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Intenzioni di acquisto ai massimi degli ultimi due anni

Gli italiani rinunciano alle vacanze, ma non allo shopping. È questa l’impressione che si ricava scorrendo i dati dell’Osservatorio mensile Findomestic di settembre. Cominciamo dalla buona notizia per i produttori e i retailer: le intenzioni di acquisto crescono mediamente del 6% nell’ultimo mese, toccando il livello più alto degli ultimi due anni. L’Osservatorio Findomestic evidenzia gli aumenti più significativi per gli elettrodomestici piccoli (+6,5 punti percentuali rispetto ad agosto, il 45% degli intervistati dichiara di essere propenso ad acquistarne uno) e grandi elettrodomestici (+3,8 p.p.) che raggiungono i livelli più elevati da oltre un anno. Incremento sensibile anche per le intenzioni di acquisto nel settore della telefonia, con 4,7 punti percentuali in più rispetto al mese precedente: il 37% del campione (il dato più elevato dell’ultimo anno) sta pensando di comprare un nuovo smartphone nei prossimi 3 mesi.

IL RITORNO A SCUOLA E AL LAVORO RILANCIANO LA TECNOLOGIA
Circa 3 italiani su 10 hanno intenzione di acquistare entro dicembre attrezzature per il fai da te e sportive (+1,2 p.p.), Tv (+3 punti percentuali su agosto e livello massimo da un anno a oggi) e mobili (+1,5 punti). Il ritorno a scuola e in ufficio sostiene la propensione a dotarsi di nuovi pc (+3,2 p.p.) e tablet (+2,4) anch’essi ai massimi da 12 mesi, mentre il 15% del campione indica la ristrutturazione di casa (+0,7 p.p.) o l’acquisto di nuovi infissi (-0,3 p.p.) come un obiettivo del prossimo periodo.
Passando all’auto: il 17% afferma che vorrebbe comprarne una nuova a breve termine (+2 p.p. rispetto ad agosto 2024) e il 16% una usata (+1,8 p.p.) toccando così il picco più alto dell’ultimo anno. Meno di un italiano su 10 mostra intenzioni di acquisto di e-bike, attrezzature di isolamento termico, impianti fotovoltaici, pompe di calore, caldaie a condensazione, monopattini e motoveicoli.

NIENTE VACANZE PER 3 FAMIGLIE SU 10
Insomma, un quadro abbastanza positivo alla luce delle premesse o, meglio, delle rinunce fatte nel periodo estivo: il 31% delle famiglie non si sono concesse nemmeno un giorno di vacanza durante l’estate, dato in crescita rispetto al 27% del 2024. Il quadro delineato dall’Osservatorio mensile Findomestic di settembre evidenzia come il 28% di quanti sono andati in vacanza le abbia ridotte a qualche weekend lungo o a pochi giorni mentre il 67% ha percepito costi in aumento soprattutto per ristoranti, bar e spiagge. Le famiglie che si sono concesse solo pochi giorni di svago erano il 20% nel 2024 e sono aumentate di 8 punti percentuali quest’anno.

CALATA LA SPESA MEDIA PER IL TURISMO
La durata più breve delle vacanze ha contribuito a far abbassare anche la spesa media: nell’estate 2024 una famiglia di tre persone spendeva mediamente 2.017 euro, nel 2025 siamo scesi a 1.847 euro. Le famiglie da 4 o più persone hanno speso oltre 300 euro in meno nell’ultimo anno: da 2.315 del 2024 a 2.007 euro del 2025. Se l’esborso è stato inferiore rispetto al 2024 è anche grazie all’oculatezza dei vacanzieri: gran parte delle famiglie (63%) dichiara di aver speso quanto pianificato prima delle vacanze, il 14% addirittura meno anche per i rincari percepiti specialmente per ristoranti e bar (69% di quanti sono andati in vacanza) ma anche per spiagge (61% dal 41% del 2024) e alberghi (60%).
La stagione estiva 2025 – commenta Claudio Bardazzi, responsabile Osservatorio Findomestic – restituisce un quadro in chiaroscuro: da una parte sono aumentate le famiglie che non sono partite, le vacanze sono state più brevi e più al risparmio; dall’altra si sono attenuate le preoccupazioni ed è cresciuto l’ottimismo per il futuro favorendo un aumento importante delle intenzioni d’acquisto. Sembra che l’estate restituisca ai consumatori la voglia di investire in beni durevoli, anche se l’investimento dovrà, poi, fare i conti con le condizioni del mercato e dei budget familiari. Si tratta, comunque, di un buon viatico per aprire la stagione autunnale degli acquisti che avrà il suo culmine con il Black Friday ed il Natale”.

Pet care & food, un mercato da 3,6 miliardi di euro

Altro che rallentamento dell’economia e calo del potere d’acquisto: noi italiani quando si tratta dei nostri amici a quattro zampe non badiamo a spese. Secondo i dati diffusi da NielsenIQ (NIQ), metà delle famiglie compra cibo per cani e gatti, per un valore di 2 miliardi di euro nella sola Gdo. Cifra che fa di questa categoria una delle prime nel largo consumo confezionato. Se al computo si aggiungono le grandi catene specializzate, l’esborso sale a 3 miliardi di euro. NIQ stima che l’intero mercato pet (inteso come somma della parte food e del cosiddetto care, cioè tutto ciò che attiene alla cura dell’animale) sia arrivato a valere 3,6 miliardi di euro nell’anno terminante a luglio 2025, con i punti vendita specializzati che contribuiscono per il 30% del fatturato.
Le proiezioni di NIQ relative all’intero 2025 vedono il pet care & food raggiungere i 4,8 miliardi di euro, il che vorrebbe dire una crescita superiore al 30% rispetto all’anno terminante a luglio. Cifra clamorosa, confermata a InstoreMag dall’ufficio stampa della società di ricerche di mercato. Un incremento simile dovrebbe registrarlo anche la fetta più rilevante dell’industry (>80%), cioè il comparto del cibo per i 21 milioni di cani e gatti che popolano le case italiane: la previsione di NIQ in questo caso è che il 2025 si chiuda con un valore superiore ai 4 miliardi di euro. Qualche dubbio resta, legato al fatto che i dati in questione provengono da una nota diffusa a margine di un evento tenuto da NIQ per annunciare una serie di nuovi servizi relativi al comparto pet, tra cui l’ampliamento delle rilevazioni ai punti vendita delle catene specializzate. E dunque variazioni così marcate potrebbero essere dovute in larga parte a una differenza nel perimetro distributivo considerato.

E-COMMERCE IN CRESCITA
Di sicuro c’è il peso, assai consistente, del digitale: nell’anno terminante a giugno 2025, le vendite in questo canale di prodotti appartenenti al pet food & care nei principali Paesi Europei (Regno Unito, Germania, Francia, Spagna e Italia) hanno raggiunto i 10,3 miliardi di euro, rappresentando il 41% del totale. In tutti i mercati la crescita online ha superato quella offline. Il Regno Unito ha la quota e-commerce più alta (54,4%; +2,8 pp rispetto a giugno 2024), segno di maturità digitale, mentre Spagna e Italia, che partono da un valore inferiore, mostrano l’incremento più elevato con +14,3% e +10,7% rispettivamente.
I numeri testimoniano come il canale digitale stia diventando sempre più strategico per il pet food & care, grazie alla maggiore diffusione e all’utilizzo dell’e-commerce in tutte le categorie. NIQ rileva tre tendenze nelle modalità di acquisto da tenere in considerazione:

  • Direct to consumer (D2C): acquista importanza e può comportare la perdita di consumatori a favore dei nuovi operatori;
  • Marketplace: dominano le vendite di accessori (71%), mentre il retail resta prevalente per pet food (89%) e lettiera per animali domestici (88%), evidenziando la necessità di strategie di canale differenziate per categoria;
  • Social commerce: nel Regno Unito, TikTok shop è stato lanciato nel 2021 e da allora ha raggiunto una posizione di rilievo classificandosi come terzo merchant e-commerce, con 3,8% di quota di mercato. In Italia, TikTok shop dopo 18 settimane ha raggiunto una quota dello 0,4% posizionandosi 25esimo.

