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Olio extravergine d’oliva: crescono consumi ed export

L’emergenza sanitaria ha potenziato i consumi domestici e, con questi, la riscoperta del Made in Itraly. Olio extravergine compreso, naturalmente. A testimoniarlo un recente report della Commissione Europea, che, per quanto riguarda l’Europa, ha registrato un +15,6% nelle esportazioni verso i paesi extraeuropei fra ottobre 2019 e settembre 2020, in particolare verso Australia (+37,5%), Brasile (+31%) e Canada (+28,1%). Relativamente all’Italia, invece, fra ottobre 2019 e agosto 2020 le esportazioni intraeuropee sono aumentate del 24,7%. Un export dinamico quindi che, insieme al +7,4% di vendite alla GDO dei primi undici mesi del 2020 registrate dall’ISMEA, ha compensato le perdite dovute alla chiusura del canale della ristorazione. Basti pensare che in Italia 9 famiglie su 10 consumano olio extravergine d’oliva tutti i giorni secondo Coldiretti. Con questi ritmi il mercato globale dell’olio extravergine, che nel 2020 valeva 1.465,5 milioni di dollari, secondo WMFJ arriverà a valere oltre 1,8 miliardi di dollari entro il 2026, con un CAGR del 3.6%. “Durante il lockdown le persone hanno avuto modo di fermarsi e riflettere sulla propria alimentazione e questo ha influito su ciò che cercano sugli scaffali dei supermercati – ha affermato Federica Bigiogera, marketing manager di Vitavigor – Quanto emerge dalle indagini di mercato è evidente ora più che mai: i consumatori prediligono ingredienti di qualità, sani e preferibilmente nostrani. Per noi è importante fare tesoro di questi dati ed è anche per questo motivo che da oltre 60 anni utilizziamo per i nostri grissini solo olio extravergine d’oliva al 100%, evitando l’utilizzo di olio di palma, grassi animali o idrogenati, OGM e conservanti”.

Previsioni di mercato

Ma quali sono le previsioni del mercato dell’olio extravergine per l’anno in corso? In Italia non delle migliori, almeno in termini di quantità: l’ISMEA ha registrato un calo della produzione del 30% rispetto allo scorso anno. I motivi sono da ricercarsi nelle anomalie climatiche e nella Xylella che hanno devastato gli ulivi del Sud e in particolare della Puglia, regione responsabile del 51% della produzione italiana. Tuttavia, il clima più mite che si è registrato nel Nord della Penisola nel 2020 ha permesso di assistere a incrementi sostanziali per quanto riguarda alcune regioni settentrionali e centrali come Toscana (+31%), Umbria (+70%) e Liguria (+100%), a testimonianza del fatto che quando si tratta di agricoltura è fondamentale adattare le coltivazioni al clima. E se la quantità non è eccelsa, non si può dire altrettanto della qualità: l’olio extravergine d’oliva, infatti, è un grasso liquido estratto dalle olive, coltura tradizionale del bacino del Mediterraneo, ed è l’unico olio da cucina prodotto senza l’uso di agenti chimici e raffinazione industriale.

Export digitale: le opportunità per il Made in Italy secondo PwC

Dopo il crollo del 2020 si prevede una ripresa dell’export Made in Italy: le stime parlano di €510mld nel 2023- Questa la principale evidenza emersa durante l’evento in streaming organizzato da PwC “L’Export Digitale per le PMI: le opportunità per il Made in Italy”.

Ma scendiamo nel dettaglio. Dopo la flessione fisiologica dell’Export causata dalla pandemia nel 2020 (–15,3%), si attende una ripresa robusta dell’export di beni italiani a livello globale, con una stima di 461mld di euro nel 2021 (+9.3%), 487 mld di euro nel 2022 (+5.5%) e 510mld di euro nel 2023 (+4.8%) (fonte ISTAT, OCSE, Oxford Economics e SACE).

