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Fare impresa in modo sostenibile: a Saclà la certificazione B Corp

A partire da luglio 2023 Saclà ha assunto lo status giuridico di società benefit, a conferma della volontà di perseguire, oltre al profitto, anche un impatto positivo sulle proprie persone, sui clienti, sull’ambiente e la comunità, integrando questo impegno all’interno dello Statuto aziendale. Oggi l’azienda rafforza ulteriormente il proprio impegno di evoluzione sostenibile attraverso l’ottenimento della certificazione B Corp, rilasciata da B Lab Italia. Lo status di B Corp è stato assegnato dopo un rigoroso processo di verifica da parte del network no-profit B Lab, che si pone l’obiettivo di accelerare il cambiamento comportamentale, culturale e strutturale promuovendo un sistema economico inclusivo, equo e rigenerativo a beneficio delle persone, delle comunità e del pianeta.
 
La certificazione B Corp misura in maniera indipendente e oggettiva l’impatto sociale e ambientale dell’impresa, secondo gli standard previsti dal B Impact Assessment (BIA). Il risultato, ottenuto con il supporto di Nativa, ha previsto un processo di valutazione che analizza le pratiche e i risultati aziendali considerando cinque differenti categorie: governance, lavoratori, comunità, ambiente e clienti. Tra i vari esempi di azioni che hanno contribuito al risultato troviamo: l’integrazione della sostenibilità negli obiettivi del 100% delle prime linee di management; gli investimenti nel territorio, come la realizzazione del sistema fognario per la città di Asti del valore di più di un milione di euro. Ulteriore testimonianza dell’attenzione dell’azienda verso le comunità, sono le donazioni di pasti a diverse realtà, tra cui il Banco Alimentare; la tutela e valorizzazione del benessere delle persone e delle famiglie con iniziative di welfare aziendale, tra cui l’introduzione dell’orario flessibile per andare incontro alle esigenze delle neomamme e l’inserimento di benefit sanitari. Inoltre, a conferma di questo impegno, per il secondo anno consecutivo, Saclà UK è stata nominata dal Sunday Times come “Best Place to Work 2024”; l’adesione a protocolli ambientali tra cui le certificazioni EMAS e ISO14001 per il continuo miglioramento delle prestazioni attraverso regolamenti e valutazioni periodiche per ridurre le emissioni dei consumi energetici, già diminuiti di oltre il 20%. Un dato che aumenterà nei prossimi anni, grazie al trasferimento dell’attività produttiva nel nuovo stabilimento di Castello d’Annone; la promozione di un’alimentazione sana verso i clienti con prodotti di qualità, favorendo allo stesso tempo un impatto sociale e ambientale positivo grazie a iniziative dedicate ai consumatori.
 

Queste azioni rappresentano solo alcuni esempi di una serie di attività d’impatto realizzate nel corso degli anni, raccolte nel content hub #ThanksPlanet, che hanno permesso a Saclà di ottenere la certificazione B Corp. 

“Come azienda storica e radicata nel territorio sentiamo una profonda responsabilità verso le comunità in cui operiamo e l’ambiente che ci circonda. Le aziende del settore alimentare oggi devono giocare sempre di più un ruolo attivo nel contribuire a risolvere le sfide ambientali e sociali che il mondo si trova ad affrontare. La certificazione B Corp è il riconoscimento del nostro impegno a fare impresa in modo più sostenibile, ma soprattutto conferma la nostra volontà di adottare una cultura aziendale che mette al centro l’etica e la sostenibilità. Non un punto di arrivo, ma un nuovo stimolo per continuare a migliorarci e a generare valore, secondo i principi della responsabilità e della trasparenza” afferma Chiara Ercole, Ceo di F.lli Saclà Spa. 
 
“L’ottenimento della certificazione B Corp è il risultato tangibile dell’impegno di un’azienda nell’adottare elevati standard per misurare, migliorare e promuovere pratiche sociali, ambientali e di governance. Siamo orgogliosi di accogliere F.lli Saclà all’interno del movimento delle B Corp, azienda che si distingue per valorizzazione del territorio e trasparenza e ci auguriamo che il suo impegno possa essere di ispirazione per la community delle B Corp e per altre imprese nel settore food che vogliono iniziare questo percorso verso paradigmi rigenerativi” aggiunge Anna Puccio, Executive Director di B Lab Italia.

