma a crescere sono stati anche i volumi, con oltre 62 milioni di litri venduti (+3,7 rispetto all’anno precedente). In Italia, nonostante il comparto olio evo abbia fatto registrare quantitativi in leggero calo in confronto al 2023, Coricelli è cresciuta del 22% raggiungendo così una quota di mercato del 13,4% sul canale iper e super (fonte: Nielsen IQ – YTD S17 2025 Volumi) e la leadership nel segmento 100% italiano. L’export pesa per il 36% delle vendite, con una presenza in 110 Paesi nel mondo. I principali mercati sono Stati Uniti, Messico, Giappone, Belgio; nel mirino il potenziamento di Canada, UK, Russia, Brasile.

IL REPORT INTEGRATO RACCONTA LE PERFORMANCE FINANZIARIE ED ESG
Fondata nel 1939, l’azienda è presente sul mercato con i brand Pietro Coricelli e Olio Cirio, acquisito nel 2009. La rendicontazione delle performance finanziarie insieme alle informazioni in ambito Environment, Social & Governance (ESG) sono raccontate, per il terzo anno, nel Report Integrato 2024 che comprende anche il Bilancio di Esercizio. Anche questa edizione è stata redatta su base volontaria, non raggiungendo i criteri dimensionali per l’obbligatorietà, in conformità agli European Sustainability Reporting Standards (ESRS) per offrire una visione completa, misurabile e trasparente dell’operato aziendale.
Negli ultimi anni la nostra progettualità è stata focalizzata sulla valorizzazione dell’olio extravergine di oliva 100% italiano – commenta Chiara Coricelli, Presidente e AD di Pietro Coricelli, alla guida dell’azienda dal 2018 –. Abbiamo investito in innovazione e in sostenibilità per far rinascere le filiere olearie italiane. La nostra visione e le nostre azioni hanno trovato casa anche quest’anno nel Report Integrato, diventato uno strumento potentissimo per misurare il nostro impatto, analizzare il nostro operato, trasferire all’esterno con trasparenza il nostro modello di business. Un documento che racchiude il valore della nostra identità. Gli sforzi importanti realizzati ci premiano anche nei numeri e ci confermano che siamo sulla strada giusta per proseguire il nostro ambizioso progetto di sviluppo sostenibile”.

CALA L’UTILIZZO DI PLASTICA E METANO
Tra gli interventi più significati emersi dal Report Integrato 2024, l’azienda evidenzia l’impegno sul fronte ambiente attraverso investimenti in impianti ad alta efficienza energetica, nella promozione dell’economia circolare e nella valorizzazione della filiera olearia sostenibile, favorendo pratiche produttive responsabili e attente alla tutela del territorio. Il tutto si traduce in un miglior uso delle risorse energetiche, che nel caso del metano scende dell’81% per tonnellata di olio prodotta verso l’anno precedente. In calo anche l’utilizzo di plastica, attraverso la transizione a packaging sostenibili, con riduzioni che arrivano fino a -38% di film termo retraibile. L’adozione di buone pratiche per il recupero e riciclo dei materiali di consumo hanno permesso di arrivare al 68% di vetro riciclato e all’83% di carta/cartone riciclato.
Sul fronte relativo all’attenzione verso le persone si segnala il Contributo Nido dedicato alle neomamme e ai neopapà per favorire la parità di genere permettendo loro di affrontare con maggiore serenità le spese di asilo nido. Aumenta anche il tempo dedicato alla formazione del personale con 2.300 ore erogate.

GLI ACCORDI DI FILIERA
Tra le Best Practice rientra il progetto Filiera Olearia Sostenibile, partito nel 2021 con il primo accordo nazionale di filiera e arricchito nel novembre 2024 con una nuova iniziativa per la valorizzazione dell’olio certificato Dop Umbria. Coricelli ha siglato, infatti, un nuovo accordo di filiera di lunga durata con l’Organizzazione di Produttori Aprol Umbria, espressione di Coldiretti, per portare sugli scaffali della grande distribuzione italiana un’eccellenza locale. Solo nel 2024 alle oltre 310.000 bottiglie di olio evo immesse sul mercato con la firma degli agricoltori italiani si sommano più di 3.000 bottiglie di Dop Umbria, prodotte con la garanzia di prezzi minimi e condizioni di pagamento vantaggiose per gli olivicoltori favorendo, pertanto, una maggiore programmazione delle attività agricole e una distribuzione più equa del valore lungo la filiera. “Migliorare non è solo una scelta – afferma Chiara Coricelli – ma anche una responsabilità. Continueremo ad accogliere la sfida della sostenibilità su tutti i fronti, a piccoli passi, in modo sempre concreto e trasparente. I nostri progetti prevedono, inoltre, nuovi investimenti in innovazione ed energia rinnovabile per rendere il nostro stabilimento di Spoleto sempre più green e altamente tecnologico”.

BrandContent

Fotogallery

Il database online della Business Community italiana

Cerca con whoswho.it

Diritto alimentare