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Out of stock e pandemia: il bilancio di Checkpoint

Alberto Corradini

La prima ondata del Covid-19 in Italia ha significato un boom nel consumo e nelle vendite di generi alimentari, ma ha invece penalizzato la  componente non Food e non specializzata nel commercio di beni di prima necessità, con una significativa diminuzione dei consumi. Partendo da queste premesse, Alberto Corradini di Checkpoint Systems analizza alcuni dati ufficiali per stilare un bilancio sull’impatto che essa ha avuto realmente sulla filiera, e per aprire una riflessione sull’esigenza di utilizzare l’esperienza maturata per mettere in atto strategie efficaci nel continuare a fronteggiare il prosieguo di una situazione di grave emergenza.

L’impatto della pandemia sulla catena di fornitura.

Si è parlato di un aumento dei volumi di vendita, ma è vero pure che, specialmente in GDO il comparto ha subito alcune criticità nella logistica, con ben il 60% delle aziende intervistate da ECR Italia nell’ambito della ricerca dal titolo Covid-19 nel largo consumo: quali effetti e quali implicazioni per la filiera?, che ha dichiarato di aver riscontrato problemi significativi lungo la catena di approvvigionamento, specie con fornitori esteri[1]. Tuttavia solamente un 20% delle aziende della GDO è preoccupata che nel futuro prossimo si possano verificare scenari critici di eguale misura. Nella catena di rifornimento da Centro di Distribuzione a Punto Vendita, infatti, complici l’assenza di traffico e la disponibilità di flotte dedicate di automezzi in grado di operare in modo continuativo, non si sono nel complesso registrate problematiche significative. Se parliamo poi della categoria Largo Consumo la percentuale di imprese che hanno subito criticità nell’approvvigionamento scende ulteriormente e ben l’82% delle aziende del comparto ha dichiarato addirittura di non aver subito alcun significativo impatto, se non con alcuni fornitori internazionali.

L’out-of-stock

Il problema dell’esaurimento delle scorte, che prima della pandemia era principalmente legato a stagionalità, promozioni, concorrenza dell’ecommerce, ha subito con il Covid una moderata accelerazione. Errori a livello di fornitura, di stoccaggio o, a monte, di produzione, piuttosto che di distribuzione o, in store, di mancati rifornimenti degli scaffali, ordini errati o inventari imprecisi, sono aumentati proprio con il complicarsi della logistica in senso più generale. Un’analisi che il Barometro OSA (Optimal Shelf Availability) – realizzato da GS1 Italy in ambito ECR e in collaborazione con IRI – ha svolto proprio sullo scenario dell’Out-of-Stock 2020 ci fornisce dati interessanti, descrivendoci un tasso medio percentuale del 3,9% registrato tra gennaio e dicembre 2020, ossia un aumento di soli +0,3 punti rispetto al 2019. Lo scenario, da un certo punto di vista, è ben più rassicurante del previsto, e denota un impatto della pandemia non così significativo, con appena il 5,1% in più di vendite perse a causa dello spettro “scaffali vuoti”, rispetto al periodo pre-Covid.

A un anno circa dall’inizio dell’emergenza possiamo dire quindi che, nel complesso, la logistica sembra aver retto alla crisi. È chiaro però che la pandemia ha contribuito a generare nei retailer la consapevolezza della necessità di adottare alcune misure per mantenere efficiente la supply chain e, di conseguenza, il business: ridurre gli assortimenti per ottimizzare il lavoro sui punti vendita ed evitare problemi a livello di gestione delle scorte; aumentare la disponibilità e flessibilità della manodopera per garantire l’efficienza dei magazzini; potenziare la collaborazione di filiera per migliorare i processi di consegna e supportare gli andamenti altalenanti della domanda; sono questi i principali learnings che i retailer portano con sé in questo 2021. D’altro canto, da attenti osservatori del mercato quali siamo, oltre che fornitori di tecnologie all’avanguardia, intendiamo suggerire l’esigenza di continuare a presidiare il problema dell’OOS, con l’intento di contenerne il margine specie in questo periodo transitorio dove l’uscita dalla pandemia sembra ancora piuttosto lontana.

[1]Covid-19 nel largo consumo: quali effetti e quali implicazioni per la filiera?”, Report ECR Italia GS1 (2020)

Checkpoint: 2 soluzioni per controllare accessi e temperatura

Sta per scattare, anche se in modalità dilazionata, la Fase 2.

Ergo, ci si dovrà attenre alle misure di distanziamento, ai controlli di sicurezza e al mantenimento degli accorgimenti basilari.

Per non arrivare impreparati Checkpoint ha lavorato intensamente alla progettazione e produzione, per fornire una serie di sistemi utili a gestire l’emergenza pandemica. Ciò non solo nel Retail, ma in tutti i contesti che includano qualsivoglia luogo di aggregazione e quindi rendano necessario attuare misure di contingentamento.

Una soluzione è SmartOccupancy dedicata alla regolazione del flusso di persone all’interno di spazi delimitati. Una serie di sensori integrati nei varchi conteggia in tempo reale entrate e uscite e genera alert visivi ed acustici che consentono al gestore di bloccare il flusso di persone al raggiungimento di soglie preimpostate. Gli addetti al controllo degli ingressi possono visualizzare i dati raccolti dal sistema direttamente su un tablet, oppure su un portale web ed il cliente del punto vendita ha la certezza di entrare in un luogo sicuro nel momento in cui vede semplicemente aprirsi un cancelletto in automatico, o comparire un semaforo verde su un display predisposto all’ingresso.

La soluzione, che trova in questa emergenza l’ideale utilizzo per il contingentamento degli ingressi, rappresenta però anche la risposta all’esigenza di controllo e contenimento delle differenze inventariali, aiutando concretamente i manager ad impiegare il personale in modo efficiente, limitando il rischio furti, che si può prevedere aumenterà con l’avvio della fase due.

Non sottovalutiamo, inoltre, l’aspetto marketing legato all’utilizzo del sistema per l’analisi dei flussi.

Per il controllo della temperartura corporea, invece, è pensato il sistema SmartTemperature che contribuisce al mantenimento del distanziamento sociale, imposto dalla normativa e lo fa in maniera scientifica, attraverso il rilevamento a distanza della temperatura del singolo utente/cliente in fase di accesso in qualunque luogo delimitato. L’utente viene bloccato automaticamente nel caso presenti stati febbrili e quindi rappresenti un potenziale portatore di agenti patogeni. Un sensore termografico integrato nella soluzione è in grado di riprendere contemporaneamente più persone e di individuare solo quella che ha la febbre, da una distanza di 3 metri. Lo fa grazie all’Intelligenza Artificiale integrata. La certezza di sicurezza per le persone deriva dal fatto che un avviso arrivi in tempo reale tramite tablet o desktop agli addetti al controllo, che possono quindi prendere decisioni immediate per la sicurezza di tutti.

 

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