e-commerce: più obblighi per chi vende, più garanzie per chi acquista

L’e-commerce in Italia ha cambiato le proprie regole dopo il deciso invito contenuto nella direttiva comunitaria 2011/83/UE sui diritti dei consumatori, che ha costretto tutti i paesi della UE ad allinearsi a nuove norme e disposizioni.

La conseguente entrata in vigore delle nuove regole sono state salutate lo scorso 14 giugno 2014 con felicità dalle associazioni dei consumatori, mentre hanno creato qualche malumore tra le fila di alcuni operatori, che ritengono di aver subito un torto nelle loro possibilità di proposta commerciale.

L’area di applicazione è molto vasta e l’e-commerce rientra all’interno di tutte le attività che prevedono la stipula di contratti a distanza: non solo online ma anche via telefono e quelli negoziati e conclusi fuori dai locali commerciali, come nel caso delle vendite porta a porta o nel corso di un viaggio promozionale.

In primis il consumatore viene tutelato con l’obbligo per il venditore o di chi propone un contratto di fornire informazioni dettagliate prima della firma del contratto, sia sulla propria identità, sul bene o servizio offerto, ma anche sulla modalità di negoziazione e sull’esecuzione del contratto. Aumenta la responsabilità del venditore anche sui danneggiamenti delle merci durante il processo di consegna e soprattutto cambiano i termini per il diritto di recesso: da 10 a 14 giorni, senza l’obbligo di dover fornire alcuna motivazione per il recesso o la restituzione.

A maggior garanzia degli acquirenti, inoltre, il rimborso deve avvenire conteggiando i giorni a partire dalla dichiarazione di avvenuta restituzione da parte del consumatore finale: si può quindi creare un a situazione in cui il merchant debba rimborsare anche senza aver ancora ricevuto la merce.

Questo uno dei punti maggiormente contestati, assieme alle obiezioni di chi vende dei servizi aggiuntivi, quali ad esempio assicurazioni di viaggio su biglietti, a cui è stato vietato di “suggerire” con campi già preselezionati opzioni di vendita.

Call center di assistenza e modalità di pagamento infine dovranno avere delle tariffe standard, o comunque non superiori a determinate soglie.

Il quadro che va a dipingersi è quindi quello di un canale e di modalità di vendita rivoluzionate e lascia ben sperare per il futuro.

Il mancato sviluppo di questo mercato in Italia, rispetto a quanto avvenuto in altri paesi, infatti, si può spiegare sia per la ritrosia all’utilizzo di strumenti di e-commerce, ma anche e soprattutto a causa di regole incerte e vere e proprie truffe che hanno scoraggiato nel tempo le persone ad avventurarsi verso “affari” conclusi a distanza.

Nonostante ciò, negli ultimi 2 anni i consumatori italiani che hanno fatto almeno un acquisto online sono passati da 9 a 16 milioni.

La grande debolezza del settore comunque riguarda soprattutto le aziende italiane che vendono online oltre frontiera e che rappresentano solo il 4% del totale, ma che grazie alle nuove normative potranno entrare con più decisione in un mercato che già oggi vale 14 miliardi di euro.

È del tutto evidente quindi che la fiducia tra consumatori ed aziende passi anche attraverso regole chiare e condivise che consentano ad entrambe le parti di far decollare un business rilevante nell’era moderna, che altrove sta aiutando non solo la ripresa, ma anche lo sviluppo di nuove professionalità e di interi settori di business.

di Diego Martone (Demia)