CLOSE
Home Tags Gdo

Tag: Gdo

Rincari dei listini e dei costi energetici, gli effetti sulla Gdo

Cosa può esserci di peggio per la Gdo del 2022, cioè di un anno in cui i listini rincarano, i costi energetici triplicano, ma si fatica a trasferire a valle gli aumenti nel timore di perdere volumi? Forse una sola cosa: il 2023. Nel corso della presentazione del Rapporto Coop 2022, Marco Pedroni, Presidente di Coop Italia e di Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori) ha dichiarato di attendersi per i prossimi mesi un’ulteriore crescita dell’inflazione, seppure a ritmi un po’ inferiori di quelli registrati finora. Il che vorrebbe dire complicare ulteriormente uno scenario da brividi per la grande distribuzione. Vediamo perché.

I prezzi dei beni alimentari venduti dall’industria alle catene della Gdo sono cresciuti del +14,9% rispetto allo scorso anno (var % tendenziale luglio-agosto 2022-2021), mentre l’inflazione alla vendita nello stesso periodo ha fatto segnare un valore di poco superiore al +9,2%. Il differenziale fra il prezzo all’acquisto e quello alla vendita segna -5,7% ed è a carico della grande distribuzione. Davvero impressionanti i rialzi dei prezzi all’acquisto dei prodotti basici, sui quali l’impennata delle materie prime incide molto: l’olio di semi segna +40,9%, quello di oliva +33,1% e ancora la pasta +30,9%, la farina +25,4%.

I discount non sono molto lontani dal recuperare quasi tutto l’aumento dei prezzi di acquisto – ha detto Pedroni – mentre il resto della distribuzione è partita dopo e noi di Coop particolarmente dopo”. Tradotto in numeri, lo scorso luglio il tasso di inflazione dei prezzi al consumo era del +14,4% nel discount contro il +9,1% dei super.

Capitolo costi energetici sopportati dalla Gdo: nel 2019 erano pari a 1.512 milioni di euro e pesavano l’1,7% sul fatturato; nel 2022 arriveranno a 5.022 milioni di euro, per un’incidenza del 4,7% sul fatturato che salirà al 5,2% nel 2023. Il Rapporto Coop sottolinea come questo incremento è tanto più preoccupante se si considera che il retail alimentare è un settore strutturalmente a bassa redditività, dove piccole variazioni dei margini possono seriamente compromettere la tenuta dei conti economici. In base ai dati Mediobanca, il valore aggiunto trattenuto in media dalle imprese della Gdo nel 2021 è stato pari al 14,7%, l’Ebitda del 5,3% e l’Ebit del 2,6%. Allo stesso modo, ogni 100 euro spesi dal consumatore l’utile netto per i retailer è stato appena superiore ad 1,5 euro.

Ma quali sono i risultati dei punti vendita Coop in una situazione così complessa? “I canali hanno performance diverse – ha dichiarato Maura Latini, Amministratore Delegato di Coop Italia – anche se tutti hanno beneficiato di un andamento positivo nei mesi estivi. In generale, l’iper perde volumi per via delle sue difficoltà strutturali, purtroppo accentuate dall’aumento del costo dei carburanti, che ostacola lo spostamento dei clienti. Il supermercato tiene, con un recupero importante dal lancio del nostro progetto sul prodotto Coop a cui si è aggiunta la positività del mercato nella stagione calda. Nel complesso, registriamo una crescita dell’1% a volume”.

Coop ha annunciato lo scorso maggio un piano che una volta a regime (entro il 2024) includerà circa 5.000 nuovi prodotti a marchio, che innoveranno l’offerta del 50%. “I primi dati non solo ci danno ragione – ha affermato Latini – ma riconfermano la straordinaria forza del nostro prodotto. Da giugno a metà agosto, abbiamo rilasciato circa 1.000 nuovi prodotti. Una valutazione sulla base delle vendite a valore è difficile per via dell’inflazione e quindi guardiamo ai pezzi. Ebbene, in una categoria che definirei ‘tranquilla’ o quasi in leggera flessione, come le merendine, in cui abbiamo rinnovato la nostra offerta completamente, abbiamo registrato da giugno a metà agosto un +30% nei volumi venduti di prodotto Coop e +5% di quota. Se prendo una categoria completamente diversa, cioè gli aperitivi, dove l’innovazione è stata di segmento, di offerta e di assortimento, i volumi del prodotto Coop sono cresciuti del +88% e la quota del +9%”.

Rapporto Coop 2022, il largo consumo alla prova dell’inflazione

A volte un’immagine vale più di tante parole. La foto di un tornado che apre l’anteprima digitale del “Rapporto Coop 2022 – Consumi e stili di vita degli italiani di oggi e di domani”, presentata l’8 settembre a Milano, la dice lunga sulle tante criticità all’orizzonte. A cominciare dall’inflazione: il dato a doppia cifra del +7,8% nel 2022 ci fa ritornare indietro di 40 anni (era al +9,2% nel 1985) e da allora a oggi mai aveva toccato tale picco. L’effetto è presto detto: una perdita media del potere d’acquisto delle famiglie stimata in 2.300 euro per il 2022, cioè il 7,7% della spesa media annua.

