CLOSE
Home Tags Consumi

Tag: Consumi

Osservatorio Non Food, più consumi e meno negozi

Nel 2024 gli italiani hanno speso 111,6 miliardi di euro per l’acquisto di prodotti e beni non alimentari, con un incremento del +0,6% rispetto al 2023, anno che aveva visto un saldo appena positivo (+0,1% sul 2022), mentre nel medio periodo la crescita è stata molto più sostenuta: +18,6% rispetto al 2020, anno della pandemia. Contemporaneamente, la rete dei punti vendita fisici non food si è ridotta: nel 2024 è scomparso lo 0,4% dei negozi proseguendo un trend che continua da anni. Tra 2020 e 2024, considerando il saldo tra le nuove aperture e le chiusure a parità di insegne, la rete commerciale si è ridotta del -12,3%. È quanto emerge dalla nuova edizione dell’Osservatorio Non Food di GS1 Italy, che monitora l’andamento di 13 comparti (abbigliamento e calzature, elettronica di consumo, mobili e arredamento, bricolage, articoli per lo sport, prodotti di profumeria, casalinghi, prodotti di automedicazione, edutainment, prodotti di ottica, tessile casa, cancelleria, giocattoli).

L’ELETTRONICA DI CONSUMO RICONQUISTA LA VETTA
Nonostante un calo di -0,5% del fatturato, l’elettronica di consumo ha riconquistato il primo posto nella graduatoria per entità del giro d’affari, con 21,8 miliardi di euro di sell-out. Di conseguenza è sceso al secondo posto il comparto abbigliamento e calzature, che ha chiuso il 2024 con 21,6 miliardi di euro di vendite, in sostanziale stabilità rispetto al 2023. Seguono i mobili e arredamento, con 15,7 miliardi di euro (-0,3% annuo) e il bricolage, con 13,3 miliardi di euro (-1,4%). Così come nel 2023, anche nel 2024 questi primi quattro comparti raccolgono il 65% del valore totale dell’Osservatorio Non Food di GS1 Italy.
Il comparto dei prodotti di profumeria si conferma nel 2024 il settore del non food con il maggior incremento annuo di vendite (+8,0%), arrivate a circa 8,1 miliardi di euro. Anche i prodotti di automedicazione (ovvero i farmaci acquistabili senza prescrizione medica e gli integratori notificati dal SSN) hanno aumentato gli incassi rispetto al 2023 (+3,2%), sfiorando i 9 miliardi di euro. A crescere nel corso del 2024 è stato poi il giro d’affari di edutainment (+3,2%), tessile casa (+2,0%) e articoli per lo sport (+0,8%). Affari in calo, invece, per ottica (-0,7%), cancelleria (-2,9%) e giocattoli (-3,4%) e vendite in sostanziale stabilità per casalinghi (+0,2%).
Partendo dalle evidenze emerse dall’Osservatorio Non Food, abbiamo identificato le dieci macro-trend di consumo che hanno caratterizzato il 2024 e che raccontano i nuovi atteggiamenti degli italiani nei confronti degli acquisti extra alimentari – dichiara Samanta Correale, Business Intelligence Senior Manager di GS1 Italy –. Dalla ‘comfortability’ alla ‘leisurizzazione’, dalla tirannia della convenienza alla riscoperta di canali commerciali ‘alternativi’, queste dieci tendenze di fondo hanno attraversato i 13 comparti rilevati dall’Osservatorio Non Food. Ad esempio, l’attenzione allo starbene e al mostrarsi bene ha spinto la spesa destinata ai prodotti cosmetici e di automedicazione ma anche alle attrezzature sportive e ai servizi dedicati al benessere, che hanno migliorato anche l’attrattività di centri commerciali e factory outlet. Invece l’esigenza di ridurre la crescente complessità della vita quotidiana ha fatto spesso preferire prodotti più semplici da usare, canali d’acquisto più facili da fruire grazie all’assortimento limitato ma selezionato e retailer affidabili per competenza specialistica e servizi pre e post-vendita”.

I LUOGHI DELLO SHOPPING NON ALIMENTARE
I nuovi atteggiamenti degli italiani nei confronti della spesa non food hanno determinato anche un cambiamento nell’approccio e nella scelta di dove fare shopping. Anche nel 2024 le grandi superfici specializzate (Gss) restano il canale commerciale più importante e presente in Italia, con 28.670 punti vendita delle principali insegne (censiti da TradeLab per l’Osservatorio Non Food). Nel 2024 è proseguita la razionalizzazione della rete (-0,4%), anche se in modo meno accentuato rispetto agli anni precedenti. Le Gss dominano nei comparti tessile casa, elettronica di consumo, abbigliamento e calzature, profumeria. Nel 2024 hanno aumentato la loro quota in: articoli per lo sport, profumeria e abbigliamento e calzature.
Al secondo posto restano le grandi superfici alimentari (Gsa), con 24.898 punti vendita, in diminuzione di -0,9% rispetto al 2023. A chiudere sono stati soprattutto superette e supermercati, mentre il numero degli ipermercati è rimasto stabile e quello dei discount è cresciuto (+1,4%). Tra le grandi superfici non specializzate (Gsns) nel 2024 sono aumentate le numeriche di grandi magazzini (+2,5%) e di cash & carry (+2,4%), ma comunque le Gsns mantengono un ruolo generalmente marginale nell’universo del non food e le loro quote di mercato nei diversi comparti restano stabili. Unica eccezione nella profumeria, dove sono il secondo canale con il 31,0% di quota di mercato.
I negozi specializzati continuano a presidiare i comparti in cui sono importanti la competenza, il servizio e la possibilità di personalizzare gli acquisti, come avviene nei comparti casalinghi e prodotti di automedicazione, dove hanno oltre l’80% di quota di mercato, ma sono il canale leader anche in cancelleria, ottica, bricolage, mobili e arredamento.
Gli altri canali, come ambulanti ed edicole, restano i più utilizzati per gli acquisti di giocattoli (38,7% del mercato), mentre i mobilieri sono al primo posto negli elettrodomestici bianchi (37,0%). Inoltre, farmacie e parafarmacie mantengono un peso importante nel mondo di profumi e cosmetici, sviluppando il 18,1% delle vendite totali.
Nel 2024 è proseguita la tendenziale stabilizzazione del peso dell’e-commerce, che resta rilevante soprattutto nell’edutainment (57,6% di incidenza a valore) e nell’elettronica di consumo (29,3%), con picchi nei videogiochi (88,9%) e nel multimedia storage (44,8%). Rispetto al 2023, gli acquisti online sono aumentati nell’elettronica di consumo, nei prodotti di profumeria, nell’edutainment e nei farmaci da banco, e in particolare in videogiochi, telefonia, fotografia, hardware, supporti musicali, piccoli elettrodomestici e multimedia storage.

