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L’avena guida la corsa dei superfood a scaffale

Il 2024 è stato l’anno dell’avena: i 666 prodotti che segnalano la presenza di questo cereale in etichetta hanno aumentato del 6% il giro d’affari rispetto all’anno precedente, raggiungendo quasi i 292 milioni di euro in super e ipermercati, con una crescita annua a volume del 4,6%. Aumenti record per altri due superfood emergenti, ancora relativamente poco diffusi ma in forte progressione sia per giro d’affari sia per vendite a volume: sono i semi di chia (con il +33,6% annuo a valore) e la tahina (+20%). A svelarlo è la diciassettesima edizione dell’Osservatorio Immagino di GS1 Italy, che propone l’innovativa classifica elaborata rilevando i claim relativi a 40 ingredienti trendy presenti sulle etichette di oltre 15.000 prodotti alimentari confezionati e incrociandoli con i dati di vendita di NielsenIQ relativi a supermercati e ipermercati.

Tra gli altri fenomeni del 2024 l’Osservatorio Immagino segnala il successo come prodotto e/o ingrediente di anacardi (+17,1% a valore e +15,4% a volume), noci (+9,7% e +6,3%) e mirtilli (+7,6% e +2,7%), oltre al ritorno alla crescita della soia edamame (+4,6% a valore e +0,9%). Nel corso del 2024 è continuata l’escalation delle vendite dei prodotti che segnalano on pack la presenza di avocado (+12,6% a valore, +7,9% a volume), mango (+11,5%) e pistacchio (+4,7%).

Complessivamente il fenomeno degli ingredienti benefici nel carrello riguarda il 16,9% delle referenze food, esclusi acqua e alcolici, monitorate dal servizio Immagino di GS1 Italy Servizi e sviluppa quasi 4,8 miliardi di euro di sell-out nel canale super e ipermercati, in crescita del 3,7% rispetto al 2023. Un trend trainato dal contributo dell’offerta (+2,7%), mentre la domanda è risultata inferiore al 2023 e ha determinato una contrazione di -1,8% dei volumi acquistati. Il calo delle quantità di prodotti messe nei carrelli della spesa ha riguardato tutte le famiglie di superfood, a eccezione di superfruit, supercereali/farine e semi, dove le quantità vendute sono rimaste stabili.

Più prodotti in vetro nelle case italiane

Gli italiani amano i prodotti alimentari che usano il vetro come imballaggio: secondo una recente indagine commissionata da Coreve (Consorzio Recupero del Vetro) a YouGov sulle abitudini di consumo è emerso che conserve, olio, sughi, vino, birra, i prodotti tipici della gastronomia italiana vengono apprezzati sempre di più se proposti con questo tipo di confezionamento. Analizzando gli scontrini emessi in ogni tipo di canale di vendita, YouGov è riuscita a mappare il consumo in termini quantitativi e qualitativi. Dall’analisi emerge che è aumentata la frequenza d’acquisto di prodotti in vetro (+3,9% nell’ultimo anno) ma si è contratto leggermente il numero dei pezzi acquistati per scontrino (-3,2%).
Se si guarda alla tipologia di prodotto “solido”, sale anno su anno la percentuale di prodotti che adottano questo imballaggio in ogni categoria. Cresce ad esempio del 2,8% l’acquisto di confetture in vetro (che toccano il 78% del totale), del 3,2% i sughi pronti che superano l’83% del totale, del 4% i sottoli e sottaceti, in vetro nell’83,4% dei casi.
Anche i prodotti liquidi vedono una prevalenza di questo materiale e precisamente: il 94% dell’olio, il 98% degli aperitivi, il 72% delle birre e oltre il 67% dei vini.

Abbiamo voluto monitorare gli acquisti di prodotti di largo consumo – dichiara Roberto Saettone, Direttore Generale di Coreve – con un campione altamente rappresentativo delle quasi 26 milioni di famiglie residenti. La metodologia YouGov ha permesso di analizzare gli acquisti dei prodotti a prezzo fisso e variabile di largo consumo ad uso domestico acquistati in tutte le tipologie di negozi e canali. L’indagine mostra come su alcune tipologie di prodotto il vetro venga apprezzato dai consumatori in modo particolare: essi riservano una fortissima percentuale di acquisto a questo imballaggio sebbene le tonnellate di vetro consumate sia fuori casa che in casa possano variare considerevolmente da regione a regione”.

Novità a scaffale, in base all’Osservatorio Immagino trionfa il salutismo

Il 7,8% degli oltre 145.000 prodotti di largo consumo monitorati dal servizio Immagino di GS1 Italy Servizi non erano a scaffale nel 2023, ma vi sono arrivati tra gennaio e dicembre 2024, periodo in cui hanno contribuito per il 3,2% al fatturato totale di quest’ampio paniere. A rilevarlo è la diciassettesima edizione dell’Osservatorio Immagino di GS1 Italy, lo studio semestrale che ha analizzato le abitudini di consumo degli italiani nel corso dell’intero anno 2024. Il 73,6% di queste 11.343 novità riguarda il mondo alimentare: si tratta soprattutto di prodotti “rich-in” (ricchi di elementi benefici), referenze “free-from” (senza o con meno di certi ingredienti), alimenti realizzati con ingredienti tradizionali o benefici, e di prodotti con certificazioni di responsabilità sociale d’impresa (CSR).

Nel carrello dei prodotti “rich-in” monitorato dall’Osservatorio Immagino, il 9,9% dell’assortimento e il 3,1% del fatturato si devono a prodotti lanciati nel corso del 2024. Qui l’innovazione si è focalizzata su prodotti ricchi di proteine, potassio, fermenti lattici, vitamine e calcio. Nel carrello “free from” le novità apparse nel 2024 coprono l’8,9% dell’assortimento e il 2,2% del fatturato totale, e i claim utilizzati più frequentemente sulle loro etichette sono “pochi grassi”, “poche calorie”, “senza zuccheri aggiunti”, “pochi zuccheri” e “senza conservanti”. Da sottolineare inoltre le alte percentuali di nuovi prodotti nei panieri della sicurezza alimentare che indicano l’assenza di antibiotici, residui o pesticidi. Anche l’8,1% dei prodotti per intolleranze venduti in super e ipermercati sono arrivati in vendita nel 2024, con un’incidenza maggiore per quelli “senza lattosio” (10,5%).