Nei prodotti alimentari lavorati – ha spiegato Albino Russo, Direttore Generale Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori) – la dinamica inflattiva è prossima alla doppia cifra, ma ancora inferiore rispetto ad altri Paesi europei (da noi un +10% a fronte del +13,7% della Germania o del +13,5% della Spagna, con la media Ue 27 al 12,8%). Allo stesso tempo in maniera inattesa, nonostante questa spinta dei prezzi, i volumi di vendita hanno tenuto (+7,8% primo semestre 2022 vs 2019), complice la calda e lunga estate italiana, il ritorno del turismo straniero e la capacità della distribuzione moderna di imporsi sugli altri canali di vendita specializzati. Il mercato italiano è però al momento l’unico a mantenere un trend positivo dei volumi: la variazione delle vendite a prezzi costanti di largo consumo confezionato è del +0,5% in Italia, contro -5,4% del Regno Unito, -3,7% della Germania, -2,3% della Francia e -1,3% della Spagna. Questa differenza, come il ritardo nell’incremento dei prezzi, sembra presagire ad una inversione di tendenza imminente.

Oltre al tornado, un’altra metafora utilizzata nel Rapporto redatto dall’Ufficio Studi di Ancc-Coop – con la collaborazione scientifica di Nomisma, il supporto di analisi di Nielsen e i contributi originali di Gs1-Osservatorio Immagino, Iri Information Resources, Mediobanca Ufficio Studi, Nomisma Energia, Npd – è assai indicativa: il carrello come un fortino da proteggere e non più una miniera da cui attingere per finanziare altri consumi. Cosa significa? Che gli italiani – per ora – non hanno operato il cosiddetto downgrading degli acquisti, cioè non hanno rivisto al ribasso il mix dei prodotti che comprano. Guardando ai dati dello scorso luglio, a fronte di un’inflazione del +9,4% nel largo consumo confezionato, la variazione dei prezzi medi dei prodotti acquistati è stata del +9,3% e lo 0,1% di differenza è appunto la variazione di mix.

Ma attenzione: già oggi il 57% delle famiglie in affitto dichiara di essere in difficoltà a pagare il canone, così come il 50% delle famiglie con mutuo fa fatica a pagare la rata e se restringiamo il campo a luce e gas, un italiano su 3 entro Natale potrebbe non coprire più le spese per le utenze. Mettendo a confronto il periodo ottobre 2020 – settembre 2021 e quello ottobre 2021 – settembre 2022, la spesa media delle famiglie per l’elettricità è passata da 560 euro a 1.100 euro (+91%), quella per il gas naturale da 990 euro a 1.700 euro (+70%).

Insomma, la situazione è tale da fare presumere che le conseguenze si scarichino anche sul carrello della spesa. Come? Sono 24 milioni e mezzo gli italiani che nonostante l’aumento dei prezzi non sono disposti a scendere a compromessi nelle loro scelte alimentari e nei prossimi mesi prevedono di diminuire la quantità, ma non la qualità del loro cibo. Le stesse marche leader sembrano sacrificabili, rispetto al 2019 hanno registrato una contrazione della quota di mercato passando dal 14,9% di quell’anno al 13,1% 2022 (-1,8 pp), mentre la Mdd continua la sua avanzata, con una quota di mercato che nel 2022 sfiora il 30% (+2,0 rispetto al 2019). Ma questa forse è una delle rare note positive per la Gdo, visto che il 2022 (e forse ancor di più il 2023) potrebbe essere l’anno più difficile della sua storia.

GDO in Italia, la ricerca di NielsenIQ su andamento del valore e volume delle categorie

NielsenIQ rilascia i dati aggiornati sullo sviluppo dei prezzi per categorie. Prendendo in considerazione le categorie più rilevanti, ovvero quelle che nelle ultime 5 settimane* sviluppano almeno 10 milioni di Euro, l’85% evidenzia un trend a valore positivo se confrontato con l’anno 2021.

Pesa l’inflazione: sale il valore ma cala il volume
In termini di giro d’affari, sono i dessert freschi e gli integratori e acque aromatizzate, che crescono rispettivamente del 72,6% e del 35,1% a valore, complice l’ondata di caldo intenso che tiene in stallo il nostro Paese dall’inizio della stagione estiva. L’inflazione impatta in modo particolare, in quanto, se consideriamo gli stessi trend ma analizzando i volumi, la crescita è “solo” del 54%.

Secondo i dati di NielsenIQ, ad esempio, crescono a valore ma presentano trend negativi l’olio di semi e la pasta di semola. Categorie che invece crescono molto a volume e non particolarmente a valore sono quelle della pulizia dei servizi igienici e della cura del viso femminile, che progrediscono rispettivamente del +37,6% e del +19,5% a volume.

Il dato inflazionistico viene ulteriormente confermato se prendiamo i trend a valore e a volume delle singole categorie e le confrontiamo fra loro: il 90% cresce più a valore che a volume, di conseguenza il loro prezzo medio aumenta; il pollo, per esempio, cresce molto a volume (+25,4%), ma il trend delle vendite a valore risulta quasi doppio (+47,1%). In controtendenza, con una diminuzione del prezzo medio, troviamo categorie come l’acqua gassata (-7,3%) e l’alimentazione sportiva (-5,1%).

Meno promozioni sugli scaffali
Analizzando la pressione promozionale delle categorie più rilevanti, dalle analisi di NielsenIQ emerge come il 59% di esse presentino una pressione promozionale a valore inferiore rispetto all’anno precedente. Nonostante i consumatori cerchino di risparmiare per fronteggiare gli aumenti dei prezzi dovuti all’inflazione, infatti, solo il 41% delle categorie presenta un trend delle vendite promo positivo. Le variazioni più significative nell’incidenza delle promozioni sul giro d’affari complessivo delle categorie più rilevanti si riscontrano, ad esempio, per riso bianco (-9,1 PP), burro (-7,0 PP) e rotoli di carta (-4,9 PP).