Nel 2021 è invece previsto un ritorno ai livelli pre-crisi dell’export dei servizi, mercato che, a seguito del forte calo nel 2020 (-29% nel 1° trimestre), è destinato a raggiungere 107mld di euro nel 2021 (+26.2%), 117mld di euro nel 2022 e 122mld di euro nel 2023 (fonte ISTAT, OCSE, Oxford Economics e SACE). 

La contrazione delle esportazioni italiane nel mondo nel 2020 sarà seguita da una graduale ripartenza già nel 2021, ma differenziata in base alle aree geografiche. Occorre quindi acquisire maggiore competitività nelle principali economie di sbocco e nelle venti “geografie prioritarie” in un’ottica di opportunità nel medio-lungo periodo, verso le quali le esportazioni italiane cresceranno complessivamente oltre il 5% in media annua a partire dal 2021. Tra i mercati da presidiare: Germania, USA, Cina e Russia.

Aumentano gli acquisti online

Le restrizioni fisiche e le misure di distanziamento imposte dal contesto pandemico hanno cambiato le abitudini di acquisto dei consumatori, facendo comprendere ancora di più l’importanza e le potenzialità dei canali digitali e dell’e-commerce per tutte le categorie di merci e servizi. Secondo la Global Consumer Insight Survey 2020 di PwC il 79% dei consumatori acquista online, (+5% sul 2019) e di questi un consumatore su cinque fa shopping esclusivamente online. Lo smartphone è il device che cresce di più per gli acquisti digitali (+45%), seguito dal pc (+41%) e dal tablet (+33%). Il 41% dei consumatori continua a preferire il negozio per le spese giornaliere e settimanali, contro il 33% che preferisce lo smartphone, device che però segna un trend di crescita (+7) sul 2019.

Le categorie trainanti dello shopping online

Secondo PwC, scalano la classifica degli acquisti online la categoria di abbigliamento e calzature (53% online vs 22%in store), l’elettronica (41% online vs. 21% in store), la cosmetica (39% online vs. 21% in store) e le attrezzature sport&fitness (32% online vs. 18% in store).

Si dividono invece più equamente fra gli acquisti online e quelli in negozi fisici gli alimentari (33% online vs. 32% in store), gli elettrodomestici (30% online vs. 23% in store) e i prodotti fai-da-te per la casa (32% online vs. 23% in store).

Il 42% dei consumatori quando acquista online premia velocità e affidabilità nelle consegne, fattore chiave per le aziende che vendono online. Tra gli altri fattori predilige: la disponibilità dei prodotti, la facilità e rapidità di ricerca nei siti ed una buona politica di reso.

Boom per gli eventi digitali

Nel 2020 gli eventi digitali hanno registrato cifre da record, spingendo gli acquisti: l’11.11 il Global Shopping Festival di Alibaba ha movimentato un valore lordo di merci pari a 62 miliardi di euro in 11 giorni (dal 1 al 11 novembre). Il Black Friday 2020, invece, ha registrato una spesa totale negli Stati Uniti di 9 miliardi di dollari e un fatturato del +189% rispetto al 2019 in Italia.

I top marketplace mondiali per numeri di visite sono stati Amazon per gli acquisti generalisti, Zalando per la categoria fashion, BestBuy per l’elettronica, Wayfair per l’arredamento e Barnes&Noble per i libri.

I comportamenti post COVID-19

I dati di PwC evidenziano alcuni comportamenti che hanno accelerato i trend già in atto e che ne condizioneranno l’evoluzione in futuro. Nell’era post-COVID il consumatore darà maggior attenzione al prezzo, prediligerà una customer experience sicura e accessibile, e riconfermerà il coinvolgimento del digitale, con un forte utilizzo di dispositivi mobili. Molto interesse sarà dato agli influencer e al passaparola, con maggiore propensione alla condivisione dei propri dati. Infine, l’attenzione ai temi della sostenibilità sarà sempre più determinante nel guardare ai brand e influenzare gli acquisti.

