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Aziende alimentari, tassi di default in crescita per rincari energia e materie prime

Le aziende del settore alimentare mostrano un significativo incremento del tasso di default che a fine 2022 si attesta attorno al 4%. A reggere meglio è il comparto agricolo sebbene con tassi superiori al 2%. In generale, l’esame degli andamenti delle aziende nel 2021 e 2022 mette in evidenza come il contesto macroeconomico di instabilità abbia influenzato le performance del settore agricolo e parallelamente anche di quello alimentare, sebbene in modo differente. Sono queste alcune delle evidenze principali dello studio realizzato da CRIF Ratings, agenzia di rating del credito del gruppo CRIF. L’analisi è stata condotta su un campione di circa 11.000 aziende italiane, selezionate sulla base dei Codici Ateco 2007. Se da un lato nell’agroalimentare è stato registrato un deciso aumento dei fatturati, con una crescita generale del valore generato, dall’altro si è verificato un significativo incremento della rischiosità con i default che a livello nazionale sono aumentati di almeno 1 punto percentuale.

“Questo peggioramento così marcato del food & beverage è il riflesso della forte esposizione del comparto all’aumento dei prezzi delle materie prime e dell’energia, mentre risultano più in linea con le evidenze nazionali i tassi di default nel settore agricolo. La crescita record dei fatturati è riconducibile prevalentemente alla spinta dell’inflazione, che ha portato le imprese dell’agroalimentare a rialzare i prezzi dei propri prodotti a listino. Nel 2023, crediamo che i fatturati continueranno a progredire per effetto dell’inflazione, ma allo stesso tempo i margini operativi resteranno sotto pressione”, spiega Luca D’Amico, Amministratore Delegato di CRIF Ratings.

Nel complesso, allargando lo sguardo e guardando anche ad altri settori, entrambi comparti agricolo e alimentare, si collocano all’interno del ‘corridoio’ rappresentato dal cosiddetto “leisure” (che comprende ristorazione, viaggi e turismo, lotterie, attività ricreative, sportive e di intrattenimento), che segna i risultati più critici in assoluto, e dal comparto farmaceutico che segna invece i risultati migliori. In ogni caso, l’agroalimentare è comunque sopra la media italiana.

Bilanci e indebitamento delle imprese: aumenta il rischio
Andando a guardare l’indebitamento da parte delle imprese, emerge ancora più chiaramente l’immagine di un comparto posizionato su livelli di rischio superiori rispetto alla media nazionale. Nelle imprese agricole vediamo infatti un debito finanziario lordo quasi 7 volte superiore al margine operativo lordo, in media, un rapporto che scende a 4 nell’alimentare, ma che resta comunque sopra la media nazionale. A causa della pandemia le aziende dal 2020 hanno fatto maggiore ricorso al credito, accumulando una massa di debiti, che ha portato a un marcato squilibrio tra il debito e il margine operativo lordo. Il riassesto, con il ritorno ai livelli pre-Covid, viene rallentato attualmente da un contesto macroeconomico ancora instabile.

Allo stesso tempo, l’autofinanziamento delle imprese attraverso la gestione operativa risale a rilento, con un andamento molto più basso rispetto alla media italiana, andando a scapito della sostenibilità economica degli impegni contratti. Il settore alimentare infatti segna in media un margine operativo lordo che è circa 10 volte gli oneri finanziari, un rapporto che scende a 8 circa per l’agricoltura, quando la media nazionale è superiore alle 15 volte. Inoltre, attualmente la politica monetaria espansiva non gioca a favore e il contesto di rialzo, che continuerà del 2023, potrebbe mettere sotto pressione i settori e le imprese strutturalmente più fragili.

Invece, per quanto riguarda il rapporto tra cassa e debito finanziario, la liquidità aveva mostrato un miglioramento favorito dagli interventi governativi. Però, l’avvio dei rimborsi delle quote capitale porterà ad intaccare i livelli di liquidità delle imprese, con effetti maggiori in situazioni di sovra-indebitamento. Per l’alimentare, infatti, la cassa equivale all’80% circa del debito finanziario a breve, quota che nell’agricoltura scende al 60%, mentre la media nazionale si attesta sul 140%.