Lo ‘shared value’ nelle Societa’ Benefit e B-Corp. Il parere legale

Per ottenere profitti a lungo termine, le Aziende devono prendere in adeguata considerazione le esigenze dei vari stakeholders, i quali oggi si dimostrano sempre più sensibili e condizionati nelle proprie scelte dall’espressione di valori di sostenibilità, sicurezza, etica e trasparenza. Secondo il parere dei maggiori esponenti del mondo dell’economia, le aziende che sapranno conciliare business e valore condiviso saranno dunque quelle che avranno i migliori risultati.

In tale contesto si inseriscono Società Benefit e certificazione B-Corp (un tema già precedentemente trattato), che rappresentano lo strumento per coniugare concretamente profitto e valore condiviso e per far sì che questi siano fonte di reciproco accrescimento.

Con Simona Cardillo dello studio Lexant, approfondiamo il concetto – già trattato in precedenza – di ‘valore condiviso’ o ‘beneficio comune’, esaminando nel concreto il metodo di individuazione e di misurazione di questo.

“In forza dell’art. 378 della L. 208/2015, per ‘beneficio comune’ si intende il perseguimento, nell’esercizio dell’attività economica, di uno o più effetti positivi, o la riduzione degli effetti negativi, su persone, comunità, territori e ambiente, beni ed attività culturali e sociali, enti e associazioni.

Fin da subito è bene sottolineare che, nelle Società Benefit, al centro del concetto di ‘valore condiviso’ (shared value) vi è la coesistenza ed il bilanciamento del beneficio ambientale/sociale e dell’obiettivo economico, senza che sia possibile rinunciare ad uno in ragione dell’altro e con necessità di concreta individuazione e misurazione di entrambi i valori.

Non rientra allora nel concetto delle Società Benefit (e delle B-Corp) la pura distribuzione di una parte dei profitti a progetti a valenza sociale, quanto piuttosto l’attuazione di politiche e programmi che producano valore nuovo e durevole, capace, da un lato, di produrre effetti eticamente apprezzabili e, dall’altro lato, di restituire all’azienda un vantaggio misurabile in termini economici.

Quando un’azienda crea valore condiviso, ci può fare un esempio?

Quando, ad esempio, le procedure che adotta per ridurre l’emissione di inquinamento le permettono anche di ridurre i consumi e quindi i costi per l’energia, oppure se l’attività di formazione professionale in favore di comunità bisognose consente a queste di migliorare il proprio benessere e, aumentandone l’efficienza nella produzione, garantisce all’azienda anche prodotti di maggiore qualità.

Shared Value e Corporate Social Responsibility, coincidono?

No: in ottica Società Benefit il beneficio collettivo cui tendere (lo Shared Value) è infatti un concetto ben differente rispetto alla così detta Corporate Social Responsibility (CSR).

Quest’ultima è costituita dalle politiche e dai comportamenti aziendali guidati da un’attenzione al contesto ambientale e sociale dell’impresa. Lo shared value, invece, è un concetto più robusto, che rappresenta la strategia di creazione di valore nel lungo periodo in coordinamento con il core business aziendale, del quale sfrutta le risorse specifiche e le conoscenze.

Valore condiviso e obiettivi benefit

Come individuare il valore da conseguire?

Naturalmente, le opportunità sono diverse per ogni azienda, come è diverso l’approccio che può essere da questa scelto in ragione del proprio settore di riferimento, dell’ubicazione, delle propensioni del management e così via. In ogni caso, il metodo[1] utile alla concreta individuazione dello specifico valore da perseguire potrà essere rappresentato dal (i) riconcepire prodotti e mercati; dal (ii) ridefinire la catena del valore; o dal (iii) facilitare lo sviluppo di cluster locali.

Nel primo caso, il punto di partenza per implementare una shared value strategy sarà l’individuazione di alcuni bisogni sociali insoddisfatti e di un mercato di riferimento, per poi capire quali siano i benefici o i danni generati dai propri prodotti per, infine, ridefinire tali prodotti tenendo conto degli aspetti emersi.

Nel secondo caso, si partirà invece dalla consapevolezza che l’azienda, nello svolgimento della propria attività, produce danno all’ambiente e alla società. Sulla base di tale presa di coscienza, l’azienda potrà allora intervenire sulla catena del valore, ridefinendola, così migliorando l’impatto esterno dell’attività aziendale, con contestuale riduzione dei costi.

