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Peak season 2025: ecco le aspettative degli italiani per la stagione degli acquisti

Con l’arrivo della stagione più calda per il retail, quella che va da ottobre a dicembre passando per Black Friday, Cyber Monday e festività natalizie, emerge un ritratto del consumatore italiano sempre più maturo e consapevole. A fotografarlo è l’indagine condotta da Adyen, piattaforma tecnologico finanziaria scelta da molte aziende leader a livello mondiale, in collaborazione con OnePoll, su un campione di 1.000 italiani adulti, che rivela tendenze interessanti per chi opera nel mondo del retail fisico e digitale.

UNA STAGIONE DEGLI ACQUISTI DA 227 EURO A TESTA
La spesa media prevista dagli italiani per il periodo ottobre-dicembre si attesta sui 227 euro, una cifra che comprende un’ampia gamma di acquisti: dai prodotti alle esperienze, passando per cene, viaggi e regali. Ma ciò che caratterizza questa peak season non è tanto l’ammontare della spesa, quanto piuttosto come e quando questa viene distribuita.
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, il periodo di acquisti intensi non si concentra esclusivamente su Black Friday e Cyber Monday, ma registra un picco significativo a inizio dicembre e soprattutto a ridosso delle festività, confermando la persistenza di comportamenti d’acquisto tradizionali accanto alle nuove abitudini legate agli eventi promozionali importati dall’estero.

IL TRIONFO DEL MULTICANALE
Il dato forse più rilevante per i retailer riguarda l’approccio multicanale: un italiano su tre prevede di suddividere in modo equilibrato i propri acquisti tra online e negozio fisico durante la peak season. Non si tratta più di una scelta tra canali alternativi, ma di un’integrazione naturale tra le due modalità di shopping.
Questa fluidità si riflette anche nelle preferenze di pagamento, che rimangono praticamente identiche tra online e offline. La carta di credito o debito domina in entrambi i contesti (60% online, 59% in store), seguita dalle app di pagamento (37% online, 24% in store) e dai digital wallet (15% online, 13% via mobile o smartwatch in negozio).
La necessità di offrire un’esperienza senza frizioni emerge chiaramente quando si scopre che quasi la metà degli intervistati (48%) sarebbe propensa ad abbandonare l’acquisto se non potesse utilizzare il metodo di pagamento desiderato. Per chi acquista online, il 36% indica come fondamentale la possibilità di scegliere tra più metodi di pagamento, il 27% vuole completare la transazione in pochi clic e il 25% non vuole essere reindirizzato verso siti esterni per finalizzare il checkout.

L’IMPORTANZA DEI RESI FACILI
Durante il periodo natalizio, quando l’incertezza sugli acquisti è maggiore per via dei regali, la facilità nei resi diventa un fattore decisivo: il 42% degli intervistati la indica come l’aspetto più importante quando acquista in un negozio fisico. Interessante notare come questa richiesta cresca con l’età, passando dal 27% tra i 18-24 anni al 47% per gli over 65.
La necessità non è solo quella di gestire con semplicità il “ripensamento” tipico del periodo natalizio, ma anche di offrire un’esperienza post-vendita ottimale che garantisca flessibilità, come la possibilità di restituire gli articoli anche in punti vendita diversi della stessa insegna.

PROGRAMMI FEDELTÀ: RICONOSCIMENTO AUTOMATICO E IMMEDIATO
Anche i programmi fedeltà devono evolversi per rispondere alle nuove aspettative. Il 27% degli italiani considera importante accumulare punti automaticamente senza dover usare una carta fedeltà per gli acquisti in store, percentuale che sale al 39% tra i 25-34enni. I clienti desiderano essere riconosciuti e premiati in modo diretto e immediato, possibilmente sulla base dello storico degli acquisti, sfruttando soluzioni digitali integrate.

IL CHECKOUT DIVENTA SOLIDALE
Una delle tendenze più interessanti emerse dall’indagine riguarda la dimensione sociale dello shopping. Il 62% degli italiani si dichiara interessato a effettuare una donazione direttamente al checkout, senza interrompere il processo d’acquisto. L’interesse è ancora più marcato tra le fasce più giovani: 68% tra i 18-24 anni e 69% tra i 25-34 anni.

L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE ENTRA NELLO SHOPPING
Come invece emerge dal Retail Report 2025 di Adyen, il 32% degli italiani utilizza già l’IA per fare acquisti, con un aumento del 47% rispetto al 2024. Un trend che potrebbe influenzare anche questa peak season, soprattutto considerando che il 53% dei consumatori italiani che utilizzano l’IA afferma di trarne ispirazione per la scelta di articoli, dall’abbigliamento ai generi alimentari. Solo il 25% dei retailer italiani, tuttavia, prevede di investire nell’IA nei prossimi 12 mesi per supportare le attività di vendita e marketing.

Cosa c’è nel carrello dei consumatori italiani? L’essenziale

La ripresa dell’inflazione, seppur contenuta, che ha caratterizzato l’andamento dei prezzi nel largo consumo nei primi 9 mesi del 2025, sta iniziando a impattare sulla domanda. A fronte di una capacità di spesa più ridotta, i consumatori ponderano le proprie scelte d’acquisto e cambiano le dinamiche di fedeltà ai brand e alle insegne distributive. Si aprono quindi nuove sfide per industria e distribuzione per intercettare le nuove esigenze degli shopper. Questo lo scenario delineato e approfondito durante il webinar “Nuovi consumatori, nuove sfide: i segnali del cambiamento nella grande distribuzione”, organizzato da GS1 Italy in ambito ECR e in collaborazione con Circana.

CRESCITA MODERATA A VOLUME
Seppur in questo clima di ordinaria incertezza economica e sociale, i fatturati della distribuzione moderna nel comparto del largo consumo confezionato (LCC) sono aumentati, sostenuti da una crescita moderata dei volumi (+2,2%) e dalla ripresa dell’inflazione (+1,4%). A supportare la domanda sono soprattutto i prodotti più essenziali con dinamiche molto diverse tra loro in base al grado di sostituibilità e alle alternative disponibili nelle diverse categorie.
A fronte della necessità di compiere scelte di acquisto più equilibrate e ponderate, le performance promozionali, complessivamente ancora in calo rispetto al 2024, hanno un grado di aggressività e di efficacia differenti a seconda del ruolo delle categorie.