QUESTIONE DI STILE
In Italia a comprare cibo per cani e gatti sono 13 milioni di famiglie e l’acquisto medio è pari 8,45 euro. Una media che, però, non racconta la moltitudine di diversi atteggiamenti, abitudini e canali che caratterizzano i consumatori. Attraverso l’analisi sul panel consumer proprietario e Sinottica (strumento di analisi che fornisce insight sulla fruizione dei media nei diversi segmenti di popolazione), NIQ ha individuato 7 stili di acquisto che vanno dai Wellbeing Seekers – molto attenti al benessere in generale, sia proprio che degli animali domestici – ai Basic Owners, che approcciano il mondo pet con un atteggiamento estremamente razionale e funzionale, senza spazio per l’investimento emotivo.
A spiccare per crescita sono però gli Inno Seekers, segmento che cerca innovazione, prodotti premium e che vede l’animale domestico come parte integrante della famiglia, con esigenze e attenzioni dedicate. Pesano il 18% del totale giro di affari pet food (cane+gatto), hanno la spesa più alta di tutti (414,3 euro) e presentano delle peculiarità:

  • Il profilo: gli Inno Seekers vivono in centri urbani medio grandi, prevalentemente del Nord Europa. Con un’età media di 51 anni, presentano un elevato livello di istruzione e reddito, spesso single o senza figli conviventi. Cercano benessere a 360° attraverso innovazione, cura di sé, viaggi, cultura, relazioni e realizzazione professionale.
  • Come intercettarli: segmento più attento alla comunicazione, in particolare alla pubblicità sui media tradizionali e non. I touchpoint più efficaci sono cinema, siti web aziendali e recensioni online. I canali digitali mostrano performance superiori e il target predilige pubblicità progressiva e brand che sponsorizzano eventi culturali.

UNA NUOVA GUIDA DI CATEGORIA
Come già anticipato, per dar modo di conoscere più nel dettaglio il comparto pet, NIQ ha allargato la propria visione: “Da questo ottobre 1.190 punti vendita delle catene specializzate andranno ad ampliare le nostre rilevazioni – annuncia Fabrizio Marazzi, Product Leader Retail Measurement Western Europe di NielsenIQ –. Resta separato il dato delle vendite effettuate online che rimane comunque indagabile. Questo ampliamento è di significativa importanza considerando che ci permette di aumentare del +26% la copertura delle vendite effettuate nel comparto”.
Abbiamo voluto arricchire i nostri strumenti di analisi a supporto di industria e distribuzione – aggiunge Antonella Atteno, Sales Manager Pet Care Industry di NielsenIQ Italia – per affrontare sfide chiave come posizionamento, assortimento, innovazione e comportamento d’acquisto. Da queste premesse siamo partiti per presentare al mercato le novità di NielsenIQ: il potenziamento del Panel Retailer con l’integrazione del canale specializzato; la segmentazione per Pet Style, una nuova chiave per interpretare le famiglie italiane in base al loro approccio al Pet Care. Infine, TradeDimensions Pet, la prima Guida NielsenIQ di categoria”.
In arrivo a dicembre 2025, TradeDimensions Pet offrirà una mappatura completa del canale fisico, includendo la Gdo, il canale specializzato (compresi i pet store della Gdo), il canale fai-da-te, il mondo dei garden e dei consorzi agrari. TradeDimensions Pet manterrà la struttura delle altre Guide NielsenIQ: per ognuno degli oltre 32.000 punti di vendita mappati ci saranno informazioni anagrafiche, georeferenziazione, caratteristiche strutturali, servizi offerti e indicatori di potenzialità attrattiva a supporto delle attività strategiche di industria e distribuzione in questo mercato.

Anziano a chi? Alla scoperta dei target senior

L’Italia è un paese in crisi demografica. Non solo la popolazione totale dal 2015 è calata di quasi 2 milioni di abitanti (-3,0%) ma è anche complessivamente invecchiata, facendo registrare una contemporanea crescita in doppia cifra nella fascia d’età 55-64 (+20,7%) e degli over 65 (+10,3%). I target più maturi sono però anche quelli che sostengono la spesa dei beni di largo consumo: le famiglie con il responsabile d’acquisto di età superiore a 55 anni sono il 51% del totale, con i baby boomer e i più anziani che fanno registrare negli ultimi tre anni trend di spesa (rispettivamente +23,8% e +19,5%) superiori alla media nazionale (+18,8%). Occorre comprendere in profondità le esigenze di questi consumatori destinati a una crescente rilevanza: secondo le previsioni nel 2050, l’Italia perderà altri 4,3 milioni di abitanti (-7,3%) vedendo tuttavia aumentare il numero di over 65 (+4,6 milioni). Le famiglie, a loro volta, saranno sempre di più (+2,6%) ma frammentate e poco numerose (le persone sole saranno 770 mila, pari al 41,1% totale delle famiglie).
Questi dati impongono una riflessione a distribuzione e industria per intercettare le opportunità di business presenti e future, come è stato spiegato in un webinar dedicato alla Longevity Economy realizzato da YouGov. Ma quanto è profonda la conoscenza degli acquirenti senior da parte degli operatori? Lo shopper panel di quasi 17.000 famiglie rappresentative della totalità delle famiglie italiane (26 milioni) di YouGov Shopper consente un monitoraggio continuo delle abitudini e dei comportamenti d’acquisto, oltre a raccogliere informazioni relative all’utilizzo dei media. Le evidenze emerse fotografano, infatti, comportamenti che definiscono una tipologia di acquirente molto lontana dagli stereotipi.

CAMBIANO LE ABITUDINI E LA SPESA
Tra gli shopper si riducono sempre più le barriere tra fasce di età: gli over 55 sono più inclini a socializzare (il 77% dei rispondenti dichiara di stare volentieri tra la gente contro il 70% della fascia 18-54 anni), ama fare attività all’aria aperta quasi quanto i giovani (35% vs. 40%) e perfino l’utilizzo giornaliero di internet (68%) e dei social media (62%) è in forte crescita.
Non a caso i dati di YouGov rilevano come si è accentuata la tendenza a carrelli più leggeri e spese più frequenti, con 233 viaggi all’anno (la media nazionale è 203,7) e scontrini medi di 20 euro (21,69) per 11 pezzi acquistati (12,2). Addio quindi all’abitudine delle grandi scorte: la spesa è diventata un rito quotidiano che risponde a ritmi urbani e digitali.
Tra i canali i punti vendita tradizionali e il cosiddetto libero servizio piccolo overperformano, a testimonianza di come gli over 65 prediligano la prossimità. Non a caso tra i format più frequentati spiccano Conad City, Carrefour Express e Ipercoop. Sopra la media anche la penetrazione della spesa online, scelta dal 48,9% degli shopper over 65 (46,3% la percentuale sul totale nazionale).
Per quanto riguarda i consumi, i senior trainano segmenti come il biologico o i prodotti funzionali: la comodità e la salute diventano investimenti in benessere e qualità della vita, senza rinunciare a uno sguardo curioso verso le novità proposte (come dimostra l’apprezzamento per il cibo etnico manifestato dal 39,5% delle famiglie).
Il Beauty Care Tracking, questionario settimanale auto-compilato dai panelisti di YouGov, evidenzia come anche nel settore della bellezza il segmento over 55 valga già 4,8 miliardi. La spesa del target senior è maggiore rispetto al resto della popolazione, indirizzandosi soprattutto verso creme idratanti e anti-age, i segmenti più penetrati (rispettivamente 29,9% e 27,4%).

