La digital disruption migliora i risultati delle imprese. Ma quelle italiane sono indietro

La strada verso la digital disruption è lunga e in salita per le imprese italiane. Secondo l’Indice di efficienza digitale messo a punto da Ca Technologies in collaborazione di Freeform Dynamics sulla base di una ricerca globale presso 1500 imprese (di cui 85 tricolori) con fatturati superiori ai 500 milioni di euro (realizzata da Freeform Dynamics) , quelle italiane risultano all’ultimo posto.

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La ricerca suddivide nel complesso le aziende intervistate in tre gruppi: i digital disrupter, che stanno conseguendo importanti risultati (14%), le achiever, imprese che hano già attivato iniziative di trasformazione digitale (il32%) e le mainstream, che non stanno investendo in questa direzione (il 50%). Ebbene le percentuali in Italia passano rispettivamente a un modesto 4%, al 39% e al 58%. Anche il confronto con l’Europa è impietoso, dove il 12% sono imprese disrupter, il 33%  achiever e il 55% mainstream. Quanto ai settori,  banking e retail sono ai primi posti, mentre la PA è indietro.

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Da un punto di vista metodologico, l’indice è la sommatoria del contributo del processo di trasformazione digitale al miglioramento della competitività e del suo impatto sugli indicatori di performance.

Così, sebbene, il 58% delle imprese italiane dichiari di avere attivato un processo di trasformazione digitale che ha assunto la forma di programma strategico coordinato, in realtà solo il 15% – la percentuale più bassa di tutta Europa – ritiene che le applicazioni e i servizi web-based siano cruciali per rafforzare il legame con i clienti e sviluppare il mercato. E soltanto il 20% considera la tecnologia mobile essenziale per creare “engagement” dei clienti e incrementare il business — distinguendosi anche in questo caso come percentuale più bassa di tutta Europa.

Lo studio evidenzia inoltre il legame tra attività digitali e risultati economici e che, fra le fila dei digital disrupter, la crescita del fatturato è il doppio di quella registrata fra le organizzazioni tradizionali, mentre la crescita dei profitti è superiore di ben due volte e mezzo.

«La trasformazione digitale è oggi indispensabile per guadagnare un vantaggio competitivo nella cosiddetta Application Economy», ha dichiarato Vittorio Carosone, Sales & Partner Director, CA Technologies (nella foto). «Questo studio ha evidenziato disparità significative nei livelli di maturità complessiva delle iniziative digitali messe in atto dalle aziende italiane – riscontrando tra le più innovative una crescita consistente del fatturato e della fidelizzazione dei clienti, nonché  un positivo impatto sugli utili e sul bilancio aziendale. Intimamente legato al concetto di trasformazione digitale è un impiego efficace del software che diviene in tal modo fattore di efficienza, competitività e successo»

Un ruolo chiave nel processo di trasformazione digitale riguarda l’organizzazione aziendale, vale a dire la crossfunzioalità, come ha testimoniato Alberto Maldino, Group Digital & Business Technology Italia di Barilla: «Oggi l’azienda opera su cinque linee di sviluppo e tutte, tranne una dedicata all’IT coinvolgono tutte le funzioni, tanto che la crossfunzionalità in azienda è ormai strutturale. Abbiamo lanciato Business Academy, nella quale sono coinvolte tutte le aree di business e tutti i livelli aziendali con l’obiettivo di affrontare e risolvere un problema in tre mesi. Con risultati immediati».

Più complessa, secondo Gabriele Tubertini, Cio di Coop Italia, è la trasformazione digitale nel retail («ma il retail alimentare è diverso da altri») perché oltre alla crossfunzionalità bisogna considerare anche una crossterritorialità. «Nel nostro caso – afferma Tudertini – le 150 cooperative che fanno riferimentoo a Coop hanno diverse esigenze in funzione della maturità digitale delle organizzazioni e dei clienti. La lezione che ci ha trasferito il Supermercato del futuro in Expo riguarda l’utilizzo della digital transformation per migliorare l’efficienza di processo: nel retail alimentare è questa la sfida più importante».