LA MDD OLTRE IL 30% DI QUOTA
Il ruolo della marca del distributore (MDD) diventa sempre più centrale nella scelta dei consumatori, arrivando a un’incidenza del 30,3% a totale LCC (+0,2% rispetto all’anno precedente). L’assortimento si razionalizza, a eccezione del discount (+3,7%), e dove predomina l’essenzialità c’è poco spazio per l’innovazione di prodotto che infatti risulta limitata: solo il 5% del fatturato deriva da nuovi prodotti (rilevati tramite lo standard di identificazione GS1 GTIN – Global Trade Item Number).
In uno scenario dove l’incertezza è diventata la norma – afferma Corina Passaro, Senior Retail Director di Circana – soddisfare le esigenze dei consumatori è una rivoluzione silenziosa che parte dal carrello e trasforma la catena del valore lungo i processi logistici, produttivi, decisionali”.

L’ERA DELL’OMNICANALITÀ
Questo avviene in un contesto di grande fluidità tra insegne e formati, con i consumatori che mescolano sempre più i propri canali di acquisto. Si assiste a una penetrazione sui canali online in costante aumento, con il digitale che non è più un canale isolato, ma parte integrante del processo di acquisto.
Questi nuovi strumenti aprono scenari di omnicanalità, dove il successo di un’insegna o di un formato dipende dalla capacità di offrire un’esperienza di acquisto coerente e senza frizioni tra negozio fisico, e-commerce, app e servizi di click&collect, premiando chi riesce a soddisfare i bisogni dei clienti in modo rapido e personalizzato in ogni punto di contatto.

EVITARE L’OUT OF STOCK RESTA UNA PRIORITÀ
L’efficienza a scaffale rimane un tema sensibile: il 39% dei clienti preferisce cambiare brand piuttosto che attendere il ripristino. Dal Barometro ECR-OSA (Optimal Shelf Availability) sviluppato da ECR Italia – l’associazione che all’interno di GS1 Italy raggruppa le principali aziende di industria, distribuzione e logistica per migliorare l’efficienza di filiera – emerge che nell’ultimo anno si stabilizzano il tasso di out of stock al 3,4% e quello delle vendite perse al 4,6% (nel 2024 erano rispettivamente 3,5% e 4,8%), ma la stagionalità crea un’alta variabilità nei mesi a seconda della categoria trattata.
ECR Italia ha il compito di mettere a fattor comune esperienze e strumenti – puntualizza Carolina Gomez, ECR Senior Project Manager di GS1 Italy – fornendo al settore linee guida e metriche di riferimento per affrontare in modo coordinato le nuove esigenze dei consumatori e l’evoluzione del mercato”.

BUONE PERFORMANCE PER FORMAGGI E SALUMI
Dalla segmentazione delle categorie di prodotto in base alle performance a volume e per out of stock, attribuendo loro un ruolo (eccellenza esecutiva, collaborazione efficiente, sviluppo potenziale, inefficienza), emerge che formaggi e salumi sono fra le categorie più performanti, mentre frutta e uova fresche risultano tra quelle da sviluppare.
In un momento in cui l’incertezza è la nuova normalità – conclude Giuseppe Luscia, ECR Senior Project Manager di GS1 Italy – la capacità di misurare e interpretare correttamente ciò che accade nel punto vendita diventa essenziale: è lì che si manifesta la fiducia del consumatore e si misura la reale efficacia della collaborazione di filiera”.
Per approfondimenti, i materiali del webinar “Nuovi consumatori, nuove sfide: i segnali del cambiamento nella grande distribuzione” sono disponibili sul sito di GS1 Italy.

Shopping natalizio all’insegna della cautela

Un sentimento di cauta fiducia caratterizza la stagione di shopping in vista delle festività 2025: se a livello globale la spesa media prevista cresce del 24% rispetto al 2024, in Italia i consumatori mostrano un atteggiamento più prudente, con budget pianificati e acquisti anticipati. A dirlo è l’Holiday Retail Report 2025 di Shopify, la principale piattaforma per il commercio globale diffusa in oltre 175 Paesi in tutto il mondo e che nel 2024 ha supportato gli acquisti di oltre 875 milioni di persone (pari a 1 utente Internet su 6). Secondo i dati raccolti su un campione rappresentativo di consumatori e imprese, in Italia e nei principali mercati europei e mondiali la fiducia persiste, ma con un approccio più razionale e pianificato.

GLI ITALIANI RIDUCONO IL BUDGET
La spesa media degli italiani prevista per le festività secondo Shopify si attesta a 185 euro (vs 192 dollari a livello globale), in calo del 15% rispetto ai 219 euro del 2024. Oltre 4 italiani su 10 (44%) dichiara inoltre di aver già stabilito un budget oculato di spesa e, di questi, circa un terzo (30%) si impegnerà a rispettarlo. Le stesse aziende italiane coinvolte nella ricerca si dichiarano parzialmente ottimiste in vista dello shopping festivo, con il 64% che prevede vendite in crescita.
I consumatori italiani mostrano segnali di una consapevolezza più matura rispetto all’attuale contesto economico – commenta Paolo Picazio, Country Manager per l’Italia di Shopify (nella foto a sinistra) – che va di pari passo con il crescente coinvolgimento di tecnologia e intelligenza artificiale, utilizzate sempre più in modo pragmatico per semplificare l’esperienza d’acquisto. In questo scenario, unificare i canali e creare una connessione fluida tra online e offline si confermano fattori chiave per intercettare e fidelizzare i clienti, che restano particolarmente attenti al prezzo e che trovano in sconti, spedizione gratuita e programmi fedeltà i principali driver di fiducia verso i brand”.

GLI ACQUISTI INIZIANO PRIMA, LE PROMO NO
L’incertezza economica e la crescita dei costi non sembra quindi inficiare la voglia di shopping in vista del Black Friday & Cyber Monday 2025 e delle festività natalizie, ma le condizioni macroeconomiche ne vanno a modificare la programmazione. Quasi un quarto (26%) degli italiani, infatti, dichiara che inizierà gli acquisti prima del solito, ma solo il 12% delle aziende lancerà promozioni prima di ottobre: un divario che potrebbe far perdere ai brand l’opportunità di intercettare la domanda.

LA TECNOLOGIA NEL CARRELLO
Quest’anno ancor più del precedente, l’intelligenza artificiale si conferma una delle leve chiave del commercio moderno. Sia per i consumatori che per le aziende. Due terzi (66%) dei consumatori italiani prevedono infatti di utilizzare strumenti basati su AI per almeno un’attività di shopping durante le festività, in particolare per trovare offerte (30%) o scoprire nuovi prodotti (20%). Anche a livello globale quasi due terzi (64%) dei consumatori dichiarano di voler utilizzare l’AI per almeno una fase dello shopping natalizio, confermando come l’Italia, da questo punto di vista, si muova in linea con gli altri mercati.