ESG, investimenti e le prossime sfide del comparto
Guardando ai prossimi passi del settore agroalimentare e agli investimenti, c’è molta strada da fare sulla digitalizzazione dei processi, sulla tracciabilità delle filiere, nonché sull’ottimizzazione delle risorse idriche ed energetiche, così come su tutti quei fattori che vanno a comporre gli indici ESG (Environmental, Social, Governance). Secondo quanto rilevato da Crif Ratings, infatti, il 95% delle aziende ha dei punteggi ESG negativi o pessimi. Le aziende agricole, oltre ad essere le più esposte ai rischi fisici e di transizione, sono anche caratterizzate da ampi margini di miglioramento sulle tematiche sociali (“S”: Social), con riferimento al forte precariato, stagionalità degli impieghi e, talvolta, dalla limitata attenzione a welfare/diritti umani. Sul piano della gestione di impresa invece (“G”: Governance), emerge come la maggior parte sono aziende per lo più a conduzione familiare, destrutturate, con poca trasparenza ed equità interna.

È un settore che può presentare esempi molto virtuosi, come le aziende che applicano circular economy e progetti di rigenerazione della biodiversità, sebbene questi aspetti difficilmente riescano ad emergere perché si tratta ancora di una casistica limitata. Sul piano dell’impatto ambientale (“E”:Environmental), le filiere agroalimentari nel loro complesso sono responsabili di una quantità molto consistente di emissioni di CO2. Proprio una delle sfide chiave è quella della protezione delle risorse naturali con la conservazione dell’ambiente, evitare il deterioramento dei terreni, limitare il contenimento dell’inquinamento delle fonti idriche, e contrastare la distruzione di ecosistemi.

Previsioni 2023 su agroalimentare e altri settori
L’andamento economico atteso, per quanto riguarda i settori manifattura, trasporti, agroalimentare e costruzioni, segna un pieno recupero del fatturato post pandemia. Nell’attuale contesto, il fatturato continuerà a crescere per l’effetto dell’inflazione ma, allo stesso tempo, i margini operativi resteranno sotto pressione a causa degli elevati costi energetici e le oscillazioni del prezzo delle materie prime. L’effetto sul settore delle Utilities si diversificherà in base al posizionamento nella filiera dell’energia, con forte effetto inflattivo generato sui ricavi, ma potrebbe provocare degli impatti negativi in termini di redditività, specie per attività di vendita e re-selling. Il settore terziario è invece previsto in forte recupero rispetto al 2019, anche perché meno esposto al tema dei costi fissi e materie prime.

Coop, la bolletta si paga con i punti fedeltà

“I valori che ci uniscono” è un programma di iniziative concrete di sostegno a persone e famiglie voluto da Coop Alleanza 3.0 a partire dallo scorso mese di luglio, quando è diventato evidente che gli effetti della crisi economica sarebbero stati particolarmente severi e prolungati. Attenzione alla qualità, difesa del risparmio, sostegno alle comunità sono i valori che fanno la forza di una cooperativa e che si concretizzano anche nella tutela del potere d’acquisto dei soci, che è la missione principale di una cooperativa di consumatori.

Nell’ambito di tale campagna si inserisce una nuova iniziativa di Coop Alleanza 3.0 per fornire un aiuto concreto contro i rincari delle bollette energetiche. Tale iniziativa, che parte il 15 novembre e prosegue fino al 31 gennaio 2023, attuata attraverso Accendi luce & gas Coop, coinvolge tutti i territori in cui è presente la Cooperativa e fornisce un supporto tangibile contro il caro-energia perché rende possibile convertire i punti accumulati con la Carta socio Coop in sconti sulla bolletta. Con la spesa, quindi, si paga la bolletta.

In particolare, il Socio Coop ogni 950 punti può scontare 25 euro sulla bolletta. Il beneficio può essere richiesto più volte, nella stessa bolletta o nelle successive. Lo sconto sarà visibile con voce separata e controllabile in fattura. Ulteriori iniziative sono state previste per i soci che diventeranno nuovi clienti di Accendi luce & gas Coop, i quali, oltre ad avere la possibilità di accedere agli sconti sopra descritti, riceveranno 80 euro in buoni spesa per contratto “DualFuel” (ovvero luce + gas) e 40 euro per contratto “MonoFuel”. L’ammontare totale dei benefici per i soci previsto da Coop Alleanza 3.0 per queste iniziative è pari a circa 1,5 milioni di euro.