I CENTRI COMMERCIALI TORNANO A CRESCERE
L’Osservatorio Non Food di GS1 Italy suddivide da sempre la rete di vendita moderna extra alimentare in sei tipologie di agglomerazioni commerciali, costituite nel 2024 da oltre 30.000 punti vendita, appartenenti a 316 retailer. Il commercio urbano centrale resta l’agglomerazione più significativa, con il 43,0% dei punti vendita totali ma continua a perdere negozi (-1,7% rispetto al 2023). Nel 2024 è tornata a crescere, invece, la seconda tipologia di agglomerazioni commerciali: i centri commerciali (40,4% di quota), con un aumento del +0,7% degli esercizi commerciali. Nel 2024 è lievemente diminuita l’incidenza dei parchi commerciali, che sono scesi a 5,9% di quota sul totale e hanno perso una piccola percentuale (-1,7%) dei punti vendita.
Le aree urbane periferiche sono arrivate a quota 5,9% (+0,1% rispetto 2023) e soprattutto sono state la tipologia di agglomerazione con la più consistente crescita di attività (+1,4%). Anche i factory outlet hanno aumentato leggermente la loro quota arrivando a 3,8% (3,7% nel 2023) e hanno visto aumentare di +1,2% la numerica dei punti vendita della distribuzione moderna non alimentare. A chiudere la mappatura della rete distributiva moderna realizzata dall’Osservatorio Non Food di GS1 Italy sono gli altri poli, che detengono solo l’1,1% di quota e continuano a perdere punti vendita (-1,6% di punti vendita), soprattutto nei luoghi di passaggio e ad alto livello di traffico, come stazioni e aeroporti.

Rapporto Coop 2025: i consumi nell’età del caos

Dall’imprevedibilità al caos: visto con gli occhi degli italiani – attraverso il filtro del Rapporto Coop 2025, di cui a Milano è stata presentata l’anteprima digitale – il mondo è avviato su una parabola poco rassicurante. Come di consueto, l’Ufficio Studi di Ancc-Coop racconta l’evoluzione dei consumi partendo da un’analisi ad ampio raggio sugli scenari globali – economici e non solo – e gli stati d’animo degli italiani, ma stavolta la premessa geopolitica è fondamentale, perché alle grandi perturbazioni (difficili se non impossibili da prevedere) del passato recente, come la pandemia e l’inflazione, si è aggiunta la guerra. Il conflitto è diventato la modalità prioritaria di risoluzione delle controversie internazionali, aumenta la spesa militare (2,7 trilioni di dollari nel 2024, +17% rispetto al 2022), si chiudono le frontiere e cambiano i rapporti di forza tra le potenze. La stessa logica del conflitto dalla geopolitica si estende alle relazioni commerciali – bombardate da Donald Trump a suon di dazi – con la metà delle imprese esportatrici che prevede un calo dei flussi commerciali nel 2025. E dunque non stupisce che la preoccupazione sia il nuovo mood degli italiani. Abbandonata la serenità e la fiducia caparbia che avevano ostentato negli anni difficili della pandemia e del post-Covid, negli ultimi mesi gli italiani sembrano aver intuito i molti rischi che si prospettano. Dalle risposte alla domanda sullo stato d’animo provato pensando al futuro dei prossimi 12/18 mesi, emerge che rispetto al 2022 cresce il timore (dal 20% al 39%), prende quota l’inquietudine (dal 24% al 37%) e l’allerta (dal 16% al 25%), mentre si riducono repentinamente serenità (dal 34% al 24%) e fiducia (dal 27% al 24%).

L’ECONOMIA ITALIANA RALLENTA
A complicare il quadro, il Rapporto sottolinea come l’Italia sembra aver esaurito l’abbrivio della crescita record del periodo post pandemico, con un andamento del Pil molto meno entusiasmante. Le stime dei previsori macroeconomici individuano per il biennio 2025-2026 una crescita su base annua del Pil di mezzo punto percentuale, mentre le previsioni degli opinion leaders intervistati dagli autori dello studio sono anche più pessimistiche (+0,1% nel 2026). A fronte di un’occupazione in aumento (sono 840.000 i nuovi occupati), fa difetto all’Italia la produttività per ora lavorata che è prevista in decrescita fino al -1,4%, in maniera opposta rispetto al resto dell’Europa. E proprio questa mancata crescita non fa ripartire l’ascensore sociale fermo da anni, mentre rimane ingessata la situazione dei redditi delle famiglie in un Paese dove oggi il 10% della popolazione detiene il 58% della ricchezza (peggio di noi solo i tedeschi).

L’IMPATTO SULLA SPESA DELLE FAMIGLIE
Nel 2024 la spesa complessiva delle famiglie italiane è salita del +0,5% rispetto a cinque anni fa, ma oltre la metà è assorbita dalle spese obbligate (abitazione, utenze domestiche, trasporti e cibo) e non si discostano da queste voci le intenzioni di acquisto per i prossimi 12-18 mesi. Il risparmio persiste come driver primario per il 42% degli italiani e il Rapporto Coop si spinge a dire che ad essere messa in discussione è l’essenza stessa della società dei consumi e che pare oramai arrivato il tempo del deconsumismo. L’ipotesi suona forse un po’ azzardata, ma comunque si fonda sull’intenzione (emersa da una survey condotta ad agosto su un campione di 1.000 italiani rappresentativo della popolazione dai 18 ai 65 anni) di voler acquistare solo le cose indispensabili o di seconda mano, riparare gli oggetti piuttosto che sostituirli.
E anche quando si torna a spendere in acquisti tecnologici (16,5 miliardi di euro negli ultimi 12 mesi, +1,2% su base annua), lo si fa privilegiando l’utilità alla gratificazione: tra i top ten delle vendite spiccano gli apparecchi per la cura dentale e una miriade di elettrodomestici piccoli o grandi (dalle friggitrici alle macchine da caffè all’aspirapolvere). All’opposto si spende meno in elettronica di consumo, tanto che gli acquisti annui di smartphone si riducono di 2 milioni di unità rispetto al 2022.

IDENTITÀ ALIMENTARE IN EVOLUZIONE
Veniamo al rapporto – ancora privilegiato – con il cibo. Rispetto al 2022 gli italiani che si identificano con un’identità alimentare ancorata esclusivamente alla tradizione scendono dal 34% al 22%, mentre cresce la percentuale di chi autodefinisce il proprio stile associandolo ad abitudini alimentari innovative (dal 23% al 31%) o mixa tradizione e innovazione (dal 30% al 38%). Nei primi 6 mesi del 2025 la spesa reale per la ristorazione fuori casa è però calata di un -2,2% e un italiano su 3 vi rinuncerà ulteriormente nei mesi a venire.
Contestualmente si registra una ripresa importante nei carrelli della spesa; le vendite nella grande distribuzione sono cresciute del +3,8% a valore e del +2% a volume nei primi sei mesi dell’anno. A fare da traino frutta e verdura e altri comparti del fresco; gli italiani sembrano non poter rinunciare più ad un cibo salutare e 7 su 10 dichiarano di leggere abitualmente le etichette nutrizionali dei prodotti che acquistano. I carrelli si riempiono così di frutta esotica, latte fermentato, pane, yogurt, olio, meno zucchero, meno sale, meno carboidrati e sono i cibi ultraprocessati a perdere appeal; più compaiono additivi in etichetta e più diminuiscono le vendite. In questo trend accelera anche il biologico con una crescita delle vendite a valore molto importante anche nel Sud d’Italia; sono poi 8,4 milioni gli italiani che nei prossimi mesi aumenteranno questi acquisti.

TUTTI A DIETA
Perfetto controaltare di questi comportamenti, secondo il Rapporto Coop, è il fatto che il cibo ha acquisito nella percezione corrente e maggioritaria una funzione di alleato della salute. Quasi 1 italiano su 4 controlla il peso almeno una volta a settimana e di qui presumibilmente il boom di vendite delle bilance sia per la persona che per gli alimenti. Le prime registrano un aumento esponenziale nei primi sei mesi dell’anno pari a oltre il +55% (ne sono state vendute oltre 432.000 in più), le seconde si attestano su un +5,5%.
Il mantra del perdere peso spiega anche l’altra grande passione degli italiani ovvero la dieta iperproteica che già coinvolge il 17% della popolazione, con le vendite dei sostitutivi vegetali della carne che nell’ultimo anno crescono del +20,9% (10 volte di più delle carni stesse), seguite da uova (+7,8%) e legumi (+5,0%).