L’Osservatorio Immagino ha inoltre “letto” l’innovazione anche dal punto di vista del consumatore, scoprendo che il 65% delle vendite di nuovi prodotti è generato dal 30% dei loro acquirenti. Si tratta di shopper giovani (meno di 34 anni), single e con reddito medio-alto. Questi consumatori preferiscono prodotti “free from”, “rich-in”, vegani, biologici, arricchiti con semi e con caratteristiche green e di sostenibilità. Diversi segmenti di consumatori mostrano preferenze specifiche in base ai claim e al posizionamento di prezzo. Ad esempio, i prodotti “senza zuccheri”, “fonte di proteine”, vegani e sostenibili attraggono consumatori giovani e con reddito medio-alto, mentre i prodotti “a ridotto contenuto di grassi” sono preferiti da famiglie con figli e anziani con reddito medio-basso.

Largo consumo confezionato, le previsioni di Circana per il 2025

Quale sarà il bilancio del 2025 per il largo consumo confezionato? Circana ha elaborato un’analisi previsiva, per fornire agli operatori una prospettiva del prossimo futuro del comparto e supportarli nelle decisioni strategiche per i mesi a venire. Due gli scenari delineati, al netto dei tanti fattori esogeni che possono mutare il quadro di fondo e alterare le dinamiche previste in peggio o in meglio. La premessa fatta dalla stessa società – che ricordiamo essere un consulente globale sulla complessità del comportamento dei consumatori – è che il settore italiano del largo consumo confezionato sta affrontando il 2025 in un contesto di continua evoluzione e confusione, caratterizzato dalla ripresa dell’inflazione e da una marcata instabilità geopolitica. Le aziende che compongono la filiera sono chiamate ad una gestione strategica per bilanciare la salvaguardia dei margini ed il rilancio dei volumi, operando in un quadro di accresciuta complessità in cui il consumatore evidenzia preoccupazioni economiche di natura personale e, più in generale, legate alla simultaneità di più conflitti. Le previsioni econometriche di Circana delineano appunto due scenari chiave per il 2025. È fondamentale sottolineare che queste proiezioni si basano sulle ipotesi di seguito specificate e non possono tenere conto di eventuali ulteriori peggioramenti dello scenario socio-politico internazionale – che cambia di ora in ora – né di condizioni climatiche estreme che potrebbero caratterizzare l’estate 2025 in Italia.

PRIMO SCENARIO: DIFESA DEI MARGINI
L’ipotesi di questo primo scenario è l’adozione da parte degli operatori della filiera di politiche orientate a salvaguardare i margini commerciali, accettando il rischio di una decelerazione dei volumi di vendita. In questo quadro si verificherebbe una visibile inflazione compartimentale, sostanzialmente in linea con il costo medio della vita previsto per il 2025 (+2%), che comporterebbe quindi una crescita del prezzo del +1,8%. La pressione promozionale aumenterebbe comunque di +0,5 punti percentuali, raggiungendo il 25% (superiore allo +0,2% ipotizzato nel 2024), con l’obiettivo di arginare parzialmente il rischio di rallentamento dei volumi. L’impatto sui volumi di questo approccio di salvaguardia dei margini, secondo l’analisi di Circana, sarebbe una contrazione del -0,5% delle vendite a volume (però con una crescita dei ricavi del +1,0%).

SECONDO SCENARIO: RECUPERO O CONSOLIDAMENTO DEI VOLUMI
Il secondo scenario ipotizza invece un orientamento che mira al rilancio dei volumi e della competitività, in continuità con le tendenze del 2024. In questo quadro si profilerebbe un incremento dei prezzi del +0,9%, ossia inferiore rispetto al costo medio della vita previsto dall’Istat. L’investimento in attività promozionale aumenterebbe sensibilmente rispetto alla prima parte del 2025 (+1,5 punti percentuali), sostenendo così i volumi. Dal risultato dell’analisi, Circana proietta una crescita dei volumi del +1,2% (con una crescita dei ricavi del +1,9%).

LA “FORBICE” TRA LE DUE IPOTESI
Riassumendo, le previsioni indicano un differenziale fra i due scenari pari a 0,9 punti percentuali sui ricavi e di 1,7 punti percentuali sull’andamento dei volumi. In particolare, nel primo scenario (Difesa dei Margini) i ricavi crescerebbero del +1,0% e i volumi risulterebbero moderatamente negativi. Il contesto internazionale e il clima estremo rimangono comunque elementi cruciali. La volatilità e l’incertezza geopolitica e commerciale possono avere potenziali impatti sulla filiera Lcc. Un’intensificazione delle alte temperature sull’Italia, inoltre, influenzerebbe anche sensibilmente i mercati stagionali e, più in generale, l’intero settore del largo consumo confezionato, con un impatto sulle previsioni qui delineate. Secondo Circana c’è però una buona notizia: la sostanziale conferma della resilienza che ha caratterizzato finora il comparto del largo consumo.

Ferramenta, l’e-commerce in Italia vale il 20% del fatturato

Il settore della ferramenta italiana sta vivendo una profonda transizione verso il digitale, trainata dall’espansione dell’e-commerce e dall’adozione sempre più diffusa dell’intelligenza artificiale. Secondo gli ultimi dati resi noti dagli organizzatori di Bricoday – il principale appuntamento italiano dedicato agli operatori dei settori Fai da Te, Tecnico, Casa e Garden (in programma il 24-25 settembre 2025 a Fiera Milano Rho) – nel 2024 il valore dell’e-commerce nel comparto ha raggiunto i 3,4 miliardi di euro, pari al 20% del fatturato complessivo, che sfiora i 17 miliardi (dato Assofermet). “Oggi oltre una ferramenta su tre è presente online, attraverso piattaforme proprietarie o marketplace – spiega Alessandra Fraschini, fondatrice dell’Osservatorio Permanente Multi&Omnicanalità Ferramenta (OPMF) –. Il trend in crescita dell’omnicanalità fa prevedere un ulteriore aumento del 17% nel biennio 2025–2026”.

