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Aldi rilancia il suo impegno nella prossimità

Una nuova fase strategica di consolidamento e rafforzamento della presenza in Italia: è così che Aldi vede il suo futuro, dopo aver tagliato il traguardo dei sette anni dalla prima apertura. Arrivata quasi alla soglia dei 200 negozi, la catena fa parte del Gruppo Aldi Süd, realtà di riferimento della grande distribuzione organizzata a livello internazionale, con oltre 7.500 punti vendita in 11 Paesi e 4 continenti. Aldi afferma di essersi impegnata sin dal 2018 ad offrire ai clienti il meglio del Made in Italy all’insegna della convenienza, in sinergia con la costante valorizzazione dei collaboratori e il sostegno continuativo alla comunità locale, con una sempre crescente attenzione alla sostenibilità. In questa nuova fase Aldi vuole attestarsi come motore di supporto alla società, in grado di dare nuovo respiro alle piccole comunità e realtà del territorio e contribuire allo sviluppo. Un approccio sintetizzato nella filosofia “Spendi meno, vivi meglio”, espressione concreta di un format di vendita che è stato adattato all’Italia. Circa l’80% dei prodotti alimentari nasce, infatti, dalla collaborazione con fornitori italiani.

“In un contesto che vede l’Italia affrontare grandi sfide economiche e sociali, Aldi riafferma oggi la sua presenza e vicinanza, non solo in termini di prossimità e crescente distribuzione dei nostri negozi – dichiara Michael Gscheidlinger, Country Managing Director Aldi Italia – ma soprattutto in termini di impatto valoriale. Dopo 7 anni di presenza in Italia, oggi Aldi è pronta ad iniziare una nuova fase strategica che punta al consolidamento. Questi anni sono serviti per porre le fondamenta e le giuste condizioni per la nostra presenza nel Belpaese. I clienti ed il mercato hanno dato grandi risposte alle nostre proposte. Ora, guardiamo al futuro con maggiore consapevolezza, responsabilità e chiarezza attraverso un cambio di passo che presuppone un’integrazione maggiore con le strategie internazionali”.

La presenza in Italia è stata costruita su uno store concept appositamente studiato e l’azienda si impegna a continuare a realizzare punti vendita in grado di esprimere al meglio la qualità e lo stile italiano. Quanto al personale, ad oggi nei quasi 200 punti vendita in 6 regioni del Nord (Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Piemonte, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige) Aldi conta oltre 3.800 collaboratori; l’età media del management è inferiore a 36 anni, con più del 50% di donne in posizioni manageriali. Inoltre, a riprova dell’attenzione ai temi legati alla Diversity& Inclusion, Aldi sottolinea di avere un organico composto da 64 nazionalità differenti, Italia esclusa. Nell’ultimo anno è stata rinnovata anche la strategia di comunicazione, con l’obiettivo di presentare la propria offerta e aprirsi maggiormente all’ascolto attivo delle esigenze della comunità locale. In tutti i touchpoint di riferimento, Aldi sostiene di parlare direttamente al consumatore, mettendo al centro l’italianità e raccontando un’identità aziendale focalizzata attorno ai concetti di freschezza, territorialità e convenienza.

Gruppo Selex crea la sua concessionaria per il retail media

Se ne parla da anni: la Gdo come media, che dà all’industria di marca la possibilità di parlare con i consumatori. E di qui la pratica – già diffusa – di monetizzare questa opportunità di contatto con il cliente finale, attraverso strategie e tecnologie di comunicazione vere e proprie. La novità sta nella decisione di Selex Gruppo Commerciale di mettersi in proprio con Selex Media, una concessionaria che ambisce a diventare fondamentale nei piani di investimento media dei brand, grazie ad un ecosistema di canali proprietari instore (digital signage, radio) e digitali (siti e app), che permetterà di dialogare con 15,5 milioni di famiglie italiane nei luoghi fisici e digitali del gruppo (fonte Panel Consumer Nielsen IQ 2024). Selex Media si presenta come una soluzione end-to-end proprietaria e indipendente, progettata con la partnership strategica e tecnologica di Accenture. L’idea è creare un ecosistema tecnologico sviluppato in house, che si avvale delle soluzioni più avanzate per la vendita e la gestione di inventari pubblicitari multicanale.
Il retail media negli USA e nel Nord-Europa è prossimo a divenire il canale media più importante nel panorama degli investimenti pubblicitari – dichiara Massimo Baggi, Direttore Marketing di Gruppo Selex –. Con Selex Media puntiamo a unire negozi fisici e touchpoint digitali in un’unica strategia di relazione con i nostri clienti, volta alla comprensione delle loro preferenze ed alla personalizzazione della comunicazione, grazie al valore delle informazioni sui comportamenti d’acquisto che possediamo; il nostro obiettivo è amplificare la visibilità e le performance dei brand italiani sui nostri canali di vendita e comunicazione, posizionati davvero a pochi metri dalla decisione d’acquisto”. Per raggiungere questi obiettivi, Selex Media ha acquisito dal mercato competenze verticali tecnologiche e commerciali: gestirà direttamente i processi di vendita, analisi e misurazione delle campagne, attraverso strumenti innovativi di pianificazione media e business intelligence, per offrire semplicità di lettura e massima utilità in termini di efficacia agli investitori.