LE IMPRESE INVESTONO IN INTELLIGENZA ARIFICIALE
Parallelamente, oltre 8 imprese italiane su 10 (83%) coinvolte nella ricerca Shopify dichiarano di aver già investito (o pianificato di investire nei prossimi 12 mesi) in soluzioni AI per migliorare l’esperienza di scoperta e acquisto dei propri prodotti.
Tuttavia, la tecnologia non sostituisce la relazione umana: il 74% degli italiani dichiara che “comprare da una persona” resta un elemento importante nell’esperienza di acquisto, in forte crescita rispetto al 55% del 2024. La fiducia nell’AI cresce (il 47% ritiene che migliorerà l’esperienza d’acquisto); allo stesso tempo, il 65% dei consumatori italiani resta ancora diffidente verso un uso non trasparente della tecnologia.

FISICO O DIGITALE? IL FUTURO È IBRIDO
La multicanalità è ormai una realtà consolidata del percorso d’acquisto: oggi l’80% dei consumatori italiani scopre nuovi prodotti attraverso una combinazione di canali fisici e digitali, un dato in crescita rispetto al 74% del 2024 e perfettamente in linea con la media globale. La riscoperta del negozio fisico (+18%) va di pari passo con l’aumento delle ricerche online (+9%), mentre la pubblicità, sia tradizionale (+23%) che digitale (+20%), torna a essere un potente motore di scoperta.
Ma se i canali digitali – social media, influencer e community – giocano un ruolo crescente nella fase di ispirazione (con crescite rispettive del 20%, 15% e 27%), quando si tratta di prendere decisioni di acquisto vere e proprie entrano in gioco dinamiche più personali e “umane”: al primo posto la famiglia (45%), seguita dallo stato d’animo al momento dello shopping (34%) e dal classico “window shopping” (32%). Solo dopo arrivano advertising, social network e, in coda, celebrities e influencer (6%), a conferma di come fiducia, emozioni e relazioni restino i driver più autentici delle scelte dei consumatori italiani.
Si consolida così un modello ibrido, con quasi quattro italiani su dieci (39%) che divideranno gli acquisti tra online e offline, a conferma della necessità per i brand di adottare strategie di commercio unificato, capaci di offrire esperienze coerenti e senza frizioni, indipendentemente da canali e touchpoint. Tuttavia, il 46% dei consumatori italiani ha abbandonato un acquisto nell’ultimo anno a causa di checkout lenti o complessi (48% a livello globale), evidenziando quanto la semplicità e l’integrazione dei processi restino elementi decisivi nel percorso d’acquisto.

SEMPLICITÀ E SOSTENIBILITÀ GUIDANO LE SCELTE
Sconti e offerte restano asset fondamentali per fidelizzare: il 53% degli italiani li considera il principale incentivo alla fedeltà, seguiti da spedizioni gratuite (35%) e programmi loyalty (25%). Allo stesso tempo, la sostenibilità si consolida come valore guida: il 26% intende acquistare in modo più consapevole, mentre il 27% privilegerà brand locali per sostenere l’economia del territorio. La sfida è dunque, per le imprese, trasformare l’impegno etico in leva di fiducia e valore. La sostenibilità, sempre più, è ormai parte dell’esperienza e non un messaggio a sé.
Il retail italiano sta attraversando una fase di evoluzione e maturità – conclude Paolo Picazio –. Il quadro che emerge è quello di un consumatore più consapevole, che guarda alle festività con ottimismo ma anche con realismo: la fiducia torna, ma è una fiducia attenta e costruita su esperienze di valore, convenienza e autenticità. I brand che sapranno coniugare intelligenza artificiale, sostenibilità e relazioni personali costruiranno il vero vantaggio competitivo del futuro”.

LA METODOLOGIA DELLE INDAGINI SU CONSUMATORI E IMPRESE
L’indagine sui consumatori presente nell’Holiday Retail Report 2025 di Shopify è stata realizzata su un campione di 18.000 consumatori in nove Paesi (Australia, Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti). Le interviste sono state condotte online da Sapio Research nel mese di agosto 2025 tramite invito via e-mail e questionario web. Per l’Italia il campione è di 2.000 rispondenti.
L’indagine sulle aziende è stata realizzata su un campione di 7.500 imprenditori e decision maker aziendali (non esclusivamente merchant Shopify) attivi in aziende con meno di 1.000 dipendenti, nei medesimi nove Paesi. Le interviste sono state condotte online da Sapio Research tra agosto e settembre 2025 tramite invito via e-mail e questionario web. Per l’Italia il campione è di 1.000 rispondenti.

Filiera lattiero casearia, crescono l’export e la fiducia degli italiani

Numeri da record per la filiera lattiero casearia, con 7,1 miliardi di euro di valore realizzato dalla fase di allevamento e 21,8 miliardi di euro nella successiva trasformazione. Questa seconda fase ha fatto registrare un aumento del 9% nell’ultimo anno, confermando il primato in termini di fatturato nell’ambito dell’industria alimentare. A fare da traino sono le esportazioni: lo scorso anno ha visto un risultato straordinario – 5,4 miliardi euro di giro d’affari e 660 mila tonnellate inviate oltreconfine – e il primo semestre 2025 ha fatto registrare un +15,7% in valore e un +5% in volume.
L’Italia si posiziona al quinto posto tra i produttori di latte bovino in ambito UE, con oltre 13.000 tonnellate consegnate, 23.000 allevamenti e circa 1,7 milioni di vacche. Nel 2025 la produzione di latte è in calo (-0,6% nel periodo gennaio-luglio), a fronte di prezzi alla stalla mediamente in crescita (+15% nel periodo gennaio-agosto) sostenuti dalle quotazioni all’ingrosso dei principali formaggi della tradizione.

IN RECUPERO LA DOMANDA INTERNA
La spesa delle famiglie italiane per i prodotti lattiero caseari – che incide per circa il 14% sullo scontrino medio – fa segnare un deciso recupero nel corso del 2025, con una maggiore propensione da parte dei consumatori a riempire il carrello con formaggi freschi (+5,7% in volume nei primi sette mesi) e yogurt (+6%). All’opposto sempre meno latte fresco, complici dinamiche socio-demografiche e cambiamento di abitudini e preferenze.
Questo è il quadro delineato da Ismea, sulla base degli ultimi dati presentati in occasione di “Think Milk, Taste Europe, Be Smart”, la campagna di promozione di latte e derivati, promossa dal settore lattiero-caseario di Alleanza delle Cooperative Italiane, realizzata da Confcooperative con il cofinanziamento della Commissione europea.