BRAND STORICI E SERVIZI DEDICATI
Quali sono i marchi più apprezzati? Tra i top 50 del largo consumo Barilla, De Cecco e Ace registrano una penetrazione sopra media, brand storici che possono contare su una solida reputazione di tradizione e funzionalità. Ma dai dati YouGov emerge anche la crescente tendenza del mercato a soddisfare gli shopper senior proponendo servizi e promozioni dedicati, oltre a referenze orientate alla salute e al benessere come le linee arricchite o i prodotti “better for you”.
In un Paese che invecchia rapidamente, i dati di YouGov ci dicono che i consumatori senior sono protagonisti crescenti della scena economica italiana – dichiara Marco Pellizzoni, Commercial Director di YouGov Shopper – rappresentando un driver strategico di sviluppo del business. Comprenderne a fondo i comportamenti e i bisogni significa non solo rispondere a un’evoluzione demografica, ma anche intercettare e valorizzare un segmento che oggi guida la crescita del largo consumo”.

Non solo tech per il Black Friday 2025

Come si preparano gli italiani al Black Friday? La giornata degli acquisti all’insegna degli sconti è ancora lontana – quest’anno cade il 28 novembre – ma qualche anticipazione la fornisce un’indagine condotta dall’Osservatorio Shopping DoveConviene. Il primo dato interessante è legato alla percezione della ricorrenza, una volta considerata un’ottima occasione per aggiudicarsi a buon prezzo il proprio prodotto tech preferito, mentre oggi il 69% degli italiani ammette di sfruttare il Black Friday per comprare vari prodotti di uso quotidiano o che, spesso, non sono indispensabili nell’immediato. Ma non solo: più del 70% sfrutterà questo periodo per anticipare l’acquisto dei regali di Natale.

ANCHE IL FOOD NELLA LISTA DELLA SPESA

Tra le categorie che saranno più ambite dai consumatori per il Black Friday 2025, spiccano l’abbigliamento (59%), seguito dagli elettrodomestici (46%) e dai beni alimentari (42%). Di questi segmenti, i prodotti più ricercati sono latte, caffè, olio extravergine di oliva, asciugatrice e lavatrice. Chiudono la graduatoria i prodotti tech e beauty, entrambi al 23%: smartphone, smart tv, tinte per capelli, rasoi e asciugacapelli.

Il negozio fisico rimarrà il canale di acquisto privilegiato per il 37% degli italiani. Il 41% invece alternerà online e offline, mentre solo il 13% sceglierà esclusivamente di fare acquisti in rete.

TRA PROMOZIONI E PIANIFICAZIONE DEGLI ACQUISTI

Per quanto riguarda il budget, infine, dall’indagine emerge che il 52% degli italiani non ha stabilito un importo preciso e si orienterà in base alle promozioni disponibili. Tuttavia, la pianificazione degli acquisti rimarrà un fattore importante per oltre 1 consumatore su 3 (36%), che utilizzerà le piattaforme online per navigare tra le offerte presenti (58%), confrontare agilmente i prezzi (32%) e reperire tutte le informazioni sui prodotti (23%).

Il Black Friday è ormai una ricorrenza di shopping immancabile per gli italiani – commenta Marco Durante, Global VP Sales & Marketing di Shopfully – che oggi scelgono questo periodo per aggiudicarsi le offerte delle categorie di prodotto più disparate e lo fanno in maniera sempre più omnicanale. Se, infatti, da un lato, una buona fetta di consumatori pianifica gli acquisti online, dall’altro il negozio fisico rimane il punto di riferimento privilegiato per concludere l’acquisto. È in questo equilibrio tra digitale e in-store che brand e retailer dei più disparati settori merceologici devono giocare strategicamente, costruendo percorsi d’acquisto integrati capaci di rafforzare la relazione con i consumatori in una fase dell’anno ad altissimo valore”.

Licensing e collezionabili spingono il mercato del giocattolo

Bilancio positivo per il mercato del giocattolo nei primi sei mesi del 2025: secondo i dati di Circana, in Italia la crescita si è attestata su un +6,8% durante il primo semestre dell’anno. A fare da traino al settore sono i Games & Puzzle, che rappresentano il 18% del fatturato complessivo, seguiti da Building Sets, Action Figures e Plush. Le ultime due categorie registrano un crescente successo grazie al fenomeno del collezionismo, che risulta essere un hobby sempre più in voga: i collezionabili hanno infatti guadagnato un +45%, andando a rappresentare il 15% del fatturato totale. A catalizzare l’interesse sono stati in particolare Manga e Anime, che negli ultimi anni hanno catturato l’attenzione della Gen Z, e il mondo dello sport, soprattutto grazie ai prodotti Formula 1.
L’analisi del primo semestre del mercato italiano del giocattolo – diffusa in occasione della 16° edizione del Press Day, evento organizzato da Assogiocattoli in collaborazione con Circana e NIQ – fotografa anche le ottime performance del segmento del licensing, che nel 2025 ha fatto registrare nuovi record superando il 30% del giro d’affari complessivo. I prodotti su licenza nel 2025 stanno crescendo tre volte più velocemente di quelli senza licenza. In testa alla classifica spiccano i prodotti legati alla Formula 1, seguiti dalle licenze di Lilo & Stitch e Minecraft, legati a lanci cinematografici, e infine, a chiudere, i sempreverdi Pokémon. Secondo le stime di Licensing International, il mercato dei prodotti su licenza nel mondo frutta ben 356 miliardi di dollari.

Osservatorio Non Food, più consumi e meno negozi

Nel 2024 gli italiani hanno speso 111,6 miliardi di euro per l’acquisto di prodotti e beni non alimentari, con un incremento del +0,6% rispetto al 2023, anno che aveva visto un saldo appena positivo (+0,1% sul 2022), mentre nel medio periodo la crescita è stata molto più sostenuta: +18,6% rispetto al 2020, anno della pandemia. Contemporaneamente, la rete dei punti vendita fisici non food si è ridotta: nel 2024 è scomparso lo 0,4% dei negozi proseguendo un trend che continua da anni. Tra 2020 e 2024, considerando il saldo tra le nuove aperture e le chiusure a parità di insegne, la rete commerciale si è ridotta del -12,3%. È quanto emerge dalla nuova edizione dell’Osservatorio Non Food di GS1 Italy, che monitora l’andamento di 13 comparti (abbigliamento e calzature, elettronica di consumo, mobili e arredamento, bricolage, articoli per lo sport, prodotti di profumeria, casalinghi, prodotti di automedicazione, edutainment, prodotti di ottica, tessile casa, cancelleria, giocattoli).