Migliorano i driver di performance della GDO

Tra pandemia e dinamiche inflattive, cos’è cambiato nel comportamento d’acquisto degli italiani, in termini di canali distributivi e categorie di prodotto? E come si sono trasformati i KPI di vendita e di out-of-stock nel breve e nel lungo periodo?

Sono le domande a cui GS1 Italy, in ambito ECR e in collaborazione con IRI, ha voluto rispondere nel corso del workshop online “Due anni di discontinuità: gli effetti nelle dinamiche di sell-out e di out-of-stock”, organizzato nell’ambito dell’Optimal shelf availability (OSA), un progetto che studia, misura e analizza il fenomeno dell’out-of-stock, per identificare soluzioni strategiche e collaborative, condivise da produttori e distributori, che aiutino a migliorare il livello di disponibilità dei prodotti sugli scaffali e a soddisfare, quindi, il consumatore.

Con gli interventi di Ilaria Archientini, ECR project manager di GS1 Italy, e di Marco Colombo, operations e product management director di IRI, l’incontro è partito dall’analisi dei dati giornalieri dei canali di vendita moderna per metterne a fuoco gli elementi di continuità e quelli testimoni dei cambiamenti in atto, e per identificare le dinamiche nelle varie categorie merceologiche, anche alla luce delle pressioni inflattive, delle tensioni lungo la filiera e dei nuovi comportamenti di acquisto, determinati sia dall’incertezza del contesto sia da fenomeni diventati strutturali, come lo smart working.

Delineata l’evoluzione di scenario, il focus è poi passato ai driver di performance nel punto vendita, con l’obiettivo di comprendere il nuovo ruolo rivestito da assortimento, promozione, prezzo e out-of-stock per le performance dei retailer e dei produttori.

«Nel 2021 è ricominciato il trend verso la maggiore efficienza dell’out-of-stock, che si era interrotto bruscamente nel 2020 anche a causa delle difficoltà nella catena di approvvigionamento e degli acquisti dei beni di prima necessità a punto vendita, superiori rispetto alle vendite attese» ha spiegato Ilaria Archientini. «Nell’arco di un anno il tasso di out-of-stock si è ridotto dello 0,4%, scendendo nel 2021 al 3,5%. Anche in termini di impatto economico, l’anno scorso è ripresa la tendenza migliorativa che si era registrata tra 2017 e 2019, e il dato delle vendite perse nel largo consumo confezionato si è attestato al 4,7% contro il 5,1% del 2020. Quindi, il rapporto tasso di out-of-stock e vendite perse è stato pari a 1,47».

Per approfondimenti, i materiali del workshop online “Due anni di discontinuità: gli effetti nelle dinamiche di sell-out e di out-of-stock” sono disponibili sul sito di GS1 Italy.

Prossimo appuntamento con i workshop OSA, martedì 12 ottobre 2022, online dalle 14:30 alle 15:30, con “Largo consumo confezionato: evoluzione tra le rivoluzioni”.

Nasce Remark, per soluzioni destinate a retail evoluto e GDO

Proporre al mercato sistemi di cassa smart e soluzioni con a bordo i software necessari per consentire una gestione evoluta di processi e attività. È questo l’obiettivo di Remark S.r.l., la nuova società del gruppo RCH che nasce dalla sinergia tra gli oltre 50 anni di esperienza di RCH S.p.A. nello sviluppo di soluzioni avanzate per i punti vendita e le competenze trentennali di Igesa S.r.l. nel campo dei software gestionali per le PMI, l’e-commerce, il Retail e la Distribuzione Organizzata.

La newco, le cui quote societarie sono al 60% di RCH S.p.A. e al 40% di Igesa S.r.l., è presieduta da Stefano De Pra, Presidente di RCH S.p.A.

Grazie ad una collaborazione di due anni tra le due società fondatrici e ai test effettuati nel mercato delle attività commerciali con esigenze più evolute e della Distribuzione Organizzata su oltre 700 punti cassa, Remark ha costruito una piattaforma d’offerta che propone sistemi che integrano hardware e software. Le casse smart a marchio RCH avranno infatti a bordo Physit Store Solutions, il software sviluppato per coprire le esigenze gestionali più complesse nel mercato Retail e DO.

Che si tratti di realtà distribuite sul territorio, con punti cassa multipli, con la necessità di gestire e-commerce e magazzino, i nuovi sistemi integrati di Remark consentono di disporre di soluzioni ideali per incrementare efficienza ed efficacia nel governo delle attività. Tra i vantaggi della nuova piattaforma d’offerta, un costo estremamente competitivo, anche in termini di formazione e assistenza, rispetto ad altre soluzioni presenti sul mercato.

Il canale distributivo prevalente per le soluzioni RCH con a bordo Physit Store Solutions sarà quello dei Concessionari RCH.

“La nascita di Remark è una conferma della nostra strategia di crescita che individua RCH come punto di riferimento in un mercato in forte e costante evoluzione come quello del Retail e della DO. Sempre di più la differenza competitiva nel settore sarà determinata dalla disponibilità di soluzioni che consentano una gestione, semplice e intuitiva, di processi complessi. Crediamo che i sistemi commercializzati da Remark siano una risposta efficace per consentire la transizione delle aziende commerciali e distributive verso paradigmi più evoluti, in linea con le attuali richieste dei consumatori”, ha commentato Nicola Cassoli, Consigliere di Remark S.r.l. e Chief Marketing Officer di RCH SpA.