UN NETWORK NAZIONALE
I numeri del progetto garantiscono una copertura nazionale fin da subito, ma dovrebbero crescere nel tempo. A fine 2025 sono previsti 350 punti vendita attivi per il digital signage con più di 5.000 schermi attivi; nel 2027 si punta a raggiungere i 1.200 punti vendita, con una rete di quasi 20.000 schermi attivi e un palinsesto audio-radio instore dedicato sul medesimo numero di negozi. Una crescita che porterà Selex Media a gestire un’audience di 565 milioni di visite annuali instore e ad offrire digitalmente ulteriori 80 milioni di visite digitali profilabili su tutti i siti e le app del gruppo. L’intento è diventare una reach di riferimento sul mercato pubblicitario paragonabile ai più importanti editori nazionali, ma con una caratteristica specifica: raggiungere il proprio target di riferimento nel luogo e nel momento in cui avviene l’acquisto. “Per le imprese socie del gruppo – afferma Maniele Tasca, Direttore Generale di Gruppo Selex – il retail media è da una parte, un impegno economico rilevante per gli investimenti in strumenti tecnologici e touch point che stiamo facendo, dall’altra, una grande opportunità per innovare le modalità di collaborazione con i nostri partner fornitori, per i quali oltre che un canale di vendita, saremo sempre di più un canale di contatto e conoscenza dei clienti”.

I CINQUE ASSET MEDIA OFFERTI
Selex Media si articola su cinque asset media che coprono da subito l’intero customer journey del cliente:
Instore: digital signage con schermi posizionati in punti strategici per alta visibilità e impatto diretto sulle vendite, che intercettano 5,4 milioni di consumatori ogni 15 giorni nel 2025. La radio instore assicura inoltre alta copertura su tutto il traffico, raggiungendo circa 18 milioni di individui ogni 15 giorni, con una audience comparabile alle principali radio nazionali;
Digital onsite: formati pubblicitari su 18 canali digitali proprietari (piattaforma e-commerce CosìComodo.it, siti insegne, volantino digitale e mobile app) definiti da Gruppo Selex altamente rilevanti durante il processo d’acquisto online e che generano 10 milioni di impression ogni 15 giorni;
Crm: sarà possibile affiancare alle campagne media delle azioni personalizzate di Crm, profilando segmenti potenziali all’interno dei 9 milioni di clienti loyalty attivi del gruppo, contattandoli attraverso i tipici canali di Crm (Dem, Sms, Push, Coupon In-App ecc.);
Data insight: analisi delle performance media e di vendita dei prodotti oggetto delle campagne Selex Media, ma anche dei risultati ottenuti sulle audience coinvolte, con la possibilità di definire approfondimenti ad-hoc sui comportamenti d’acquisto generati;
Off-site (dal 2026): pubblicità su canali esterni (social media, siti terzi, DOOH-CTV) indirizzata ai target di clienti Selex per ampliare significativamente la visibilità del brand.

LA PARTNERSHIP CON ACCENTURE
Selex Media nasce da una visione condivisa tra Gruppo Selex e Accenture sull’evoluzione e sulle potenzialità del retail media in Italia, che ha portato ad una partnership di business di lungo periodo. Accenture ha affiancato fin da subito il Gruppo Selex nella definizione della strategia, nella selezione tecnologica dell’infrastruttura e nell’implementazione di una piattaforma sviluppata interamente in-house e nel disegno dei processi organizzativi, commerciali e operativi della nuova divisione Selex Media. Il piano di sviluppo prevede un’attivazione graduale: fase Test&Learn (maggio-agosto 2025) con brand selezionati, seguita dal roll-out commerciale completo da settembre 2025.