LA TRASFORMAZIONE DIGITALE
L’indagine condotta da OPMF conferma il consolidamento della trasformazione digitale: il 35% dei negozi tradizionali e professionali integra già un canale e-commerce, mentre il 30% degli operatori sta lavorando all’integrazione strategica (omnicanalità) tra fisico e digitale (in crescita rispetto al 25% del 2023). Il modello multicanale rimane il più adottato, scelto dal 70% del campione, anche se in leggero calo rispetto all’anno precedente.
La ferramenta, dunque, mantenendo saldo il ruolo del punto vendita fisico, si digitalizza. In questo scenario crescono, tra gli addetti ai lavori, l’attenzione verso l’aggiornamento delle competenze e l’adozione di strumenti innovativi: il 52% delle aziende investe nella trasformazione digitale. Le priorità includono: formazione del personale (73%), nuovi gestionali integrati (59%), progetti online e multicanali (49%), comunicazione digitale (34%).
Ma cosa comprano gli italiani? Secondo OPMF, la media annuale delle merceologie più vendute nel canale phygital indica Elettroutensili al 63%, Giardinaggio al 27%, seguito da Utensileria al 18%, Ferramenta e Sicurezza al 14%. Colore e vernici e outdoor al 12%, Edilizia all’11%, DPI al 10%, Abbigliamento da lavoro al 9%; più distaccate le altre voci. Il target più attivo appartiene in maggioranza al cluster di età 25-45 anni (60%), mentre aumentano la quota dei 45-60enni (32%) e dei giovanissimi, oggi all’8% (vs il 2% del 2023).

IL RUOLO DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE
L’adozione dell’intelligenza artificiale rappresenta un ulteriore salto qualitativo per il settore, con strumenti che stanno trasformando profondamente l’esperienza d’acquisto, online e in store. Secondo i dati dell’Osservatorio, il 36% dei negozi phygital ha già integrato soluzioni di AI nelle proprie attività, tra cui: chatbot (63%): per assistenza in tempo reale ai clienti e supporto post-vendita; content automation (44%): per la redazione automatica di schede prodotto, articoli e contenuti marketing; data analytics (29%): analisi dei comportamenti di acquisto, gestione magazzino e previsione della domanda; supply chain intelligente (13%): ottimizzazione logistica, riduzione tempi di consegna; pagamenti smart (11%) e manutenzione predittiva (5%).
Questi scenari saranno al centro del convegno Phygital Retail, in programma il 25 settembre durante Bricoday. Un appuntamento coi leader di settore dedicato a esplorare come l’AI stia trasformando ogni aspetto del retail – dalla personalizzazione del customer journey alla comunicazione, alla gestione operativa del punto vendita. E dopo la fase dell’AI predittiva e l’exploit dell’AI generativa, il 2025 sarà l’anno dell’AI agentica: una nuova frontiera in cui l’intelligenza artificiale agisce in modo proattivo e autonomo per raggiungere obiettivi specifici aprendo così orizzonti inediti nella gestione del punto vendita fisico, dall’ottimizzazione dei percorsi del cliente alla personalizzazione della comunicazione e, persino, alla riprogettazione delle planimetrie dei punti vendita.

Ecco come cambiano gli acquisti degli italiani

Cosa comunicano ai consumatori le etichette dei prodotti di largo consumo? Quali claim, bollini o certificazioni sono più usati sulle confezioni dei prodotti e sono più presenti nel carrello della spesa degli italiani? E come vanno le vendite, a valore e volume? A rispondere è la diciassettesima edizione dell’Osservatorio Immagino di GS1 Italy, lo studio semestrale che ha analizzato le abitudini di consumo degli italiani nel corso dell’intero anno 2024. Complessivamente sotto la lente dello studio di GS1 Italy sono passati più di 145 mila prodotti, digitalizzati dal servizio Immagino di GS1 Italy Servizi, con gli oltre 100 tra claim, certificazioni, pittogrammi e indicazioni geografiche presenti sulle loro etichette. Un ampio paniere di prodotti, food e non food, che nel 2024 ha realizzato 48,7 miliardi di euro di sell-out, pari all’82,7% dell’incasso totale di supermercati e ipermercati italiani.
Sin dalla prima edizione, l’Osservatorio Immagino di GS1 Italy monitora, insieme a NielsenIQ, i carrelli della spesa italiani seguendo l’entità e l’evoluzione dei 12 principali fenomeni di consumo che caratterizzano il mercato. A questa rilevazione continuativa si aggiunge un dossier speciale. In questa diciassettesima edizione il dossier è dedicato al peso dei prodotti innovativi arrivati a scaffale nei punti vendita italiani nel corso del 2024 e al loro apporto ai singoli fenomeni di consumo. Messa sotto la lente dell’Osservatorio Immagino, l’innovazione si conferma una leva importante: accomuna il 7,8% di tutti i prodotti monitorati da Immagino e contribuisce per il 3,2% al fatturato totale, concentrandosi in particolar modo nelle aree del rich-in e del free from, sulla presenza di ingredienti tradizionali o benefici, sui prodotti con certificazioni di responsabilità sociale d’impresa (CSR) e sui prodotti green per la cura della casa.
Il dossier presente in questa nuova edizione dell’Osservatorio Immagino evidenzia come l’innovazione nel largo consumo sia guidata, a livello aziendale, da una crescente attenzione alla salute, al benessere, alla sostenibilità e all’origine dei prodotti – dichiara Marco Cuppini, Research and Communication Director di GS1 Italy – con un impatto significativo sulle scelte dei consumatori e sulle dinamiche del mercato. L’analisi dell’innovazione dal punto di vista del consumatore ha mostrato che il 65% delle vendite di nuovi prodotti è generato dal 30% dei loro acquirenti, di cui poi ne ha delineato il profilo e le preferenze. Ad esempio, sono stati gli shopper giovani (meno di 34 anni), single e con reddito medio-alto, ad aver prediletto prodotti arricchiti o alleggeriti, vegani, biologici, contenenti semi e con caratteristiche green e di sostenibilità”.