IL PROCESSO DI AGGREGAZIONE AVANZA
Negli ultimi dieci anni, rileva Ismea, sono progressivamente scomparse le realtà di piccole dimensioni, a favore, però, di un progressivo percorso di aggregazione. Sebbene gli allevamenti di piccole dimensioni (<49 capi) siano attualmente circa la metà del totale nazionale, l’offerta è per lo più concentrata in aziende di medio-grandi dimensioni. Quelle grandissime con oltre 5.000 capi, pur rappresentando poco meno del 5% della numerosità totale, detengono circa 1/3 dei capi da latte.
Oggi, uno dei principali obiettivi su cui il comparto deve intervenire anche con strumenti politico-normativi – commenta Giovanni Guarneri, Presidente del Settore lattiero-caseario Confcooperative Fedagripesca (nella foto a sinistra) – è quello dell’aggregazione del sistema produttivo. Solo con una maggiore dimensionalità delle aziende è possibile, infatti, competere nei mercati internazionali. È già in atto un robusto consolidamento delle dimensioni, in virtù sia di processi di crescita che di fusioni fra cooperative e se teniamo conto che il 63% del giro d’affari cooperativo lattiero-caseario è sviluppato proprio dalle 25 imprese più dimensionate, è evidente come risulti fondamentale organizzarsi per fare sinergie ed economie di scala, per essere maggiormente reattivi di fronte a cambiamenti repentini e per accrescere il potere contrattuale sui mercati internazionali”.
Complessivamente, al sistema cooperativo fanno capo, attualmente, 17.000 stalle, 540 imprese di trasformazione e più di 13.000 lavoratori: la cooperazione è responsabile del 65% del latte raccolto in Italia nonché del 70% della produzione dei principali formaggi Dop.

I CRITERI DI ACQUISTO
Interessanti i risultati emersi dalla Consumer Survey condotta da Nomisma, sempre nell’ambito delle attività di monitoraggio del progetto “Think Milk, Taste Europe, Be Smart”. Il 98% della popolazione italiana consuma più o meno regolarmente latte, yogurt e formaggi.
Trai i criteri di acquisto dei prodotti lattiero-caseari e tra i desiderata, convenienza e sconti ricoprono un ruolo di rilievo, accompagnati però da qualità, filiera tracciata e certificazioni, delineando come il passaggio dal prezzo al valore del prodotto sia un percorso da consolidare in modo consapevole.

GLI ITALIANI SI FIDANO DEL MADE IN EU
Rispetto alle precedenti survey di monitoraggio, cresce la fiducia nel latte e nei prodotti lattiero-caseari Made in EU, arrivando quasi a 8 italiani su 10. Il dato è maggiore negli uomini, tra i più giovani e al salire di reddito e titolo di studio. Il 44% cerca fonti ufficiali a conferma delle informazioni sui prodotti alimentari trovate online, ma aumenta il gruppo di chi si informa tramite web e social media (28%). Nel complesso sale la quota di italiani che si informa (85%, +23punti percentuali rispetto al 2024).
Andando poi ad analizzare la conoscenza delle specifiche dei prodotti lattiero-caseari, emerge come oltre 6 su 10 italiani ne sono consapevoli, con una correlazione positiva tra chi si fida ma anche tra chi si informa, indice che la consapevolezza non può prescindere da una corretta informazione. Sulle fake news legate al mondo lattiero-caseario, 2 consumatori su 3 sono in grado di individuarle correttamente: l’eliminazione del lattosio appare un’informazione ancora poco conosciuta, ma in consolidamento, mentre su bevande vegetali e latte Uht permangono falsi miti ancora non del tutto sfatati.

LA PERCEZIONE DEL BENESSERE ANIMALE
L’indagine ha poi esplorato la percezione relativamente alla sostenibilità, con un focus sul comparto bovino da latte: un ambiente pulito e spazioso il concetto principalmente associato al benessere animale, tema su cui gli italiani cercano informazioni (ma sporadicamente) soprattutto su canali entertainment Tv e social. Infine, appare positiva – ma con spazi di miglioramento – l’attitudine futura all’informazione sui prodotti lattiero-caseari, con il 78% che si dichiara interessato ad avere maggiori informazioni sul latte e sulle sue proprietà nutrizionali.
La survey fa emergere chiaramente la connessione fra una corretta informazione su latte e formaggi e la fiducia dei consumatori – afferma Chiara Volpato, Head Of Technical Consulting di Nomisma – che deve necessariamente basarsi su un solido percorso di consapevolezza. Incrociando il profilo relativo all’informazione e la consapevolezza specifica, emerge infatti come gli italiani siano un popolo di fact checkers: oltre uno su due ha un approccio proattivo nell’informazione rispetto ai prodotti alimentari e una buona conoscenza delle specificità dei prodotti dairy”.

UNA CAMPAGNA PER SFATARE I FALSI MITI
Questa indagine – aggiunge Guarneri – ci restituisce un quadro positivo che attesta l’efficacia della campagna ‘Think Milk,Taste Europe, Be Smart’, nata più di quattro anni fa proprio con l’obiettivo di sfatare falsi miti e sensibilizzare i consumatori, ma soprattutto i giovani, nei confronti dei prodotti lattiero-caseari con un’immagine contemporanea e attraverso attività esperienziali, digital e corretta informazione. Oggi, ci approcciamo ad un consumatore informato e consapevole che cerca qualità, sicurezza alimentare, benessere animale, certificazioni e tracciabilità di filiera: ecco perché è importante lavorare di concerto con i diversi attori della filiera, con la distribuzione e con gli organi di stampa per continuare a promuovere un consumo consapevole guidato soprattutto dal valore intrinseco del prodotto stesso”.

Pet food & care, secondo Circana vale 4,2 miliardi di euro

Si accende la sfida – a colpi di dati – nel mercato pet food & care italiano. Solo qualche settimana fa NielsenIQ aveva annunciato l’ampliamento del servizio di rilevazione su questo sempre più ricco comparto merceologico, mentre oggi è Circana rimarcare la propria copertura omnicanale e le collaborazioni strategiche con retailer leader del canale specializzato e online. E lo fa da un podio importante: l’evento riservato alle aziende associate ad Assalco (Associazione nazionale tra le imprese per l’alimentazione e la cura degli animali da compagnia).
L’ultima rilevazione firmata Circana registrava a dicembre 2024 un valore di 3,1 miliardi di euro su base annua, in crescita del 3,7% sull’anno precedente. L’analisi, ora ampliata, porta a settembre 2025 questo valore – sempre su base annua – a 4, 2 miliardi di euro.