Lidl raggiunge il 6% di quota nel mercato italiano della Gdo

Lidl Italia consolida il percorso di crescita degli ultimi anni e tocca il 6% di quota di mercato. A certificarlo è la Prima Edizione 2025 della Guida NielsenIQ Largo Consumo, che scatta una fotografia dettagliata della distribuzione moderna in Italia, il cui giro d’affari complessivo è di 132,1 miliardi di euro, suddiviso tra ipermercati (24,8%), supermercati (41,7%), discount (23,8%) e libero servizio (9,6%). “Il raggiungimento del 6% di quota di mercato è il frutto di un importante lavoro di squadra, partito da lontano – dichiara Massimiliano Silvestri, Presidente Lidl Italia – e che ha come perno gli investimenti sul territorio. Negli ultimi 10 anni abbiamo investito 3,5 miliardi di euro, di questi, circa 2,1 miliardi negli ultimi cinque. Pensando al futuro, per il prossimo triennio abbiamo in serbo un piano di sviluppo da 1,5 miliardi di euro per la realizzazione di 150 nuovi store. Il 2025 è iniziato con l’apertura di ben 23 negozi, solo nei primi due mesi, per un investimento complessivo di 180 milioni di euro. Grazie a questi importanti e strutturati interventi siamo stati in grado di ampliare la nostra rete vendita raggiungendo quota 780 store e guadagnando, di conseguenza, la fiducia di un numero crescente di clienti”.
Lidl, arrivata in Italia nel 1992, si pone l’obiettivo di raggiungere quota 1.000 punti vendita entro il 2030. Sul territorio nazionale conta 12 piattaforme logistiche, impiega più di 22.000 collaboratori e ha un’offerta a scaffale composta da oltre 3.500 referenze, di cui oltre l’80% prodotte in Italia e a marchio proprio.

Pam Panorama, accordo sul fotovoltaico con Iberdrola

A partire da gennaio 2026, i punti vendita delle insegne Pam, Panorama, Pam local e Pam City sul territorio italiano utilizzeranno energia da fonte fotovoltaica. È questo il risultato della stipula tra Pam Panorama e Iberdrola, prima utility europea per capitalizzazione di mercato, di un accordo Power Purchase Agreement (PPA) di tipo Off-site della durata di 10 anni, per un totale di 1.000 GWh. La partnership favorisce la competitività e accelera il processo di decarbonizzazione, permettendo una riduzione delle emissioni di CO2 annuali di oltre 38.300 tonnellate, pari al fabbisogno energetico di 40.300 famiglie.

L’accordo con Iberdrola – dichiara Alessandro Riolfo, Direttore Tecnico Pam Panorama S.p.A. (nella foto a sinistra) – rappresenta un passo concreto nel percorso di sostenibilità di Pam Panorama. Il nostro impegno verso la riduzione dell’impatto ambientale si traduce in scelte strategiche che coniugano innovazione, efficienza e responsabilità. Grazie a questa collaborazione, saremo in grado di alimentare i nostri punti vendita anche con energia rinnovabile, contribuendo significativamente alla decarbonizzazione del settore della Grande Distribuzione. Siamo convinti che investire in soluzioni sostenibili non sia solo un dovere verso l’ambiente, ma anche un valore per i nostri clienti e per le comunità in cui operiamo”.

Siamo fieri di supportare partner come Pam Panorama nella scelta di soluzioni energetiche orientate a un futuro più sostenibile e attento all’ambiente. L’accordo rappresenta l’attuazione della strategia di Iberdrola di privilegiare la commercializzazione di energia rinnovabile a partner industriali, offrendo soluzioni flessibili e vantaggiose per clienti leader nel loro settore” commenta Lorenzo Costantini, Direttore Commerciale di Iberdrola Italia. Entro il 2025, Iberdrola potrà vantare una capacità operativa di 400MW in Italia grazie all’imminente inaugurazione del suo terzo impianto operativo e al completamento dei lavori di costruzione di ulteriori quattro progetti fotovoltaici.

Mercato immobiliare retail: bene il comparto high street, Gdo in ripresa

A fronte della riduzione degli investimenti registrata nel 2023, nei prossimi mesi è attesa una ripresa nel settore del mercato immobiliare retail, sostenuta dal profondo processo di trasformazione già in atto e dal rafforzamento del mercato high street, dove cresce la domanda di immobili di alta qualità ubicati in zone centrali. I consumatori sono sempre più esigenti e, parallelamente all’acquisto, ricercano una vera e propria esperienza personalizzata e coinvolgente. L’obiettivo dei retailer oggi, dunque, è creare ambienti di shopping unici e memorabili. L’integrazione di canali online e offline è ormai imprescindibile per qualsiasi attività commerciale. Inoltre gli utenti richiedono ai player del settore responsabilità ed evoluzione verso un modello circolare e più sostenibile, a partire dai punti vendita. Sono solo alcune delle evidenze emerse dalle analisi riportate nella nona edizione di Real Estate Data Hub, il rapporto realizzato dai Centri Studi di Re/Max Italia e di Avalon Real Estate e dall’Ufficio Studi di 24Max sul mercato immobiliare italiano.