I 12 MACRO-FENOMENI DELLA SPESA DEGLI ITALIANI
La diciassettesima edizione dell’Osservatorio Immagino ha monitorato l’evoluzione della composizione e delle vendite, in valore e volume, di 12 panieri, tra food e non food, che rappresentano altrettanti fenomeni e tendenze di consumo:

  • Il richiamo dell’italianità: il “made in Italy”, le Dop/Igp e le regioni in etichetta. L’Osservatorio Immagino ha rilevato 27.978 prodotti con 11,6 miliardi di euro di sell-out e con un trend annuo di +1,2% a valore e di -0,7% a volume.
  • Il mondo del free from: i trend consolidati ed emergenti dei claim “senza”. L’Osservatorio Immagino ha rilevato 14.625 prodotti con 7,9 miliardi di euro di sell-out e con un trend annuo di -0,1% a valore e di -1,2% a volume.
  • Il mondo del rich-in: quali cibi ricchi o arricchiti guidano il mercato. L’Osservatorio Immagino ha rilevato 11.572 prodotti con 5,1 miliardi di euro di sell-out e con un trend annuo di +1,3% a valore e di -0,8% a volume.
  • Il tema delle intolleranze: la dinamica del “senza glutine” e del “senza lattosio”. L’Osservatorio Immagino ha rilevato 11.339 prodotti con 4,7 miliardi di euro di sell-out e con un trend annuo di +0,9% a valore e di -0,5% a volume.
  • Il cibo identitario (lifestyle): vegetariano, vegano, biologico, halal e kosher. L’Osservatorio Immagino ha rilevato 13.552 prodotti con 4,4 miliardi di euro di sell-out e con un trend annuo di +3,9% a valore e di +0,9% a volume.
  • Il mondo di loghi e certificazioni: Fairtrade, Ecolabel, Cruelty free, Friend of the sea, FSC e altre certificazioni in area CSR. L’Osservatorio Immagino ha rilevato 17.070 prodotti certificati con 7,0 miliardi di euro di sell-out e con un trend annuo di +0,8% a valore e di -2,3% a volume.
  • Gli ingredienti benefici: dall’avena all’avocado fino ai semi di chia, i sapori più cool del momento. L’Osservatorio Immagino ha rilevato questi ingredienti in 15.171 prodotti con 4,7 miliardi di euro di sell-out e con un trend annuo di +3,7% a valore e di -1,8% a volume.
  • Il metodo di lavorazione: la comunicazione on pack delle tecniche e delle procedure di lavorazione. L’Osservatorio Immagino ha rilevato 4.127 prodotti con 1,6 miliardi di euro di sell-out e con un trend annuo di +11,7% a valore e di +2,6% a volume.
  • La texture dei prodotti: morbido o croccante? Le consistenze espresse on-pack. L’Osservatorio Immagino ha rilevato 7.728 prodotti con 3,8 miliardi di euro di sell-out e con un trend annuo di +2,0% a valore e di +0,8% a volume.
  • Il petcare: i claim più diffusi sulle etichette dei prodotti destinati alla nutrizione di cani e gatti, con il dettaglio dei fenomeni free from, rich-in, italianità e gluten free. E un approfondimento sui claim relativi alla sostenibilità. L’Osservatorio Immagino ha rilevato 5.154 prodotti con quasi 1,2 miliardi di euro di sell-out e con un trend annuo di +0,9% a valore e di -0,2% a volume.
  • Il cura persona: i claim relativi a protezione, idratazione e rigenerazione, con un focus sui claim free from, rich-in, naturali, biologici e altro ancora. L’Osservatorio Immagino ha rilevato 25.040 prodotti del cura persona con oltre 3,5 miliardi di euro di sell-out e con un trend annuo di +0,6% a valore e di -2,3% a volume.
  • Il cura casa green: i prodotti per la pulizia attenti all’ambiente. L’Osservatorio Immagino ha rilevato 2.493 prodotti con 770 milioni di euro di sell-out e con un trend annuo di +1,8% a valore e di -0,3% a volume.

Surgelati protagonisti nella lotta allo spreco alimentare

Il problema è noto, ma ancora lontano dal trovare una soluzione. Anzi, secondo uno studio dell’Osservatorio internazionale Waste Watcher-Campagna Spreco Zero, condotto per l’Istituto Italiano Alimenti Surgelati (IIAS), è in deciso peggioramento, a dispetto delle iniziative per sensibilizzare i consumatori. In Italia ogni settimana gettiamo, in media, 667,4 grammi di cibo pro capite, con una crescita del +17,9% rispetto allo scorso anno (a gennaio 2024, erano 566,3 g). In cinque anni il quantitativo di prodotti alimentari buttati via sarebbe cresciuto di quasi 140 g settimanali, posizionando l’Italia al pari della maggior parte dei paesi europei. In questo quadro non proprio confortante, risalta la ridotta quantità di alimenti surgelati gettati: 14,9 g sul totale pro capite settimanale, il 2,23% rispetto allo spreco individuale complessivo. L’indagine ha coinvolto lo scorso aprile un campione di 1.000 intervistati dai 18 anni in su, rappresentativo della popolazione italiana. “Lo spreco alimentare – dichiara Andrea Segrè, Direttore Scientifico dell’Osservatorio internazionale Waste Watcher – non deve essere letto esclusivamente come un comportamento individuale scorretto. Piuttosto è un indicatore di fragilità socio-culturale e di marginalità educativa e se vogliamo contrastarlo in modo sistemico, è necessario rafforzare le politiche di educazione alimentare, prestare maggiore attenzione alle informazioni in etichetta, ma anche promuovere l’accesso a elettrodomestici efficienti e soluzioni smart per la gestione del cibo in casa, affinché le famiglie italiane possano trasformare i loro freezer in ‘centri di riserva alimentare’ intelligenti e sostenibili. La nostra indagine, infatti, ha rivelato chiaramente che i surgelati sono un valido alleato contro lo spreco”.