L’ELETTRONICA DI CONSUMO RICONQUISTA LA VETTA
Nonostante un calo di -0,5% del fatturato, l’elettronica di consumo ha riconquistato il primo posto nella graduatoria per entità del giro d’affari, con 21,8 miliardi di euro di sell-out. Di conseguenza è sceso al secondo posto il comparto abbigliamento e calzature, che ha chiuso il 2024 con 21,6 miliardi di euro di vendite, in sostanziale stabilità rispetto al 2023. Seguono i mobili e arredamento, con 15,7 miliardi di euro (-0,3% annuo) e il bricolage, con 13,3 miliardi di euro (-1,4%). Così come nel 2023, anche nel 2024 questi primi quattro comparti raccolgono il 65% del valore totale dell’Osservatorio Non Food di GS1 Italy.
Il comparto dei prodotti di profumeria si conferma nel 2024 il settore del non food con il maggior incremento annuo di vendite (+8,0%), arrivate a circa 8,1 miliardi di euro. Anche i prodotti di automedicazione (ovvero i farmaci acquistabili senza prescrizione medica e gli integratori notificati dal SSN) hanno aumentato gli incassi rispetto al 2023 (+3,2%), sfiorando i 9 miliardi di euro. A crescere nel corso del 2024 è stato poi il giro d’affari di edutainment (+3,2%), tessile casa (+2,0%) e articoli per lo sport (+0,8%). Affari in calo, invece, per ottica (-0,7%), cancelleria (-2,9%) e giocattoli (-3,4%) e vendite in sostanziale stabilità per casalinghi (+0,2%).
Partendo dalle evidenze emerse dall’Osservatorio Non Food, abbiamo identificato le dieci macro-trend di consumo che hanno caratterizzato il 2024 e che raccontano i nuovi atteggiamenti degli italiani nei confronti degli acquisti extra alimentari – dichiara Samanta Correale, Business Intelligence Senior Manager di GS1 Italy –. Dalla ‘comfortability’ alla ‘leisurizzazione’, dalla tirannia della convenienza alla riscoperta di canali commerciali ‘alternativi’, queste dieci tendenze di fondo hanno attraversato i 13 comparti rilevati dall’Osservatorio Non Food. Ad esempio, l’attenzione allo starbene e al mostrarsi bene ha spinto la spesa destinata ai prodotti cosmetici e di automedicazione ma anche alle attrezzature sportive e ai servizi dedicati al benessere, che hanno migliorato anche l’attrattività di centri commerciali e factory outlet. Invece l’esigenza di ridurre la crescente complessità della vita quotidiana ha fatto spesso preferire prodotti più semplici da usare, canali d’acquisto più facili da fruire grazie all’assortimento limitato ma selezionato e retailer affidabili per competenza specialistica e servizi pre e post-vendita”.

I LUOGHI DELLO SHOPPING NON ALIMENTARE
I nuovi atteggiamenti degli italiani nei confronti della spesa non food hanno determinato anche un cambiamento nell’approccio e nella scelta di dove fare shopping. Anche nel 2024 le grandi superfici specializzate (Gss) restano il canale commerciale più importante e presente in Italia, con 28.670 punti vendita delle principali insegne (censiti da TradeLab per l’Osservatorio Non Food). Nel 2024 è proseguita la razionalizzazione della rete (-0,4%), anche se in modo meno accentuato rispetto agli anni precedenti. Le Gss dominano nei comparti tessile casa, elettronica di consumo, abbigliamento e calzature, profumeria. Nel 2024 hanno aumentato la loro quota in: articoli per lo sport, profumeria e abbigliamento e calzature.
Al secondo posto restano le grandi superfici alimentari (Gsa), con 24.898 punti vendita, in diminuzione di -0,9% rispetto al 2023. A chiudere sono stati soprattutto superette e supermercati, mentre il numero degli ipermercati è rimasto stabile e quello dei discount è cresciuto (+1,4%). Tra le grandi superfici non specializzate (Gsns) nel 2024 sono aumentate le numeriche di grandi magazzini (+2,5%) e di cash & carry (+2,4%), ma comunque le Gsns mantengono un ruolo generalmente marginale nell’universo del non food e le loro quote di mercato nei diversi comparti restano stabili. Unica eccezione nella profumeria, dove sono il secondo canale con il 31,0% di quota di mercato.
I negozi specializzati continuano a presidiare i comparti in cui sono importanti la competenza, il servizio e la possibilità di personalizzare gli acquisti, come avviene nei comparti casalinghi e prodotti di automedicazione, dove hanno oltre l’80% di quota di mercato, ma sono il canale leader anche in cancelleria, ottica, bricolage, mobili e arredamento.
Gli altri canali, come ambulanti ed edicole, restano i più utilizzati per gli acquisti di giocattoli (38,7% del mercato), mentre i mobilieri sono al primo posto negli elettrodomestici bianchi (37,0%). Inoltre, farmacie e parafarmacie mantengono un peso importante nel mondo di profumi e cosmetici, sviluppando il 18,1% delle vendite totali.
Nel 2024 è proseguita la tendenziale stabilizzazione del peso dell’e-commerce, che resta rilevante soprattutto nell’edutainment (57,6% di incidenza a valore) e nell’elettronica di consumo (29,3%), con picchi nei videogiochi (88,9%) e nel multimedia storage (44,8%). Rispetto al 2023, gli acquisti online sono aumentati nell’elettronica di consumo, nei prodotti di profumeria, nell’edutainment e nei farmaci da banco, e in particolare in videogiochi, telefonia, fotografia, hardware, supporti musicali, piccoli elettrodomestici e multimedia storage.

I CENTRI COMMERCIALI TORNANO A CRESCERE
L’Osservatorio Non Food di GS1 Italy suddivide da sempre la rete di vendita moderna extra alimentare in sei tipologie di agglomerazioni commerciali, costituite nel 2024 da oltre 30.000 punti vendita, appartenenti a 316 retailer. Il commercio urbano centrale resta l’agglomerazione più significativa, con il 43,0% dei punti vendita totali ma continua a perdere negozi (-1,7% rispetto al 2023). Nel 2024 è tornata a crescere, invece, la seconda tipologia di agglomerazioni commerciali: i centri commerciali (40,4% di quota), con un aumento del +0,7% degli esercizi commerciali. Nel 2024 è lievemente diminuita l’incidenza dei parchi commerciali, che sono scesi a 5,9% di quota sul totale e hanno perso una piccola percentuale (-1,7%) dei punti vendita.
Le aree urbane periferiche sono arrivate a quota 5,9% (+0,1% rispetto 2023) e soprattutto sono state la tipologia di agglomerazione con la più consistente crescita di attività (+1,4%). Anche i factory outlet hanno aumentato leggermente la loro quota arrivando a 3,8% (3,7% nel 2023) e hanno visto aumentare di +1,2% la numerica dei punti vendita della distribuzione moderna non alimentare. A chiudere la mappatura della rete distributiva moderna realizzata dall’Osservatorio Non Food di GS1 Italy sono gli altri poli, che detengono solo l’1,1% di quota e continuano a perdere punti vendita (-1,6% di punti vendita), soprattutto nei luoghi di passaggio e ad alto livello di traffico, come stazioni e aeroporti.