High street e urban retail
Per l’immobiliare high street retail il 2023 è stato un anno di sfide e cambiamenti. Le tendenze già in atto nel biennio precedente, come lo sviluppo dell’e-commerce e il tema della sostenibilità, si sono ulteriormente accentuate, rimodellando il panorama del mercato retail che continua a conservare la sua importanza nel settore immobiliare nazionale. I canoni di locazione sono in crescita con Milano che si conferma la città più costosa per spazi commerciali e con via Monte Napoleone in testa alla classifica come strada più cara d’Europa. Per quanto riguarda la domanda, gli investitori continuano a rivolgere il proprio interesse verso immobili di alta qualità situati nei centri urbani principali, che dimostrano una maggiore resilienza rispetto ai cambiamenti socioeconomici. Nel corso del 2023 è stato il settore del lusso a mostrarsi particolarmente resiliente. Oggi il commercio high street si sta rafforzando grazie a una ridefinizione degli spazi votata all’offerta di esperienze d’acquisto esclusive da cui deriva la trasformazione degli store in poli di attrazione, dove l’interazione con il prodotto si arricchisce di eventi, cultura e socializzazione.

Centri commerciali
L’analisi dei dati di fatturato relativi al 2023 rivela un chiaro consolidamento del trend di ripresa dei centri commerciali, con segnali positivi che indicano una prospettiva favorevole per l’anno 2024. L’apprezzamento dei consumatori rimane evidente ed è riconducibile all’adeguata risposta dei gestori alle mutevoli esigenze e preferenze, attraverso innovazione e adattamento. Durante gli ultimi due anni, le proprietà e gli sviluppatori hanno cambiato approccio sui centri commerciali, riducendo i nuovi sviluppi e concentrandosi su riqualificazioni e ampliamenti; un trend che si riflette nel volume di transazioni.

Retail park e Gdo
I dati più recenti sull’andamento dei centri outlet confutano le previsioni negative per questo settore di investimento. I risultati sono trainati dalla crescente richiesta dei consumatori per la tipologia di offerta degli outlet, basata su una combinazione vincente di marchi di alto livello, prezzi convenienti ed esperienza d’acquisto coinvolgente. La Gdo sta vivendo un momento di forte sviluppo, trainato principalmente dai discount, mentre i supermercati continuano a mostrare le migliori performance in termini di redditività. La crescita è stata più consistente per gli spazi con metrature comprese tra 801 e 1.500 metri quadri (+9,8%, per un totale di circa 36 miliardi di euro), piuttosto che per i punti vendita con superfici superiori, comprese tra 1.501 e 2.500 metri quadri (+7,7%, per un fatturato totale di oltre 15 miliardi).

Quattro città sotto la lente d’ingrandimento
L’analisi dei tagli dimensionali per le vie dello shopping di Milano evidenzia un trend di costante crescita negli anni post-pandemici, a dimostrazione di un mercato effervescente e di grande appeal. Nella città della moda si assiste, inoltre, a una leggera crescita dei canoni medi richiesti. Osservando l’andamento dei metri quadri disponibili, si rileva un aumento dell’offerta fino al 2023 e un successivo calo nei primi mesi del 2024. L’analisi dei tempi medi di permanenza degli annunci sui principali portali online mostra un andamento costante, fatta eccezione per gli ultimi mesi del 2023 e i primi del 2024, che vedono correlata la crescita dei tempi con la diminuzione di canoni e con la disponibilità.

Per le vie dello shopping di Roma si assiste ad una stabilizzazione dei canoni di locazione e dei metri quadri disponibili a partire dal 2022, dopo il picco registrato nel 2021. Negli ultimi mesi del 2023 e nei primi mesi del 2024 l’offerta risulta in crescita, confermando il graduale rallentamento del mercato retail high street evidenziato dai maggiori tempi di permanenza e da canoni di locazione che devono ulteriormente adattarsi al ribasso. Nel corso del 2023 risulta evidente la preferenza per tagli dimensionali ridotti rispetto a quelli di ampia metratura che, quando immessi nel mercato, vi restano per tempi più lunghi. A partire dal 2024 il tempo medio di permanenza ha mostrato un incremento, in linea con il numero degli annunci, a parità di taglio medio: questi dati, sembrano indicare un lieve rallentamento della domanda e un adattamento dei prezzi che fatica a incontrare la domanda.