I PIÙ SPRECATI? FRUTTA, VERDURA E PANE
Frutta e verdura fresche, insalate, pane, cipolla, aglio e tuberi, latte e yogurt occupano i primi posti in classifica tra i cibi più sprecati, con picchi di 26,82 g e 23,89 g settimanali rispettivamente per frutta e verdure fresche. Nella top 10 dei meno sprecati, invece, trovano posto i surgelati, che con i già citati 14,9 g gettati via a settimana, registrano uno spreco inferiore del -37,6% rispetto a quello delle verdure fresche e del -17,4% rispetto a verdura e frutta non fresche (in vasetto o in barattolo). L’indagine WWI ha mostrato, inoltre, differenze molto significative su base geografica. I consumatori del Nord Italia si distinguono per comportamenti più responsabili, con soli 12,5 g di surgelati sprecati a settimana, (-16% rispetto alla media nazionale). Le abitudini alimentari variano anche in base alla composizione familiare e al livello socioeconomico. Le famiglie con figli sprecano l’11% in meno di surgelati rispetto alla media e il ceto medio e medio-basso dimostrano maggiore attenzione, con percentuali che oscillano tra -7% e -8% vs. la media nazionale. Analoga sensibilità si riscontra in chi vive in piccoli centri, sprecando un 8% in meno di surgelati rispetto alla media o in chi abita in grandi città (-5%).
Premesso che oltre 1 intervistato su 3 (34%) dichiara di non gettare mai via surgelati, tra le ragioni per cui anche questi prodotti finiscono in pattumiera ci sono principalmente fattori organizzativi, logistici o imprevedibili: la dimenticanza delle scadenze (22%), la cattiva conservazione (21%) la mancanza di spazio nel freezer/una cattiva organizzazione domestica (20%) e le interruzioni della catena del freddo (16%). Non si tratta, quindi, di motivi legati alla deperibilità del prodotto ma, piuttosto, a una gestione poco efficiente della sua conservazione. Quanto alla frequenza di spreco, circa 1 su 10 (14%) si trova a buttar via surgelati ogni 3-4 mesi, a fronte di un 59% che li spreca molto meno spesso.

L’IDENTIKIT DEI CONSUMATORI
La ricerca WWI ha individuato quattro principali tipologie di consumatori, classificandoli in base ai comportamenti legati allo spreco di prodotti surgelati. Eccoli di seguito.
Distratti Organizzati (16,6% del campione): sono prevalentemente giovani coppie under 35, che vivono al Sud, spesso con figli e laureati. La loro gestione poco attenta del freezer e la scarsa consapevolezza delle scadenze causano sprechi leggermente superiori alla media.
Custodi del Freezer (34,1%): sono per lo più over 60, vivono principalmente al Nord, sono single o in coppia, ma senza figli. Sono i più virtuosi: il loro rapporto con il cibo è fatto di rigore e attenzione e lo spreco, per loro, è quasi un’eccezione.
Congelatori Cronici (36,3%): adulti tra i 35 e i 54 anni, spesso con figli e un buon livello di istruzione. Conservano tutto, a lungo. Anche troppo. Il loro spreco non è eclatante, ma diffuso e costante, frutto di dimenticanze e scarsa programmazione. Sono “campioni” della scorta eterna, che però rischia spesso di trasformarsi in scarto.
Spreconi Inconsapevoli (13%): sono giovani, spesso con basso livello di istruzione, appartenenti a fasce sociali fragili. Consumano tanto, ma buttano ancora di più, spesso consapevoli dei propri errori ma privi della volontà e degli strumenti per migliorare.

LA CONVENIENZA ECONOMICA DEL SOTTOZERO
C’è poi l’aspetto economico: un’indagine condotta da AstraRicerche per IIAS ad aprile dello scorso anno ha calcolato l’effettivo “value for money” dei prodotti sottozero rispetto agli analoghi freschi, prendendo in esame cinque frozen food rappresentativi delle principali categorie del comparto (fagiolini, patate fritte, filetti di merluzzo, paella). I dati mostrano che i filetti di merluzzo freschi “costano” il 49% in più dei surgelati, percentuale che tocca il 60% se si considera anche il valore dello spreco alimentare. Analogamente, i fagiolini – che nella versione fresca, necessitano di essere puliti e tagliati alle estremità – superano del 53% il “valore economico” del surgelato e per preparazioni più complesse, come la paella di pesce e verdure, la convenienza del surgelato è inequivocabile: il fresco costa il 246% in più del surgelato.

“ANACRONISTICO INDICARE GLI INGREDIENTI SURGELATI NEI MENU”
I surgelati non sono solo pratici: sono una scelta intelligente, moderna e sostenibile – afferma Giorgio Donegani, Presidente di IIAS –. Dal punto di vista ambientale il loro vantaggio è doppio: meno sprechi alimentari, ma anche minore impatto energetico. I prodotti sono infatti già lavati e questo riduce il consumo domestico di acqua, e i tempi di cottura più brevi consentono un minore dispendio energetico. La loro lunga conservabilità fa inoltre sì che il prodotto non deperisca prima del consumo. Grazie alla loro forte valenza antispreco, i surgelati rappresentano una risorsa importante per ridurre e contrastare gli sprechi alimentari non solo a livello domestico, ma anche di ristorazione. Parlando di ristorazione pubblica, questi dati dovrebbero far riflettere anche sull’opportunità di rivedere i limiti attualmente imposti alle forniture di prodotti surgelati nei contratti di appalto per la ristorazione collettiva (Decreto 10 marzo 2020 sui Criteri Ambientali Minimi). Ma non solo. Sarebbe anche sensato ridiscutere dell’opportunità di continuare a richiedere la presenza dell’asterisco all’interno dei menu della ristorazione per indicare l’uso di ingredienti surgelati: un obbligo anacronistico, su cui sarebbe auspicabile che il legislatore italiano facesse chiarezza, al fine di superare questa datata prassi che origina dalla giurisprudenza”.

L’attenzione alla salute cambia i comportamenti d’acquisto

Oggi è in atto un cambiamento che riguarda le abitudini di acquisto dei consumatori italiani, e non solo, all’insegna di salute e benessere: il 68% dichiara di assumere un approccio proattivo al mantenimento della propria condizione di salute (+4 pp rispetto alla media europea) e, in aggiunta, il 35% è alla ricerca attiva delle novità sul mercato per raggiungere i propri scopi salutari. Il budget destinato a queste spese è considerevole: quasi la metà degli italiani, infatti, è disposto a spendere dagli 88 ai 400 euro al mese per assicurarsi uno stile di vita volto al benessere.
Capofila tra le priorità dei cittadini del Bel Paese, rispetto a 5 anni fa, è dormire bene, come indicato dal 59% del campione. Un orientamento a lungo termine viene invece preferito dal 58% degli italiani scegliendo l’opzione “invecchiare bene”. Ad emergere un altro aspetto chiave: con la salute non si scherza e, infatti, i consigli sono ben accetti solo se provenienti dagli specialisti del campo; una dinamica valida soprattutto nella penisola (63%) a differenza della media rilevata in Europa (44%). Di contro, solo il 12% dei cittadini si lascia influenzare da pareri provenienti dalle piattaforme social.
Sono queste le evidenze dedicate all’Italia che provengono dallo studio globale di NielsenIQ dal titolo “Global State of Health & Wellness 2025: Navigating the shift from health trends to lifestyle choices”. Il report ha esaminato i nuovi comportamenti dei consumatori in ambito salute e benessere, includendo approfondimenti regionali in 19 Paesi con un focus su temi chiave quali fiducia e influenza, nutrizione, benessere mentale, tecnologia per la salute e acquisti consapevoli.