UN PANEL DI PET SHOP INDIPENDENTI
Circana sottolinea di essere l’unica azienda a rappresentare in modo continuativo e strutturato il rilevante fatturato generato dai 4.573 negozi Pet Shop indipendenti presenti in Italia, grazie a un campione proprietario attivo da oltre 20 anni. Questa copertura – ribadisce una nota della società – consente di cogliere trend e dinamiche di mercato che sfuggono ai modelli alternativi che stimano il dato di vendita, senza rilevarlo in store.
Con più di due decenni di collaborazione con aziende dell’industria e della distribuzione, oltre che alla storicità della collaborazione con Assalco per la pubblicazione del suo Rapporto annuale, Circana rivendica una competenza verticale nel canale specializzato, che si traduce in insight strategici e soluzioni su misura per affrontare le sfide del mercato.

NON SOLO CIBO PER CANI E GATTI
Grazie all’ampliamento del panel e all’integrazione di nuovi dati, Circana rileva ora un mercato pet care pari a oltre 1 miliardo di euro nell’anno terminante a settembre 2025. I segmenti oggetto della rilevazione sono: gli accessori per animali da compagnia, che comprendono le lettiere, i prodotti per l’igiene e salute, i masticativi, i giochi e gli antiparassitari; gli alimenti per altri animali da compagnia, ovvero quelli per uccelli, piccoli mammiferi, tartarughe e pesci.

IL WELLNESS COME NUOVO PARADIGMA COMPETITIVO
Che cosa si cela dietro la continua crescita del mercato e quali i nuovi bisogni vengono soddisfatti? Circana osserva che l’espansione del pet care è guidata da un crescente interesse degli italiani per il benessere degli amici animali. Questa tendenza è evidente non solo nelle formule alimentari (con la diffusione di claim come Grain Free, Hypoallergenic e l’arricchimento con Superfood) ma anche nel non food.
Tra i segmenti più dinamici, nel perimetro omnicanale, troviamo:

  • Antiparassitari: registrano l’incremento più robusto del settore non-food, con un balzo del 7,6% a valore;
  • Igiene e salute cane/gatto: cresce del 6,3% a valore, guidato dagli integratori per animali da compagnia (pet supplement);
  • Pet Supplement: il sottosegmento, appena citato, cresce del +21,9% a valore e genera 65 milioni di euro, con oltre 370.000 famiglie acquirenti (+46% vs anno precedente, fonte: YouGov).

VOLUMI IN CRESCITA E STABILITÀ DEI PREZZI
Nel perimetro omnicanale che include distribuzione moderna, drugstore, discount, canale specializzato e online, considerando la crescita a valori costanti nel periodo gennaio-settembre 2025, il segmento dei prodotti per il pet food e il pet care fa segnare +2,1% contro il +1,9% del largo consumo confezionato, evidenziando prezzi stabili rispetto all’incremento dell’1,4% fattore registrare dal mondo lcc.
Il mercato italiano del pet food & care mostra una resilienza straordinaria – commenta Paolo Garro, Business Insights Senior Director di Circana – e una complessità crescente. La nostra capacità di rilevare in modo completo e granulare tutti i canali – mass market, specializzato e online – ci consente di identificare con precisione i trend emergenti e le nuove opportunità di business. Il benessere animale è una delle concause endogene di una crescita solida e duratura, così come il benessere lo è per il cibo per umani”.

Shopping, da ottobre a dicembre 227 euro di spesa media

Con l’avvicinarsi dei mesi più intensi per lo shopping, la piattaforma tecnologico finanziaria Adyen presenta una nuova indagine, condotta in collaborazione con OnePoll, che esplora come, quanto e in quali momenti gli italiani si preparano a spendere nel periodo ottobre-dicembre, con un focus sulle preferenze e le aspettative in materia di pagamenti.
In particolare, la ricerca evidenzia come la peak season dello shopping in Italia non sia limitata ai soli Black Friday e Cyber Monday, ma registri un picco degli acquisti a inizio dicembre e a ridosso delle festività. Per una vasta gamma di articoli e occasioni, dai prodotti alle esperienze, passando per cene, viaggi e regali, la spesa media prevista è di 227 euro. Tendenze interessanti sono emerse, inoltre, in relazione alle modalità e all’esperienza stessa di acquisto.

I METODI DI PAGAMENTO PREFERITI
L’indagine di Adyen rivela che un italiano su tre prevede di suddividere in modo equilibrato i propri acquisti tra online e negozio fisico durante la peak season, evidenziando l’importanza di offrire pagamenti performanti e senza frizioni su tutti i fronti.
Allo stesso modo, le preferenze in materia di pagamento si mantengono pressoché identiche tra online e negozio fisico, prediligendo le stesse soluzioni digitali su entrambi i canali. La carta di credito/debito rappresenta il metodo di pagamento che gli italiani pensano di utilizzare di più sia online che in store, rispettivamente con il 60% e il 59% delle preferenze. Significative anche le app di pagamento, al secondo posto tra le opzioni digitali, scelte dal 37% per l’online e dal 24% per gli acquisti in store. Da segnalare, infine, il ruolo dei digital wallet, indicati dal 15% nel primo caso e dal 13% (via mobile o smartwatch) nel secondo.

LA VARIETÀ DI OPZIONI È INDISPENSABILE
Fondamentale è, quindi, offrire ai clienti un’ampia varietà di opzioni e un processo fluido, come dimostra il fatto che quasi la metà degli intervistati (48%) sarebbe propensa ad abbandonare l’acquisto se non potesse utilizzare il metodo di pagamento desiderato.
Tra gli aspetti più importanti per chi fa shopping online, il 36% indica infatti la possibilità di scegliere tra più metodi di pagamento, il 27% la possibilità di completare la transazione in pochi clic e il 25% l’assenza di reindirizzamenti verso siti esterni per finalizzare il checkout.
Infine, un focus ulteriore dell’indagine ha riguardato la sicurezza nei pagamenti digitali, percepita positivamente dalla maggior parte degli italiani: ben l’82% dichiara infatti di sentirsi sicuro nell’effettuare acquisti con questa modalità durante la peak season, aspettandosi quindi standard elevati e soluzioni affidabili da parte dei merchant.

GESTIONE FACILE DEI RESI
Durante la peak season, anche la possibilità di cambiare idea sugli acquisti è un’esigenza diffusa tra i consumatori italiani: il 42% indica la facilità nei resi come l’aspetto più importante quando acquista in un negozio fisico. Un dato che racconta non solo la necessità di gestire con semplicità il “change of mind” tipico dello shopping nel periodo natalizio, ma anche l’importanza di offrire un’esperienza post-vendita ottimale, garantendo flessibilità, come la possibilità di restituire gli articoli anche in punti vendita diversi della stessa insegna. Dal punto di vista generazionale, la richiesta di resi facili cresce con l’età: si passa dal 27% tra i 18-24 anni al 47% per gli over 65.
Accanto ai resi, anche i programmi fedeltà devono evolvere, come dimostra il fatto che il 27% degli italiani considera importante accumulare punti automaticamente senza dover usare una carta fedeltà per gli acquisti in store, percentuale che sale al 39% tra i 25-34enni. Ciò evidenzia come i clienti desiderino sempre di più essere riconosciuti e premiati in modo diretto e immediato. Una possibilità garantita da soluzioni digitali e integrate che consentono di offrire vantaggi personalizzati anche sulla base dello storico degli acquisti.