L’analisi dell’offerta presente nelle vie di maggiore appeal del centro di Bologna evidenzia un mercato che predilige le unità commerciali di piccolo e medio taglio. Il tempo di permanenza segnala una maggiore vivacità rispetto al 2022, con una riduzione di circa 10 giorni nel 2023. L’offerta di unità high-street retail in locazione è in continua ma graduale decrescita dal 2021. I canoni richiesti hanno raggiunto il picco nel 2022 per poi ridursi nel 2023, fino a valori unitari di €/mq/anno inferiori ai livelli pre-pandemici. Analizzando l’andamento dei tempi di permanenza medi degli annunci sui portali online, che sono calati fino al 2023 e cresciuti nei primi mesi del 2024, si nota una correlazione tra i dati analizzati: la contrazione dell’offerta, legata al minor canone richiesto, ha lasciato unità disponibili con una qualità media inferiore, cui conseguirebbe un allungamento dei tempi di permanenza sul mercato.

L’analisi condotta sulle unità retail in locazione nelle zone di maggiore appeal a Palermo evidenzia una stabilizzazione generale dell’andamento di mercato: i tempi di permanenza degli annunci sui principali portali sono mediamente stabili a partire dal 2022 e sembrano mostrare lo stesso andamento anche per i primi mesi del 2024. Per quanto riguarda i canoni richiesti, una riduzione si è osservata per il 2023, ma anche per questi ultimi sembra avviarsi un trend di stabilizzazione. Per il 2024 si delinea lo scenario di un mercato relativamente maturo, in cui canoni e tempi di assorbimento si sono stabilizzati e la disponibilità di spazio è in diminuzione. L’analisi svolta sul mercato high-street retail di Palermo mostra come l’offerta del 2023 sia stata caratterizzata prevalentemente da annunci relativi a unità di taglio medio-grande e da un migliore assorbimento di quelle più piccole (di maggiore interesse nel corso del 2022). La fine del 2023 e i primi mesi del 2024 fanno ipotizzare il ritorno a un’offerta più limitata e di taglio inferiore, a dimostrazione di un buon assorbimento di tagli medio-grandi.

Inflazione e aumenti penalizzano il vino in Gdo: -3,3% a volume

Secondo lo studio “Circana per Vinitaly”, che verrà presentato a Vinitaly il prossimo 15 aprile nel corso della tradizionale tavola rotonda organizzata da Veronafiere, la Gdo, con 756 milioni di litri di vino e spumante venduti nel 2023, resta il canale commerciale più ampio. Gli italiani hanno acquistato oltre 43 milioni di litri di Prosecco (-1,5% sull’anno precedente), più di 16 milioni di litri di Chianti (-4,9%), oltre 15 milioni di litri di Lambrusco (-9,5%), più di 13 milioni di litri del Montepulciano d’Abruzzo (+4%), e oltre 10 milioni di litri di Vermentino (+2,3%). I vini con maggior tasso di vendita invece sono stati il rosato Cerasuolo dell’Abruzzo con +19%; il siciliano Grillo con +12,2%; il Pecorino, prodotto in Marche e Abruzzo, con +12%; il Lugana, prodotto in Lombardia e Veneto con +9,5%; la Ribolla del Friuli Venezia Giulia col +8,0% a volume.

Anche se l’inflazione ha pesato meno che nel 2022 e il secondo semestre ha registrato un leggero incremento delle vendite, il 2023 è stato un anno ancora difficile per il mercato del vino nella Gdo. Il dato complessivo del vino è -3,3% a volume sull’anno precedente (+2,5% a valore). Meglio i vini in bottiglia a denominazione d’origine che scendono del 2,8%, mentre anche le bollicine calano, a – 1,1%. Più in dettaglio: i rosati hanno venduto meglio dei bianchi, i bianchi meglio dei rossi, i vini fermi meglio dei vini frizzanti. Il prezzo medio del vino a denominazione d’origine in bottiglia (Doc, Docg, Igt) è di 5,4 euro al litro, con un aumento medio del 6,3% sull’anno precedente.

“Le strategie per una ripresa dipenderanno dalla scelta di cantine e distribuzione se preservare i margini oppure recuperare i volumi” osserva Virgilio Romano, Business Insight Director di Circana. “Nel primo caso c’è il rischio di una chiusura d’anno non brillante; nel secondo, una maggiore promozionalità potrebbe favorire un recupero dei volumi”.