Il pagellone della GDO, Esselunga è in testa

È Esselunga a dominare la prima edizione de “Il Pagellone della Gdo”, stilato da Alimentando.info; a seguire, sul podio, Lidl e Conad. La catena fondata da Bernardo Caprotti primeggia anche nelle classifiche parziali per sviluppo del format, delle MDD (le cosiddette “private label”, le marche del distributore) e i servizi al cliente, fatta eccezione per quella sulla sostenibilità, dove cede la leadership a Coop, e quella sulla crescita, in cui Conad e Selex sono nelle prime due posizioni.

È una classifica unica nel suo genere, quella elaborata dai giornalisti del portale Alimentando.info sulle principali insegne della distribuzione italiana nel 2021. Non riguarda infatti un solo aspetto, come il fatturato, la redditività per metro quadro o il numero di aperture; per la prima volta, oltre agli indicatori economici, come le quote di mercato e l’incidenza della Marca del distributore, la valutazione considera anche la sostenibilità e i servizi al cliente, online e offline. Parametri sempre più decisivi sia per le aziende che per i consumatori.

L’obiettivo è quello di indagare a 360 gradi i primi 10 retailer con le prime 10 quote di mercato (Guida Nielsen Largo Consumo, 1° semestre 2021), con un focus anche su tre player della distribuzione organizzata: Aspiag, Crai, D.It. che compaiono nella classifica delle insegne più performanti nel segmento supermercati (Guida Nielsen Largo Consumo, 1° semestre 2021).

Il podio vede protagonisti Esselunga, Lidl e Conad. La prima classificata raccoglie il giudizio più alto del “pagellone”. Secondo Alimentando.info, infatti, è l’azienda alla quale tutti i retailer della Gdo si ispirano per fare raffronti, anche quando è criticata aspramente per le sue strategie, come l’ultima sulla convenienza e sulla riduzione dei prezzi. Essere i primi a muoversi ha premiato.

Lidl raccoglie ottimi voti su tutti i fronti, in particolare per lo sviluppo dei format, che, secondo Alimentando.info, fa ormai dell’insegna un supermercato con una propria precisa fisionomia. Al terzo posto per l’approccio alla sostenibilità, Lidl si distingue con uno dei migliori bilanci per profondità delle informazioni e per traguardi raggiunti che scoprono un motore di innovazioni sostenibili particolarmente aggressivo, a cominciare dalla realizzazione dei punti di vendita, per finire a singole referenze.

Conad è leader di mercato con una quota del 15% nel 2021; lo sviluppo del format è in continua evoluzione e quest’anno è atteso il lancio del sito online che si occuperà sia della spesa alimentare sia di vari servizi, dal benessere alle vacanze. Sul fronte dello sviluppo format, spiccano anche la performance dei discount MD e Lidl, mentre nella private label viene premiato il grande lavoro del Gruppo VéGé.

Ci sono anche gruppi che, nelle diverse classifiche, non brillano: su tutti Carrefour ed Eurospin, che, insieme a D.it, occupano le ultime 3 posizioni della classifica generale. La catena francese sconta le enormi difficoltà degli ipermercati e qualche incertezza del management. Il discount veronese, invece, nonostante risultati economici di tutto rispetto, non risulta particolarmente attento a un tema strategico come la sostenibilità e non valorizza adeguatamente la Marca del distributore. Per D.it ha pesato l’assenza di un bilancio di sostenibilità del gruppo, benché siano state individuate iniziative apprezzabili in ordine sparso (come l’app Last minute sotto casa per la vendita di prodotti in scadenza), di cui è difficile valutare la continuità e dunque l’impatto.

Il documento completo è consultabile su questo link 

“La prima edizione del pagellone è frutto di un’analisi basata su numeri e visite presso i punti vendita delle varie catene che restituisce un quadro complessivo neutrale della GDO in Italia”, commenta il direttore di Alimentando.info, Angelo Frigerio. “L’obiettivo di questa classifica non è certo quello di ottenere consenso o generare polemiche, bensì di stimolare un confronto aperto e costruttivo sull’attuale scenario della distribuzione moderna italiana”.

GDO, è partito il braccio di ferro sui listini

I primi ritocchi dei listini finiranno nel carrello della spesa con l’autunno, poi il nuovo anno potrebbe portare rincari anche a due cifre per alcuni generi alimentari. A chiedere gli aumenti l’industria di marca che proprio in queste settimane sta incontrando le catene della GDO per definire volumi e prezzi di vendita per il 2022. Per la pasta, secondo quanto risulta al Sole 24 Ore, i produttori chiedono aumenti del 20%, per le farine del 15%, le merendine +12%, salumi +4%, fazzoletti di carta e carta igienica +7%, conserve di pomodoro +15%, piselli ed altri legumi 17%, l’olio 20%, i prodotti lattiero caseari +8% e via di seguito.

Una pioggia di rincari chiesti dopo un decennio di inflazione zero o, per alcuni comparti merceologici, di deflazione. Perché quest’anno a ritoccare i listini all’insù sono praticamente tutti i produttori ed è una situazione che, secondo le stime degli addetti ai lavori, potrebbe spingere nel 2022 i prezzi del carrello della spesa del 2-4%. È il sommarsi di molte concause dagli aumenti dell’energia ai trasporti, alle materie prime base senza dimenticare la speculazione che sfrutta la situazione ritardando lo scarico di navi cariche di grano, mais, soia e semi di girasole puntando sui rincari.