A CACCIA DI CONVENIENZA
Seppure l’inflazione alimentare sia meno alta nel nostro Paese che nel resto d’Europa (nei primi sette mesi del 2025 la crescita è stata del +3,1% su base annua e del +29,1% rispetto al 2019 a fronte di una media Ue rispettivamente del +3,3% e del +38,5%), le persistenti difficoltà reddituali degli italiani fanno sì che resti alta anche a tavola la ricerca del risparmio e di soluzioni di maggiore convenienza. Secondo il Rapporto Coop, questa ricerca sembra rivolgersi però in minor misura all’utilizzo del discount che nel primo semestre 2025 registra una crescita a volume del +1,8%, ma piuttosto agli scaffati dei supermercati che mettono a segno un +2,7% dove si prediligono i prodotti in promozione e quelli a marchio del distributore. Infatti, il 40% degli italiani inizierà o aumenterà l’acquisto di prodotti alimentari in offerta/promozione (mentre solo il 5% smetterà o diminuirà); il 18% acquisterà più prodotti a marca del distributore, più del doppio rispetto a quelli che aumenteranno l’acquisto di marchi industriali (9%).
La debolezza della domanda è un fatto reale – ammette Domenico Brisigotti, Direttore Generale Coop Italia – e sembra destinata a intensificarsi, con un comportamento di acquisto sempre più orientato alla ricerca di risparmio nella spesa quotidiana. Per affrontare questo scenario, riteniamo di dover continuare e rafforzare il piano avviato quest’anno, che si concentra da un lato sulla convenienza della nostra marca privata disponibile in ogni segmento dell’offerta e dall’altro su un sistema di promozioni e comunicazione volto a valorizzare la generale proposta di tutela del potere d’acquisto delle famiglie da parte di Coop. La risposta dei consumatori è positiva: le vendite di Coop crescono più del mercato (un +0,8% rispetto alla media del retail) ed è migliorato anche il giudizio che i consumatori, oltre che i nostri soci, hanno della nostra offerta e del nostro posizionamento”.

IDEALISTI E PRAGMATICI
Gli italiani ritratti dal Rapporto sono persone consapevoli, leggono le etichette, vogliono esercitare con le loro azioni una difesa dell’ambiente – spiega Maura Latini, Presidente Coop Italia – e lottano contro il cambiamento climatico. Sono idealisti tanto quanto pragmatici. Credo che siano per queste componenti molto in linea con la nostra policy: una forte e diffusa marca Coop che oramai copre segmenti sia consueti che innovativi con prezzi accessibili per tutti, una importante presenza di marche leader e una politica per i prodotti locali specifica nei territori”.
Guardiamo con attenzione alle modifiche in corso dei comportamenti di acquisto – aggiunge Ernesto Dalle Rive, Presidente Ancc-Coop – e come datori di lavoro, le cooperative di consumatori hanno in Italia quasi 60.000 occupati, siamo disponibili a ragionare sulle modalità e sulla qualità della nostra offerta occupazionale che già vede a favore dei nostri dipendenti importanti misure previste dalle politiche di welfare e che si pone l’obiettivo di conciliare sempre di più tempi di vita e tempi di lavoro. Se su questi temi si dovesse sviluppare un confronto fra la grande distribuzione tutta e il Governo non ci sottrarremmo e porremmo in quella sede la necessità di una riflessione sulle attuali modalità di erogazione del servizio nelle giornate festive e domenicali. Inoltre, auspichiamo da parte del Governo interventi strutturali che possano mitigare le difficoltà in essere. La riduzione del cuneo fiscale per il ceto medio e politiche di sostegno e contrasto alla povertà ci vedono favorevoli e disponibili anche ad essere soggetti propositivi in un eventuale tavolo di discussione collegiale su temi di filiera che essendo tali non possono essere unilaterali, ma devono essere affrontati con tutte le organizzazioni coinvolte”.
Il “Rapporto Coop 2025 – Consumi e stili di vita degli italiani di oggi e di domani” è redatto dall’Ufficio Studi di Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori-Coop) con la collaborazione scientifica di Nomisma, il supporto d’analisi di NielsenIQ e i contributi originali di Circana, GS1-Osservatorio Immagino, CSO Servizi, GfK, Mediobanca Ufficio Studi. Inoltre, il Rapporto per alcune sue parti si è avvalso dell’ausilio dei nuovi programmi di intelligenza artificiale generativa, tra cui Chat Gpt, Gemini e Midjourney.

Pester power: quanto pesano i figli negli acquisti?

Che i figli incidano sulle decisioni d’acquisto dei genitori è cosa nota. Ma quanto, e in quali ambiti, varia sensibilmente da paese a paese. È quanto emerge dalla nuova indagine di Eumetra, istituto di ricerca sociale e di mercato, che ha analizzato il fenomeno del “pester power” – ovvero l’influenza esercitata da bambini e ragazzi sulle scelte di consumo familiari – su 1.843 famiglie italiane, affiancata da un confronto con dati provenienti da Regno Unito e Germania. La ricerca ha preso in esame famiglie con bambini fino a 11 anni.
Il nostro studio fotografa un’Italia in cui le famiglie sono sempre più orizzontali e partecipative – dichiara Matteo Lucchi, Ceo di Eumetra –. Il pester power non è più confinato al gioco o ai desideri momentanei. Riguarda categorie fondamentali, come l’alimentazione, la tecnologia, i viaggi. Anche su scelte ‘da adulti’ i figli oggi fanno sentire la loro voce. A differenza di altri contesti europei, in Italia l’influenza dei figli è emozionalmente radicata: conta il benessere, il tempo insieme, la cura dei dettagli che fanno sentire i bambini parte della famiglia. Altrove, come in Germania, prevale una logica più funzionale e quotidiana, che affida responsabilità concrete anche ai più piccoli”.

NELLE FAMIGLIE ITALIANE L’INFLUENZA È AD AMPIO RAGGIO
In Italia il ruolo dei figli nelle decisioni d’acquisto è ampio, capillare e riconosciuto. I genitori dichiarano di sentirsi influenzati dai propri figli in quasi tutte le principali categorie merceologiche analizzate:
Giochi: 76%
Attività ricreative: 72%
Calzature: 65%
Abbigliamento: 65%
Alimentazione: 49%
Vacanze: 39%
Tecnologia: 38%
Igiene e cura: 30%
Arredamento: 30%
Questi dati raccontano un’Italia in cui il coinvolgimento dei figli va oltre le scelte “di competenza” (giocattoli, svago o vestiti) e arriva anche ad ambiti più trasversali come il cibo, la tecnologia o persino le decisioni legate ai viaggi e all’arredamento.