Mario Cifiello, Presidente di Coop Alleanza 3.0 ha commentato: “Abbiamo fortemente voluto questa iniziativa, che avrà un impatto tangibile sulla bolletta delle famiglie. Si tratta di una misura che opera in pieno spirito mutualistico, andando a sostenere i nostri soci in un momento particolarmente difficile, perché siamo diffusi capillarmente sui territori, abbiamo nel nostro perimetro una società come Accendi luce & gas Coop che permette delle sinergie virtuose e, soprattutto, perché siamo convinti che, in questo modo, “i valori che ci uniscono” si traducono in azioni concrete di supporto dove più serve, che è esattamente la ragione per cui esistono le cooperative di consumatori.”

Non è la prima iniziativa che si concretizza nell’ambito de “I valori che ci uniscono” per sostenere il potere d’acquisto di persone e famiglie. Ogni mese, infatti, Coop Alleanza 3.0 con “Prezzo tutelato” annulla l’inflazione su un paniere di 600 prodotti (300 a marchio Coop e 300 di altre marche) scelti direttamente dai soci attraverso un sondaggio.

Gruppo Felsineo, meglio segmentare che diversificare

Fedele alla propria identità e alle prese con un’evoluzione tecnologica ancor più necessaria in un momento di forte pressione sui costi industriali. Gruppo Felsineo resta orgogliosamente monoprodotto: è la stessa azienda a definirsi sinonimo di mortadella di alta qualità dal 1963. E la recentissima inaugurazione del nuovo impianto di macinatura nello stabilimento di Zola Pedrosa (BO), costato quasi 4 milioni di euro, rientra nella logica di continuo miglioramento del prodotto attraverso un attento monitoraggio delle varie fasi del processo. “La nostra unica diversificazione resterà quella fatta con la società FelsineoVeg a partire dal 2017, per rispondere alle nuove tendenze di consumo con una linea di affettati vegetali e biologici” dichiara a Instoremag.it Emanuela Raimondi, Amministratore Delegato e alla guida di Gruppo Felsineo insieme al fratello Andrea (con lei nella foto in alto) che ricopre la carica di Presidente.

In termini di risultati finanziari la bilancia pende ancora largamente dalla parte delle proteine animali: sui 50 milioni di fatturato 2021 del gruppo, FelsineoVeg ne realizza circa 3 milioni, contro i 47 milioni della storica Felsineo specializzata nella mortadella. “Un prodotto che abbiamo innovato – precisa Raimondi – per esempio con KmRosa, che riprende concetti di vicinanza territoriale e riduzione di emissioni di CO2”, perché prodotta da suini allevati esclusivamente al pascolo nel raggio di 200 km dallo stabilimento.

L’investimento per digitalizzare la fase di macinatura avrà ricadute anche in termini di risparmi sui costi energetici. “Su quel fronte la situazione è disastrosa – lamenta Raimondi – perché noi utilizziamo il gas per la cottura e gli impianti non sono immediatamente convertibili al funzionamento con energia elettrica. Inoltre, abbiamo un cogeneratore che utilizza gas per produrre energia, ma in questo momento è ovviamente fermo e acquistiamo energia elettrica dalla rete. In sostanza abbiamo costi energetici di 5-6 volte superiori rispetto a quelli del 2020. Un rincaro simile non è recuperabile sui prezzi di vendita e dobbiamo per forza fare efficienza. In questi giorni è partita l’installazione di un impianto fotovoltaico, che coprirà lo stabilimento e i parcheggi, alimentando proprio il nuovo reparto di macinatura. Contiamo di arrivare a produrre circa un terzo del nostro fabbisogno energetico, escludendo però la parte che in precedenza veniva fornita dal cogeneratore. Quindi sarà una quota significativa, ma non risolutiva”.

Scaricare interamente a valle i rincari non è una tattica praticabile: “Con la distribuzione c’è una trattiva serrata – ammette Raimondi – ma siamo consapevoli che l’impatto è generalizzato su tutta la filiera e i consumatori sono già in una situazione difficile. Per fortuna, nei momenti di crisi il rapporto qualità-prezzo gioca a favore della mortadella, che non è certo tra i prodotti più cari della salumeria. Al momento quindi le nostre vendite stanno tenendo, con una crescita nell’ordine del 4-5% a volume”.

