
In occasione della Giornata di mobilitazione nazionale “Legalità, mi piace”, in programma il 25 novembre, Confcommercio ha difuso i dati di una ricerca condotta da Format, secondo cui sono in aumento gli acquisti illegali di abbigliamento, calzature e pelletteria, mentre diminuiscono quelli di prodotti ritenuti più a rischio per la salute, come alimentari, cosmetici e profumi.
L’acquisto di prodotti o servizi illegali è sostanzialmente legato a motivi di natura economica: per il 72,1% dei consumatori “non si hanno i soldi per comprare i prodotti legali” e per il 70% dei consumatori “si pensa di fare in questo modo un buon affare, risparmiando”.
Il 72,4% dei consumatori è d’accordo con l’affermazione secondo la quale l’acquisto dei prodotti illegali o l’utilizzo di servizi irregolari è piuttosto normale e per di più si rivela utile per chi è in difficoltà economica.
Un consumatore su tre afferma che l’acquisto illegale è effettuato in modo consapevole. Cresce la consapevolezza dei consumatori sui rischi per la salute (l’80% contro il 71% del 2014) e per la sicurezza (il 66,2% rispetto al 63,3% dell’anno scorso) derivante dall’acquisto di prodotti/servizi illegali.
Sette consumatori su dieci inoltre sono informati sul rischio di incorrere in sanzioni amministrative per l’acquisto di prodotti o servizi illegali e un consumatore su due ha letto, visto o ascoltato campagne di sensibilizzazione contro la contraffazione.
Sul lato delle imprese, la ricerca evidenzia che il 62,1% di quelle del commercio, del turismo, dei servizi e dei trasporti si ritiene danneggiato dall’illegalità (+1% rispetto allo scorso anno). A sostenerlo sono in prevalenza imprese del Nord Ovest (67%) e del Sud (64,6%), ma questo sentiment è in crescita tra le imprese del Nord Est (+10,4%) e del Centro (+3,1%).
Tra gli effetti più dannosi prodotti dalle diverse forme di illegalità (contraffazione dei prodotti, acquisizione illegale di prodotti via internet, musica e videogiochi, abusivismo commerciale e/o esercizio illegale di una professione), le imprese indicano principalmente la concorrenza sleale (62,5%), la riduzione dei ricavi e del fatturato a causa delle mancate vendite (34,8%), la spesa per i servizi di videosorveglianza (17,7%), il dover rinunciare ad assumere nuovi addetti o, in qualche caso, a mantenere i livelli occupazionali attuali (16,2%).
E per oltre l’80% delle imprese del terziario il mercato dei prodotti illegali e dell’esercizio abusivo delle professioni è in continua crescita.