IL CONFRONTO CON GERMANIA E REGNO UNITO
In Germania, invece, l’influenza dei figli si manifesta in modo particolarmente incisivo su alcune categorie chiave, soprattutto quelle legate alla gestione pratica e funzionale della quotidianità familiare. I bambini tedeschi hanno un peso significativo nelle decisioni relative all’alimentazione (63%, a fronte del 49% italiano), alla tecnologia (45% contro il 38% italiano), alle vacanze (49% rispetto al 39% in Italia). Questo scenario suggerisce un modello familiare in cui i figli sono coinvolti precocemente in scelte concrete e strategiche, riflettendo una cultura che valorizza la loro autonomia e li responsabilizza già in età giovane. L’approccio tedesco appare orientato a un coinvolgimento razionale, meno legato alla sfera emozionale e più fondato sull’idea di formare individui consapevoli e partecipi delle dinamiche domestiche. Nel Regno Unito, invece, l’influenza si mantiene alta nei giochi (75%) e nelle attività ricreative (68%), ma è leggermente più contenuta nelle altre categorie, suggerendo un coinvolgimento meno sistematico e più legato a occasioni specifiche o momenti di svago.

LE IMPLICAZIONI PER INDUSTRIA E RETAIL
Per le aziende e i brand che si rivolgono al target familiare, questa ricerca è un chiaro invito a rivedere le strategie di comunicazione. I figli non sono più semplici destinatari dei prodotti: sono interlocutori attivi, digitalmente informati e spesso determinanti nel momento della scelta. In particolare, in Italia, coinvolgerli nei messaggi – attraverso momenti ludici, linguaggi visivi, influencer, canali social e storytelling emozionale – può rappresentare un vantaggio competitivo concreto, a patto di farlo con autenticità e rispetto del ruolo educativo dei genitori.

Tecnologia di consumo, 2025 all’insegna della stabilità

Il mercato italiano della tecnologia di consumo ha visto una leggera contrazione nel 2024 (-0,6% a valore), mentre il primo semestre 2025 è stato all’insegna della stabilità: +0,2% a valore per un giro d’affari complessivo di 7,3 miliardi di euro. A tirare le somme e indicare le prospettive del comparto è NielsenIQ in occasione delI’IFA di Berlino, la più importante fiera europea dedicata all’elettronica di consumo e agli elettrodomestici. Nei primi sei mesi del 2025, le vendite sul canale online del comparto sono cresciute del +3% nel nostro Paese, arrivando a pesare il 26,1% del totale, mentre i punti vendita tradizionali hanno subito una leggera flessione del -0,8%. Il piccolo elettrodomestico mostra segnali positivi (+1,5%), favorito in particolare dal comparto casa (aspirapolveri robot +45% e scope elettriche senza filo multifunzione +64%). Cresce anche il grande elettrodomestico (+1,7%) spinto da prodotti come lavatrici e asciugatrici ad alta capacità e frigoriferi multidoor.
Flessione del -1,3% per la telefonia, il settore più importante per giro d’affari. Anche in Italia si assiste ad una polarizzazione nelle vendite di smartphone, con il segmento premium che ottiene performance migliori rispetto alla fascia entry level. In controtendenza rispetto alla media globale è l’IT & office (-1,5%), in recupero comunque rispetto al dato di chiusura 2024 (-4,1%). Il trend più negativo è appannaggio dell’elettronica di consumo (-4,2%) ancora fortemente influenzata dal rallentamento del mercato Tv. Un segnale incoraggiante è la performance positiva dei segmenti high-end come Oled (+10.2%) e Tv sopra i 75’’ (+23,8%).

LE TENDENZE GLOBALI
I dati NielsenIQ consentono però di guardare al mercato della tecnologia di consumo e dei beni durevoli su scala globale: nel periodo compreso da gennaio a giugno 2025, il fatturato è stato pari a 403 miliardi di dollari, con un incremento del +4,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. NIQ prevede che questa tendenza continui, con un aumento dei ricavi stimato del +2% per l’intero 2025. Nonostante le pressioni legate all’inflazione, ai dazi doganali e alle dinamiche commerciali, il comparto ha mostrato finora una notevole capacità di adattamento. I consumatori adottano comportamenti d’acquisto più consapevoli, spendono di più durante le promozioni e contribuiscono a mantenere una dinamica stabile in un contesto economico incerto.
Nella prima metà del 2025, l’Europa occidentale ha ritrovato un andamento positivo, mentre l’Asia sviluppata continua a registrare un calo delle vendite. Al contrario, la Cina è salita del +12%, grazie soprattutto agli incentivi governativi. Trend in crescita anche in Medio Oriente (+5%), nei Paesi asiatici emergenti e in America Latina. L’incertezza globale continua però a pesare: secondo lo studio NIQ Consumer Life 2025, il 70% dei consumatori dichiara di fare acquisti con maggiore prudenza. “I dati di NIQ gfknewron Consumer evidenziano una tendenza chiara: i consumatori pianificano gli acquisti in modo strategico – commenta Michael McLaughlin, Senior Vice President Tech & Durables Retail di NIQ – spesso aspettando le promozioni, ma quando decidono di acquistare, tendono a spendere più del previsto. Questo comportamento sottolinea l’importanza della percezione del valore e la continua rilevanza delle operazioni promozionali nel favorire le vendite”.

OMNICANALITÀ E RICERCA DEL VALORE GUIDANO L’ACQUISTO
La digitalizzazione del processo d’acquisto continua a crescere: nel primo semestre del 2025, il 37% delle vendite globali di prodotti Tech & Durables è avvenuto online, con un incremento del +9% rispetto al 2024. Il valore percepito resta una priorità per i consumatori globali: il 60% considera il rapporto qualità-prezzo come il criterio più importante nella scelta di un determinato brand. Nella prima metà del 2025, il settore IT ha guidato lo sviluppo, mentre altre categorie mostrano segnali di stabilizzazione. Ecco nel dettaglio i risultati:
IT (pc portatili, monitor, ecc.): +11%
Telecomunicazioni (smartphone, ecc.): +4%
Piccoli elettrodomestici (friggitrici, mixer, ecc.): +5%
Grandi elettrodomestici (lavatrici, frigoriferi, forni, ecc.): +5%
Elettronica di consumo (Tv, soundbar, ecc.): -0,8%

FOCUS SUI PRINCIPALI COMPARTI
La crescita nel settore IT è guidata principalmente dai cicli di sostituzione dei dispositivi e dalla fine del supporto per Windows 10. Le vendite di laptop sono cresciute del +13%, con un aumento del +23% per i laptop da gaming e un’impennata del +280% per i monitor 240Hz+. L’intelligenza artificiale rappresenta il 39% del mercato globale dei laptop, ma ha ancora un impatto limitato sulle decisioni d’acquisto dei consumatori. In ambito B2B, le vendite di pc con funzionalità IA sono aumentate del +195% in Europa (fonte: MI Supply Chain) e le aziende stanno investendo sempre più in questi dispositivi per supportare produttività, automazione e gestione dei carichi di lavoro, sottolineando l’importanza del ciclo di vita dei prodotti e degli aggiornamenti legati alla performance nell’accelerare l’adozione di questa nuova tecnologia sia nei mercati B2B che B2C.
Quanto all’elettronica di consumo, le vendite di televisori sono continuate a diminuire a livello globale (-2%), con l’eccezione della Cina, dove i sussidi governativi sostengono il segmento. La domanda di grandi schermi (70”+) è però salita del +14% e le Tv con tecnologie avanzate (che vanno oltre l’Lcd) sono cresciute del +26%.