IL COSTO È IL PRINCIPALE OSTACOLO
Nonostante, dunque, la centralità e l’attenzione sulla tematica, non mancano gli ostacoli e, in primis, è quello economico a spiccare: la metà dei consumatori tricolore (51% vs 53% la media europea) afferma che è il costo delle alternative più salutari rispetto alle opzioni standard a giocare da deterrente nella scelta. In aggiunta, anche la complessità delle etichette viene indicata come barriera dal 16%. Una questione, quella delle etichette trasparenti e di facile ed immediata comprensione, che emerge come un bisogno dei consumatori: il 41% degli intervistati ritiene che le scelte orientate alla salute e al benessere debbano iniziare proprio da qui. Non solamente le etichette assumono un ruolo nella salvaguardia della salute, ma anche aziende e governi sono chiamati in causa a giocare la loro parte. Alle prime si chiede di garantire che i prodotti salutistici siano accessibili e facilmente reperibili come quelli non salutari (40%), ai secondi invece di regolamentare più da vicino le aziende (ad esempio, standardizzando l’etichettatura sanitaria) per aiutare i consumatori a fare scelte più orientate alla salute (31%).
Quando si tratta di scelte nella sfera di salute e benessere, emerge chiaramente una ricerca di informazioni affidabili. Oggi, quindi, i brand operanti nel settore devono andare oltre l’innovazione di prodotto e offrire chiarezza, accessibilità economica e ispirare fiducia – osserva Alessandra Gaudino, Senior Consultant – FMCG Customer Success Italy di NielsenIQ – I consumatori sono pronti a investire nel proprio benessere ma hanno bisogno di essere orientati. E per le aziende è possibile conquistare la lealtà dei consumatori, anche nei segmenti premium, assicurandosi che l’intero portafoglio prodotti abbia un focus sul benessere, sia eticamente realizzato, sostenibile e socialmente responsabile”.

A VIVERE BENE SI COMINCIA A TAVOLA
Per comprendere non solo le preferenze e le priorità in evoluzione ma anche cosa significhi “vivere bene”, produttori e retailer devono connettersi con consumatori sempre più informati e con una visione olistica del benessere, che passa anche e soprattutto da ciò che viene messo in tavola. In Italia – in linea con i trend globali –, il 41% ha indicato di voler incrementare nel prossimo anno l’acquisto di alimenti ad alto contenuto di fibre, come, ad esempio, frutta, verdura, cereali integrali, fagioli, noci e semi. Sembra, inoltre, crescere l’attenzione alle diete vegetali con alto contenuto proteico: è il 32% che è intenzionato a consumare più quinoa, lenticchie, tofu e ceci.
Se aumenta, dunque, l’impegno verso un’alimentazione sana, ad essere eliminati dalla dieta sono i cibi ultra processati, ovvero quelli contenenti ingredienti o additivi lavorati industrialmente. Infatti, non solo non rientreranno nel carrello degli italiani nei prossimi 12 mesi – solo il 2% dichiara di volerne acquistare di più – ma godono anche di una cattiva reputazione secondo il 51% degli intervistati.

CRESCE LA DOMANDA DI PRODOTTI SOCIALMENTE RESPONSABILI
Oggi, il concetto di benessere assume molteplici sfaccettature abbracciando anche quelle di sostenibilità e responsabilità sociale, che diventano sempre più interconnesse nella visione dei consumatori. In linea con i trend globali, il 61% degli intervistati in Italia sarebbe disposto a pagare di più sia per articoli eticamente prodotti (es. commercio equo, cruelty-free, maggiore benessere animale) sia per prodotti considerati responsabili dal punto di vista sociale (a sostegno di comunità, popolazioni vulnerabili ecc.).

TECNOLOGIA ALLEATA DEL BENESSERE
Stando alle rilevazioni di NielsenIQ e GfK, il 74% degli italiani preferirebbe un prodotto tech con funzionalità aggiuntive per la salute e il benessere. Nell’ultimo anno, gli acquisti di questi prodotti si sono concentrati su articoli per cucinare come le friggitrici ad aria, indicati dal 19% del campione. Viene evidenziata anche la propensione ad utilizzare dispositivi digitali o un’applicazione che monitora automaticamente la salute quotidiana; un’opzione scelta da oltre la metà (52%) dei consumatori tricolore raggiunti. Inoltre, se per il 68% ad orientare la scelta di acquisto è in primo luogo il prezzo (67%), il 57% degli italiani stanzia un budget annuo per questa categoria di prodotti che si attesta tra gli 88 e i 400 euro.

I consumatori scelgono nuovi modi per gratificarsi a tavola

Come si gratificano a tavola i consumatori europei? Dimenticate carboidrati, grassi, zuccheri e alcol. Oggi la gratificazione nel cibo riguarda sapori dal mondo, nuovi ed entusiasmanti, ingredienti attentamente selezionati e persino l’acquisizione di nuove abilità culinarie. Un kit per cucinare ben curato può soddisfare tanto quanto una barretta di cioccolato o una vaschetta di gelato. Una piacevole visita al ristorante riguarda tanto la socializzazione l’atmosfera e la scoperta di nuove cucine, quanto tornare a casa sazi. A fare luce su questi comportamenti è l’analisi “Eat Play Love” di Circana, che offre un’istantanea sui consumatori del Vecchio Continente, che restano misurati negli acquisti quotidiani, ma al tempo stesso spendono in modo più generoso per momenti di gratificazione legata al cibo che nutre sia il corpo che la mente.