Rapporto Coop 2025: i consumi nell’età del caos

Dall’imprevedibilità al caos: visto con gli occhi degli italiani – attraverso il filtro del Rapporto Coop 2025, di cui a Milano è stata presentata l’anteprima digitale – il mondo è avviato su una parabola poco rassicurante. Come di consueto, l’Ufficio Studi di Ancc-Coop racconta l’evoluzione dei consumi partendo da un’analisi ad ampio raggio sugli scenari globali – economici e non solo – e gli stati d’animo degli italiani, ma stavolta la premessa geopolitica è fondamentale, perché alle grandi perturbazioni (difficili se non impossibili da prevedere) del passato recente, come la pandemia e l’inflazione, si è aggiunta la guerra. Il conflitto è diventato la modalità prioritaria di risoluzione delle controversie internazionali, aumenta la spesa militare (2,7 trilioni di dollari nel 2024, +17% rispetto al 2022), si chiudono le frontiere e cambiano i rapporti di forza tra le potenze. La stessa logica del conflitto dalla geopolitica si estende alle relazioni commerciali – bombardate da Donald Trump a suon di dazi – con la metà delle imprese esportatrici che prevede un calo dei flussi commerciali nel 2025. E dunque non stupisce che la preoccupazione sia il nuovo mood degli italiani. Abbandonata la serenità e la fiducia caparbia che avevano ostentato negli anni difficili della pandemia e del post-Covid, negli ultimi mesi gli italiani sembrano aver intuito i molti rischi che si prospettano. Dalle risposte alla domanda sullo stato d’animo provato pensando al futuro dei prossimi 12/18 mesi, emerge che rispetto al 2022 cresce il timore (dal 20% al 39%), prende quota l’inquietudine (dal 24% al 37%) e l’allerta (dal 16% al 25%), mentre si riducono repentinamente serenità (dal 34% al 24%) e fiducia (dal 27% al 24%).

L’ECONOMIA ITALIANA RALLENTA
A complicare il quadro, il Rapporto sottolinea come l’Italia sembra aver esaurito l’abbrivio della crescita record del periodo post pandemico, con un andamento del Pil molto meno entusiasmante. Le stime dei previsori macroeconomici individuano per il biennio 2025-2026 una crescita su base annua del Pil di mezzo punto percentuale, mentre le previsioni degli opinion leaders intervistati dagli autori dello studio sono anche più pessimistiche (+0,1% nel 2026). A fronte di un’occupazione in aumento (sono 840.000 i nuovi occupati), fa difetto all’Italia la produttività per ora lavorata che è prevista in decrescita fino al -1,4%, in maniera opposta rispetto al resto dell’Europa. E proprio questa mancata crescita non fa ripartire l’ascensore sociale fermo da anni, mentre rimane ingessata la situazione dei redditi delle famiglie in un Paese dove oggi il 10% della popolazione detiene il 58% della ricchezza (peggio di noi solo i tedeschi).

L’IMPATTO SULLA SPESA DELLE FAMIGLIE
Nel 2024 la spesa complessiva delle famiglie italiane è salita del +0,5% rispetto a cinque anni fa, ma oltre la metà è assorbita dalle spese obbligate (abitazione, utenze domestiche, trasporti e cibo) e non si discostano da queste voci le intenzioni di acquisto per i prossimi 12-18 mesi. Il risparmio persiste come driver primario per il 42% degli italiani e il Rapporto Coop si spinge a dire che ad essere messa in discussione è l’essenza stessa della società dei consumi e che pare oramai arrivato il tempo del deconsumismo. L’ipotesi suona forse un po’ azzardata, ma comunque si fonda sull’intenzione (emersa da una survey condotta ad agosto su un campione di 1.000 italiani rappresentativo della popolazione dai 18 ai 65 anni) di voler acquistare solo le cose indispensabili o di seconda mano, riparare gli oggetti piuttosto che sostituirli.
E anche quando si torna a spendere in acquisti tecnologici (16,5 miliardi di euro negli ultimi 12 mesi, +1,2% su base annua), lo si fa privilegiando l’utilità alla gratificazione: tra i top ten delle vendite spiccano gli apparecchi per la cura dentale e una miriade di elettrodomestici piccoli o grandi (dalle friggitrici alle macchine da caffè all’aspirapolvere). All’opposto si spende meno in elettronica di consumo, tanto che gli acquisti annui di smartphone si riducono di 2 milioni di unità rispetto al 2022.

IDENTITÀ ALIMENTARE IN EVOLUZIONE
Veniamo al rapporto – ancora privilegiato – con il cibo. Rispetto al 2022 gli italiani che si identificano con un’identità alimentare ancorata esclusivamente alla tradizione scendono dal 34% al 22%, mentre cresce la percentuale di chi autodefinisce il proprio stile associandolo ad abitudini alimentari innovative (dal 23% al 31%) o mixa tradizione e innovazione (dal 30% al 38%). Nei primi 6 mesi del 2025 la spesa reale per la ristorazione fuori casa è però calata di un -2,2% e un italiano su 3 vi rinuncerà ulteriormente nei mesi a venire.
Contestualmente si registra una ripresa importante nei carrelli della spesa; le vendite nella grande distribuzione sono cresciute del +3,8% a valore e del +2% a volume nei primi sei mesi dell’anno. A fare da traino frutta e verdura e altri comparti del fresco; gli italiani sembrano non poter rinunciare più ad un cibo salutare e 7 su 10 dichiarano di leggere abitualmente le etichette nutrizionali dei prodotti che acquistano. I carrelli si riempiono così di frutta esotica, latte fermentato, pane, yogurt, olio, meno zucchero, meno sale, meno carboidrati e sono i cibi ultraprocessati a perdere appeal; più compaiono additivi in etichetta e più diminuiscono le vendite. In questo trend accelera anche il biologico con una crescita delle vendite a valore molto importante anche nel Sud d’Italia; sono poi 8,4 milioni gli italiani che nei prossimi mesi aumenteranno questi acquisti.

TUTTI A DIETA
Perfetto controaltare di questi comportamenti, secondo il Rapporto Coop, è il fatto che il cibo ha acquisito nella percezione corrente e maggioritaria una funzione di alleato della salute. Quasi 1 italiano su 4 controlla il peso almeno una volta a settimana e di qui presumibilmente il boom di vendite delle bilance sia per la persona che per gli alimenti. Le prime registrano un aumento esponenziale nei primi sei mesi dell’anno pari a oltre il +55% (ne sono state vendute oltre 432.000 in più), le seconde si attestano su un +5,5%.
Il mantra del perdere peso spiega anche l’altra grande passione degli italiani ovvero la dieta iperproteica che già coinvolge il 17% della popolazione, con le vendite dei sostitutivi vegetali della carne che nell’ultimo anno crescono del +20,9% (10 volte di più delle carni stesse), seguite da uova (+7,8%) e legumi (+5,0%).