Felsineo, 4 milioni di euro per il nuovo impianto di macinatura 4.0

Il prodotto resta lo stesso – la mortadella di alta qualità – ma a cambiare è il processo produttivo, ora più digitale ed efficiente. Gruppo Felsineo ha inaugurato nel suo stabilimento di Zola Predosa (BO) un nuovo impianto di macinatura, basato su sistemi di controllo e supervisione in linea con il piano d’impresa 4.0. I benefici vanno dall’efficienza energetica e idrica alla riduzione delle emissioni inquinanti, passando dalla produttività, aumentata di circa il 16%, senza che questo comporti una riduzione dell’organico composto da 136 dipendenti. Il progetto, avviato circa un anno fa, ha richiesto un investimento intorno ai 4 milioni di euro e si caratterizza innanzitutto per il sistema di carico della materia prima, cioè la carne congelata, mediante sollevatori dotati di rilevazione automatica del peso. Le informazioni sulla chiamata dalla ricetta sono consultabili dagli operatori sui display installati nelle diverse postazioni, permettendo così la verifica del corretto approvvigionamento. La carne viene macinata a bassa velocità tramite una tecnologia a vite di spinta e un gruppo di taglio ad estrusione.

Sono stati rinnovati anche i tritacarne raffinatori, in grado di lavorare la carne in maniera più rispettosa. “Da fori di 12-20 millimetri si arriva al foro finale di 0,8 millimetri – spiega Andrea Raimondi, Presidente di Gruppo Felsineo – da cui esce la pasta rosa della mortadella. Successivamente nelle impastatrici vengono aggiunti gli altri ingredienti per arrivare alla mortadella nel suo involucro finale, pronta per la cottura. La capacità produttiva dell’impianto si attesta tra le 50 e le 60 tonnellate al giorno su un unico turno”.

Tutti i motori principali della linea sono dotati di inverter, che consentono di controllare la potenza erogata, affinché venga utilizzata solo l’energia necessaria all’effettiva lavorazione del prodotto, e monitorare lo stato di salute delle macchine. Il software di gestione è infatti in grado di scambiare in tempo reale i dati di funzionamento, rendendo così possibile la riduzione dei fermi produttivi per rotture accidentali, l’ottimizzazione del flusso del prodotto e il monitoraggio dei consumi energetici. “Grazie alla possibilità di inserire automaticamente i dosaggi e di tracciare, lotto per lotto, le fasi di avanzamento della lavorazione, i parametri legati alla materia prima e alle successive trasformazioni – continua il Presidente dell’azienda –, è possibile ottenere prodotti sempre più contraddistinti dal marchio d’eccellenza qualitativa di Felsineo”.

La nuova linea di macinatura rappresenta il raggiungimento di un sub-obiettivo importante lungo la nostra via della filiera – afferma Emanuela Raimondi, Amministratore Delegato di Gruppo Felsineo –. Con la trasformazione in Società Benefit (avvenuta a dicembre 2021, ndr) ci siamo presi l’impegno, tra gli altri, di ‘Contribuire all’innovazione attraverso attività di ricerca e di sperimentazione e mediante l’adozione di nuove soluzioni nei processi, nei prodotti e nelle formule organizzative’. Il nuovo impianto racchiude in sé tutti questi aspetti ed è quindi la più bella dimostrazione di quanto il lavoro di tutti, all’interno del nostro gruppo, sia focalizzato a 360° su questa visione strategica, dando ampie e concrete prospettive alla crescita sostenibile della nostra realtà. È proprio così che, insieme ai nostri stakeholder, desideriamo camminare a passo spedito verso un mondo più verde e un futuro più rosa”.

Schivazappa, AD Parmacotto Group: sui costi energetici è emergenza

In un anno normale noi abbiamo un consumo energetico pari mediamente a 2 milioni di euro, mentre per il 2022 ad oggi siamo a 7,5 milioni di euro” Andrea Schivazappa, Amministratore Delegato di Parmacotto Group, sintetizza in una sola frase lo sconquasso che i costi energetici fuori controllo stanno provocando nei conti economici delle aziende. Far quadrare i bilanci in una situazione del genere diventa difficile.