Più concretamente?

Alcuni esempi di tale impostazione possono riguardare il rapporto tra energia e logistica ai vari livelli della supply chain e l’uso di risorse scarseggianti che, se risparmiate tramite riciclo, individuazione di risorse alternative o riutilizzo, determinano un contestuale risparmio economico; la gestione degli acquisti laddove la corsa al ribasso dei prezzi di acquisto, se da un lato danneggia i fornitori (magari siti in zone in via di sviluppo), dall’altro potrebbe risultare antieconomica anche per l’azienda: i fornitori non cresceranno in prestazioni e professionalità. In tale ottica, collaborare e finanziare la crescita dei fornitori porterà anche l’aumento dei volumi di produzione e l’aumento della qualità dei prodotti acquistati; l’interdipendenza tra salute e produttività dei dipendenti, essendo accertato che assistenza sanitaria, formazione e politiche di incentivo al benessere, anche psicologico, determinano maggiore rendimento e produttività dei lavoratori.

Nell’ultimo caso, ancora, si prenderà in considerazione l’interdipendenza tra l’impresa e la comunità in cui questa è inserita (cluster) e si lavorerà sul concetto per cui la crescita della comunità determina un corrispondente effetto positivo sulla attività e sui risultati aziendali.

Operativamente, qualsiasi sia l’approccio scelto, l’azienda

  • identifica i punti di intersezione tra attività aziendale e società, successivamente
  • individua i problemi sociali sui quali può e desidera intervenire ed infine
  • definisce il proprio piano d’azione, che poi
  • tiene monitorato in corso di sviluppo e sino al suo compimento.

 

L’elaborazione di un piano

Cosa serve per raggiungere l’obiettivo?

Al fine di perseguire la finalità di beneficio comune e di monitorarne l’andamento, l’azienda dovrà predisporre un piano contenente gli obiettivi specifici individuati; le azioni che intende intraprendere per il perseguimento di questi; le risorse di capitale (economico, umano, sociale, ambientale) che  saranno  impiegate  per  il raggiungimento  degli  obiettivi specifici individuati; gli strumenti volti a verificare l’effettività delle azioni intraprese  a  favore  dei soggetti “beneficiati”; gli idonei indicatori che verranno utilizzati per misurare il raggiungimento dei target specifici[2].

La misurazione del valore

Parliamo di misurazione del valore, ma cosa comporta? Quali i vantaggi? Quali le prerogative?

La misurazione del valore creato è l’elemento che caratterizza le Società Benefit e le concretizza nella loro essenza di modello di business efficiente e di successo.

Proprio la visione empirica dell’impatto benefico creato dalle S.B. conferisce a queste la reputazione di modello aziendale virtuoso e di successo.

La misurazione del valore è fondamentale per presidiare il processo, per verificarne l’efficienza nel corso del suo evolversi e per appurarne la realizzazione. La misurazione consente alle imprese di capire in che misura la creazione di valore sociale determini un aumento del valore economico e permette eventuali aggiustamenti in itinere.

Ma non solo. La misurazione del valore permette di fornire agli interlocutori, in particolare banche e investitori, una dimostrazione concreta della propria capacità di creare valore e di svilupparlo nel tempo.

Come si articola il processo di misurazione?

Esso percorre tutto l’iter, dalla individuazione degli obiettivi, allo sviluppo del progetto, fino alla conclusione dello stesso, e si svolge in quattro fasi[3]:

  1. identificare gli specifici problemi sociali la cui soluzione permetta all’azienda anche di aumentare i ricavi o ridurre i costi, assegnando loro una priorità in base alla compatibilità con l’attività svolta e in base all’opportunità economica che promettono;
  2. effettuare un’analisi costi-benefici, identificando gli obiettivi e i costi relativi ad ogni attività di creazione di valore condiviso, per poi confrontarli con i relativi benefici sociali e risultati economici allo scopo di comprendere come i benefici sociali possano aumentare direttamente la performance economica dell’impresa. Al termine dell’analisi si potrà decidere se sia conveniente, o meno, procedere con l’iniziativa individuata e si potrà dunque predisporre il piano;
  3. tracciare i progressi fatti verso il raggiungimento dell’obiettivo benefit tracciando input e attività svolte, ed output e risultati finanziari relativi al progetto;
  4. misurare i risultati finali per appurare se i costi sostenuti dall’impresa abbiano prodotto un buon ritorno, a livello sia sociale che economico.