Come diventare fornitori della Gdo

Un vademecum per vendere i propri prodotti alla Gdo. È questo in estrema sintesi “Gdo Leader”, un manuale appena pubblicato da Dario Flaccovio Editore nell’ambito della collana Economia e Business della casa editrice siciliana. L’autore è Giuseppe Pepè Sciarria, imprenditore ed esperto del settore agroalimentare o meglio Gdo Agri Hunter, come preferisce definirsi. Attraverso la piattaforma Passione per il Food, Sciarria fornisce servizi integrati alle aziende interessate a posizionare le loro referenze nei canali Gdo e Horeca. Le tante esperienze maturate negli anni le ha ora raccolte in un libro, che propone una visione strategica e numerosi spunti pratici. “Entrare in Gdo è l’occasione per rimanere al passo con l’evoluzione del mercato – afferma Sciarria – e offre concrete opportunità di guadagno. Pensiamo per esempio alle piccole e medie aziende agricole produttrici di ortofrutta, che stringendo una relazione con la grande distribuzione organizzata possono vendere tutto l’anno e contare su pagamenti sicuri e regolamentati. Lo stesso vale per altre categorie di prodotti freschi e in generale per il mondo food & beverage”.

Cosa serve per raggiungere lo scopo? La prima risposta che viene in mente è la quantità, cioè volumi di produzione adeguati a una catena della Gdo, ma Sciarria preferisce mettere l’accento sulla qualità: “Rapportarsi con un distributore locale, che ha una piccola rete di punti vendita, è una strategia perseguibile anche nel caso di volumi contenuti e consente di testare il prodotto, cominciando a capire il modo di ragionare degli operatori del retail. Le cose davvero indispensabili sono il rispetto degli standard qualitativi della Gdo, il contenuto di innovazione a fronte di quello che c’è già sul mercato e la capacità raccontare la referenza come la miglior scelta possibile che il buyer possa fare. Grande attenzione va riservata al packaging, perché è la confezione a comunicare i valori del prodotto e a renderlo interessante e appetibile dal buyer e dal consumatore”.

Il percorso è indubbiamente complesso e presuppone la comprensione delle esigenze del cliente finale, ma appunto per questo c’era bisogno di un libro come “Gdo Leader”, che al quadro teorico affianca interessanti case history di successo, cioè aziende che hanno accresciuto il loro giro d’affari grazie alla collaborazione con la Gdo. Le indicazioni pratiche vanno poi calate nella singola realtà imprenditoriale, sebbene molti dei suggerimenti di Sciarria siano utili a prescindere dal settore in cui si opera. Un esempio? “Prendere gli impegni che si è sicuri di mantenere – scandisce il Gdo Agri Hunter –. Se sono capace di produrre 10 unità, alla Gdo ne garantirò 8, con la promessa fare di più se sarà possibile. A volte, pur di accaparrarsi il cliente, si accettano richieste impossibili da esaudire. Ed è il miglior modo per rovinare un rapporto di collaborazione”.

Gdo Leader, il vademecum per portare i tuoi prodotti nella grande distribuzione organizzata – di Giuseppe Pepè Sciarria, Dario Flaccovio Editore.

Rincari dei listini e dei costi energetici, gli effetti sulla Gdo

Cosa può esserci di peggio per la Gdo del 2022, cioè di un anno in cui i listini rincarano, i costi energetici triplicano, ma si fatica a trasferire a valle gli aumenti nel timore di perdere volumi? Forse una sola cosa: il 2023. Nel corso della presentazione del Rapporto Coop 2022, Marco Pedroni, Presidente di Coop Italia e di Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori) ha dichiarato di attendersi per i prossimi mesi un’ulteriore crescita dell’inflazione, seppure a ritmi un po’ inferiori di quelli registrati finora. Il che vorrebbe dire complicare ulteriormente uno scenario da brividi per la grande distribuzione. Vediamo perché.

I prezzi dei beni alimentari venduti dall’industria alle catene della Gdo sono cresciuti del +14,9% rispetto allo scorso anno (var % tendenziale luglio-agosto 2022-2021), mentre l’inflazione alla vendita nello stesso periodo ha fatto segnare un valore di poco superiore al +9,2%. Il differenziale fra il prezzo all’acquisto e quello alla vendita segna -5,7% ed è a carico della grande distribuzione. Davvero impressionanti i rialzi dei prezzi all’acquisto dei prodotti basici, sui quali l’impennata delle materie prime incide molto: l’olio di semi segna +40,9%, quello di oliva +33,1% e ancora la pasta +30,9%, la farina +25,4%.

I discount non sono molto lontani dal recuperare quasi tutto l’aumento dei prezzi di acquisto – ha detto Pedroni – mentre il resto della distribuzione è partita dopo e noi di Coop particolarmente dopo”. Tradotto in numeri, lo scorso luglio il tasso di inflazione dei prezzi al consumo era del +14,4% nel discount contro il +9,1% dei super.

