È stata pubblicata la nona edizione del Rapporto Istat sulla competitività dei settori produttivi, alla luce dei condizionamenti dell’emergenza sanitaria.
Lo scenario macroeconomico, affrontato nel Capitolo 1, evidenzia come tutte le principali economie (con la sola eccezione della Cina, che nel secondo semestre ha registrato una crescita pari al +2,3 per cento su base annua) sono state interessate da una fase recessiva. La crisi ha avuto un impatto immediato e dirompente anche sui flussi di commercio estero, con flessioni significative in media d’anno sia dell’import sia dell’export. La flessione delle esportazioni del 2020, ha colpito comparti rilevanti del modello di specializzazione italiano: macchinari (-12,6 per cento), tessile abbigliamento e pelli (-19,5 per cento), mezzi di trasporto (-11,6 per cento). Esportazioni in controtendenza, invece, per settori come farmaceutica (+3,8 per cento) e agroalimentare (+1,0 per cento per alimentari, bevande e tabacco, +0,7 per cento per l’agricoltura).
Il calo sensibile della domanda, interna ed estera, ha sottratto liquidità alle imprese: da qui l’introduzione di misure governative di sostegno ai margini di liquidità delle imprese, per fronteggiarne gli effetti sulla gestione finanziaria e creare le condizioni per rilanciare l’attività alla fine dell’emergenza.
Le conseguenze della crisi sui settori produttivi sono analizzate nel Capitolo 2. L’impatto è stato estremamente eterogeneo: più accentuato per i servizi (-12,1 per cento) rispetto all’industria (-11,1 per cento).
È proprio il terziario la principale vittima della pandemia, in particolare nei comparti legati al turismo (agenzie di viaggio, trasporto aereo, alloggio e ristorazione, con cadute comprese tra il 40 e il 75 per cento).
Sul fronte turismo, in Italia i dati provvisori relativi al 2020 hanno registrato un calo del 59,2 per cento per gli arrivi totali e del 74,7 per cento per i turisti stranieri, interrompendo la tendenza positiva in atto da diversi anni e culminata nel 2019 nel record di presenze negli esercizi ricettivi italiani. La capacità di ripresa di questo settore che, considerando le componenti dell’indotto, nel 2018 rappresentava il 15 per cento del totale delle imprese, il 12,8 per cento degli addetti e il 5,8 per cento del fatturato, appare cruciale.
Il fronte microeconomico, è affrontato nel Capitolo 3 del Rapporto. La crisi pandemica ha innescato un crollo della domanda, ma come hanno reagito le imprese? In ordine sparso e in modo molto differenziato- spiega il Rapporto. Circa il 30 per cento è rimasto “spiazzato”, un quarto ha reagito attraverso l’introduzione di nuovi prodotti, la diversificazione dei canali di vendita e di fornitura (anche attraverso il passaggio a servizi on line e e-commerce), un quinto ha intrapreso misure di profonda riorganizzazione dei processi e degli spazi di lavoro, orientandosi verso la transizione digitale o l’adozione di nuovi modelli di business.
L’effetto della crisi a livello territoriale viene infine trattato nel Capitolo 4. Se sul piano strutturale emerge un chiaro dualismo tra le regioni settentrionali e meridionali del Paese è anche vero che la realtà è molto più sfaccettata. Infatti i risultati confermano come in Italia la crisi tenda ad accentuare il divario tra le aree geografiche: delle sei regioni il cui tessuto produttivo risulta ad alto rischio combinato, cinque appartengono al Mezzogiorno, (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania e Sardegna) e una al Centro Italia (Umbria), mentre le sei regioni classificabili a rischio basso si trovano tutte nell’Italia settentrionale (Piemonte, Liguria, Lombardia, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia. Tuttavia esistono elementi di vulnerabilità anche in territori del Centro (Toscana, Lazio e Umbria) e del Nord (Valle d’Aosta e Provincia autonoma di Bolzano) nei quali, sono più rilevanti le attività maggiormente colpite dalla pandemia.
Analisi metodologica
Tra le diverse iniziative dell’Istat finalizzate a raccogliere le informazioni necessarie all’analisi degli effetti della crisi sanitaria sull’economia e sulla società, nei mesi di maggio e novembre 2020 sono state realizzate due indagini specifiche volte a comprendere come le imprese italiane abbiano vissuto una fase così drammatica, con particolare riferimento all’impatto economico, finanziario e occupazionale. Tali indagini costituiscono un elemento fondante per le analisi proposte in questo Rapporto.