LA “SNACKIFICAZIONE” DEL CIBO
Cominciamo dagli snack, che non vengono più consumati solo tra i pasti, ma anche abbinati o in sostituzione di una tradizionale colazione, pranzo o cena. Il 13% degli europei dichiara di mangiare snack al posto di un pasto principale e il 28% li consuma contemporaneamente. Inoltre, quattro snack su dieci fuori casa vengono ora consumati a pranzo o a cena. Non solo patatine e barrette di cioccolato, quasi tutto può essere considerato uno snack, inclusi sottaceti, uova sode e persino la pizza surgelata. Ciò che conta per i consumatori è che quanto scelto si adatti alla propria giornata e soddisfi le esigenze del proprio stile di vita.
Grazie a molte più opzioni naturali, ricche di proteine e minimamente processate tra cui scegliere, non sorprende che quasi la metà dei consumatori europei affermi che fare spuntini regolarmente rappresenti una forma di cura di sé, con il 73% che si concede questo piacere davanti a uno schermo, e quasi la metà che lo considera un rituale di benessere. La spesa per i “pasti snack” è aumentata del 4,5% nei punti vendita di servizi di ristorazione e del 9,6% nella ristorazione al dettaglio (un totale combinato di 64 miliardi di euro).
Lo snacking rappresenta ora quasi il 40% del valore totale dei prodotti alimentari, generando 234 miliardi di euro in vendite, con un aumento del 2,9% o 7 miliardi di euro in più nel 2024 rispetto al 2023. “Mangiare non riguarda più solo placare la fame; si tratta di migliorare l’umore, aggiungere entusiasmo a ogni pasto e arricchire i rituali quotidiani – dichiara Ananda Roy, Senior Vice President of Strategic Insights and Thought Leadership EMEA di Circana –. La convenienza, la flessibilità e la varietà offerte dagli snack ne sono un ottimo esempio. Oggi, gli snack rappresentano più un acquisto consapevole che un piacere proibito”.

QUALITÀ DA RISTORANTE, DIRETTAMENTE A CASA
Ordinare a domicilio è uno dei modi più costosi per portare cibo a casa, ma gli europei accorti stanno usando il delivery per gestire intelligentemente la spesa pur continuando a sperimentare cibo di ristoranti di qualità. Ordinando solo il piatto principale a domicilio e acquistando antipasti, dessert e bevande al supermercato, trasformano una visita al ristorante da 120 euro in una consegna di pizza da 50 euro, mantenendo gran parte dello stesso piacere. Questo è uno dei motivi per cui il delivery continua a performare sorprendentemente bene in Europa, anche con l’aumento della pressione sul costo della vita, con una spesa nell’ultimo anno di 29 miliardi di euro per le consegne di cibo e bevande, in aumento rispetto ai 26 miliardi di euro del 2023.
Il desiderio di un maggiore controllo va oltre gli ingredienti – afferma Edurne Uranga, Vice President Foodservice Europe di Circana –. I consumatori stanno monitorando le loro spese, chiedono le ‘doggy bag’ e pianificano attentamente le occasioni dei pasti. Questo non è solo budgeting; è una forma di empowerment. Man mano che le esigenze emotive delle persone nei confronti del cibo cambiano, il confine tra ciò che acquistano nei negozi di alimentari e nei bar, ristoranti e altri punti di ristoro sta sfumando”.

FOCUS SULL’ALIMENTAZIONE EQUILIBRATA
Poiché il mondo sembra più caotico e le preoccupazioni per la salute, come l’obesità e le malattie croniche, aumentano, i consumatori europei vogliono essere più proattivi nel prendere il controllo della propria salute. Alimenti ricchi di proteine, con l’aggiunta di fibre, che rafforzano il sistema immunitario, migliorano l’umore e stimolano la mente rappresentano ora un business multimiliardario e sono saldamente integrati nella cultura alimentare europea. Questo non significa che gli europei siano completamente contrari alla lavorazione. Sebbene le opzioni più naturali siano decisamente richieste, soprattutto in categorie come lo snacking, il 38% dei consumatori crede anche che la lavorazione industriale possa migliorare il gusto e il 40% afferma che rende i prodotti più accessibili.

GRANDI CATENE E SUPERMERCATI ANCORA PROTAGONISTI
La scelta di ristoranti, bar, punti di ristoro e negozi di alimentari da parte degli europei rimane decisamente tradizionale. Acquistano ancora di più da catene come Starbucks, Five Guys, Quick e Pret a Manger rispetto agli indipendenti perché desiderano valore, convenienza e opzioni di consegna a domicilio facili, che i grandi operatori con operazioni di back-office professionali sono spesso maggiormente in grado di offrire. Questo è evidente anche nella vendita al dettaglio di alimentari. Dopo anni di rapida crescita per i discount, gli europei stanno tornando ad amare i supermercati. Nell’ultimo anno, le vendite unitarie dei supermercati sono cresciute dell’1,6% rispetto a solo lo 0,8% per i discount.

MEGLIO PER ME E PER L’AMBIENTE
Nonostante la pressione sul costo della vita, essere responsabili dal punto di vista ambientale negli acquisti alimentari rimane importante: il 26% dei consumatori europei preferisce opzioni ecocompatibili e il 27% è attratto da marchi socialmente responsabili. Sebbene la maggior parte delle visite ai ristoranti continui ad essere guidata dal desiderio di concedersi un piacere, gli europei prediligono sempre più prodotti locali e stagionali. Inoltre, il 20% dei consumatori europei ora afferma che è importante portare a casa la propria “doggy bag” e lo considera un atto di sostenibilità. Il risparmio di denaro è la motivazione principale per richiederla, ma anche il desiderio di ridurre lo spreco alimentare gioca un ruolo centrale. Un ulteriore 19% vorrebbe che gli avanzi fossero donati in beneficenza.