E’ possibile fornire un esempio empirico di quanto detto?

Possiamo analizzare il progetto ‘Coletivo’ Coca-Cola[4], con cui l’Azienda ha creato valore condiviso aumentando l’occupazione dei giovani a basso reddito in alcune comunità in Brasile, rafforzando i canali distributivi del commercio al dettaglio e la solidità del brand in quelle aree, con un conseguente aumento delle proprie vendite locali.

L’approccio seguito da Coca-Cola durante lo sviluppo della strategia di valore condiviso ha ricalcato le quattro fasi sopra descritte: 1. identificazione di uno specifico problema sociale: dopo attento studio sulle esigenze della crescente classe media in Brasile, Coca-Cola ha individuato nell’istruzione dei giovani con basso reddito una questione sociale strategica per la società. Questi giovani infatti avevano difficoltà a trovare un lavoro per la mancanza di istruzione primaria che lo Stato non era sempre in grado di garantire e per le limitate offerte di lavoro; 2. preparazione del business case: Coca-Cola ha dunque deciso di intraprendere, in collaborazione con organizzazioni non-profit locali, progetti di istruzione e formazione, inserendo i giovani, per un periodo di due mesi, nella vendita al dettaglio, nello sviluppo di un business e nell’apprendimento di capacità imprenditoriali. Il progetto prevedeva anche l’impiego dei giovani nei negozi locali che avrebbero così migliorato la loro attività grazie all’aiuto ragazzi, con un conseguente aumento delle vendite dei prodotti Coca-Cola; 3. tracciare i progressi: Coca-Cola ha nominato alcuni supervisori del progetto Coletivo, incaricandoli di misurare e riportare i progressi sulla base del numero di giovani partecipanti all’iniziativa, del numero di commercianti coinvolti e dell’evoluzione delle vendite di questi ultimi nel tempo, monitorando i relativi costi per verificarne efficacia ed efficienza; 4. misurare i risultati: le misurazioni costanti hanno permesso di modificare alcune decisioni per sviluppare l’approccio più efficace, per esempio inserendo corsi per aumentare l’autostima dei giovani e aiutarli così durante la ricerca di un lavoro.

[1] Monica Boggione, La creazione di valore condiviso: un’analisi empirica delle società benefit per individuare possibili metodi di misurazione.

[2] Ilsole24ore, Dossier Diritto Plus plus 24Diritto, maggio 2017.

[3] Monica Boggione, La creazione di valore condiviso: un’analisi empirica delle società benefit per individuare possibili metodi di misurazione.

[4] M.E. Porter et al., Measuring Shared Value. How to unlock value by linking social and business results.

Avv. Simona Cardillo Senior Associate

Via Pietro Cossa n. 2 – 20122 Milano (MI)
Mail: simona.cardillo@lexant.it
Skype: Cardillo Studio Lexant
www.lexant.it

Società Benefit e Certificazione B-Corp: la Tavola Rotonda di Lexant

Cosa sono Società Benefit e BCorp, in cosa consiste il beneficio comune, quali sono gli oneri e quali i vantaggi concreti, in termini reputazionali ma anche economici, che ne derivano?

In un mercato in cui tutti gli stakeholders sono sempre più interessati e condizionati nelle proprie scelte dall’espressione di valori di sostenibilità, sicurezza, etica e trasparenza, lo strumento della Società Benefit e della Certificazione BCorp suscita grande interesse.

L’argomento sarà oggetto della Tavola Rotonda Virtuale organizzata da Lexant il prossimo 18 novembre (dalle 17 alle 18), nella quale interverranno l’Avv. Simona Cardillo (Senior Associate Lexant), il Dott. Francesco Dori (Partner Studio Alfuor) e il Dott. Fabrizio Fujani (TUV Rheinald). Evento moderato dalla Dott.ssa Federica Silvestri (Business coach).

La partecipazione all’evento è gratuita, ad invito.

Per informazioni: info@cseventi.com       

+39 3470043601

Segreteria organizzativa Dott.ssa Nicoletta Oberto

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