Capitolo costi energetici sopportati dalla Gdo: nel 2019 erano pari a 1.512 milioni di euro e pesavano l’1,7% sul fatturato; nel 2022 arriveranno a 5.022 milioni di euro, per un’incidenza del 4,7% sul fatturato che salirà al 5,2% nel 2023. Il Rapporto Coop sottolinea come questo incremento è tanto più preoccupante se si considera che il retail alimentare è un settore strutturalmente a bassa redditività, dove piccole variazioni dei margini possono seriamente compromettere la tenuta dei conti economici. In base ai dati Mediobanca, il valore aggiunto trattenuto in media dalle imprese della Gdo nel 2021 è stato pari al 14,7%, l’Ebitda del 5,3% e l’Ebit del 2,6%. Allo stesso modo, ogni 100 euro spesi dal consumatore l’utile netto per i retailer è stato appena superiore ad 1,5 euro.

Ma quali sono i risultati dei punti vendita Coop in una situazione così complessa? “I canali hanno performance diverse – ha dichiarato Maura Latini, Amministratore Delegato di Coop Italia – anche se tutti hanno beneficiato di un andamento positivo nei mesi estivi. In generale, l’iper perde volumi per via delle sue difficoltà strutturali, purtroppo accentuate dall’aumento del costo dei carburanti, che ostacola lo spostamento dei clienti. Il supermercato tiene, con un recupero importante dal lancio del nostro progetto sul prodotto Coop a cui si è aggiunta la positività del mercato nella stagione calda. Nel complesso, registriamo una crescita dell’1% a volume”.

Coop ha annunciato lo scorso maggio un piano che una volta a regime (entro il 2024) includerà circa 5.000 nuovi prodotti a marchio, che innoveranno l’offerta del 50%. “I primi dati non solo ci danno ragione – ha affermato Latini – ma riconfermano la straordinaria forza del nostro prodotto. Da giugno a metà agosto, abbiamo rilasciato circa 1.000 nuovi prodotti. Una valutazione sulla base delle vendite a valore è difficile per via dell’inflazione e quindi guardiamo ai pezzi. Ebbene, in una categoria che definirei ‘tranquilla’ o quasi in leggera flessione, come le merendine, in cui abbiamo rinnovato la nostra offerta completamente, abbiamo registrato da giugno a metà agosto un +30% nei volumi venduti di prodotto Coop e +5% di quota. Se prendo una categoria completamente diversa, cioè gli aperitivi, dove l’innovazione è stata di segmento, di offerta e di assortimento, i volumi del prodotto Coop sono cresciuti del +88% e la quota del +9%”.

Rapporto Coop 2022, il largo consumo alla prova dell’inflazione

A volte un’immagine vale più di tante parole. La foto di un tornado che apre l’anteprima digitale del “Rapporto Coop 2022 – Consumi e stili di vita degli italiani di oggi e di domani”, presentata l’8 settembre a Milano, la dice lunga sulle tante criticità all’orizzonte. A cominciare dall’inflazione: il dato a doppia cifra del +7,8% nel 2022 ci fa ritornare indietro di 40 anni (era al +9,2% nel 1985) e da allora a oggi mai aveva toccato tale picco. L’effetto è presto detto: una perdita media del potere d’acquisto delle famiglie stimata in 2.300 euro per il 2022, cioè il 7,7% della spesa media annua.

Nei prodotti alimentari lavorati – ha spiegato Albino Russo, Direttore Generale Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori) – la dinamica inflattiva è prossima alla doppia cifra, ma ancora inferiore rispetto ad altri Paesi europei (da noi un +10% a fronte del +13,7% della Germania o del +13,5% della Spagna, con la media Ue 27 al 12,8%). Allo stesso tempo in maniera inattesa, nonostante questa spinta dei prezzi, i volumi di vendita hanno tenuto (+7,8% primo semestre 2022 vs 2019), complice la calda e lunga estate italiana, il ritorno del turismo straniero e la capacità della distribuzione moderna di imporsi sugli altri canali di vendita specializzati. Il mercato italiano è però al momento l’unico a mantenere un trend positivo dei volumi: la variazione delle vendite a prezzi costanti di largo consumo confezionato è del +0,5% in Italia, contro -5,4% del Regno Unito, -3,7% della Germania, -2,3% della Francia e -1,3% della Spagna. Questa differenza, come il ritardo nell’incremento dei prezzi, sembra presagire ad una inversione di tendenza imminente.