Noi prevediamo di chiudere l’anno intorno ai 120 milioni di fatturato – spiega Schivazappa a Instoremag.it, a margine della presentazione dell’iniziativa #FellinGoodma gli aumenti dell’energia finiranno con il dimezzare l’Ebitda. E a preoccupare è il 2023, perché se riportiamo a un intero anno l’incidenza dei costi energetici impazziti nella seconda parte del 2022, tutto diventa ancora più complicato”.

Peraltro, Parmacotto è corsa ai ripari per tempo, avviando un progetto di digitalizzazione finalizzato a monitorare e dunque contenere i consumi energetici: “Pensiamo di tagliarli del 15% entro la fine del 2023 – annuncia Schivazappa – ma probabilmente riusciremo ad ottenere un risparmio ancora maggiore, vicino al 20%. A livello di gruppo abbiamo investito 4 milioni di euro su questo fronte e altri 1,6 milioni di euro sono destinati a impianti fotovoltaici: i lavori sono partiti la scorsa settimana e si concluderanno al massimo nei primi mesi del 2023, ma per avere i permessi di mesi ne abbiano impiegati otto, un tempo che non è compatibile con le esigenze di un’azienda”.

Insomma, efficientamento energetico e fonti rinnovabili, per ridurre le emissioni di CO2 ed essere più competitivi. Come a dire che per Parmacotto sostenibilità e business sono due facce della stessa medaglia. E sul fronte prettamente commerciale, buone notizie arrivano dagli Stati Uniti, dove nel 2019 il gruppo aveva acquisito il distributore Cibo Italia, diventato Parmacotto LLC: “Nell’anno dell’acquisizione l’azienda fatturava 10 milioni di euro – racconta Schivazappa – mentre quest’anno ci attestiamo intorno ai 20 milioni, più o meno. E ciò nonostante nei mesi della pandemia abbiamo dovuto fermare per un po’ il progetto di ristrutturazione. Inoltre, il mercato Usa ha una marginalità buona e costante, con un Ebitda che si avvicina al’8-9%, anche se poi c’è l’effetto cambio da considerare”.

E l’Italia? “Se non si fa qualcosa di serio e strutturato sul fronte dell’energia, l’Italia sarà un punto interrogativo – ribadisce l’AD di Parmacotto – perché quello che sta accadendo va oltre il normale rischio d’impresa. Per quanto ci riguarda avevamo operato un aumento dei listini, ma prima dell’impennata dei prezzi energetici. Adesso non possiamo fare a meno di proporre alla distribuzione un nuovo aumento e vedremo cosa succederà”.

Ridurre gli orari di apertura per risparmiare sui costi energetici

Una riduzione degli orari di apertura dei punti vendita: potrebbe passare anche da qui la strategia di contenimento dei consumi energetici a cui l’intero Paese è chiamato. A parlare di questa ipotesi è stato Marco Pedroni, Presidente di Coop Italia e di Ancc-Coop, a margine della presentazione del Rapporto Coop 2022. L’idea a quanto pare raccoglierebbe consensi trasversali nel settore della grande distribuzione, ma per essere messa in pratica ha bisogno di un’iniziativa da parte del Governo, perché le imprese faticherebbero da sole a trovare un accordo. “Tornare alle chiusure domenicali sarebbe però un errore – ha precisato Pedroni. Per i supermercati non sarebbe un grandissimo problema, ma per molti consumatori sì. Inoltre, chiudere la domenica porrebbe un problema occupazionale molto serio, perché le imprese si sono strutturate per offrire questo servizio: pensate non solo alla Gdo, ma agli esercizi presenti nei centri commerciali che hanno nella domenica il primo giorno in termini di vendite. Cosa diversa sarebbe se il Governo stabilisse con un intervento temporaneo un numero di ore massimo di apertura, lasciando poi la flessibilità di adattare questo orario massimo alle esigenze del singolo negozio”.

Rivedere la catena del freddo, evitando l’eccesso di banchi frigo, ridurre l’illuminazione quando il negozio è chiuso e adottare i sistemi a Led aiuta sicuramente a contenere i consumi, “ma per quanto il lavoro sul risparmio energetico possa essere importante – ha osservato Pedroni – il taglio dei nostri costi energetici può arrivare al 20% massimo. Le imprese della distribuzione non sono considerate energivore, ma nella pratica lo sono ed è necessario un intervento di sostegno, perché anche questo contribuirebbe a tenere un po’ più bassa l’inflazione per i consumatori”.