A CACCIA DI CONVENIENZA
Seppure l’inflazione alimentare sia meno alta nel nostro Paese che nel resto d’Europa (nei primi sette mesi del 2025 la crescita è stata del +3,1% su base annua e del +29,1% rispetto al 2019 a fronte di una media Ue rispettivamente del +3,3% e del +38,5%), le persistenti difficoltà reddituali degli italiani fanno sì che resti alta anche a tavola la ricerca del risparmio e di soluzioni di maggiore convenienza. Secondo il Rapporto Coop, questa ricerca sembra rivolgersi però in minor misura all’utilizzo del discount che nel primo semestre 2025 registra una crescita a volume del +1,8%, ma piuttosto agli scaffati dei supermercati che mettono a segno un +2,7% dove si prediligono i prodotti in promozione e quelli a marchio del distributore. Infatti, il 40% degli italiani inizierà o aumenterà l’acquisto di prodotti alimentari in offerta/promozione (mentre solo il 5% smetterà o diminuirà); il 18% acquisterà più prodotti a marca del distributore, più del doppio rispetto a quelli che aumenteranno l’acquisto di marchi industriali (9%).
La debolezza della domanda è un fatto reale – ammette Domenico Brisigotti, Direttore Generale Coop Italia – e sembra destinata a intensificarsi, con un comportamento di acquisto sempre più orientato alla ricerca di risparmio nella spesa quotidiana. Per affrontare questo scenario, riteniamo di dover continuare e rafforzare il piano avviato quest’anno, che si concentra da un lato sulla convenienza della nostra marca privata disponibile in ogni segmento dell’offerta e dall’altro su un sistema di promozioni e comunicazione volto a valorizzare la generale proposta di tutela del potere d’acquisto delle famiglie da parte di Coop. La risposta dei consumatori è positiva: le vendite di Coop crescono più del mercato (un +0,8% rispetto alla media del retail) ed è migliorato anche il giudizio che i consumatori, oltre che i nostri soci, hanno della nostra offerta e del nostro posizionamento”.

IDEALISTI E PRAGMATICI
Gli italiani ritratti dal Rapporto sono persone consapevoli, leggono le etichette, vogliono esercitare con le loro azioni una difesa dell’ambiente – spiega Maura Latini, Presidente Coop Italia – e lottano contro il cambiamento climatico. Sono idealisti tanto quanto pragmatici. Credo che siano per queste componenti molto in linea con la nostra policy: una forte e diffusa marca Coop che oramai copre segmenti sia consueti che innovativi con prezzi accessibili per tutti, una importante presenza di marche leader e una politica per i prodotti locali specifica nei territori”.
Guardiamo con attenzione alle modifiche in corso dei comportamenti di acquisto – aggiunge Ernesto Dalle Rive, Presidente Ancc-Coop – e come datori di lavoro, le cooperative di consumatori hanno in Italia quasi 60.000 occupati, siamo disponibili a ragionare sulle modalità e sulla qualità della nostra offerta occupazionale che già vede a favore dei nostri dipendenti importanti misure previste dalle politiche di welfare e che si pone l’obiettivo di conciliare sempre di più tempi di vita e tempi di lavoro. Se su questi temi si dovesse sviluppare un confronto fra la grande distribuzione tutta e il Governo non ci sottrarremmo e porremmo in quella sede la necessità di una riflessione sulle attuali modalità di erogazione del servizio nelle giornate festive e domenicali. Inoltre, auspichiamo da parte del Governo interventi strutturali che possano mitigare le difficoltà in essere. La riduzione del cuneo fiscale per il ceto medio e politiche di sostegno e contrasto alla povertà ci vedono favorevoli e disponibili anche ad essere soggetti propositivi in un eventuale tavolo di discussione collegiale su temi di filiera che essendo tali non possono essere unilaterali, ma devono essere affrontati con tutte le organizzazioni coinvolte”.
Il “Rapporto Coop 2025 – Consumi e stili di vita degli italiani di oggi e di domani” è redatto dall’Ufficio Studi di Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori-Coop) con la collaborazione scientifica di Nomisma, il supporto d’analisi di NielsenIQ e i contributi originali di Circana, GS1-Osservatorio Immagino, CSO Servizi, GfK, Mediobanca Ufficio Studi. Inoltre, il Rapporto per alcune sue parti si è avvalso dell’ausilio dei nuovi programmi di intelligenza artificiale generativa, tra cui Chat Gpt, Gemini e Midjourney.

Pester power: quanto pesano i figli negli acquisti?

Che i figli incidano sulle decisioni d’acquisto dei genitori è cosa nota. Ma quanto, e in quali ambiti, varia sensibilmente da paese a paese. È quanto emerge dalla nuova indagine di Eumetra, istituto di ricerca sociale e di mercato, che ha analizzato il fenomeno del “pester power” – ovvero l’influenza esercitata da bambini e ragazzi sulle scelte di consumo familiari – su 1.843 famiglie italiane, affiancata da un confronto con dati provenienti da Regno Unito e Germania. La ricerca ha preso in esame famiglie con bambini fino a 11 anni.
Il nostro studio fotografa un’Italia in cui le famiglie sono sempre più orizzontali e partecipative – dichiara Matteo Lucchi, Ceo di Eumetra –. Il pester power non è più confinato al gioco o ai desideri momentanei. Riguarda categorie fondamentali, come l’alimentazione, la tecnologia, i viaggi. Anche su scelte ‘da adulti’ i figli oggi fanno sentire la loro voce. A differenza di altri contesti europei, in Italia l’influenza dei figli è emozionalmente radicata: conta il benessere, il tempo insieme, la cura dei dettagli che fanno sentire i bambini parte della famiglia. Altrove, come in Germania, prevale una logica più funzionale e quotidiana, che affida responsabilità concrete anche ai più piccoli”.

NELLE FAMIGLIE ITALIANE L’INFLUENZA È AD AMPIO RAGGIO
In Italia il ruolo dei figli nelle decisioni d’acquisto è ampio, capillare e riconosciuto. I genitori dichiarano di sentirsi influenzati dai propri figli in quasi tutte le principali categorie merceologiche analizzate:
Giochi: 76%
Attività ricreative: 72%
Calzature: 65%
Abbigliamento: 65%
Alimentazione: 49%
Vacanze: 39%
Tecnologia: 38%
Igiene e cura: 30%
Arredamento: 30%
Questi dati raccontano un’Italia in cui il coinvolgimento dei figli va oltre le scelte “di competenza” (giocattoli, svago o vestiti) e arriva anche ad ambiti più trasversali come il cibo, la tecnologia o persino le decisioni legate ai viaggi e all’arredamento.

IL CONFRONTO CON GERMANIA E REGNO UNITO
In Germania, invece, l’influenza dei figli si manifesta in modo particolarmente incisivo su alcune categorie chiave, soprattutto quelle legate alla gestione pratica e funzionale della quotidianità familiare. I bambini tedeschi hanno un peso significativo nelle decisioni relative all’alimentazione (63%, a fronte del 49% italiano), alla tecnologia (45% contro il 38% italiano), alle vacanze (49% rispetto al 39% in Italia). Questo scenario suggerisce un modello familiare in cui i figli sono coinvolti precocemente in scelte concrete e strategiche, riflettendo una cultura che valorizza la loro autonomia e li responsabilizza già in età giovane. L’approccio tedesco appare orientato a un coinvolgimento razionale, meno legato alla sfera emozionale e più fondato sull’idea di formare individui consapevoli e partecipi delle dinamiche domestiche. Nel Regno Unito, invece, l’influenza si mantiene alta nei giochi (75%) e nelle attività ricreative (68%), ma è leggermente più contenuta nelle altre categorie, suggerendo un coinvolgimento meno sistematico e più legato a occasioni specifiche o momenti di svago.

LE IMPLICAZIONI PER INDUSTRIA E RETAIL
Per le aziende e i brand che si rivolgono al target familiare, questa ricerca è un chiaro invito a rivedere le strategie di comunicazione. I figli non sono più semplici destinatari dei prodotti: sono interlocutori attivi, digitalmente informati e spesso determinanti nel momento della scelta. In particolare, in Italia, coinvolgerli nei messaggi – attraverso momenti ludici, linguaggi visivi, influencer, canali social e storytelling emozionale – può rappresentare un vantaggio competitivo concreto, a patto di farlo con autenticità e rispetto del ruolo educativo dei genitori.