Strategie per le PMI italiane

Antonio Franceschini, Responsabile Ufficio Promozione e Mercato Internazionale CNA, spiega: “L’Italia continua ad avere come motore pulsante le PMI nonostante tutte le difficoltà e gli effetti pesanti provocati dalla pandemia. I dati mostrano quale sia l’importanza delle PMI nell’export nazionale e quindi si deve lavorare per dotare queste di strumentazioni adeguate. L’esigenza oggi è quella di creare le condizioni per mettere il maggior numero di imprese in condizione di fare business. Il digitale è stato ed è fondamentale e ci ha insegnato che esiste un nuovo e valido supporto, sappiamo altresì che non potrà sostituire in toto gli eventi fisici come quelli fieristici. Dobbiamo quindi costruire nuove modalità che integrino al massimo le opportunità date dal digitale con quanto può dare il “fisico”. In sintesi, deve essere costruita una modalità di sistema a supporto particolarmente per le PMI che crei occasioni onlife per ottenere il massimo dei risultati”.

Secondo Erika Andreetta, Partner PwC Italia e Consumer Market Consulting Leader: “Per le PMI sarà fondamentale definire una strategia di vendita online, ripensare il sistema di logistica, puntare su un pricing dinamico ed investire in analisi dei big data per incrementare le performance di digital marketing sulle piattaforme digitali. È un’occasione unica considerato il livello di upskilling digitale del cliente finale a livello mondo. I Marketplace possono realmente fornire alle PMI italiane un canale distributivo importante che si aggiungerà ai canali già esistenti per far conoscere le nostre eccellenze con costi e tempi ridotti rispetto ai canali tradizionali. Fondamentale sarà ripensare ai nostri prodotti per venire incontro alle culture e ai gusti locali e investire fortemente in digital marketing per promuovere al meglio il Made in Italy.”

ICAM Cioccolato chiude il 2020 con 177 milioni di fatturato

ICAM Cioccolato chiude il 2020 con performance con un fatturato di 177 milioni di Euro (+15 Mio sul 2019), che conferma il trend positivo caratterizzato da 5 anni consecutivi di successi (+42Mio di Euro dal 2015), costruiti sulle scelte strategiche che da 75 anni caratterizzano l’azienda lecchese, non ultime la multi-canalità, il BIO e l’approccio etico.

L’anno appena conclusosi ha visto infatti crescere del 4% la quantità di fave di cacao acquistate (24mila tonnellate) – il cui 65% è composto da cacao BIO e FairTrade – per una produzione che coinvolge 3 aree di business principali: l’Industria (+7% rispetto al 2019, pari al 45% del mix di fatturato), i brand proprietari (Vanini, ICAM Professionale e Agostoni) che, a causa delle difficoltà che la pandemia Covid-19 ha creato al settore, hanno registrato una decrescita (riducendo dal 15% al 12% la quota nel mix di fatturato) e una crescita straordinaria segnata dall’area del Private Label che ha registrato un +19% sul fatturato, aumentando conseguentemente da 39% a 43% la quota nel mix di fatturato.

Un dato che a ben vedere non stupisce affatto, se si pensa all’enorme impatto che la GDO ha avuto sulla vita delle persone in Italia e all’estero durante i mesi di lockdown più rigido e all’effetto consolatore per mente e corpo che il cioccolato ha sull’essere umano. I negozi della grande distribuzione sono stati per mesi l’unica valvola di sfogo possibile per milioni di persone chiuse in casa, luoghi dove poter recuperare, non solo beni di prima necessità ma anche alimenti, come il cioccolato, che svolgono un importante ruolo per il benessere psico-fisico.