IL CHECKOUT DIVENTA SOLIDALE
In vista di questo periodo di shopping intenso e di bilanci di fine anno, cresce però l’attenzione verso il valore sociale che può assumere anche un gesto semplice come il pagamento. Secondo l’indagine, il 62% degli italiani si dichiara interessato a effettuare una donazione direttamente al checkout, senza interrompere il processo d’acquisto, con il maggiore interesse riscontrato tra le fasce più giovani, come mostrano picchi del 68% tra i 18-24 anni e del 69% tra i 25-34 anni. Un dato che sottolinea come anche questa fase possa trasformarsi in un’occasione concreta per i merchant di coinvolgere i clienti in iniziative solidali e rafforzare il legame con il brand.
I dati raccolti raccontano, quindi, una stagione degli acquisti che sembra essere fatta non solo di offerte e regal – dichiara Gabriele Bellezze, Country Manager Adyen Italia – ma di scelte consapevoli e nuove aspettative: pagare diventa esperienza, relazione e anche occasione di responsabilità sociale. In questo scenario, il checkout evolve e si arricchisce di nuove funzioni, segnando una trasformazione concreta nel modo in cui i merchant si possono relazionare con i consumatori italiani”.

LA METODOLOGIA DELLA RICERCA
La survey è stata condotta da OnePoll per Adyen dal 11 al 15 settembre 2025 su un campione di 1000 italiani adulti, di età superiore ai 18 anni e selezionati in modo casuale e stratificato per età, genere e area geografica. I dati relativi alla spesa, ai canali e ai metodi di pagamento si riferiscono agli intervistati che hanno dichiarato di avere intenzione di effettuare acquisti nel periodo ottobre-dicembre.

Il web guida le scelte di acquisto nel non food

Italiani sempre più “digitali”, informati e riflessivi nell’approccio allo shopping di prodotti non alimentari. È quanto emerge da un’indagine condotta da Metrica Ricerche per l’Osservatorio Non Food di GS1 Italy. L’indagine ha voluto approfondire il percorso pre e post acquisto adottato dagli italiani nel mondo dei prodotti non food, e in particolare, il ruolo degli strumenti digitali (come i motori di ricerca, i social e l’intelligenza artificiale) nella raccolta di informazioni e nell’orientamento agli acquisti.
Dalla ricerca emerge che l’acquisto non è più un atto, ma un processo – commenta Samanta Correale, Business Intelligence Senior Manager di GS1 Italy – dove chi sa orientarsi, leggere, confrontare e verificare si sente più protetto e soddisfatto. Il consumatore ha imparato a muoversi nel labirinto dell’offerta e oggi vuole essere protagonista delle proprie scelte”.

COME SI DECIDE COSA COMPRARE E DOVE?
Quando iniziano a pianificare un acquisto, gli italiani vanno online soprattutto per due scopi: cercare i negozi che vendono il prodotto cercato e confrontare i prezzi per cercare quello più conveniente. La ricerca dello shop dove trovare il prodotto voluto riguarda soprattutto il bricolage (39% delle risposte), seguito da casalinghi e profumeria e cosmesi, categorie in cui i consumatori mostrano un approccio più razionale e riflessivo.
Invece quando si tratta soprattutto di comprare mobili e arredamento (43,7%) e abbigliamento, calzature, intimo e accessori (40,2%), ma anche tessile per la casa e articoli per lo sport il motore dei consumatori sono il confronto dei prezzi e la ricerca di convenienza.
Ci sono poi prodotti di routine e consumo rapido (come i detersivi per l’igiene e la cura della casa) dove a prevalere è una logica di acquisto abituale e di impulso, spesso legata all’esperienza o alla fiducia consolidata in determinati brand, tanto che il 46,3% dei consumatori decide al momento dell’acquisto, senza una preliminare ricerca di informazioni. Un atteggiamento riscontrato in misura minore anche per altre merceologie, come abbigliamento, edutainment e tessile casa.

MOTORI DI RICERCA E RECENSIONI PER INFORMARSI
Prima di decidere cosa e dove comprare, si ricorre all’online anche per cercare informazioni e leggere le recensioni di altri utenti, che sono tra i contenuti più determinanti per gli acquisti.
I motori di ricerca sono il principale strumento di raccolta delle info in quasi tutte le categorie, e soprattutto in bricolage, casalinghi, tessile, elettronica e mobili e arredamento, dove coinvolgono oltre il 50% dei consumatori. A seguire troviamo i marketplace e siti di aziende rivenditrici, che rappresentano un punto di riferimento consolidato sia per la ricerca che per il confronto tra alternative, in particolare per tessile casa, casalinghi ed edutainment.
Le recensioni online sono il punto di riferimento per articoli sportivi, edutainment e detersivi, e sono importanti anche per elettronica di consumo e casalinghi. Quanto ai siti ufficiali delle aziende sono consultati in particolare per i mobili e arredamento (48,8%) così come i comparatori di prezzo (37,4%), molto utilizzati anche per abbigliamento e bricolage.
Le recensioni lasciate da altri utenti sono il maggior orientamento d’acquisto e l’elemento più persuasivo in tutte le categorie rilevate dell’Osservatorio Non Food – aggiunge Correale – con valori particolarmente elevati (superiori al 70%) in edutainment, articoli sportivi e bricolage. Invece gli influencer hanno un ruolo piuttosto limitato nella fase di scelta, con impatti più rilevanti per categorie ‘estetiche’ come la profumeria e la cosmetica (12,0%)”.

SUI SOCIAL SI SCEGLIE, MA POI SI VA NEL NEGOZIO ONLINE O FISICO
I social sono protagonisti prima, durante e dopo l’acquisto di un prodotto non food. Funzionano soprattutto nel momento della scoperta e della prima valutazione (oltre il 60% in quasi tutte le categorie), quando li si usa per raccogliere informazioni, confrontare, o semplicemente farsi un’idea prima di decidere cosa acquistare. La fase post-acquisto ha un’incidenza più contenuta, ma non trascurabile visto che tutorial o feedback post-vendita fungono da aiuto e supporto per l’acquirente.
Ma i social spingono anche gli acquisti: il 42,3% degli utenti dichiara di aver acquistato almeno una volta un prodotto dopo averlo visto sui social e a guidare la trasformazione dei social in strumenti di consumo sono soprattutto la Generazione Z e i Millennial. A finire nel basket di spesa sono soprattutto prodotti legati all’identità personale e al lifestyle, come abbigliamento, calzature e accessori e profumeria e cosmesi.
Va detto anche che la maggior parte degli acquisti non avviene direttamente sui social e solo una minoranza effettua il checkout attraverso le piattaforme, mentre la stragrande maggioranza clicca su un link, visita un sito esterno o si reca fisicamente in negozio.