SMARTPHONE: I RICONDIZIONATI DOMINANO NELLA FASCIA BASSA
Anche per gli smartphone l’andamento globale del+4% è stato sostenuto dai sussidi in Cina. I modelli premium (oltre 600 dollari) registrano un aumento del +7%, mentre quelli sotto i 600 dollari mostrano una stagnazione. I consumatori mantengono i dispositivi più a lungo, optando per la fascia alta; nella fascia bassa, si scelgono sempre più spesso dispositivi ricondizionati, che guadagnano terreno: in Francia, rappresentano il 41% delle vendite nel segmento inferiore ai 600 euro (dati NIQ digital purchase).
Nell’audio portatile gli auricolari Open-Ear balzano del +32% a livello mondiale. È l’unico sotto-segmento in espansione in tutte le regioni monitorate da NIQ, grazie alle innovazioni e ai nuovi utilizzi che ne stanno ampliando la diffusione.

IN EUROPA L’EFFICIENZA ENERGETICA È UN FATTORE CHIAVE
Per gli elettrodomestici la crescita del comparto è guidata da tre fattori chiave: sostenibilità, semplificazione e intelligenza artificiale. In Europa, le -vendite di grandi elettrodomestici con etichetta A sono aumentate dal +19% nel 2023 al +31% nel 2025, segno di una maggiore attenzione all’efficienza energetica. La crescita a volume supera però quella a valore, indicando una ricerca di soluzioni accessibili.
Vendite in calo per le friggitrici ad aria (-1%), segno di una saturazione del mercato in alcuni Paesi chiave. Nonostante questo, i modelli ad alta capacità e multi-cestello continuano a conquistare spazio (+18%). Gli aspirapolvere mostrano un trend in forte aumento: +13%, con i robot a fare da traino (+34%). Anche i modelli “Wet & Dry” progrediscono in doppia cifra, spinti dalla domanda crescente di semplificazione e automazione.
In definitiva, NIQ sottolinea che con l’ingresso nella seconda metà del 2025, il mercato globale della tecnologia di consumo e dei beni durevoli mostra segnali di cauto ottimismo. Grazie all’innovazione, a prezzi accessibili e a una resilienza regionale che ne sostiene la dinamica, il settore sembra pronto ad affrontare le incertezze politico-economiche con una fiducia misurata.

Surgelati, il consumo pro capite annuo sale a 17,5 kg

Cresce il mercato dei surgelati in Italia e il dato è ancora più significativo alla luce della diminuzione del totale degli acquisti alimentari (-1% a volume nel 2024). Lo scorso anno sono state consumate oltre 1 milione di tonnellate di prodotti surgelati (1.030.323), con un incremento del +2,3% rispetto al 2023 e un consumo pro capite annuo di 17,5 kg, che supera il record di 17,2 kg messo a segno nei 12 mesi precedenti. Nel retail la tendenza è proseguita nel primo semestre del 2025: +1,8% a volume rispetto all’analogo periodo precedente. La ripartizione tra i diversi canali ha confermato al primo posto proprio il settore retail con 652.643 tonnellate nel 2024 (+3,1% vs.2023), seguito dal fuoricasa, che ha registrato consumi stimati – con l’aggiunta del door to door – a quota 377.680 tonnellate (stabile rispetto al 2023, con +0,1%).
I numeri provengono dal “Rapporto annuale sui consumi dei prodotti surgelati”, realizzato da IIAS – Istituto Italiano Alimenti Surgelati. “Il 2024 ha confermato l’apprezzamento verso un comparto che oggi è emblema non solo di praticità d’uso – afferma Giorgio Donegani, Presidente di IIAS – ma anche di sicurezza, qualità, bontà, convenienza economica e valenza antispreco. La somma di questi elementi ha favorito l’aumento complessivo del consumo di frozen food, che ha oltrepassato per il secondo anno consecutivo la soglia del milione di tonnellate, un vero record per il nostro Paese. Un impulso significativo è arrivato dai consumi domestici, destinati a crescere nell’anno in corso, come testimoniano le rilevazioni condotte sul primo semestre 2025. Un andamento positivo che riguarda tutte le merceologie, tra le quali spiccano l’ittico, le pizze, i preparati vegetali e i surgelati senza glutine”.

UN MERCATO DA 5,7 MILIARDI DI EURO
A valore nel 2024 il mercato ha sfiorato i 5,7 miliardi di euro (+1,8 % vs. il 2023), con il canale retail arrivato a 3 miliardi e 858 milioni di euro, circa il doppio del fatturato del fuoricasa, stimato in 1 miliardo e 835 milioni di euro. “Riteniamo doveroso – continua Donegani (nella foto a sinistra) – richiamare l’attenzione del legislatore italiano su due punti, che potrebbero dare nuovo impulso alla crescita del comparto fuori dalle mura domestiche. Il primo è relativo ai cosiddetti Criteri Ambientali Minimi (CAM), che stabiliscono i criteri sostenibili che gli alimenti devono soddisfare per poter essere acquistati dalle società che gestiscono gli appalti per la ristorazione pubblica collettiva. Questi criteri oggi risultano limitanti nei confronti degli alimenti surgelati, rispetto ai passi in avanti effettuati dal settore in termini di sostenibilità e alle loro valenze anti-spreco.
Il secondo punto citato da Donegani è la richiesta di eliminazione dell’obbligo di indicare con un asterisco la presenza di prodotti surgelati nei menu della ristorazione, definito anacronistico, penalizzante e non più rispondente “alle esigenze di una ristorazione moderna, che ha assoluto bisogno di utilizzare il prodotto surgelato per garantire sicurezza, qualità e ridurre gli sprechi”. La questione è però complessa, perché non attiene solo alla qualità del prodotto surgelato, ma al diritto del consumatore ad avere un’informazione completa e trasparente.

VEGETALI LEADER A VOLUME
Analizzando i consumi nelle singole categorie merceologiche, al primo posto restano stabili i vegetali, leader a volume nel retail con oltre 300.000 tonnellate (+1,9% rispetto al 2023). Al secondo posto tra le preferenze degli italiani troviamo le patate, che con circa 100.000 tonnellate si confermano un prodotto apprezzato tanto per il gusto quanto per la praticità di preparazione. Terzo classificato il prodotto ittico che, nelle sue varianti al naturale e panato/preparato, tocca le 97.000 tonnellate: il pesce naturale (circa 62.400 tonnellate) ha registrato una delle performance più dinamiche del mercato surgelati, superata però da quella del pesce preparato/panato, attestatosi sulle 35.000 tonnellate circa, in aumento del +7% rispetto al 2023. A seguire, le pizze, che hanno sfiorato le 70.000 tonnellate, con circa +3% rispetto al 2023. Si è trattato di un rimbalzo, dopo la diminuzione dell’anno precedente, che ha premiato gli sforzi di innovazione portati avanti dalle aziende per introdurre nuovi formati e ingredienti in linea con le moderne esigenze di consumo.

