Primo semestre 2018, il mercato real estate italiano si ferma a 3,3 mld di euro

Una battuta d’arresto che però non preoccupa gli operatori: stiamo parlando del volume investito in Italia nel primo semestre 2018, che ha raggiunto circa 3,3 miliardi di euro, segnando una diminuzione del 40% rispetto allo stesso periodo del 2017 – anno record – il cui volume tuttavia è stato notevolmente superiore alla media decennale.
Se il volume degli investimenti nel settore immobiliare nel 2017 ha superato il record storico registrato nel 2007, con oltre 11,3 miliardi di Euro considerando tutti i settori ad esclusione del residenziale, i dati del primo semestre 2018 esprimono dunque un trend diverso, che tuttavia aveva raggiunto un volume superiore più del doppio rispetto alla media degli ultimi dieci anni.
Nei primi sei mesi del 2018 nuovi elementi di incertezza, legati anche alla situazione politica ed economica italiana, hanno contribuito a rallentare la crescita sostenuta del volume degli investimenti immobiliari che proseguiva da ormai cinque anni. La domanda si conferma elevata, ma è più cauta rispetto al passato.
“La prima metà dell’anno è stata comunque dinamica. Sicuramente la situazione di stallo politico alla fine di maggio, seppur transitoria, ha rappresentato un ulteriore elemento d’incertezza sul Paese che ha rallentato l’attività d’investimento. Alcuni investitori si sono raffreddati sull’Italia, valutando le opportunità con maggior cautela rispetto al recente passato, ma l’interesse rimane forte, anche in un’ottica di diversificazione europea” commenta Joachim Sandberg, Head of Italy and Southern Europe Region di Cushman & Wakefield. “Si possono evidenziare alcuni trend che hanno caratterizzato il primo semestre: i capitali internazionali continuano a rappresentare la componente principale degli investimenti (circa 65%), ma l’attività degli investitori domestici (35%) è in aumento rispetto al 2017; continua la compressione dei rendimenti prime, con transazioni uffici chiuse sotto il 3,5%, segnale di un mercato in salute in cui l’interesse continua ad essere forte; ed infine la conferma dell’attenzione verso lo sviluppo immobiliare, sia che si tratti di grandi progetti di rigenerazione urbana, oppure di singoli immobili da valorizzare”.

Approfondendo l’analisi, la diminuzione dei volumi si riferisce prevalentemente al settore direzionale (-58%) ed è riconducibile ad una combinazione di cause diverse, ma principalmente alla carenza di prodotto in linea con gli standard internazionali, risultato della limitata attività di sviluppo e riqualificazione negli ultimi anni. Uffici e Retail si confermano i settori dominanti in termini di volumi transati (circa 35% ciascuno), seguiti dalla Logistica (12%) e dal settore Alberghiero (10%).

Per quanto riguarda il settore direzionale, la limitata offerta di prodotto “core” ha generato un’elevata competizione e quindi una compressione dei rendimenti “prime” fino a raggiungere valori minimi storici, intorno al 3,50% netto per Milano e 4,00% netto per Roma.
Secondo Claudia Buccini, Head of Research di Cushman & Wakefield in Italia: “In risposta a questo scenario, gli investitori hanno iniziato ad ampliare e diversificare le loro strategie di investimento, ad esempio valutando opportunità prime ma in location secondarie, con solidi fondamentali immobiliari; oppure progetti di sviluppo o riqualificazione per creare nuovo prodotto di grado A, con le caratteristiche di flessibilità ed efficienza attualmente richieste dai conduttori. In altri casi ancora, hanno spostato la loro attenzione su asset class alternative, quali residenze universitarie, residenze per anziani o strutture sanitarie assistenziali, che tuttavia rappresentano settori ancora poco maturi nel mercato italiano e possono richiedere una più lunga fase di analisi e valutazione dell’investimento”.
Milano rimane più resiliente rispetto ad altri mercati italiani, confermandosi come “gateway city” in Europa, in grado di competere con gli altri mercati europei e attrarre un numero crescente di investitori e corporate, nonostante l’attuale situazione di incertezza politica.
Il Retail continua ad essere un target per gli investitori, con particolare riferimento a Centri Commerciali (55% del volume retail) e High Street (30%), e circa il 60% delle transazioni registrate nel primo semestre è rappresentato da portafogli. Per quanto riguarda il segmento delle high street, le città principali si confermano Milano, Roma, Venezia, Firenze e in minor misura anche Torino, dove l’interesse degli investitori è alimentato dalla dinamicità del mercato delle locazioni e dal trend positivo dei canoni, sostenuti dai flussi turistici che caratterizzano queste città. Per quanto riguarda il segmento out of town, il mercato è sempre più polarizzato, con domanda crescente e pressione sui rendimenti per i centri riconosciuti come “retail destination”, mentre soffrono i prodotti secondari non supportati da solide catchment area.

 

Cresce la logistica

La Logistica, che rappresenta il 12% sul totale degli investimenti, è l’unico settore che mostra un andamento in crescita rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (+25% ma partendo da una base limitata), a conferma del forte interesse generato dalla continua evoluzione dell’e-commerce e dall’espansione della grande distribuzione. Gli investitori sono focalizzati su opportunità immobiliari con contratti di locazione di lunga durata e conduttori affidabili, ma valutano anche opportunità di sviluppo per creare nuovo prodotto in linea con le richieste sempre più sofisticate degli operatori.
Infine, il mercato Alberghiero presenta interessanti opportunità e ampi margini di crescita, non solo nei mercati principali quali Milano, Roma, Venezia e Firenze, dove l’attenzione degli investitori è sempre elevata, ma anche in location secondarie che offrono rendimenti appetibili, oppure considerando asset class “alternative” quali residenze per studenti e ostelli, settori attualmente in evoluzione.
Conclude Carlo Vanini, Head of Capital Markets di Cushman & Wakefield in Italia: “Sicuramente il rischio legato al Paese è aumentato rispetto all’inizio del 2018 ed è ormai certo che nel 2019 la Banca Centrale Europea interromperà il lungo periodo di politica monetaria espansiva. Come effetto dell’aumento dello spread, i costi di finanziamento sono già cresciuti e gli investitori sono più cauti, soprattutto quelli internazionali, ma le opportunità che l’Italia offre rimangono elevate. Il driver principale per l’investimento immobiliare rimane il contesto economico del Paese, per il quale è previsto un andamento positivo nel 2018. È pertanto prevedibile che la crescita degli investimenti immobiliari prosegua in linea con il trend degli ultimi anni, pur se in modo più cauto e a ritmi meno sostenuti, con un’attenzione sempre maggiore ai fondamentali e all’evolversi della situazione politica”.