Se in Italia si sono registrati consumi record di farina, lievito e prodotti per l’home bakery a soddisfacimento della voglia di impastare, panificare e produrre autonomamente a casa propria pasta, pane, pizza e dolci, in paesi come Francia, Inghilterra e Stati Uniti, dove il cioccolato è considerato quasi come un “bene rifugio” essenziale nella lista della spesa, è stato registrato un grande incremento nei consumi di tale alimento, con focus particolare sul cioccolato biologico, comparto da sempre più sviluppato all’estero che in Italia. Tendenza che ha contribuito anche alla forte crescita dell’Export di ICAM che si è attestata a chiusura d’anno su un +16% rispetto al 2019 (portando al 62% la quota nel mix del fatturato aziendale). Incremento che in generale si è registrato nella maggior parte dei 69 paesi del mondo in cui ICAM vende e distribuisce prodotti di cioccolato, in modo particolare per questa specifica area di business.

Produrre cioccolato di alta qualità, secondo un ideale di sostenibilità, che sia rispettoso ed equo nei confronti di tutti gli attori coinvolti nella filiera, oltre che buono per il consumatore finale. Questo il fil rouge che da sempre porta ICAM a selezionare i paesi d’origine da cui acquistare il cacao, le cooperative di coltivatori con cui stabilire rapporti paritari di collaborazione per il benessere delle persone e la salvaguardia della biodiversità e del territorio. ICAM oggi acquista cacao da 21 diversi paesi di Centro-America, America Latina e Africa e nella maggior parte di questi paesi sono attivi accordi di collaborazione di lunga durata con le cooperative presenti sul territorio. Un impegno che si replica anche all’interno dello stabilimento produttivo italiano (a Orsenigo), protagonista negli anni di investimenti importanti per l’acquisto di macchinari all’avanguardia nell’innovazione tecnologica, e nelle scelte sostenibili dei materiali per i packaging, oltre che negli obiettivi di contenimento dei consumi idrici ed elettrici.

Un approccio etico dell’azienda che si è tradotto anche nella vicinanza a un settore, quello professionale composto da pasticceri, cioccolatieri e gelatieri che, al contrario della GDO, è stato piegato da un anno caratterizzato da importanti restrizioni e che per potersi rialzare, avrà bisogno del massimo sostegno da parte delle istituzioni anche nel corso del 2021. Un settore in cui ICAM è presente da sempre con i semilavorati dei brand ICAM Linea Professionale e Agostoni, e in cui ha registrato un calo a doppia cifra, rimanendo però nonostante tutto al fianco dei professionisti attraverso la formazione e gli aggiornamenti gratuiti della piattaforma virtuale CHOCOCUBE ONLINE e attraverso modalità di approvvigionamenti tailor made per andare incontro alle singole necessità e fornire quanto necessario per portare avanti l’attività nelle finestre temporali in cui era consentito.

“Dopo la deflagrazione dell’emergenza sanitaria non ci saremmo mai aspettati di chiudere l’anno con questi numeri, dichiara Angelo Agostoni, Presidente di ICAM Cioccolato. Risultati che, nonostante la drammatica situazione che tutto il mondo sta vivendo, ci ricompensano degli enormi sforzi fatti durante quest’anno terribile. Un particolare ringraziamento per l’ottimo lavoro fatto, va sicuramente a tutte le persone di ICAM, dagli addetti alle linee produttive al personale amministrativo, che anche nei primi difficili e incerti mesi della pandemia, ci sono sempre stati, chi da casa e chi in azienda, permettendoci di portare avanti il nostro lavoro e rispettare le scadenze.”    

Deliveroo e GDO: il borsino dei cibi più richiesti a domicilio

Lanciato ad aprile 2020, con l’obiettivo di offrire un ulteriore supporto agli italiani nel corso del lockdown, oggi il servizio deliveroo di consegna dai supermercati è  attivo in 20 città italiane, con circa 250 store disponibili sulla piattaforma. Tra questi, alcuni dei principali brand della grande distribuzione come Carrefour Italia, Conad e Fresco Market.
Quali sono i prodotti alimentari più ordinati su Deliveroo?