BENE I PIATTI PRONTI E LE SPECIALITÀ SALATE
Scorrendo la classifica, troviamo i piatti pronti surgelati con oltre 66.000 tonnellate, in tendenza positiva sul 2023 grazie – secondo l’IIAS – all’alta qualità degli ingredienti, a gamme sempre più ampie di ricettazioni sia tradizionali sia innovative, alla velocità di preparazione e all’attenzione all’equilibrio nutrizionale. In ripresa rispetto agli andamenti stabili o lievemente flettenti degli anni precedenti sono le specialità salate (pancake e altri prodotti), accreditate di circa 30.000 tonnellate. Da segnalare, infine, la performance positiva del segmento dei surgelati senza glutine, con circa 9.000 tonnellate. Pur trattandosi di un consumo di nicchia, la crescita costante della domanda di questi prodotti indica la capacità del comparto di rispondere alle esigenze salutistiche.
Come dimostrano i dati del nostro Annual Report – conclude Donegani (nella foto a destra) – sono molteplici e diverse le ragioni alla base dell’aumento del consenso rispetto agli alimenti surgelati. Quest’anno abbiamo voluto valorizzarne meglio una in particolare, ovvero la forte valenza antispreco, mettendo a punto un’indagine inedita con l’Osservatorio Internazionale Waste Watcher (condotta su un campione di 1.000 italiani, età 18-70 anni, rappresentativo della popolazione italiana, secondo le variabili Istat di genere, età, area geografica, ndr). Abbiamo potuto così dimostrare che dei 667,4 g di cibo che ogni italiano getta via ogni settimana, solo 14,9 g, appena il 2,2%, sono prodotti surgelati. Inoltre, all’aumento dei consumi di frozen food avvenuto negli ultimi anni, non è corrisposto un analogo aumento del loro spreco, che, dal 2021 al 2025, è rimasto stabile e di poco superiore al 2%, a conferma delle preziose virtù intrinseche salva-spreco di questi alimenti”.

Osservatorio Immagino, l’italianità arranca nel carrello della spesa

Non basta più mettere in etichetta la bandiera tricolore, il claim “made in Italy”, l’indicazione della regione di provenienza o la certificazione Igp per conquistarsi un posto nel carrello della spesa degli italiani. Benché siano la famiglia di prodotti alimentari più presente sugli scaffali di supermercati e ipermercati e quella che genera maggiori incassi per i retailer, gli alimenti che richiamano in etichetta la loro italianità hanno vissuto un 2024 statico, con vendite leggermente positive a valore ma in lieve calo a volume. A rilevare e misurare questa performance è la diciassettesima edizione dell’Osservatorio Immagino di GS1 Italy, lo studio semestrale che ha analizzato le abitudini di consumo degli italiani nel corso dell’intero anno 2024.
Ancora una volta il paniere “italiano” monitorato dall’Osservatorio Immagino conquista il primo posto per importanza nella spesa complessiva, con 27.978 referenze che nel 2024 hanno sviluppato un giro d’affari di oltre 11,6 miliardi di euro. Rispetto al 2023 le vendite sono avanzate di +1,2% a valore, ma sono diminuite di -0,7% in volume, penalizzate dall’andamento flat delle componenti di domanda e di offerta. Nemmeno l’aumento della pressione promozionale (31,3% contro il 30,4% del 2023) e l’incremento dei prezzi inferiore alla media del largo consumo (+1,9% rispetto a +3,2%) sono riusciti a rilanciare le vendite.

DALLA BANDIERA NAZIONALE AI “BOLLINI” UE
L’”indicatore” più diffuso di italianità individuato dall’Osservatorio Immagino (Tavola 1) è la bandiera nazionale, presente su 16.461 prodotti, che hanno chiuso un 2024 in crescita sia a valore che a volume (rispettivamente +2,5% e +0,2%). Invece, gli oltre 9 mila prodotti accompagnati dal claim “100% italiano” sono rimasti stabili come giro d’affari (+0,2%) a fronte di un calo di -1,5% dei volumi venduti. Indicatori tutti al negativo per le 5.717 referenze alimentari contrassegnate dal claim “prodotto in Italia”, che hanno perso il -1,8% a valore e il -3,6% a volume.
Il 2024 non è stato un anno facile nemmeno per le indicazioni geografiche europee che “premiano” le eccellenze della produzione agroalimentare italiana. Nell’Osservatorio Immagino i prodotti Dop, Doc e Docg alimentano un paniere da 4.888 referenze e 1,6 miliardi di euro di giro d’affari in super e ipermercati, che in 12 mesi ha mantenuto stabili i volumi (-0,1%) e segnato un +2,1% del fatturato, soprattutto grazie al contributo della componente di domanda (+1,3%) e all’inflazione, che ha determinato un aumento di +2,2% del prezzo medio. A brillare sono stati i 1.467 prodotti Dop, in crescita annua di +2,7% a volume e di +5,8% a valore per un totale di quasi 803 milioni di euro. Decisive sono state la spinta dell’offerta (+4,9%) e l’aumento dei prezzi (+3,1%).

IL BUSINESS DEI PRODOTTI REGIONALI
L’Italia è un puzzle di 20 regioni, non solo geograficamente ma anche come composizione della spesa alimentare. Sono 165 i prodotti presenti in super e ipermercati che riportano on pack il claim generico “regione/regionale” e nel 2024 hanno fatto un balzo in avanti di +9,0% a volume e di +12,3% a valore per un giro d’affari complessivo di 55 milioni di euro. Ben più ampio è il ruolo dei prodotti alimentari che evidenziano con orgoglio la loro appartenenza a una specifica regione italiana. Come ha fatto sin dalla sua prima edizione, l’Osservatorio Immagino ha stilato la classifica 2024 delle regioni italiane con la maggior presenza e il più alto giro d’affari in supermercati e ipermercati.
Il Trentino-Alto Adige mantiene la medaglia d’oro, conquistata già dalla prima edizione, con oltre 396 milioni di euro di incassi generati da 1.028 referenze, nonostante un trend annuo negativo (-0,8% a valore e -1,7% a volume). Seguono al secondo posto la Sicilia e al terzo il Piemonte. Tra le altre regioni spicca la Sardegna, che ha ottenuto un +4,2% a valore (per un totale di 216 milioni di euro) e un +6,8% a volume, trainata dalla componente di domanda e da alcune categorie merceologiche, quali latte Uht, vini Doc/Dogc, mozzarelle, latte fresco e specialità croccanti.
Brillante anche il 2024 degli 838 prodotti della Puglia, che hanno ottenuto un +13,0% a valore, superando i 207 milioni di euro di sell-out, e hanno espanso di +5,1% i volumi venduti. A trainare la crescita è stato il vino Igp/Igt (che da solo rappresenta il 25,5% del totale dei prodotti pugliesi), seguito dalle birre alcoliche, dalle altre paste filate fresche e dal vino Doc/Docg.

LE TIPICITÀ CITTADINE
Non sono solo le regioni a fare da “marchio di garanzia” dell’autenticità di un prodotto alimentare. Anche le tradizioni di molte città giocano un ruolo importante nel successo della cucina italiana. In quest’edizione dell’Osservatorio Immagino, per la prima volta, sono stati rilevati anche i claim on pack che fanno riferimento alle tradizioni di alcuni capoluoghi di provincia, come Bologna/bolognese, Genova/genovese, Napoli/napoletano e Roma/romano. I risultati? Sorprendenti. Ben 1.563 prodotti riportano in etichetta il riferimento a una città e nel 2024 hanno sviluppato quasi 579 milioni di euro di sell-out. La performance migliore l’hanno ottenuta la pasta fresca ripiena, i primi piatti pronti, i preparati per primi piatti e i formaggi grana e simili.