Vendite in aumento per i prodotti Fairtrade

Il 2024 ha visto segnali incoraggianti per l’economia sostenibile: crescono in Italia le vendite dei prodotti certificati Fairtrade, così come il numero di aziende che scelgono un modello di approvvigionamento più equo, trasparente e attento ai diritti umani lungo tutta la filiera. Il dato emerge dal Bilancio Sociale 2024 di Fairtrade Italia. E se da una parte l’aggravarsi del cambiamento climatico – con effetti sempre più evidenti su coltivazioni come cacao e caffè – rende ancora più urgente l’adozione di pratiche agricole sostenibili da parte dei produttori Fairtrade, dall’altra i dati in crescita raccontano il contributo concreto del mercato italiano.
Fairtrade è il sistema di certificazione internazionale che verifica che dietro ai prodotti ci siano filiere trasparenti, responsabili e attente alle persone. In Italia, Fairtrade collabora con le aziende per facilitare l’approvvigionamento etico delle materie prime come cacao, caffè, banane, zucchero, fino a cotone e fiori. Nel 2024, il valore dei prodotti venduti nel nostro Paese contenenti almeno un ingrediente certificato Fairtrade ha superato i 550 milioni di euro. Un dato che include non solo le materie prime in quanto tali, ma anche i prodotti trasformati che utilizzano uno degli ingredienti certificati, come i biscotti ad esempio.
Ed è proprio grazie agli acquisti – sempre più consapevoli – da parte degli italiani che sono stati generati circa 4 milioni di euro sotto forma di Premio Fairtrade, la somma extra versata per ogni prodotto venduto e utilizzata per finanziare progetti collettivi di sviluppo delle organizzazioni di agricoltori e lavoratori in Asia, Africa e America Latina. L’aumento delle vendite dei prodotti certificati Fairtrade in Italia ha portato a un incremento del Premio del +4%. Le categorie che hanno inciso maggiormente sono state il cacao con più di 2 milioni euro, le banane con 743.000 euro e il caffè con 332.000 euro. A livello globale, il Premio ha superato i 211 milioni di euro nel 2023, sostenendo milioni di persone in oltre 75 Paesi in ambito sanitario, educativo, infrastrutturale e ambientale.

LE BANANE PRIMO PRODOTTO CERTIFICATO A VOLUME
Nel nostro Paese, il 2024 è stato un anno di consolidamento per molte delle filiere certificate Fairtrade. Nonostante l’instabilità dei mercati internazionali e il “caos prezzi” che ha colpito per esempio cacao e caffè, le vendite dei prodotti certificati sono cresciuti. Le banane si confermano il prodotto certificato Fairtrade più venduto, con oltre 14.000 tonnellate (+1,5% rispetto al 2023), e si consolida il consumo di cacao che torna a superare le 10.000 tonnellate, segnando un aumento del 5% rispetto all’anno precedente. In crescita, seppur rallentata, anche lo zucchero di canna (+0,5%), mentre l’andamento del caffè Fairtrade, nonostante l’anno critico a livello globale in tema prezzi che ha visto un’impennata incontrollabile, è tornato sopra le 800 tonnellate, con un incremento superiore al 12,5%.
A salire è anche il numero di operatori italiani attivi: oggi oltre 300 aziende importano, trasformano e distribuiscono prodotti certificati Fairtrade, in crescita del +3% rispetto al 2023. Aumentano anche le referenze a scaffale, soprattutto nella Gdo, e si rafforza la presenza del marchio nel mercato del non food, con il cotone (+40%) e i fiori recisi (+28%) in forte rialzo.

REFERENZE ETICHE AFFIDABILI PER 6 ITALIANI SU 10
A sostenere questa tendenza non è solo la spinta normativa, ma una trasformazione culturale in corso nel comportamento di acquisto dei consumatori. La nuova ricerca Nielsen realizzata per Fairtrade Italia fotografa un’Italia più consapevole, in cui il valore etico di un prodotto non è più un “plus”: oltre sei italiani su dieci giudicano affidabili i prodotti etici. Chi conosce Fairtrade, nella quasi totalità dei casi, ne apprezza il valore: la brand awareness è cresciuta di 8 punti rispetto al 2021 e più di otto persone su dieci che riconoscono il marchio dichiarano di fidarsi di esso. La ricerca descrive Fairtrade come una certificazione moderna e intergenerazionale, capace di coniugare affidabilità, impatto e valore per tutta la famiglia. L’indagine collega questa fiducia a comportamenti concreti: il consumatore di oggi è spinto dalla ricerca di cibi più salutari e predilige brand impegnati che sostengono una giusta causa e che hanno un minor impatto ambientale. Il canale prevalente rimane la grande distribuzione (supermercati, ipermercati e discount), mentre calano i negozi specializzati.

NON SOLO PREZZI GIUSTI
I dati che presentiamo parlano di un’Italia sempre più coinvolta nel cambiamento – afferma Paolo Pastore, Direttore Generale di Fairtrade Italia –. In un mondo che chiede responsabilità, Fairtrade rappresenta una risposta concreta per le imprese e per le persone: un sistema che coniuga rigore, trasparenza e impatto reale. Rafforzare le filiere oggi significa tutelare i diritti umani, affrontare le sfide ambientali e costruire insieme un’economia che guarda al futuro. Non è solo questione di prezzi giusti, ma di responsabilità condivisa. Per questo lavoriamo ogni giorno al fianco delle aziende italiane, non solo con la certificazione ma anche con strumenti concreti per affrontare le nuove sfide di compliance e tracciabilità, restando sempre connessi ai bisogni dei produttori”.
Vediamo una crescente domanda di prodotti sostenibili e tracciabili da parte di retailer e consumatori – aggiunge Thomas Zulian, Direttore Commerciale di Fairtrade Italia –. Le aziende italiane stanno dimostrando di saper interpretare con visione il proprio ruolo nella transizione etica. Oggi il nostro compito non è solo certificare, ma accompagnare le imprese con soluzioni concrete: trasformiamo le richieste normative in percorsi strategici, capaci di generare fiducia, valore e impatto reale lungo tutta la filiera”.

DALLA CERTIFICAZIONE ALLA CONSULENZA
Oltre alla certificazione, che garantisce il rispetto di criteri sociali, ambientali ed economici lungo la catena di fornitura, Fairtrade sottolinea di offrire oggi anche un supporto consulenziale alle aziende. Un’evoluzione naturale, che risponde all’introduzione di normative europee come il Regolamento sulla Deforestazione (EUDR) e la Direttiva sulla Due Diligence di sostenibilità (CSDDD). In questo nuovo contesto, Fairtrade si propone come partner operativo e strategico, in grado di affiancare le imprese nell’interpretazione dei requisiti di legge, nella costruzione di catene di fornitura responsabili e nell’anticipazione delle sfide future, trasformando la sostenibilità in leva competitiva.

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