Considerando solo le città dalle dimensioni più grandi dove il servizio è attivo – come Milano, Roma e Cagliari – gli articoli più ordinati sono frutta – tra cui banane e clementine – datterini, latte, uova e birra nel formato bottiglia da 66cl.
Questi ultimi, in particolare, sono stati i prodotti i cui ordini sono aumentati di più negli ultimi tre mesi: +72% per la birra e +52% per le uova.

Quando si hanno picchi di ordini?
Gli ordini sono distribuiti piuttosto equamente nel corso della settimana, con picchi che si registrano, in particolare, tra il sabato e la domenica. A dimostrazione di come l’abitudine degli italiani a dedicare parte del weekend alla tradizionale spesa settimanale si rifletta anche anche nell’utilizzo della App per ordinare quei prodotti che spesso mancano in cucina. “Abbiamo lanciato questo servizio nel corso del lockdown  – commenta Matteo Sarzana General Manager Deliveroo Italia – per essere ancor più vicini ai nostriconsumatori e dar loro la possibilità di utilizzare l’App anche per ordinare prodotti, confezionati o freschi, di cui si dovesse aver bisogno nel corso della giornata. E fin da subito questo servizio è stato apprezzato dai nostri utenti. Siamo partiti da Milano e oggi siamo, insieme ai nostri partner, in 20 città. Una conferma ulteriore del fatto che Deliveroo è sempre più un servizio essenziale a disposizione degli italiani”.

ilcaffeitaliano.com: nasce la piattaforma CRM che misura i consumi

Personalizzare al massimo l’esperienza di consumo e intercettare i bisogni del cliente al momento giusto. Sono queste le linee guida del sistema di Customer relationship management ideato e sviluppato internamente dalla startup ilcaffeitaliano.com che produce e distribuisce capsule per le compatibilità più diffuse al mondo.

Il digitally native vertical brand, nato nel 2016 dall’idea imprenditoriale di Gianmarco Lanese e Vincenzo Nicolosi, oggi conta complessivamente più di 200 mila ordini processati, oltre 100 milioni di capsule vendute in circa quattro anni, oltre 300 mila utenti registrati e produce e distribuisce online capsule di caffè compatibili, in Italia (55%) e in altri 45 paesi del mondo (45%). Una strategia che ha privilegiato l’approccio direct-to-consumer e il controllo totale della filiera, dalla produzione alla vendita online, consentendo prezzi altamente competitivi senza rinunciare alla qualità del vero espresso.

La piattaforma proprietaria mira ad analizzare in profondità i dati con l’obiettivo di calcolare il consumo di caffè di ogni consumatore e di prevedere quando indirizzare nuove proposte di acquisto secondo il profilo specifico. L’anticipazione delle singole esigenze avviene anche grazie a strumenti di machine learning che via via consentono di ottenere risultati sempre più precisi.

Gianmarco Lanese, Ceo e co-founder de ilcaffeitaliano.com afferma: Riteniamo che la gestione accurata del rapporto con il consumatore sia uno dei plus più importanti del nostro mercato. La cura delle relazioni con i clienti e la verifica continua dei loro feedback in merito ai nostri prodotti si affiancano alla ricerca costante della qualità. Questa visione ci ha permesso di offrire il prodotto ideale per ogni mercato e Paese, motivando quindi la decisione di investire in un sistema CRM unico che si basa sulle peculiarità del settore”.

La piattaforma di CRM è stata progettata partendo dal presupposto che ogni cliente può essere “clusterizzato” in base a un determinato consumo medio di capsule di caffè. L’analisi del comportamento d’acquisto del cliente comprende una serie di fasi che vanno dal periodo di attivazione (o registrazione al portale), di attività (primo ordine) e di consumo fino alla data dell’ultimo ordine. Nel tempo si affina la capacità di calcolare in modo esatto la data dell’acquisto successivo attraverso formule che utilizzano i dati desunti dalle azioni del consumatore.

