
Ci ricordano tanto la nostra infanzia ma sono anche lo spauracchio dei nutrizionisti, ma la verità è che si fa presto a dire “merendina”: a volte la distanza tra un prodotto e l’altro è davvero grande. Dentro, ma soprattutto fiori dai confini nazionali, che per quanto riguarda i consumi alimentari sono spesso ancora come una sorta di Muraglia Cinese. È ciò che vuole dimostrare il primo studio comparativo commissionato dall’AIDEPI, Associazione Industriali del Dolce e della Pasta Italiani, alla Fondazione Italiana per l’Educazione Alimentare (FOODEDU), che ha analizzato lo scenario della merenda confezionata di Usa, Inghilterra e Italia, confrontando le caratteristiche nutrizionali di 10 merendine tra le più significative vendute sugi scaffali della Gdo nei tre Paesi.
Rilevando grandi differenze, a partire dalla porzione, che dovrebbe dare, invece, il nome al prodotto. Se la merendina italiana, come dice la parola stessa, è ha un peso medio di 34 grammi, non si può dire altrettanto delle sue lontane parenti d’oltremanica (66 grammi) e a stelle e strisce, (81 grammi), dunque anche più del doppio.
Ma i prodotti italiani sono diversi dal punto di vista dell’apporto nutrizionale e del contesto sociale e dietetico in cui vengono consumati rispetto a ceò che succede nei Paesi anglosassoni, e spesso provoca accorati allarmi dietetici.
Erede su grande scala della tradizione dei dolci fatti in casa dalla nonna, la merendina italiana oltre alla porzione più piccola contiene 5,7 grammi di grassi, dei quali solo 2,1 grassi saturi, 9 grammi di zuccheri, per un contenuto calorico a porzione pari a 136 kcal. Ovvero tra il 5% e il 10% del fabbisogno calorico giornaliero della merenda dei bambini dai 7 ai 12 anni, dato che è in linea con le raccomandazioni fornite dalla società italiana per la Nutrizione Umana (SINU) nel suo documento di indirizzo Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia per la popolazione italiana – L.A.R .N.
Al confronto una merendina inglese, anche in virtù di un peso maggiorato della porzione del +94%, comporta l’assunzione di quasi 12 grammi di grassi (il doppio rispetto all’Italia), dei quali 5,2 grassi saturi, ma soprattutto 19 grammi di zuccheri (anche qui il doppio rispetto a noi) e ben 251 kcal.
Ancora peggiore la situazione per le superprozioni USA, che contengono 16 grammi di grassi, dei quali quasi 6,6 grassi saturi (3 volte le merendine italiane), circa 26 grammi di zuccheri e 344 kcal (2 volte e mezzo più delle nostre merendine).
In 10 anni meno grassi saturi, zuccheri e calorie ridimensionati
C’è da dire che negli ultimi 10 anni l’industria dolciaria italiana, grazie a un impegno “volontario” condiviso con il Ministero della Salute, ha ridotto nelle merendine il contenuto di zuccheri (-30%), grassi saturi (-20%) e contenuto calorico (-21%), eliminando completamente gli acidi grassi trans e superando addirittura gli obiettivi prefissati con il Ministero. Un risultato reso possibile anche grazie all’innovazione di prodotto in cui l’industria delle merendine investe circa il 2% del suo fatturato (20 milioni di euro) e che nell’ultimo anno ha visto crescere i prodotti delle linee benessere (senza grassi e zuccheri) di circa il 9%.
“Dallo studio – afferma Evelina Flachi, nutrizionista a Presidente della FOODEDU – è emerso con soddisfazione che le merendine italiane, oltre ad essere proposte in porzioni più piccole, contengono ingredienti qualitativamente più rispondenti alle esigenze dei consumatori, oggi più attenti e consapevoli. Le merendine italiane oggi sono migliorate da un punto di vista nutrizionale rispetto al passato e costituiscono una delle alternative per la merenda degli italiani, che ha il suo caposaldo nel consumo di frutta di stagione, ricca di fibre, di vitamine e di sali minerali.”
In realtà anche i Governi di Stati Uniti e Inghilterra stanno avviando concreti programmi tesi a migliorare il profilo nutrizionale delle merendine confezionate.
Meno zuccheri e merendine due volte a settimana
Oggi in Italia il consumo di merendine resta contenuto: si stimano (dati IRI e AIDEPI) circa due merendine a settimana, per di più consumate, a sopresa e nel 61% dei casi, da persone adulte (21 milioni d’italiani). E solo nel 22% dei casi da bambini e ragazzi di età 1-10 anni. Ad oggi le merendine sono solo la terza categoria di prodotti (23,2%) per la merenda di bambini e ragazzi, dopo frutta e yogurt (36,4%), gelato (25,3%) e prima dei dolci preparati in casa (17%).
Le marcate differenze evidenziate tra merendine italiane e straniere dalla ricerca riflettono anche una diversa cultura dell’alimentazione dei tre Paesi presi in esame. Del resto l’Italia è la patria della dieta mediterranea, con uno dei tassi di longevità più alti al mondo e il nostro stile di vita si distingue soprattutto per le scelte alimentari ispirate al gusto ma anche al benessere. Ad esempio, ci dice la ricerca, nella nostra Nazione il consumo di zuccheri aggiunti è tenuto sotto controllo e l’intake giornaliero viene stimato in circa 53 grammi dai 4 ai 10 anni e 56 grammi da 11 a 18 anni. Di poco superiore, quindi, alle strong reccomendation dell’OMS che suggeriscono di contenere questo apporto al di sotto del 10% delle calorie giornaliere (rispettivamente entro i 45 grammi e i 65 grammi, dunque, facendo riferimento ai Larn di queste 2 fasce di età). Situazione ben diversa in UK (con valori di 60,8 grammi per i bambini e 74,2 grammi per gli adolescenti) e, ancora di più, negli USA (con valori di 78,7 grammi per i bambini e 94 grammi per i teenager). Un bambino italiano di 12 anni consuma il 40% in meno di zuccheri di un bambino americano della stessa età e quasi il 30% in meno di uno inglese. Infine se il livello di sovrappeso è simile tra i tre Paesi (circa un terzo della popolazione), gli obesi in Italia sono infatti quasi 3 volte meno che in UK e circa 4 volte meno che negli Stati Uniti.