L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE PUÒ ASPETTARE
L’utilizzo dell’intelligenza artificiale per pianificare gli acquisti non food non è ancora un’abitudine, bensì un comportamento occasionale e sporadico. “Solo il 16,3% degli intervistati ha dichiarato di usare gli assistenti virtuali, i chatbot o gli strumenti di raccomandazione intelligente – sottolinea Correale – e di farlo specialmente per comprare prodotti di elettronica, edutainment e casalinghi”. La Generazione Z è la più coinvolta con il 32,3% che utilizza sistemi di AI durante lo shopping non food contro l’8,0% dei Boomer.
Il restante 83,7% del campione dichiara di non utilizzare strumenti di questo tipo per acquistare prodotti non food, perché preferisce il contatto e l’interazione umana (45,5%), perché non sa come utilizzarli (28,3%) o non è capace di farlo (13,6%), ma anche per una certa diffidenza nei confronti dei risultati proposti (20,6%), per timori legati alla privacy (14,7%) o per motivazioni etiche o ambientali (intorno al 5%).
L’Osservatorio Non Food di GS1 Italy raccoglie informazioni su 13 comparti: abbigliamento e calzature, elettronica di consumo, mobili e arredamento, bricolage, articoli per lo sport, prodotti di profumeria, casalinghi, prodotti di automedicazione, edutainment, prodotti di ottica, tessile casa, cancelleria, giocattoli. Di questi, lo studio mette a fuoco giro d’affari, consumi, canali di vendita, innovazioni tecnologiche e tendenze, venendo aggiornato annualmente

Gen X, la generazione dimenticata vale 15,2 trilioni di dollari

Attenti a sottovalutarli, perché sono loro il motore dei consumi. I nati tra il 1965 e il 1980 appartengono alla cosiddetta Gen X, spesso chiamata “Generazione Sandwich”, perché centrale tra due fasce d’età che si affidano a lei: da una parte, i genitori verso i quali ricoprono la funzione di caregiver – richiedendo assistenza fisica, emotiva o economica – e, dall’altra, se presenti, i figli che invece hanno bisogno di supporto per l’istruzione e non solo. Essendo così tanto intrecciata con le altre due generazioni, la Gen X possiede un ruolo centrale nei consumi, esercitando una forte influenza sulle decisioni di acquisto di genitori e figli. Si pensi che le donne di questa generazione controllano il 50% della spesa globale e condizionano il 70-80% delle decisioni di acquisto delle famiglie.

UN MERCATO CHE VALE IL DOPPIO DELLA SPESA CINESE
La Gen X è al centro di un importante cambiamento economico considerando che guida la spesa in varie categorie mentre gestisce le esigenze di più generazioni – dichiara Marta Cyhan-Bowles, Chief Communications Officer & Head of Global Marketing COE di NIQ –. I dati sono chiari: l’influenza della Gen X è profonda e troppo spesso trascurata dai brand. Questo target continuerà a plasmare il futuro dell’economia globale e dei consumi per molti anni a venire”.
È questo il profilo tracciato dall’ultimo report globale curato da NielsenIQ, in collaborazione con World Data Lab (WDL), dal titolo “The X Factor: How Generation X is quietly driving trillions in consumer spending” (Il Fattore X: come la Generazione X guida silenziosamente trilioni di spesa nei consumi). I nati tra il 1965 e il 1980 formano la fetta di consumatori più influente e trascurata del prossimo decennio. Grazie all’analisi, si delinea un target dal grande potenziale: globalmente, nonostante sia più piccola dei Millennial o della Gen Z, la Gen X rappresenterà nel 2025 il secondo più grande mercato di consumo al mondo – secondo solo agli Stati Uniti e circa il doppio della spesa totale della Cina.

CAPACITÀ DI SPESA RILEVANTE
Non solo hanno una concreta potenzialità di orientare le scelte di spesa, ma hanno anche una grande capacità di acquisto: a livello globale, le persone tra i 45 e i 60 anni si trovano nei loro anni di massima spesa già dal 2021 e continueranno ad essere quelle con la spesa più alta al mondo fino al 2033. Eppure, fa notare NielsenIQ, il mercato si sta rivolgendo principalmente alla Gen Z, dimenticandosi della Gen X la quale, secondo le previsioni, solo nel 2025 spenderà 15,2 trilioni di dollari, e la cui spesa annuale entro il 2035 raggiungerà il picco di 23 trilioni. Un aumento indirizzato a tre categorie chiave: alimenti e bevande analcoliche (+507 miliardi di dollari), beauty (+80 miliardi di dollari) e bevande alcoliche (+42 miliardi di dollari).
La Gen X è una parte significativa dei consumatori italiani – afferma Enzo Frasio, Amministratore Delegato di NIQ Italia –. La spesa complessiva della Gen X per il 2025 equivale a circa 369,8 miliardi di dollari ed è destinata a crescere del 23% raggiungendo nel 2030 la cifra di 455,6 miliardi di dollari. Nel Bel Paese, questa generazione mostra una buona capacità di spesa: su 14,2 milioni di individui, 1,5 milioni rientrano nella fascia ad alto reddito, contribuendo al fatturato della Gdo con 105 miliardi di dollari e una spesa media individuale annua di 67,4 mila dollari. Sono invece 12,1 milioni quelli della classe media, che generano 263 miliardi di dollari con una spesa pro capite di 21 mila dollari. Questi dati ci mostrano come sia, per brand e retail, un target importante a cui rivolgersi per investire su una crescita a lungo termine”.

CURIOSI E APERTI ALL’ESPLORAZIONE
Dalle rilevazioni di NielsenIQ, i nati tra il 1965 e il 1980 sembrano essere inclini all’esplorazione negli acquisti: anche se non sono pionieri, visto che questo ruolo spetta ai Millennials (20% vs solo 9% della Gen X), si delinea comunque un profilo curioso e disposto a provare nuovi prodotti. Infatti, al 42% piace provare nuovi articoli e restare aggiornato sulle novità e spesso è alla ricerca di nuovi prodotti da adottare (vs 31% dei Baby Boomer).
Inoltre, il 43% del campione di consumatori tricolore appartenenti alla Gen X dichiara di non prestare attenzione alla marca, ma di lasciarsi orientare prevalentemente dal bisogno, mentre il 28% indica di voler mettere nel carrello della spesa, quando possibile, le grandi marche conosciute o prodotti di insegne fidate. Gli articoli di alta gamma sono acquistati dal 44% del campione per concedersi qualcosa di speciale. Emerge anche spazio per i piccoli brand (15%), evidenza ancora più marcata nelle generazioni più giovani (Millenials 19%; Gen Z 21%).

