Quale futuro per la Gdo in un Sud povero, deserto e anziano?

La presentazione del “Rapporto Svimez 2014 sull’economia del Mezzogiorno”, edito da Il Mulino, si è tenuta ieri al Tempio di Adriano a Roma. Foto Svimez.

Sembra un bollettino di guerra, invece è il Rapporto sull’economia del Mezzogiorno 2014 presentato ieri da SVIMEZ, l’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno. Da cui emerge un’Italia più spaccata in due che mai, che la crisi ha reso ancora più disuguale. Non solo: il Sud secondo Svimez è a “rischio desertificazione”, con una popolazione sempre più esigua,  povera e anziana.

Dal Meridione si scappa per assenza di lavoro e prospettive: solo nel 2013 sono emigrati 116mila abitanti, e per il secondo anno di fila la natalità è stata negativa, con il conseguente innalzamento dell’età media ed emorragia delle fasce più produttive della popolazione. Aumentano le famiglie povere (+40% nell’ultimo anno) perché manca il lavoro (l’80% dei posti di lavoro nazionali persi tra il primo trimestre del 2013 e del 2014 è al Sud); l’industria continua a soffrire (-53% gli investimenti in cinque anni di crisi, -20% gli addetti) e gli occupati arrivano a 5,8 milioni, il valore più basso dal 1977.

Crollano i consumi
I consumi delle famiglie meridionali sono ancora scesi, arrivando a ridursi nel 2013 del 2,4%, a fronte del -2% delle regioni del Centro-Nord. Dal 2008 al 2013 la caduta dei consumi ha sfiorato nel Sud i 13 punti percentuali (- 12,7%), un risultato due volte maggiore che nel resto del Paese (-5,7%). Non parliamo solo del superfluo: in questi cinque anni di crisi sono crollati anche i consumi di beni alimentari, al Sud del -14,6%, a fronte del -10,7% del Centro-Nord; in caduta libera anche il vestiario e le calzature, -23,7%, quasi doppio che nel resto del Paese (-13,8%). Arretrano anche i servizi per la cura della persona e le spese per l’istruzione: -16,2% al Sud, tre volte in più rispetto al Centro-Nord (- 5,4%). A esporre alla povertà individui e famiglie concorrono sia la disoccupazione (specie femminile con 6 famiglie su 10 monoreddito) che il numero maggiore di familiari a carico.

Conseguenze per lo sviluppo della GDO?
Possiamo immaginare che in questa parte del Paese abbandonata dalle fasce più attive della popolazione, impoverita e con scarse prospettive (il crollo delle nascite è significativo) gli investimenti, anche nel retail, potrebbero non essere all’ordine del giorno. Prima di tutto per lo stravolgimento demografico, che secondo il rapporto farà perdere alle regioni del Sud 4,2 milioni di abitanti nei prossimi 50 anni, portandole a pesare per il 27% sul totale nazionale a fronte dell’attuale 34,3%. Per il progressivo innalzarsi dell’età media, che in un’altra situazione potrebbe far pensare a nuovi prodotti e servizi per gli anziani (pensiamo ai supermercati per la terza età nati in Germania), ma che in una situazione così compromessa dal punto di vista economico e dei consumi fa immaginare piuttosto una marea di discount che puntano su offerte e prodotti low cost, sul tipo dei Pound shops inglesi (quelli dove merce di ogni tipo viene venduta a una sterlina, sempre affollatissimi). L’emorragia di giovani e laureati (tra cui molte donne) verso altre regioni in cerca di lavoro infine non mancherà di indirizzare la domanda verso prodotti tradizionali e di fascia bassa. Le eccezioni ci sono, naturalmente. Basta pensare ai nuovi format di successo di Sicilconad sorti proprio in una delle regioni più compromesse, la Sicilia. Ma il futuro è quanto meno incerto.

Le previsioni dello Svimez per il 2015 indicano un Pil nazionale in timida crescita (+0,8%), risultato di un +1,3% del Centro-Nord e il negativo -0,7% del Sud. In risaluita i consumi al Centro-Nord a +0,4% e in flessione al Sud (-0,2%).

Anna Muzio