Lo shopping ai tempi dell’intelligenza artificiale

Sono passati quasi tre anni dall’avvento di ChatGPT e l’intelligenza artificiale stia assumendo un ruolo sempre più centrale nella relazione tra brand e consumatori, affermandosi come guida di fiducia, compagno affidabile. A dimostrarlo, numeri alla mano è la “Consumer Pulse Survey 2025” di Accenture. Giunta alla sesta edizione, la ricerca ha coinvolto un campione rappresentativo di 18.214 consumatori in 14 Paesi (oltre all’Italia, Australia, Brasile, Canada, Francia, Germania, Cina continentale e Hong Kong, India, Giappone, Spagna, Svezia, Emirati Arabi Uniti, Regno Unito e Stati Uniti). Tanti gli spunti interessanti che emergono focalizzando l’attenzione sul nostro mercato: il 73% degli italiani ha già utilizzato strumenti basati sull’IA generativa (come ChatGPT, Gemini o Claude), di questi il 25% dichiara di farlo in modo abituale. Se interrogati sul tipo di relazione che instaurano con l’AI il 34% degli italiani la definisce “un’assistente”, il 26% un “buon advisor” e il 24% si spinge a considerarla “un buon amico”.
Quasi un italiano su due (47%) ha già utilizzato l’intelligenza artificiale per supportare le proprie scelte d’acquisto, mentre un ulteriore 37% sta valutando di farlo prossimamente. Un comportamento che si inserisce in un processo di acquisto sempre più digitale: il 40% degli italiani compie l’intero percorso online, dalla ricerca iniziale fino all’acquisto; il 26% utilizza i canali digitali per informarsi, ma acquista poi in negozio; solo il 23% sceglie un’esperienza interamente fisica e tradizionale.
Se prendiamo invece in considerazione gli utenti abituali e analizziamo le motivazioni per cui utilizzano i tool di GenAI, la percentuale di coloro che dichiarano di farlo per supportare le proprie scelte d’acquisto sale al 69% (vs il 47% del totale degli utenti). Seguono motivazioni connesse al raggiungimento di obiettivi di sviluppo personale (63%), ad attività legate al lavoro (61%), suggerimenti per investimenti finanziari (59%), consigli sulle relazioni sociali (59%) e su salute e benessere (58%).

IL PARADIGMA “ME, MY BRAND AND AI”
Nel supportare e guidare i consumatori nelle scelte d’acquisto, l’intelligenza artificiale può assumere tre ruoli principali:

  1. L’AI come “guida di fiducia” per suggerire soluzioni affidabili e real time
    Sebbene i negozi fisici restino la principale fonte di raccomandazioni per orientare le decisioni d’acquisto, la Generative AI sta rapidamente guadagnando terreno, posizionandosi già oggi come seconda fonte di informazione tra gli utenti abituali, superando amici, familiari e altri più comuni canali digitali.
    Quando si parla invece di affidabilità della fonte, le informazioni reperite tramite tool di Gen AI sono giudicate affidabili dal 24% degli italiani, percentuale che sale al 37% se consideriamo gli utenti abituali. Questi ultimi continuano comunque ad affidarsi ai motori di ricerca tradizionali (46%), ai marketplace online (44%), ai siti web proprietari dei brand (42%) e alla consulenza in store (41%).
    I brand devono quindi lavorare attivamente per sfruttare le potenzialità dell’intelligenza artificiale, migliorando l’ottimizzazione dei propri contenuti per aumentarne la visibilità e costruendo una maggiore fiducia e credibilità nei confronti dei consumatori.
  1. L’AI come “compagno affidabile” per creare relazioni personalizzate con i consumatori
    Molti consumatori iniziano a percepire l’intelligenza artificiale come uno strumento capace di offrire esperienze personalizzate, proattive e coinvolgenti dal punto di vista emotivo. L’AI apre nuove possibilità per creare relazioni autentiche e durature, basate sulla comprensione reciproca e sulla rilevanza.
    In questo contesto, le aziende devono puntare sulla personalizzazione, integrando l’AI con i dati lungo tutta la supply chain, per costruire interazioni sempre più autentiche e memorabili, capaci di incarnare i valori del brand e rafforzare i legami con i consumatori. A conferma di ciò, il 38% degli italiani afferma che sarebbe disposto a cambiare brand se un altro fosse in grado di offrirgli un’esperienza che lo faccia sentire speciale e riconosciuto. Un dato che richiama direttamente il bisogno di un’interazione più intima e significativa con i brand.
  1. L’AI come “secondo io” per agire per conto dei consumatori nelle decisioni di acquisto
    Gli agenti AI sono in grado di agire in modo proattivo sulla base di istruzioni predefinite e di apprendere dalle abitudini e preferenze individuali. Così facendo, semplificano il confronto tra prodotti, gestiscono il checkout e supportano anche l’assistenza post-vendita. Il 70% degli italiani dichiara di essere già aperto ad affidarsi a un agente AI personale che sappia risolvere i suoi problemi.
    Tra chi utilizza abitualmente i tool di GenAI, il 34% affida all’AI la gestione della maggior parte del processo, riservando a sé solo la scelta finale, mentre l’8% si spinge oltre, delegando interamente la decisione all’AI, senza supervisione. Siamo ancora in una fase iniziale, ma la sua diffusione sta chiaramente avanzando. Per favorire questo passaggio, i brand devono conquistare la fiducia dei consumatori, attraverso maggiore trasparenza, personalizzazione e controllo, rispettando i valori e le preferenze individuali.

L’UTILIZZO NEI PROGRAMMI FEDELTÀ
Quasi un italiano su due (48%) aderisce ai programmi fedeltà dei propri brand preferiti e il 26% dichiara di farlo anche per brand competitor. Le principali reticenze alla sottoscrizione dei programmi fedeltà vanno ricercate nella mancanza di volontà di pagare un supplemento per aderire a un programma (73%), nella paura di essere inondati da comunicazioni promozionali (70%) o di sentirsi vincolati a un particolare brand (60%). Il 41% dichiara anche di non voler fornire ai brand dati personali e relativi alle proprie abitudini di acquisto. Più in generale, il 45% degli italiani dubita del valore reale che può derivare dal sottoscrivere programmi fedeltà.
Per rafforzare il rapporto di fiducia con i propri consumatori, i brand possono sfruttare le nuove potenzialità dell’IA per migliorare i propri programmi fedeltà aumentando personalizzazione, trasparenza e rilevanza.

UNO STRUMENTO STRATEGICO
In un contesto di profonda incertezza come quello attuale, i brand che avranno successo saranno quelli in grado di puntare non solo sul fattore economico, ma sulla costruzione di esperienze memorabili e di una connessione forte con i propri consumatori basata sulla fiducia. L’intelligenza artificiale, considerato anche il grado di predisposizione al suo utilizzo da parte dei consumatori, può diventare uno strumento strategico nelle mani dei brand per abilitare la creazione di esperienze differenzianti e relazioni più profonde grazie a due capacità chiave: l’empatia, utile a comprendere e apprendere dai sentimenti umani; e l’autonomia, con la quale anticipa i bisogni e interviene preventivamente.
L’intelligenza artificiale sta rapidamente evolvendo da semplice strumento a vero e proprio partner strategico nella relazione tra brand e consumatori – sostiene Andrea Ruzzi, Responsabile Consumer and Manufacturing di Accenture Italia (nella foto in alto) –. I dati ci mostrano una crescente apertura da parte degli italiani verso l’AI, non solo come supporto alle decisioni, ma come agente personale in grado di comprendere, anticipare e agire. Per i brand, questo significa ripensare a fondo la customer experience: costruire fiducia, personalizzare le interazioni e offrire esperienze memorabili grazie a tecnologie sempre più empatiche e autonome, perfettamente integrate con il personale di vendita. Una trasformazione che rende ancora più cruciali gli investimenti sia nell’adozione tecnologica, sia nell’upskilling delle persone”.