«Serve un grande senso di responsabilità di tutti gli attori della filiera e come Selex non intendiamo scaricare sui consumatori aumenti così importanti – dice Maniele Tasca, direttore generale del Gruppo – ma si rischia una forte pressione sui margini delle aziende della GDO. Se ci saranno rincari che l’industria non può assorbire sarà accettabile un aumento dei listini ma temporaneo perché le insegne saranno in grande difficoltà nel trasferire questi aumenti».

Giorgio Santambrogio, Ceo di Gruppo VèGè, punta l’indice contro la speculazione: «Siamo contro le speculazioni che alcuni fornitori fanno e siamo disposti a sederci al tavolo per studiare come ripartire tra catene e industria i rincari – spiega l’AD. Bisogna innanzitutto collaborare con industria di marca perché non è equo che la GDO debba assorbire i rincari non potendo scaricarli sui clienti».

Un’altra possibile area d’intervento è lavorare sull’efficienza della filiera. Patrizio Podini, fondatore e presidente di MD, teme una speculazione che si autoalimenta creando rarefazione delle materie prime con «aumenti esagerati, fuori da ogni regola – premette. Lancio un appello al Governo e all’Antitrust per intervenire sugli aumenti ingiustificati dei prezzi con controlli e verifiche. C’è poi il caro bolletta elettrica quasi raddoppiata in un anno, un costo diventato insopportabile».

Guarda alle conseguenze Marco Pedroni, presidente Coop Italia e Associazione nazionale cooperative di consumatori. «Si rischia un’inflazione da costi sui consumatori che potrebbe essere un freno formidabile alla ripresa del Paese. Il problema non riguarda solo la distribuzione ma ricade su tutti i comparti produttivi: agricoltura, industria, distribuzione – avverte Pedroni. È un tema urgente che deve essere assunto dall’esecutivo e dalle politiche economiche che si potranno intraprendere. Sarebbe importante in questo momento un’azione forte di sostegno dei consumi, anche attraverso le leve fiscali. E poi su iniziativa del Governo, sarebbe utile istituire un tavolo comune per non lasciare sole le singole imprese. Sono convinto che tutti, produttori e distributori, debbano prendere la responsabilità di limitare in modo significativo gli aumenti di prezzo sui consumatori».

Fonte: Il Sole 24 Ore

Le merendine fatturano 1.088 milioni di euro. L’analisi di Iri

Per colazione o come pausa dolce, agli italiani le merendine piacciono. Ma quali performance hanno avuto durante la pandemia? Ce lo racconta un’analisi di IRI.

Insieme a Biscotti, Fette Biscottate, Cereali per la Prima Colazione, Torte Pronte, Pasticceria e Wafer, le Merendine compongono, il comparto dei Prodotti da Forno e Cereali, che rappresenta quasi il 6% del fatturato del Largo Consumo Confezionato (LCC), in lieve flessione nell’ultimo anno rispetto ai precedenti. La pandemia da Covid-19 e le variate abitudini degli Italiani nell’ultimo anno hanno infatti portato ad una crescita complessiva di questi prodotti, seppur inferiore a quella del Largo Consumo nel suo complesso: se l’LCC ha registrato un trend di fatturato per gli ultimi 12 mesi a marzo 2021 pari a +6,1%, i Prodotti da Forno si sono fermati ad un +1,3% (sul perimetro di ipermercati, supermercati, negozi a libero servizio piccolo e discount). Le Merendine sono riuscite a chiudere il periodo con uno spunto lievemente superiore, pari al +2,0%, realizzando il 26,9% del fatturato del comparto.

Andamento della categoria

La categoria delle Merendine ha realizzato nell’ultimo anno a marzo 2021 un fatturato di 1.088 milioni di euro nella Distribuzione Moderna (ipermercati + supermercati + libero servizio piccolo + discount) in crescita del +2%; anche i volumi sono stati positivi e pari al +1,6%. Come tutte le categorie del Largo Consumo, anche le Merendine sono state impattate dalla pandemia: ad una crescita delle vendite del mese di marzo 2020 (+4,4% a valore), comune a molte categorie per effetto dei comportamenti dei consumatori che hanno acquistato molti prodotti in ottica di “scorta”, hanno fatto seguito i mesi della primavera/estate con fatturato negativo, per riprendere poi a crescere con tassi importanti a partire da settembre, ovvero dalla seconda fase di restrizioni. Oltre la metà delle vendite complessive delle Merendine sono state realizzate dal canale dei supermercati (56% del valore e 52% dei volumi), ma la crescita del mercato è trainata dai discount che hanno superato nell’ultimo anno un quinto del fatturato complessivo e un quarto dei volumi con trend in crescita quasi a doppia cifra. Il libero servizio piccolo e soprattutto gli ipermercati chiudono invece il periodo in terreno negativo, come successo per molte altre categorie del Largo Consumo. L’assortimento medio delle Merendine è ampio: settimanalmente sono presenti quasi 100 referenze in un supermercato medio, che salgono a 150 in un ipermercato ma scendono a 36 in un discount, in cui gli assortimenti sono sempre molto più «asciutti». L’offerta di prodotti così variegata è frutto delle diverse tipologie di Merendine, che permettono di segmentare la categoria da più punti di vista: in primis per forma, andando dai trancini ai croissant, dalle crostatine ai plum cake, solo per citarne alcune, fino ad arrivare a prodotti più innovativi come i pancakes. I trancini sono il tipo di prodotto più importante in termini di peso, dal momento che sviluppano un terzo del fatturato complessivo della categoria, seguiti dai croissant, con oltre ¼ del fatturato; la tipologia più dinamica è però quella dei plum cake, che aumentano il proprio peso anno dopo anno, seguiti dalle crostatine. Le Merendine si differenziano anche tra semplici, ricoperte (spesso con cioccolato) e farcite con creme e marmellate di gusti vari, che permettono ai produttori di innovare e soddisfare così i gusti di un numero maggiore di consumatori. Ancora, è possibile identificare alcuni segmenti del mercato, più o meno dinamici e ampi, che offrono alternative ai consumatori con prodotti biologici, senza glutine o con farina integrale.