“Nell’enorme mole di messaggi promozionali che ognuno di noi riceve quotidianamente, sia online sia offline, riuscire a comunicare al cliente il messaggio giusto al momento giusto è un fattore distintivo per un brand, per creare valore e fidelizzazione. In virtù di questo principio, stiamo puntando sugli strumenti digitali che ci permettano di selezionare azioni su misura di ogni profilo di consumo arrivando in modo efficace a rispondere ad ogni personale esigenza”, conclude Lanese.

La piattaforma CRM de ilcaffeitaliano.com è stata sviluppata su un sistema ERP che contraddistingue tutti i processi amministrativi e gestionali dell’azienda.

Alcolici: i giovani preferiscono gli acquisti online. L’indagine idealo

L’interesse online nei confronti degli alcolici è più che raddoppiato nello scorso anno in Italia (+110,2%) e a crescere maggiormente sono i giovani nella fascia di età tra i 18 e i 24 anni (+209,2%)[1] secondo quanto emerso dall’ultima ricerca di idealo.

Ad acquistare alcolici online sono soprattutto gli uomini, la cui percentuale è salita del +100,6% nel 2020, rispetto alle donne, la cui percentuale è comunque cresciuta del +65,3% nello stesso periodo.

Dopo quella dei giovani la fascia d’età più interessata agli alcolici online è quella degli adulti tra i 35 e i 44 anni (+91,2%) e tra i 25 e 34 anni (+88,8%). Da segnalare, inoltre, la crescita di interesse nella fascia degli over 65, +27,0%, inferiore rispetto quella delle altre fasce d’età ma tre volte superiore rispetto la crescita di interesse verso l’e-commerce in generale, che nel 2020 è aumentata del +9,0% tra gli adulti oltre sessantacinquenni.  

Le ricerche di alcolici online sono effettuate soprattutto la domenica sera, tra le ore 21 e le 22 e da mobile (+125,1% rispetto al 2019).

A livello territoriale le tre regioni in cui l’interesse online verso gli alcolici è cresciuto maggiormente sono il Molise (oltre +200,0%), il Friuli Venezia Giulia (+196,2%) e la Basilicata (+191,1%); quelle cresciute di meno sono, invece, l’Umbria (+76,1%), la Liguria (+41,0%) e, per ultima, la Valle d’Aosta (+39,6%)[2].

Ma quali alcolici hanno cercato di più online gli Italiani nel 2020? Secondo i dati dell’ultima ricerca di idealo[3], nell’ultimo anno si è assistito ad un vero e proprio boom di interesse online da parte degli Italiani nei confronti dei Vini (+446,0%), seguiti da Cognac e Brandy (+247,6%) e Vodka (+242,7%)[4].

Italia vs Europa

Se in Italia nel 2020 l’interesse online nei confronti degli alcolici è più che raddoppiato (+110,2% rispetto al 2019), Inglesi e Spagnoli hanno fatto registrare un aumento di interesse quasi triplicato, con una crescita del +194,8% nel Regno Unito e +171,1% nella Penisola Iberica.

La crescita dell’interesse online nel 2020 nei confronti degli alcolici è stata meno marcata, invece, per i Tedeschi (+47,7%), per gli Austriaci (+33,4%) e per i Francesi (+29,6%).

Italiani e Austriaci hanno cercato soprattutto Spumanti, Prosecco e Champagne mentre negli altri paesi le ricerche hanno riguardato, in particolare, i Whisky.

Opportunità di risparmio

Complice la pandemia e i lunghi mesi di lockdown e chiusura dei negozi, nel 2020 sono mancate le degustazioni e i tour per le cantine e enoteche alla ricerca di etichette pregiate e liquori particolari ma acquistare alcolici online, oggi, è diventato più che mai facile e interessante per la vasta scelta di enoteche digitali, dalle piattaforme mastodontiche ai piccoli e medi e-commerce dalle selezioni più personalizzate.