Altro tema sottoposto dalla Gdo all’attenzione della politica è la rimodulazione dell’Iva sui prodotti di largo consumo, portandola all’aliquota minima per i prodotti che compongono il paniere fondamentale acquistato dalle famiglie. Una misura simile comporterebbe ovviamente dei costi, che secondo il Presidente di Coop Italia potrebbero essere coperti almeno in parte utilizzando l’extragettito derivante sempre dall’Iva a causa dell’inflazione.

Qualunque sia il Governo che guiderà il nostro Paese credo che dovrà mettere al centro l’emergenza primaria delle famiglie italiane – ha affermato Pedroni – promuovendo una politica di ridistribuzione dei redditi a beneficio della maggioranza, affrontando il nodo energetico con misure che permettano alle imprese di rimanere sul mercato e ai cittadini di non pagare costi insostenibili”.

Roncadin cancella l’open-day a causa degli aumenti record

Da 2,5 milioni di euro all’anno a più di 13 milioni per l’energia elettrica, da 600.000 euro a più di 4 milioni per il gas, per non parlare poi dell’aumento della spesa su tutte le materie prime (mozzarella, pomodoro, farine…) che supera i 10 milioni di euro. Roncadin, azienda di Meduno (PN) specializzata nelle pizze surgelate per la grande distribuzione italiana e internazionale, fa i conti con i rincari folli e prende una decisione sofferta: cancellare il tanto atteso open-day annuale per le famiglie dei dipendenti per risparmiare tutto il possibile sui costi.

«È una goccia nell’oceano, ma il rammarico è tanto perché questo appuntamento è molto sentito e negli ultimi due anni era saltato causa Covid – commenta l’amministratore delegato Dario Roncadin. Un piccolo problema fra tanti ben più gravi, ma con questo cogliamo l’occasione per spiegare ai nostri dipendenti in quale situazione ci troviamo e ricordare i comportamenti individuali da mettere in atto per eliminare il più possibile gli sprechi. È certo però che tutto questo non basta: è la politica italiana ed europea che deve trovare una soluzione per questa situazione che sta mettendo in ginocchio tutte le aziende».

Nel messaggio inviato ai lavoratori, Dario Roncadin ha spiegato cosa sta succedendo e quali azioni l’azienda ha deciso di intraprendere. «Nelle ultime settimane i costi energetici sono aumentati a dismisura – spiega sempre Roncadin – senza considerare che stiamo partendo già da prezzi folli che hanno portato a chiudere temporaneamente molte aziende. Anche in Roncadin, già da nove mesi, siamo in balia dei continui aumenti dei prezzi. In questo momento dobbiamo essere tutti uniti e dobbiamo combattere insieme questa battaglia che viene determinata anche da piccoli gesti. Su due temi abbiamo segnalato alle nostre persone che possono dare una mano fin da subito. Il primo è lo spreco energetico: partendo dagli uffici, ma anche in tutte le aree produttive, siamo tutti impegnati a spegnere luci, PC e macchinari inutilizzati. Il secondo è lo spreco di materie prime in linea e nelle cucine: stiamo lavorando a nuove soluzioni per recuperare il più possibile».

L’azienda, da parte sua, non rimane immobile: Roncadin è già al lavoro per potenziare il proprio impianto fotovoltaico in modo da arrivare a coprire il 30% del fabbisogno energetico. A giorni comincerà l’installazione di 5.000 pannelli fotovoltaici (già previsti da tempo, ma che tardano ad arrivare per via dei problemi attuali di carenza di materie prime), ai quali successivamente se ne aggiungeranno altri 6.200.

L’intervento dell’AD si conclude con un ringraziamento e un appello: «Ringrazio tutti coloro che, con spirito costruttivo, possano aiutarci ad uscire anche da questa situazione. Come dico sempre, mai mollare! Sono certo che ne usciremo, ma non è pensabile farcela da soli: per questo rinnovo il mio appello affinché la politica e le istituzioni italiane ed europee facciano qualcosa al più presto per risolvere questa situazione insostenibile».

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