I primi due sono nicchie di mercato, che sviluppano ognuno circa l’1% del fatturato complessivo, in calo nell’ultimo anno, frutto delle strategie dei produttori, che di volta in volta presentano sul mercato nuovi prodotti. Le Merendine integrali sviluppano invece oltre il 6% del fatturato complessivo e, anche in questo caso, il loro peso sull’intera categoria varia in funzione dei nuovi prodotti, che spesso arricchiscono l’offerta integrale con altri ingredienti più o meno golosi: crema alla nocciola, marmellata ai frutti rossi, miele, cioccolato. I consumatori sono infatti sempre più alla ricerca, non solo in questa categoria, di prodotti “salutistici” ma che strizzino anche l’occhio al gusto.

Prezzi e promozioni

All’interno del comparto dei Prodotti da Forno e Cereali, la categoria delle Merendine ha, insieme ai Cereali, un posizionamento premium tra i prodotti consumati per la Prima Colazione: il prezzo medio al chilo di pari a 6,45€ (anno terminante a marzo21, iper+super+LSP), in linea con i Cereali (6,49€) e decisamente più elevato di Biscotti e Fette Biscottate, che si posizionano intorno i 4€; questi prezzi non tengono in considerazione le Merendine senza glutine, che raggiungono quasi i 14€/kg. Le Merendine sono anche la categoria più promozionata tra i Prodotti da Forno (oltre 1/3 dei volumi sono venduti in taglio prezzo), seguite a breve distanza dai Biscotti e con maggior distacco da Fette Biscottate e Cereali (meno del 30%). La pressione promozionale è però in progressivo calo; risulta infatti essere inferiore di 3 punti rispetto allo scorso anno e di quasi 7 rispetto all’anno terminante a marzo 2017. Un discorso a parte deve essere fatto per i discount, che hanno notoriamente prezzi più bassi e promozioni più contenute: con un prezzo medio al chilo di 4,69€, il risparmio per le Merendine acquistate in questo canale è pari a quasi il 30% rispetto alla Distribuzione Moderna “classica”. Al contempo le attività di taglio prezzo sono inferiori e si attestano nell’ultimo anno ad un 22% dei volumi complessivi.

Innovazione

Come già anticipato, l’innovazione di prodotto nelle Merendine è importante e permette ai produttori di soddisfare le nuove richieste dei consumatori: negli anni solari 2019 e 2020 i nuovi lanci (intesi come nuovi EAN immessi sul mercato) hanno sviluppato un fatturato che si attesa tra il 3 e il 4% delle vendite complessive della categoria, in crescita rispetto ai lanci del 2018 (1,4% del fatturato) ma inferiore a quelli del 2017, che avevano superato il 5%. L’innovazione di prodotto delle Merendine è soprattutto estensione di gamma: si differenzia l’offerta grazie a nuove farciture golose (crema alla nocciola, latte e cacao, crema pasticcera…), nuovi gusti di confettura (molto apprezzati negli ultimi anni i frutti rossi, che sono stati utilizzati per parecchi lanci, ma anche farciture più particolari come mix di zucca-carotaarancia, per fare un esempio), farina integrale o nuovi ingredienti nell’impasto, dalle classiche gocce di cioccolato ai più innovativi mix di pere e cioccolato o mele. Non mancano, anche se in misura minore, le nuove brand che arricchiscono i classici ingredienti delle Merendine con crema al limone piuttosto che yogurt greco o farina di riso. Ancora una volta, l’innovazione permette di soddisfare le richieste dei consumatori che cercano prodotti buoni, in linea con le tendenze “salutistiche” ormai radicate, ma comunque sempre golosi.

Il canale online

Per quanto attiene alle Merendine, il canale on-line pesa solo l’1,2% del fatturato complessivo (anno terminante a marzo 2021, totale iper + super + libero servizio piccolo + discount + generalisti Online) ma questo peso è più che raddoppiato rispetto ai 12 mesi precedenti. La sua crescita ha infatti contribuito per oltre il 20% alla crescita del fatturato complessivo della categoria.

Cresce la voglia di foto, il ruolo della Gdo

In Italia sono operativi circa 43 milioni di smartphone. E’ stato calcolato che ogni smartphone scatta almeno 185 fotografie l’anno, scaricando nelle gallerie dei telefonini circa 8 miliardi di foto ogni anno. Una parte, minoritaria, di queste foto viene condivisa sui social e un’altra parte viene sviluppata grazie ai servizi di sviluppo on line. Rimane, tuttavia, una massa di sterminata di foto che i consumatori potrebbero decidere di sviluppare se trovassero un modo rapido e conveniente di farlo.

Da qui l’idea di Cewe Italia: mettere i consumatori nelle condizioni di stampare le foto al supermercato. L’azienda, infatti, ha già iniziato a dislocare corner per la stampa immediata di fotografie in circa un centinaio di punti vendita della Grande Distribuzione (IperCoop, DM Drogherie Crai, Migross del Gruppo Végé). Ma oggi lo sviluppo foto nel mass market può funzionare?

