Gruppo Felsineo, meglio segmentare che diversificare

Fedele alla propria identità e alle prese con un’evoluzione tecnologica ancor più necessaria in un momento di forte pressione sui costi industriali. Gruppo Felsineo resta orgogliosamente monoprodotto: è la stessa azienda a definirsi sinonimo di mortadella di alta qualità dal 1963. E la recentissima inaugurazione del nuovo impianto di macinatura nello stabilimento di Zola Pedrosa (BO), costato quasi 4 milioni di euro, rientra nella logica di continuo miglioramento del prodotto attraverso un attento monitoraggio delle varie fasi del processo. “La nostra unica diversificazione resterà quella fatta con la società FelsineoVeg a partire dal 2017, per rispondere alle nuove tendenze di consumo con una linea di affettati vegetali e biologici” dichiara a Instoremag.it Emanuela Raimondi, Amministratore Delegato e alla guida di Gruppo Felsineo insieme al fratello Andrea (con lei nella foto in alto) che ricopre la carica di Presidente.

In termini di risultati finanziari la bilancia pende ancora largamente dalla parte delle proteine animali: sui 50 milioni di fatturato 2021 del gruppo, FelsineoVeg ne realizza circa 3 milioni, contro i 47 milioni della storica Felsineo specializzata nella mortadella. “Un prodotto che abbiamo innovato – precisa Raimondi – per esempio con KmRosa, che riprende concetti di vicinanza territoriale e riduzione di emissioni di CO2”, perché prodotta da suini allevati esclusivamente al pascolo nel raggio di 200 km dallo stabilimento.

L’investimento per digitalizzare la fase di macinatura avrà ricadute anche in termini di risparmi sui costi energetici. “Su quel fronte la situazione è disastrosa – lamenta Raimondi – perché noi utilizziamo il gas per la cottura e gli impianti non sono immediatamente convertibili al funzionamento con energia elettrica. Inoltre, abbiamo un cogeneratore che utilizza gas per produrre energia, ma in questo momento è ovviamente fermo e acquistiamo energia elettrica dalla rete. In sostanza abbiamo costi energetici di 5-6 volte superiori rispetto a quelli del 2020. Un rincaro simile non è recuperabile sui prezzi di vendita e dobbiamo per forza fare efficienza. In questi giorni è partita l’installazione di un impianto fotovoltaico, che coprirà lo stabilimento e i parcheggi, alimentando proprio il nuovo reparto di macinatura. Contiamo di arrivare a produrre circa un terzo del nostro fabbisogno energetico, escludendo però la parte che in precedenza veniva fornita dal cogeneratore. Quindi sarà una quota significativa, ma non risolutiva”.

Scaricare interamente a valle i rincari non è una tattica praticabile: “Con la distribuzione c’è una trattiva serrata – ammette Raimondi – ma siamo consapevoli che l’impatto è generalizzato su tutta la filiera e i consumatori sono già in una situazione difficile. Per fortuna, nei momenti di crisi il rapporto qualità-prezzo gioca a favore della mortadella, che non è certo tra i prodotti più cari della salumeria. Al momento quindi le nostre vendite stanno tenendo, con una crescita nell’ordine del 4-5% a volume”.