
Di fronte a un consumatore che alza il livello delle richieste di garanzia, sicurezza, informazione e rassicurazione, il settore delle carni, e in particolare quello della do, deve ripensare agli strumenti dell’offerta se vuole mantenere i livelli di consumo che, oggi, sono in diminuzione per quanto riguarda la carne bovina e domani potrebbero toccare anche quella suina.
Secondo l’indagine presentata da Swg (“la prima indagine completa negli ultimi tre anni con l’obiettivo di sostenere i consumi di carne”, ha affermato il presidente di Verona Fiere Ettore Riello) rispetto a frutta e verdura, le cui intenzioni di consumi nei prossimi 5 anni indicano un aumento medio mensile, per la carne il futuro è ambivalente. Rimarrà sostanzialmente stabile il consumo di carne avicunicola (da 7,54 a 7,61 atti di consumo dichiarati al mese), mentre potrebbe subire una flessione la carne suina (da 4,95 a 4,63) e quella bovina (da 6,47 a 5,74).
In termini generali, parlando comunque di intenzione al consumo, salgono i legumi, la frutta e la verdura e scendono i carboidrati. La propensione al consumo di carne cambia, con un saldo comunque positivo (+26,8%) per quella avicunicola e negativa per bovino (-13,6%) e suino (-24,7%).
Carne, perché si? Chi manifesta una propensione al consumo di carne lo fa per differenti ragioni legate alla sfera salutistico-funzionale ed edonistica, considerando tale categoria un alimento essenziale per una dieta equilibrata. In particolare, nel caso dell’avicunicolo per il profilo dietetico della carne (53,8%) associato al «piacere di gusto» (40,2%), mentre per la carne bovina le motivazioni trainanti attengono al peculiare apporto proteico (40,2%) e nutrizionale (56,4%); nel suino la propensione al consumo è sostenuta dalla bontà gustativa (53,8%), che fa il paio con la valenza nutrizionale (32,7%).
Anche chi ha manifestato una propensione al consumo, però, evidenzia dei freni di natura essenzialmente economica, a partire dal prezzo elevato (che raggiunge addirittura il 61,5% per il bovino) o dall’assenza di promozioni accattivanti (23,1% sia per la carne bovina che per quella suina, 20,1% per l’avicunicolo). Altro aspetto rilevante attiene all’area dell’“insoddisfazione” nella fase del consumo data dalla scarsa resa in cottura (il 28,5% nel caso dell’avicunicolo), in contrasto con le aspettative di base.
Carne, perché no? Si ispirano a motivazioni di natura salutistica o dietetica quanti invece hanno manifestato in partenza avversione al consumo di carne, dichiarando la volontà di ridurne il quantitativo. Lo afferma il 64% degli intervistati, con riferimento alla tipologia di carne suina, seguita dal 61,5% del bovino e dal 46,3% dell’avicunicolo. Pesano anche i dubbi sulla salubrità del prodotto, che toccano il 53,7% per la carne avicunicola (43,7% per quella bovina, 32,3% quella suina).
I canali d’acquisto. Per quanto concerne i canali d’acquisto, prevale la grande distribuzione (supermercato o ipermercato), seguita dalla macelleria. Le percentuali, però, cambiano a seconda della tipologia di carne scelta. Se il 73,7% degli intervistati si affida alla gdo quando deve comprare carne bianca, tale percentuale scende al 68,6% per gli acquisti di carne bovina (dove in parallelo sale il gradimento del negozio tradizionale al 46 per cento) e al 69,9% per la carne suina.
Differenziata è l’aspettativa sulla qualità del prodotto, in base al luogo di acquisto: nella macelleria, per tutte le tipologie di prodotto, la bontà attesa, ma anche quella percepita, è più elevata rispetto alla gdo o al discount.
Pregi e difetti della Gdo. Fra i pregi del supermercato, i responsabili degli acquisti intervistati hanno indicato i fattori prezzo (inferiore rispetto alla macelleria, presenza di offerte e promozioni), assortimento (maggiore scelta, ampio smercio/freschezza, praticità delle confezioni, visibilità del prodotto), garanzia (sensazione di maggior controllo sull’origine) e servizio (non si fa la fila/estensione oraria), mentre fra le criticità i consumatori hanno menzionato la qualità (diffusa insoddisfazione per la qualità della carne di manzo nella gdo) e il servizio (manca qualcuno a cui chiedere delucidazioni/consigli sulla carne).
Imparare dalle macellerie? Scenario differente per la macelleria tradizionale. I punti di forza individuati dagli intervistati sono risultati essere assortimento (qualità migliore e carne più selezionata, ma anche assenza di carne extra-europea) e servizio (consigli sul taglio di carne e modalità di cottura, servizio dedicato, possibilità di prenotare tagli o carni speciali, rapporto di fiducia, maggiore riguardo se frequentato con assiduità); al contrario i fattori di insoddisfazione sono stati individuati negli elementi prezzo (più alti, nessuna promozione), garanzia (tracciabilità meno visibile) e altri elementi di servizio (minor controllo sulle quantità, si perde tempo in fila, se il rapporto non è costante il trattamento può essere scadente, imbarazzo a rifiutare una carne che non convince).
Le informazioni tra etichette e internet. Tra le informazioni in etichetta nella gdo, il consumatore si mostra interessato a specifici contenuti sul tipo di allevamento, sull’alimentazione e l’età dell’animale alla macellazione. Elementi giudicati di rassicurazione rispetto alla carne e distintivi della reale qualità del prodotto acquistato. Allo stesso tempo, anche la tipologia del taglio carneo; la fascia di prezzo e la provenienza, magari con indicazioni sul luogo di allevamento, le certificazioni di prodotto, il prezzo per porzione.
La preparazione delle carni è un elemento sul quale riflettere, perché accanto ai «consigli della mamma», ai quali ricorrono il 43,4% degli intervistati in caso di dubbio sulle modalità di gestione e cottura, avanza la ricerca autonoma di informazioni su internet (28,7%), soluzione che scavalca addirittura l’aiuto del macellaio (27,3 %).
Riflessioni sul packaging. Quanto alla confezione, chi acquista carne compra preferibilmente nel vassoio tradizionale o termosaldato (se nella gdo) o il prodotto sfuso (se si rivolge al macellaio); in particolare il vassoio termosaldato viene percepito come il più sicuro in termini di igiene alimentare. Lo skin pack, invece, è più utilizzato all’estero rispetto all’Italia.
Del resto considerando la gestione delle carni dopo l’acquisto si dovrebbe pensare a diverse opzioni di confezionamento. Per avicunicolo e suino, le carni vengono spesso acquistate in quantitativi superiori alle necessità quotidiane, per cogliere le opportunità promozionali che quasi tutti gli intervistati ammettono di cercare. Al contrario, la carne di manzo viene acquistata e consumata direttamente.
Due comportamenti che richiederebbero soluzioni diverse anche in termini di confezionamento: un packaging di grande formato pre-porzionato per suino e avicunicolo, una logica di skin pack pre-porzionato per la gestione degli acquisti di carne bovina.