TECNOLOGIA SÌ, MA SENZA RINUNCIARE ALLE INTERAZIONI UMANE
Un ritratto articolato quello della Gen X italiana quando ad essere posto sotto i riflettori è il loro rapporto con la tecnologia. Da una parte, viene integrata nella loro vita quotidiana e si affidano ai sistemi di automazione per accelerare le loro decisioni di acquisto (27%) e ai dispositivi intelligenti (es. i sensori nel frigo) per ordinare i prodotti mancanti (25%). Dall’altra, però, rimane ancora un alone di cautela – per salvaguardare la privacy, è il 49% a evitare di condividere informazioni personali nelle interazioni virtuali– e viene ancora richiesto l’apporto umano quando si richiede supporto ai customer service, come indicato da oltre la metà del campione (53%).

Shopping natalizio, ecco i giorni di maggiore affluenza

È il 3 gennaio 2026 la data da segnare con il bollino rosso sul calendario dei retailer. Sarà quella la giornata che in Italia registrerà il più alto flusso di visite nei negozi dell’intero periodo natalizio, cioè nel momento più importante per lo shopping (e il fatturato). A dirlo è la divisione di consulenza e analisi del traffico retail di Sensormatic Solutions. Le proiezioni sono basate su trend e dati storici rilevati dalla soluzione ShopperTrak Analytics, che monitora 40 miliardi di visite di acquirenti a livello globale, offrendo un quadro preciso delle abitudini di acquisto.

A CACCIA DI OFFERTE
I dati in realtà rappresentano una conferma di una tendenza ormai consolidata. In un contesto in cui i consumatori continuano a spendere con prudenza è prevedibile che i giorni di maggiore affluenza nei punti vendita durante il periodo festivo coincidano con quelli in cui fioccheranno gli sconti. Ed ecco spiegato perché l’inizio dei saldi invernali – il 3 gennaio 2026, appunto – e le due domeniche successive (4 e 11 gennaio 2026) occupano le prime tre posizioni della speciale classifica, mentre la domenica della Black Week (30 novembre 2025) si inserisce al quarto posto.
Chiude il quintetto il 21 dicembre 2025, cioè l’ultima domenica prima di Natale. In questo caso a guidare lo shopping e provocare il picco di traffico saranno gli acquirenti ‘last minute’. Ma attenzione: una ricerca condotta sempre da Sensormatic Solutions su oltre 1.000 utenti italiani evidenzia che il 57% dei consumatori prevede di anticipare gli acquisti, con l’obiettivo di distribuire il costo delle festività su più mensilità.

LE PROMOZIONI HANNO BISOGNO DI DATI
Insomma, gli italiani continueranno a praticare uno shopping “intelligente”, tanto che il 69% dichiara che dedicherà più tempo alla ricerca di offerte vantaggiose per i propri acquisti natalizi. “La corsa al Natale è alle porte e la competizione per catturare l’attenzione dei clienti quest’anno sarà più agguerrita che mai – dichiara Nicola Fagnoni, General manager Italy & Med Countries ShopperTrak Analytics di Sensormatic Solutions –. In un contesto caratterizzato da incertezza economica che colpisce sia gli acquirenti che le aziende, i retailer che daranno priorità a promozioni omnicanale precise e personalizzate otterranno un vantaggio significativo. L’analisi dei dati rappresenterà il fattore chiave per queste iniziative: dotati di previsioni accurate, i retailer possono utilizzare questi insight per creare esperienze in-store comode e fluide, quelle che gli acquirenti oggi privilegiano”.

Agosto amaro per le bevande analcoliche: vendite calate dell’11,3%

È stata un’estate avara di soddisfazioni per il comparto delle bevande analcoliche quella che si è appena conclusa. E se non bastasse l’andamento negativo del mercato nei mesi di picco stagionale, ad alimentare la preoccupazione dei produttori è l’avvicinarsi dell’entrata in vigore della Sugar tax, prevista per il 1° gennaio 2026.
In base ai dati a fonte Circana diffusi da Assobibe, l’associazione di Confindustria che rappresenta le imprese delle bevande analcoliche in Italia, l’estate 2025 ha mostrato una debolezza del carrello della spesa e vendite particolarmente sotto le aspettative nel canale domestico: i volumi di vendita nei canali Gdo e cash & carry hanno visto un giugno positivo seguito da un graduale peggioramento a luglio (-4,3%) e agosto (-11,3%).
Le riduzioni hanno interessato la maggior parte dei segmenti: le acque toniche hanno segnato -4,2% a luglio e -11,3% ad agosto; andamento simile per le bevande a base di tè (-7,3% e -17,3%), i chinotti (-8,7% e -17,9%), le aranciate (-6,3% e -12,5%), le limonate (-2,4% e -12,8%) le gazzose (-3,7% e -13,6%) e gli aperitivi analcolici (-11,9% e -15,2%).

STABILITÀ DELLA FILIERA A RISCHIO
Dati che Assobibe vede come una conferma delle difficoltà del settore che, pur con qualche eccezione, si trova a fronteggiare consumi in ulteriore contrazione e un contesto estremamente instabile. Situazione ancora più allarmante se si considera che si verifica nella stagione estiva, abitualmente il periodo principale per il comparto. In questa fase così delicata, pesa la prospettiva dell’entrata in vigore della Sugar tax: un provvedimento che l’associazione definisce non sostenibile e che a suo dire rischierebbe di compromettere ulteriormente la stabilità della filiera delle bevande analcoliche, già provata da mesi difficili. “Dietro questi dati ci sono lavoratori, famiglie e territori che rischiano di pagare il prezzo più alto – dichiara Giangiacomo Pierini, Presidente di Assobibe –. I nostri appelli di questi ultimi mesi vanno proprio in questa direzione: le imprese hanno bisogno di interventi per la crescita e investimenti, anziché di misure regressive come la Sugar tax. È necessario che venga rapidamente cancellata questa misura fiscale che umilia il Made in Italy, alimenta incertezza costante, frena la competitività con ripercussioni pesanti per produttori e famiglie italiane, senza garantire risultati concreti per la salute pubblica”.

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