In particolare, i mesi con il maggiore interesse online sono stati agosto e dicembre. Nel primo caso, l’attenzione degli utenti si è concentrata su Gin e Vodka. A fine anno, invece, le intenzioni di acquisto sono state soprattutto per Spumante, prosecco & champagne, Cognac & Brandy, Liquori, Rum, Superalcolici & Acquaviti, Vini e Whisky.

Inoltre, il confronto dei prezzi mensili online permette grandi possibilità di risparmio nell’arco di un anno. Se si sfrutta a proprio vantaggio la fluttuazione dei prezzi e si acquista nel mese più conveniente, è infatti possibile risparmiare in media il -10,9% considerando insieme tutte le categorie oggetto di studio. In alcuni casi, il risparmio massimo medio può anche superare il -20%, vale a dire per Rum e Cognac & Brandy[5].

Infine, l’analisi della funzione “prezzo ideale” sul portale italiano di idealo ha permesso di stimare il risparmio desiderato dagli utenti per la categoria degli Alcolici, vale a dire una spesa del -24,8% rispetto al prezzo che avevano i prodotti nel momento dell’attivazione di questa speciale funzione che consente di monitorare costantemente i prezzi e di ricevere un alert via e-mail o tramite l’App di idealo[6].

A ciscuno il suo Spritz

Birra o Vino, Spumante o Champagne: il mondo del bere si è da sempre diviso a seconda dei gusti e delle culture. Così, anche per un classico dell’aperitivo nostrano, lo Spritz, le preferenze degli italiani si dividono tra chi opta per quello a base di prosecco, Aperol e seltz (o acqua frizzante) e chi, invece, al posto dell’Aperol sceglie il Campari.

Gli italiani online nel corso degli ultimi dodici mesi hanno mostrato un interesse pressoché simile per entrambe le versioni con 10 regioni che hanno cercato di più l’Aperol e 9 che hanno cercato di più il Campari sul portale italiano di idealo[7]

“L’anno 2020 è stato senza dubbio un anno caratterizzato da crescita e successo straordinaria per tutto l’e-commerce. Non fanno eccezione il vino e gli alcolici, con un interesse online più che raddoppiato – ha dichiarato Filippo Dattola, Country Manager di idealo per l’Italia – Senza mai dimenticare l’importanza di un consumo, moderato e consapevole, quindi responsabile, di vino e alcolici, l’aumento delle intenzioni di acquisto online ha spiegazioni anche nella nascita e crescita, nell’ultimo anno, di molte nuove enoteche digitali con interessanti selezioni e offerte oltre che nella digitalizzazione delle vendite da parte di cantine e aziende vinicole che hanno dovuto far fronte ai cali nelle vendite offline a causa della pandemia”.

 

Note

[1] idealo ha analizzato le intenzioni di acquisto sul proprio portale italiano per la categoria degli Alcolici. Periodo: 2020 vs 2019. Distribuzione dell’interesse online nel 2020: 18-24 (15,2%), 25-34 (28,2%), 35-44 (23,7%), 45-54 (13,7%), 55-64 (9,6%), 65+ (6,4%); donne (29,3%), uomini (67,6%); mobile (83,7%), desktop (13,1%), tablet (2,2%). Crescita dell’interesse online nel 2020 rispetto al 2019: 18-24 (+209,2%), 25-34 (+88,8%), 35-44 (+91,2%), 45-54 (+52,6%), 55-64 (+49,6%), 65+ (+27,0%); donne (+65,3%), uomini (+100,6%); mobile (+125,1%), desktop (+69,7%), tablet (+0,1%).

[2] idealo ha analizzato le intenzioni di acquisto sul proprio portale italiano per la categoria degli Alcolici. Periodo: 2020 vs 2019. Distribuzione dell’interesse online ogni 100mila abitanti (score da 0 a 100): Lazio (100,0), Lombardia (95,8), Campania (69,5), Toscana (56,8), