Supermercati, supervini. Gdo primo canale di vendita con 500 mln di vino nel 2016

Ormai la Gdo è diventato il canale di vendita più importante dei vini in Italia. Lo rivela una ricerca dell’istituto di ricerca ‘Iri presentata all’edizione numero 51 del Vinitaly in corso a Verona durante la tavola rotonda organizzata da Veronafiere sul tema del vino nella grande distribuzione. Secondo la ricerca gli italiani comprano il vino soprattutto nei supermercati: nel 2016 hanno acquistato sugli scaffali 500 milioni di litri, spendendo 1 miliardo e mezzo di euro. E il 60% di questi acquisti è rappresentato dai vini con riferimento territoriale (Docg, Doc, Igt), il comparto che cresce di più: per volume + 2,7% nel 2016 e + 4,9% nel primo bimestre 2017. Si ricercano sempre più la qualità e i legami col territorio. Cantine e insegne della Grande distribuzione sono pronte a migliorare la collaborazione per soddisfare questa domanda dei consumatori.

 

Alla ricerca della qualità

I comportamenti di chi mette le bottiglie nel carrello stanno cambiando. Sempre meno bottiglioni da un litro e mezzo, vini sfusi, damigiane, brik, sempre più bottiglie da 75cl. I vini fermi sono più richiesti dei vini frizzanti, che probabilmente risentono del boom degli spumanti (+7% nel 2016). Crescono rapidamente anche i vini biologici, una proposta ancora di nicchia nella Grande distribuzione. Cambiamenti influenzati anche dal graduale ricambio generazionale e dal rinnovato interesse dei giovani per il vino. Gli studi Iri sul comportamento dei consumatori nella Grande distribuzione evidenziano che l’86% di essi è propenso a sperimentare nuovi prodotti, si informa sulle novità a scaffale, spesso sui siti web di settore (il 33%).

«Siamo sulla strada giusta, auspicata da tempo – ha detto Cesare Cecchi, Consigliere di Federvini -. Non dobbiamo assolutamente tradire questa qualità che viene cercata dal consumatore, sarebbe un errore imperdonabile. Le cantine devono continuare a ricercare la qualità del prodotto senza accettare scorciatoie, e i distributori devono incoraggiare la produzione a proseguire su questa strada». Eppure persiste, come ricorda Gabriele Nicotra, direttore acquisti Unes Supermercati (Gruppo Finiper) “una diffidenza da parte di alcune cantine importanti verso la Grande Distribuzione, esse evitano una relazione diretta con le insegne distributive pur sapendo che a volte il loro prodotto ci arriva tramite canali non ufficiali. Questo è un peccato, soprattutto per il consumatore che ormai cerca anche i prodotti di pregio sugli scaffali dei supermercati”. Così la collaborazione tra cantine e insegne distributive più che sulle grandi case vinicole poggia sulle aziende medie con le quali, secondo Eugenio Gamboni, direttore commerciale del Gruppo Vegè: “si discute e ci si confronta liberamente, distanti dal mondo molto più complesso della grande industria e delle multinazionali”. Esce comunque il quadro di un prodotto maturo, “specchio fedele del mutamento dei consumatori e dei loro stili di acquisto”, come riassume Emilio Pedron, consigliere dell’Unione Italiana Vini.

Grande incognita quella rappresentata dall’incertezza sui mercati britannico e statunitense a causa nel primo caso della Brexit e nel secondo caso dalle politiche protezionistiche minacciate dalla nuova amministrazione Trump: «La Brexit – spiega Alex Canneti della Berkmann Wine Cellars di Londra – è una sfida per le vendite dei vini italiani poiché l’Australia, il Sud Africa e la Nuova Zelanda saranno i primi Paesi a istituire trattati bilaterali con il Regno Unito. L’unica soluzione a questa minaccia è consentire al Regno Unito un periodo di 10 anni per condividere gli stessi oneri doganali dell’Unione e negoziare un trattato di libero commercio». Un tema fatidico, perché mai come in questo periodo le catene di supermercati britanniche, soprattutto Waitrose e Majestic, hanno mostrato interesse per i vini italiani, dalle bollicine ai rossi come Cannonau e Amarone e ai bianchi come Fiano, Pecorino e Vermentino.