L’avena guida la corsa dei superfood a scaffale

Il 2024 è stato l’anno dell’avena: i 666 prodotti che segnalano la presenza di questo cereale in etichetta hanno aumentato del 6% il giro d’affari rispetto all’anno precedente, raggiungendo quasi i 292 milioni di euro in super e ipermercati, con una crescita annua a volume del 4,6%. Aumenti record per altri due superfood emergenti, ancora relativamente poco diffusi ma in forte progressione sia per giro d’affari sia per vendite a volume: sono i semi di chia (con il +33,6% annuo a valore) e la tahina (+20%). A svelarlo è la diciassettesima edizione dell’Osservatorio Immagino di GS1 Italy, che propone l’innovativa classifica elaborata rilevando i claim relativi a 40 ingredienti trendy presenti sulle etichette di oltre 15.000 prodotti alimentari confezionati e incrociandoli con i dati di vendita di NielsenIQ relativi a supermercati e ipermercati.

Tra gli altri fenomeni del 2024 l’Osservatorio Immagino segnala il successo come prodotto e/o ingrediente di anacardi (+17,1% a valore e +15,4% a volume), noci (+9,7% e +6,3%) e mirtilli (+7,6% e +2,7%), oltre al ritorno alla crescita della soia edamame (+4,6% a valore e +0,9%). Nel corso del 2024 è continuata l’escalation delle vendite dei prodotti che segnalano on pack la presenza di avocado (+12,6% a valore, +7,9% a volume), mango (+11,5%) e pistacchio (+4,7%).

Complessivamente il fenomeno degli ingredienti benefici nel carrello riguarda il 16,9% delle referenze food, esclusi acqua e alcolici, monitorate dal servizio Immagino di GS1 Italy Servizi e sviluppa quasi 4,8 miliardi di euro di sell-out nel canale super e ipermercati, in crescita del 3,7% rispetto al 2023. Un trend trainato dal contributo dell’offerta (+2,7%), mentre la domanda è risultata inferiore al 2023 e ha determinato una contrazione di -1,8% dei volumi acquistati. Il calo delle quantità di prodotti messe nei carrelli della spesa ha riguardato tutte le famiglie di superfood, a eccezione di superfruit, supercereali/farine e semi, dove le quantità vendute sono rimaste stabili.

Più prodotti in vetro nelle case italiane

Gli italiani amano i prodotti alimentari che usano il vetro come imballaggio: secondo una recente indagine commissionata da Coreve (Consorzio Recupero del Vetro) a YouGov sulle abitudini di consumo è emerso che conserve, olio, sughi, vino, birra, i prodotti tipici della gastronomia italiana vengono apprezzati sempre di più se proposti con questo tipo di confezionamento. Analizzando gli scontrini emessi in ogni tipo di canale di vendita, YouGov è riuscita a mappare il consumo in termini quantitativi e qualitativi. Dall’analisi emerge che è aumentata la frequenza d’acquisto di prodotti in vetro (+3,9% nell’ultimo anno) ma si è contratto leggermente il numero dei pezzi acquistati per scontrino (-3,2%).
Se si guarda alla tipologia di prodotto “solido”, sale anno su anno la percentuale di prodotti che adottano questo imballaggio in ogni categoria. Cresce ad esempio del 2,8% l’acquisto di confetture in vetro (che toccano il 78% del totale), del 3,2% i sughi pronti che superano l’83% del totale, del 4% i sottoli e sottaceti, in vetro nell’83,4% dei casi.
Anche i prodotti liquidi vedono una prevalenza di questo materiale e precisamente: il 94% dell’olio, il 98% degli aperitivi, il 72% delle birre e oltre il 67% dei vini.

Abbiamo voluto monitorare gli acquisti di prodotti di largo consumo – dichiara Roberto Saettone, Direttore Generale di Coreve – con un campione altamente rappresentativo delle quasi 26 milioni di famiglie residenti. La metodologia YouGov ha permesso di analizzare gli acquisti dei prodotti a prezzo fisso e variabile di largo consumo ad uso domestico acquistati in tutte le tipologie di negozi e canali. L’indagine mostra come su alcune tipologie di prodotto il vetro venga apprezzato dai consumatori in modo particolare: essi riservano una fortissima percentuale di acquisto a questo imballaggio sebbene le tonnellate di vetro consumate sia fuori casa che in casa possano variare considerevolmente da regione a regione”.

Novità a scaffale, in base all’Osservatorio Immagino trionfa il salutismo

Il 7,8% degli oltre 145.000 prodotti di largo consumo monitorati dal servizio Immagino di GS1 Italy Servizi non erano a scaffale nel 2023, ma vi sono arrivati tra gennaio e dicembre 2024, periodo in cui hanno contribuito per il 3,2% al fatturato totale di quest’ampio paniere. A rilevarlo è la diciassettesima edizione dell’Osservatorio Immagino di GS1 Italy, lo studio semestrale che ha analizzato le abitudini di consumo degli italiani nel corso dell’intero anno 2024. Il 73,6% di queste 11.343 novità riguarda il mondo alimentare: si tratta soprattutto di prodotti “rich-in” (ricchi di elementi benefici), referenze “free-from” (senza o con meno di certi ingredienti), alimenti realizzati con ingredienti tradizionali o benefici, e di prodotti con certificazioni di responsabilità sociale d’impresa (CSR).

Nel carrello dei prodotti “rich-in” monitorato dall’Osservatorio Immagino, il 9,9% dell’assortimento e il 3,1% del fatturato si devono a prodotti lanciati nel corso del 2024. Qui l’innovazione si è focalizzata su prodotti ricchi di proteine, potassio, fermenti lattici, vitamine e calcio. Nel carrello “free from” le novità apparse nel 2024 coprono l’8,9% dell’assortimento e il 2,2% del fatturato totale, e i claim utilizzati più frequentemente sulle loro etichette sono “pochi grassi”, “poche calorie”, “senza zuccheri aggiunti”, “pochi zuccheri” e “senza conservanti”. Da sottolineare inoltre le alte percentuali di nuovi prodotti nei panieri della sicurezza alimentare che indicano l’assenza di antibiotici, residui o pesticidi. Anche l’8,1% dei prodotti per intolleranze venduti in super e ipermercati sono arrivati in vendita nel 2024, con un’incidenza maggiore per quelli “senza lattosio” (10,5%).

L’Osservatorio Immagino ha inoltre “letto” l’innovazione anche dal punto di vista del consumatore, scoprendo che il 65% delle vendite di nuovi prodotti è generato dal 30% dei loro acquirenti. Si tratta di shopper giovani (meno di 34 anni), single e con reddito medio-alto. Questi consumatori preferiscono prodotti “free from”, “rich-in”, vegani, biologici, arricchiti con semi e con caratteristiche green e di sostenibilità. Diversi segmenti di consumatori mostrano preferenze specifiche in base ai claim e al posizionamento di prezzo. Ad esempio, i prodotti “senza zuccheri”, “fonte di proteine”, vegani e sostenibili attraggono consumatori giovani e con reddito medio-alto, mentre i prodotti “a ridotto contenuto di grassi” sono preferiti da famiglie con figli e anziani con reddito medio-basso.

BrandContent

Fotogallery

Il database online della Business Community italiana

Cerca con whoswho.it

Diritto alimentare