Le ragioni di un successo ci sono- e non sono poche: gli italiani, innanzitutto, non sviluppano le foto che hanno nei telefonini; per di più cresce la voglia di memoria, specie dopo la pandemia (in questo annus horribilis ha segnato il +30%); e ancora: nel resto dell’Europa questo ritorno è una realtà già da anni.

Infine, il servizi di stampa immediata delle foto nella Gdo funziona benissimo in Europa da anni. La multinazionale tedesca Cewe, leader di settore, ha aperto da tempo circa 20mila corner di sviluppo foto nei punti vendita dei grandi retailer delle principali categorie merceologiche.

La ripresa dell’abitudine di sviluppare foto non passerà attraverso la rete dei tradizionali negozi di fotografia, in grave crisi, e neppure attraverso i servizi di stampa on line, che pur essendo attrattivi per il pubblico giovane, necessitano comunque del passaggio della consegna delle foto stampate, sia con la spedizione postale oppure con il ritiro in apposite location. La stampa delle foto al supermercato o al drugstore offre, invece, la possibilità di fare la spesa alimentare e poi di stampare le proprie foto, istantaneamente, usando il proprio telefonino: nella postazione si troveranno già i cavetti per ogni tipo di cellulare, oppure si può optare per il collegamento bluetooth, non servono chiavette Usb (la macchina stampa lo scontrino con cui si va a pagare in cassa). E le foto potranno essere stampate anche sotto la forma di  biglietti di auguri, cartoline e altro.

“L’espansione della rete di punti vendita della Grande Distribuzione dotati di corner per la stampa immediata delle fotografie favorirà il desiderio di stamparle di nuovo – spiega Massimo Amadei, responsabile di Cewe Italia – I primi corner da noi dislocati in varie città d’Italia stanno avendo un ottimo successo, generando pedonalità, attaccamento al brand e margini interessanti per le catene distributive che aderiscono”.

Inoltre, l’offerta di Cewe è concorrenziale, con prezzi mediamente minori dello sviluppo foto on line. Naturalmente Cewe offre anche un servizio completo Omnichannel: stampa in  negozio, stampa da casa web, stampa in mobilità app.

 

La GDO italiana raccontata dall’Osservatorio Mediobanca

Un 2020 positivo per La GDO: le previsioni sono intatti di una chiusura del +5%, di cui l’1% attribuibile all’esplosione del canale on-line. Incrementi molto marcati per i Discount (+8,7%), i Super (+6,8%) e i Drugstore (+6,6%). Queste alcune delle evidenze dell’osservatorio realizzato dall’Area Studi Mediobanca.

L’intero sistema dovrebbe ripiegare dell’1,6% nel 2021,cumulando nel biennio un aumento del 3,3%. Continua la crisi delle grandi superfici che si prevede perderanno il 4,8% nel biennio 2020-21. L’e-commerce (+60% nel 2021) potrebbe arrivare al 3% del mercato già nel 2021, due anni in anticipo rispetto al 2023 previsto prima della pandemia. Si tratta tuttavia di un segmento che continua a registrare margini negativi per oltre il 10%.

Nel 2020 la concentrazione del mercato italiano è in aumento: la market share dei primi cinque retailer è del 57,5% dal 52,8% del 2019. Il mercato italiano supera così
quello della Spagna (50%), ma resta frammentato rispetto a Francia (78,1%), Gran Bretagna(75,3%) e Germania (75,2%). Nel 2020 Conad detiene la maggiore quota di mercato con il 14,8%, seguita da Selex al 13,7% e dalle Coop al 12,9%. Nel 2011 le Coop erano il primo gruppo con il 15,3%, seguite da Conad al 10,6% e da Selex all’8,1%.

Le vendite: la vera sfida per il 2021
I dati preliminari dei grandi retailer internazionali quotati indicano vendite nel 2020 in crescita dell’8,3%, con effetti molto positivi sui margini industriali (+17,1%) e sul risultato netto (+42,4%). Il Roi del sistema è calato al 4,9% del 2019 dal 5,6% medio del 2015-2017. Il trend discendente interessa tutti i segmenti che pure segnano livelli molto diversi: i Discount dal 20,1% al 16,6%, la Distribuzione Organizzata dall’8,8% al 7,8% e la Grande Distribuzione dal 6,7% al 4%. Dinamica analoga per l’ebit margin: dal 2,5% del 2015-2017 al 2,1% del 2019, con i Discount in questo caso in lieve crescita dal 4,7% al 4,9%, la Distribuzione Organizzata in calo dal 2,8% al 2,4% e la Grande Distribuzione in flessione dal 2,9% all’1,9%. Per Conad la traiettoria è dal 2,5% all’1,8%, mentre le Coop segnano sull’intero quinquennio un margine negativo che si fissa al -1,4% nel 2019. Crescono i 32 drugstore italiani che hanno realizzato nel 2019 vendite per 3,6 miliardi +5,1% sull’anno precedente. L’ebit margin è al 4,6%, il Roi al 12,3%. La forza lavoro complessiva sfiora le 13mila unità.