Oltre al tornado, un’altra metafora utilizzata nel Rapporto redatto dall’Ufficio Studi di Ancc-Coop – con la collaborazione scientifica di Nomisma, il supporto di analisi di Nielsen e i contributi originali di Gs1-Osservatorio Immagino, Iri Information Resources, Mediobanca Ufficio Studi, Nomisma Energia, Npd – è assai indicativa: il carrello come un fortino da proteggere e non più una miniera da cui attingere per finanziare altri consumi. Cosa significa? Che gli italiani – per ora – non hanno operato il cosiddetto downgrading degli acquisti, cioè non hanno rivisto al ribasso il mix dei prodotti che comprano. Guardando ai dati dello scorso luglio, a fronte di un’inflazione del +9,4% nel largo consumo confezionato, la variazione dei prezzi medi dei prodotti acquistati è stata del +9,3% e lo 0,1% di differenza è appunto la variazione di mix.

Ma attenzione: già oggi il 57% delle famiglie in affitto dichiara di essere in difficoltà a pagare il canone, così come il 50% delle famiglie con mutuo fa fatica a pagare la rata e se restringiamo il campo a luce e gas, un italiano su 3 entro Natale potrebbe non coprire più le spese per le utenze. Mettendo a confronto il periodo ottobre 2020 – settembre 2021 e quello ottobre 2021 – settembre 2022, la spesa media delle famiglie per l’elettricità è passata da 560 euro a 1.100 euro (+91%), quella per il gas naturale da 990 euro a 1.700 euro (+70%).

Insomma, la situazione è tale da fare presumere che le conseguenze si scarichino anche sul carrello della spesa. Come? Sono 24 milioni e mezzo gli italiani che nonostante l’aumento dei prezzi non sono disposti a scendere a compromessi nelle loro scelte alimentari e nei prossimi mesi prevedono di diminuire la quantità, ma non la qualità del loro cibo. Le stesse marche leader sembrano sacrificabili, rispetto al 2019 hanno registrato una contrazione della quota di mercato passando dal 14,9% di quell’anno al 13,1% 2022 (-1,8 pp), mentre la Mdd continua la sua avanzata, con una quota di mercato che nel 2022 sfiora il 30% (+2,0 rispetto al 2019). Ma questa forse è una delle rare note positive per la Gdo, visto che il 2022 (e forse ancor di più il 2023) potrebbe essere l’anno più difficile della sua storia.

Gdo in Italia, la ricerca di NielsenIQ su andamento del valore e volume delle categorie

NielsenIQ rilascia i dati aggiornati sullo sviluppo dei prezzi per categorie. Prendendo in considerazione le categorie più rilevanti, ovvero quelle che nelle ultime 5 settimane* sviluppano almeno 10 milioni di euro, l’85% evidenzia un trend a valore positivo se confrontato con l’anno 2021.

Pesa l’inflazione: sale il valore ma cala il volume
In termini di giro d’affari, sono i dessert freschi e gli integratori e acque aromatizzate, che crescono rispettivamente del 72,6% e del 35,1% a valore, complice l’ondata di caldo intenso che tiene in stallo il nostro Paese dall’inizio della stagione estiva. L’inflazione impatta in modo particolare, in quanto, se consideriamo gli stessi trend ma analizzando i volumi, la crescita è “solo” del 54%.

Secondo i dati di NielsenIQ, ad esempio, crescono a valore ma presentano trend negativi l’olio di semi e la pasta di semola. Categorie che invece crescono molto a volume e non particolarmente a valore sono quelle della pulizia dei servizi igienici e della cura del viso femminile, che progrediscono rispettivamente del +37,6% e del +19,5% a volume.

Il dato inflazionistico viene ulteriormente confermato se prendiamo i trend a valore e a volume delle singole categorie e le confrontiamo fra loro: il 90% cresce più a valore che a volume, di conseguenza il loro prezzo medio aumenta; il pollo, per esempio, cresce molto a volume (+25,4%), ma il trend delle vendite a valore risulta quasi doppio (+47,1%). In controtendenza, con una diminuzione del prezzo medio, troviamo categorie come l’acqua gassata (-7,3%) e l’alimentazione sportiva (-5,1%).

Meno promozioni sugli scaffali
Analizzando la pressione promozionale delle categorie più rilevanti, dalle analisi di NielsenIQ emerge come il 59% di esse presentino una pressione promozionale a valore inferiore rispetto all’anno precedente. Nonostante i consumatori cerchino di risparmiare per fronteggiare gli aumenti dei prezzi dovuti all’inflazione, infatti, solo il 41% delle categorie presenta un trend delle vendite promo positivo. Le variazioni più significative nell’incidenza delle promozioni sul giro d’affari complessivo delle categorie più rilevanti si riscontrano, ad esempio, per riso bianco (-9,1 PP), burro (-7,0 PP) e rotoli di carta (-4,9 PP).

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