Tecnologia di consumo, 2025 all’insegna della stabilità

Il mercato italiano della tecnologia di consumo ha visto una leggera contrazione nel 2024 (-0,6% a valore), mentre il primo semestre 2025 è stato all’insegna della stabilità: +0,2% a valore per un giro d’affari complessivo di 7,3 miliardi di euro. A tirare le somme e indicare le prospettive del comparto è NielsenIQ in occasione delI’IFA di Berlino, la più importante fiera europea dedicata all’elettronica di consumo e agli elettrodomestici. Nei primi sei mesi del 2025, le vendite sul canale online del comparto sono cresciute del +3% nel nostro Paese, arrivando a pesare il 26,1% del totale, mentre i punti vendita tradizionali hanno subito una leggera flessione del -0,8%. Il piccolo elettrodomestico mostra segnali positivi (+1,5%), favorito in particolare dal comparto casa (aspirapolveri robot +45% e scope elettriche senza filo multifunzione +64%). Cresce anche il grande elettrodomestico (+1,7%) spinto da prodotti come lavatrici e asciugatrici ad alta capacità e frigoriferi multidoor.
Flessione del -1,3% per la telefonia, il settore più importante per giro d’affari. Anche in Italia si assiste ad una polarizzazione nelle vendite di smartphone, con il segmento premium che ottiene performance migliori rispetto alla fascia entry level. In controtendenza rispetto alla media globale è l’IT & office (-1,5%), in recupero comunque rispetto al dato di chiusura 2024 (-4,1%). Il trend più negativo è appannaggio dell’elettronica di consumo (-4,2%) ancora fortemente influenzata dal rallentamento del mercato Tv. Un segnale incoraggiante è la performance positiva dei segmenti high-end come Oled (+10.2%) e Tv sopra i 75’’ (+23,8%).

LE TENDENZE GLOBALI
I dati NielsenIQ consentono però di guardare al mercato della tecnologia di consumo e dei beni durevoli su scala globale: nel periodo compreso da gennaio a giugno 2025, il fatturato è stato pari a 403 miliardi di dollari, con un incremento del +4,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. NIQ prevede che questa tendenza continui, con un aumento dei ricavi stimato del +2% per l’intero 2025. Nonostante le pressioni legate all’inflazione, ai dazi doganali e alle dinamiche commerciali, il comparto ha mostrato finora una notevole capacità di adattamento. I consumatori adottano comportamenti d’acquisto più consapevoli, spendono di più durante le promozioni e contribuiscono a mantenere una dinamica stabile in un contesto economico incerto.
Nella prima metà del 2025, l’Europa occidentale ha ritrovato un andamento positivo, mentre l’Asia sviluppata continua a registrare un calo delle vendite. Al contrario, la Cina è salita del +12%, grazie soprattutto agli incentivi governativi. Trend in crescita anche in Medio Oriente (+5%), nei Paesi asiatici emergenti e in America Latina. L’incertezza globale continua però a pesare: secondo lo studio NIQ Consumer Life 2025, il 70% dei consumatori dichiara di fare acquisti con maggiore prudenza. “I dati di NIQ gfknewron Consumer evidenziano una tendenza chiara: i consumatori pianificano gli acquisti in modo strategico – commenta Michael McLaughlin, Senior Vice President Tech & Durables Retail di NIQ – spesso aspettando le promozioni, ma quando decidono di acquistare, tendono a spendere più del previsto. Questo comportamento sottolinea l’importanza della percezione del valore e la continua rilevanza delle operazioni promozionali nel favorire le vendite”.

OMNICANALITÀ E RICERCA DEL VALORE GUIDANO L’ACQUISTO
La digitalizzazione del processo d’acquisto continua a crescere: nel primo semestre del 2025, il 37% delle vendite globali di prodotti Tech & Durables è avvenuto online, con un incremento del +9% rispetto al 2024. Il valore percepito resta una priorità per i consumatori globali: il 60% considera il rapporto qualità-prezzo come il criterio più importante nella scelta di un determinato brand. Nella prima metà del 2025, il settore IT ha guidato lo sviluppo, mentre altre categorie mostrano segnali di stabilizzazione. Ecco nel dettaglio i risultati:
IT (pc portatili, monitor, ecc.): +11%
Telecomunicazioni (smartphone, ecc.): +4%
Piccoli elettrodomestici (friggitrici, mixer, ecc.): +5%
Grandi elettrodomestici (lavatrici, frigoriferi, forni, ecc.): +5%
Elettronica di consumo (Tv, soundbar, ecc.): -0,8%

FOCUS SUI PRINCIPALI COMPARTI
La crescita nel settore IT è guidata principalmente dai cicli di sostituzione dei dispositivi e dalla fine del supporto per Windows 10. Le vendite di laptop sono cresciute del +13%, con un aumento del +23% per i laptop da gaming e un’impennata del +280% per i monitor 240Hz+. L’intelligenza artificiale rappresenta il 39% del mercato globale dei laptop, ma ha ancora un impatto limitato sulle decisioni d’acquisto dei consumatori. In ambito B2B, le vendite di pc con funzionalità IA sono aumentate del +195% in Europa (fonte: MI Supply Chain) e le aziende stanno investendo sempre più in questi dispositivi per supportare produttività, automazione e gestione dei carichi di lavoro, sottolineando l’importanza del ciclo di vita dei prodotti e degli aggiornamenti legati alla performance nell’accelerare l’adozione di questa nuova tecnologia sia nei mercati B2B che B2C.
Quanto all’elettronica di consumo, le vendite di televisori sono continuate a diminuire a livello globale (-2%), con l’eccezione della Cina, dove i sussidi governativi sostengono il segmento. La domanda di grandi schermi (70”+) è però salita del +14% e le Tv con tecnologie avanzate (che vanno oltre l’Lcd) sono cresciute del +26%.

SMARTPHONE: I RICONDIZIONATI DOMINANO NELLA FASCIA BASSA
Anche per gli smartphone l’andamento globale del+4% è stato sostenuto dai sussidi in Cina. I modelli premium (oltre 600 dollari) registrano un aumento del +7%, mentre quelli sotto i 600 dollari mostrano una stagnazione. I consumatori mantengono i dispositivi più a lungo, optando per la fascia alta; nella fascia bassa, si scelgono sempre più spesso dispositivi ricondizionati, che guadagnano terreno: in Francia, rappresentano il 41% delle vendite nel segmento inferiore ai 600 euro (dati NIQ digital purchase).
Nell’audio portatile gli auricolari Open-Ear balzano del +32% a livello mondiale. È l’unico sotto-segmento in espansione in tutte le regioni monitorate da NIQ, grazie alle innovazioni e ai nuovi utilizzi che ne stanno ampliando la diffusione.