I conti dei singoli operatori
Lidl Italia è campione di crescita delle vendite tra il 2015 e il 2019: +8,7% medio annuo, seguita da Eurospin e Agorà appaiate al +7,6%. Segue il trio Lillo-MD (+6,9%), VéGé (+5,3%)  Crai (+5,2%). In termini di redditività del capitale investito (Roi) primeggia Eurospin (20,2%), seguita da Lillo-MD (16,5%), Agorà e Lidl Italia al 12,9% e Crai all’11,9%. Tutti i restanti operatori sono sotto la doppia cifra, capeggiati da VéGé al 9,1%. Supermarkets Italiani si conferma regina di utili cumulati tra il 2015 e il 2019: 1.340 milioni, seguita da Eurospin a 1.016 milioni, Conad a 879 milioni e VéGé a 839 milioni. Carrefour ha cumulato perdite per 603 milioni, Coop per 252 milioni. Coop Alleanza 3.0 è la maggiore cooperativa italiana con vendite nel 2019 pari a 4.043 milioni, seguita da PAC 2000 A (Gruppo Conad) a 2.851 milioni e Conad Nord Ovest a 2.586 milioni che precede Unicoop Firenze a 2.320 milioni. Il prestito soci del sistema Coop appare in costante declino dagli 11,1 miliardi del 2014 agli 8 miliardi del 2019. Negli ultimi 5 anni le Coop hanno realizzato proventi finanziari netti per 1.233 milioni e subìto svalutazioni finanziarie per 845 milioni.

Variazione cumulata del fatturato e occupati (2015-2019)

La crescita dei “campioni nascosti” 
All’interno della Distribuzione Organizzata operano aziende di dimensioni rilevanti. Quelle con fatturato superiore a 500 milioni sono venti, dalla Finbre (Maxi Di) con 2.124 milioni, alla Poli con 506 milioni. Alcune hanno segnato nel 2019 performance rilevanti in termini di Roi: Verofin (Tigros) al 18,2%, Gruppo Arena al 18%, SC Evolution (Iperal) al 15,8%, Supermercati Tosano Cerea al 15,3%, Cannillo (Maiora) al 15,2% e Mega Holding (Megamark) al 15,1%. In aggregato i venti operatori fatturano 20,6 miliardi, sono cresciuti nel 2019 del 5,9% e segnano un Roi medio del 7,9%. Nel complesso, si posizionerebbero alle spalle dei Discount, ma con un Roi pari a circa la metà.

I maggiori operatori internazionali
Nel 2019 i maggiori retailer internazionali selezionati hanno un fatturato che oscilla tra i €463 miliardi di WalMart e i €18,6 miliardi della portoghese Jeronimo Martins. Tali operatori fatturano circa il 20% del loro giro d’affari in punti vendita all’estero: la maggiore proiezione internazionale è dell’olandese Ahold Delhaize (77,6%), seguita dalla Jeronimo Martins che vende soprattutto in Polonia (73,3%) e dalle francesi Auchan (62%) e Carrefour (52%). Il panel esprime un Roi medio nel 2019 pari al 9%, doppio di quello italiano ma in calo costante dal  10,9% del 2015. La classifica per Roi comprensiva dei retailer internazionali e di quelli italiani vede primeggiare l’australiana Coles (31,3%), seguita dall’italiana Eurospin (20,2%), dall’altra australiana Woolworths (19,8%), dalla statunitense Target (18%) e ancora dall’italiana Lillo-MD (16,5%). Buone anche le perfomance delle due società iberiche: Jeronimo Martins (13,6%) e Mercadona (13,3%). La Lidl Italia segna un Roi (12,9%) superiore a quello della casa madre tedesca Lidl Stiftung (8,8%). Supermarkets Italiani detiene il primato internazionale quanto a vendite per metro quadro nei confini nazionali: con €15.900 precede le britanniche J Sainsbury con €13.600, Tesco con €11.500 e Wm Morrison a €11.200 e le due australiane Woolworths (€10.700) e Coles (€10.400).

Sostenibilità ambientale nella GDO 
Di sostenibilità le imprese della GDO trattano diffusamente. Sporadica in Italia la presenza di report dedicati che interessano il 62,5% del totale contro il 96,4% rilevato nei gruppi internazionali. Circa alcuni dei temi oggetto di misurazione analitica, i retailer italiani appaiono nella sostanza allineati ai grandi player internazionali. Quanto alle risorse umane, nel 2019 la forza lavoro femminile è pari al 62,9% del totale in Italia contro il 60,3% dell’estero; in termini di formazione, le ore annue dispensate ai dipendenti che ne hanno diritto ammontano a 16,3 in Italia e 21,6 all’estero; il ricorso al part-time interessa il 52% dell’organico in Italia, il 43,8% all’estero. Sui temi ambientali: la quota di rifiuti differenziati è pari al 75,1% in Italia e al 71,7% all’estero. L’intensità energetica è allineata: circa 450 kWh per mq, ma i retailer italiani sono meno impattanti in termini di intensità carbonica: 136 kg di CO2 per mq contro 208 kg.

Metodologia

L’Area Studi Mediobanca ha realizzato la nuova edizione dell’Osservatorio sulla GDO italiana e internazionale a prevalenza alimentare che aggrega i dati economici e finanziari di 117 aziende nazionali e 27 maggiori player internazionali per il periodo 2015-2019. Per l’Italia la copertura è stimata pari al 93% del mercato. Lo studio comprende un approfondimento su 32 Drugstore italiani e un focus sulla sostenibilità della GDO in Italia e all’estero. L’indagine completa è disponibile per il download sul sito www.areastudimediobanca.com

BrandContent

Fotogallery

Il database online della Business Community italiana

Cerca con whoswho.it

Diritto alimentare