IN EUROPA L’EFFICIENZA ENERGETICA È UN FATTORE CHIAVE
Per gli elettrodomestici la crescita del comparto è guidata da tre fattori chiave: sostenibilità, semplificazione e intelligenza artificiale. In Europa, le -vendite di grandi elettrodomestici con etichetta A sono aumentate dal +19% nel 2023 al +31% nel 2025, segno di una maggiore attenzione all’efficienza energetica. La crescita a volume supera però quella a valore, indicando una ricerca di soluzioni accessibili.
Vendite in calo per le friggitrici ad aria (-1%), segno di una saturazione del mercato in alcuni Paesi chiave. Nonostante questo, i modelli ad alta capacità e multi-cestello continuano a conquistare spazio (+18%). Gli aspirapolvere mostrano un trend in forte aumento: +13%, con i robot a fare da traino (+34%). Anche i modelli “Wet & Dry” progrediscono in doppia cifra, spinti dalla domanda crescente di semplificazione e automazione.
In definitiva, NIQ sottolinea che con l’ingresso nella seconda metà del 2025, il mercato globale della tecnologia di consumo e dei beni durevoli mostra segnali di cauto ottimismo. Grazie all’innovazione, a prezzi accessibili e a una resilienza regionale che ne sostiene la dinamica, il settore sembra pronto ad affrontare le incertezze politico-economiche con una fiducia misurata.

Surgelati, il consumo pro capite annuo sale a 17,5 kg

Cresce il mercato dei surgelati in Italia e il dato è ancora più significativo alla luce della diminuzione del totale degli acquisti alimentari (-1% a volume nel 2024). Lo scorso anno sono state consumate oltre 1 milione di tonnellate di prodotti surgelati (1.030.323), con un incremento del +2,3% rispetto al 2023 e un consumo pro capite annuo di 17,5 kg, che supera il record di 17,2 kg messo a segno nei 12 mesi precedenti. Nel retail la tendenza è proseguita nel primo semestre del 2025: +1,8% a volume rispetto all’analogo periodo precedente. La ripartizione tra i diversi canali ha confermato al primo posto proprio il settore retail con 652.643 tonnellate nel 2024 (+3,1% vs.2023), seguito dal fuoricasa, che ha registrato consumi stimati – con l’aggiunta del door to door – a quota 377.680 tonnellate (stabile rispetto al 2023, con +0,1%).
I numeri provengono dal “Rapporto annuale sui consumi dei prodotti surgelati”, realizzato da IIAS – Istituto Italiano Alimenti Surgelati. “Il 2024 ha confermato l’apprezzamento verso un comparto che oggi è emblema non solo di praticità d’uso – afferma Giorgio Donegani, Presidente di IIAS – ma anche di sicurezza, qualità, bontà, convenienza economica e valenza antispreco. La somma di questi elementi ha favorito l’aumento complessivo del consumo di frozen food, che ha oltrepassato per il secondo anno consecutivo la soglia del milione di tonnellate, un vero record per il nostro Paese. Un impulso significativo è arrivato dai consumi domestici, destinati a crescere nell’anno in corso, come testimoniano le rilevazioni condotte sul primo semestre 2025. Un andamento positivo che riguarda tutte le merceologie, tra le quali spiccano l’ittico, le pizze, i preparati vegetali e i surgelati senza glutine”.

UN MERCATO DA 5,7 MILIARDI DI EURO
A valore nel 2024 il mercato ha sfiorato i 5,7 miliardi di euro (+1,8 % vs. il 2023), con il canale retail arrivato a 3 miliardi e 858 milioni di euro, circa il doppio del fatturato del fuoricasa, stimato in 1 miliardo e 835 milioni di euro. “Riteniamo doveroso – continua Donegani (nella foto a sinistra) – richiamare l’attenzione del legislatore italiano su due punti, che potrebbero dare nuovo impulso alla crescita del comparto fuori dalle mura domestiche. Il primo è relativo ai cosiddetti Criteri Ambientali Minimi (CAM), che stabiliscono i criteri sostenibili che gli alimenti devono soddisfare per poter essere acquistati dalle società che gestiscono gli appalti per la ristorazione pubblica collettiva. Questi criteri oggi risultano limitanti nei confronti degli alimenti surgelati, rispetto ai passi in avanti effettuati dal settore in termini di sostenibilità e alle loro valenze anti-spreco.
Il secondo punto citato da Donegani è la richiesta di eliminazione dell’obbligo di indicare con un asterisco la presenza di prodotti surgelati nei menu della ristorazione, definito anacronistico, penalizzante e non più rispondente “alle esigenze di una ristorazione moderna, che ha assoluto bisogno di utilizzare il prodotto surgelato per garantire sicurezza, qualità e ridurre gli sprechi”. La questione è però complessa, perché non attiene solo alla qualità del prodotto surgelato, ma al diritto del consumatore ad avere un’informazione completa e trasparente.

VEGETALI LEADER A VOLUME
Analizzando i consumi nelle singole categorie merceologiche, al primo posto restano stabili i vegetali, leader a volume nel retail con oltre 300.000 tonnellate (+1,9% rispetto al 2023). Al secondo posto tra le preferenze degli italiani troviamo le patate, che con circa 100.000 tonnellate si confermano un prodotto apprezzato tanto per il gusto quanto per la praticità di preparazione. Terzo classificato il prodotto ittico che, nelle sue varianti al naturale e panato/preparato, tocca le 97.000 tonnellate: il pesce naturale (circa 62.400 tonnellate) ha registrato una delle performance più dinamiche del mercato surgelati, superata però da quella del pesce preparato/panato, attestatosi sulle 35.000 tonnellate circa, in aumento del +7% rispetto al 2023. A seguire, le pizze, che hanno sfiorato le 70.000 tonnellate, con circa +3% rispetto al 2023. Si è trattato di un rimbalzo, dopo la diminuzione dell’anno precedente, che ha premiato gli sforzi di innovazione portati avanti dalle aziende per introdurre nuovi formati e ingredienti in linea con le moderne esigenze di consumo.

BENE I PIATTI PRONTI E LE SPECIALITÀ SALATE
Scorrendo la classifica, troviamo i piatti pronti surgelati con oltre 66.000 tonnellate, in tendenza positiva sul 2023 grazie – secondo l’IIAS – all’alta qualità degli ingredienti, a gamme sempre più ampie di ricettazioni sia tradizionali sia innovative, alla velocità di preparazione e all’attenzione all’equilibrio nutrizionale. In ripresa rispetto agli andamenti stabili o lievemente flettenti degli anni precedenti sono le specialità salate (pancake e altri prodotti), accreditate di circa 30.000 tonnellate. Da segnalare, infine, la performance positiva del segmento dei surgelati senza glutine, con circa 9.000 tonnellate. Pur trattandosi di un consumo di nicchia, la crescita costante della domanda di questi prodotti indica la capacità del comparto di rispondere alle esigenze salutistiche.
Come dimostrano i dati del nostro Annual Report – conclude Donegani (nella foto a destra) – sono molteplici e diverse le ragioni alla base dell’aumento del consenso rispetto agli alimenti surgelati. Quest’anno abbiamo voluto valorizzarne meglio una in particolare, ovvero la forte valenza antispreco, mettendo a punto un’indagine inedita con l’Osservatorio Internazionale Waste Watcher (condotta su un campione di 1.000 italiani, età 18-70 anni, rappresentativo della popolazione italiana, secondo le variabili Istat di genere, età, area geografica, ndr). Abbiamo potuto così dimostrare che dei 667,4 g di cibo che ogni italiano getta via ogni settimana, solo 14,9 g, appena il 2,2%, sono prodotti surgelati. Inoltre, all’aumento dei consumi di frozen food avvenuto negli ultimi anni, non è corrisposto un analogo aumento del loro spreco, che, dal 2021 al 2025, è rimasto stabile e di poco superiore al 2%, a conferma delle preziose virtù intrinseche salva-spreco di questi alimenti”.

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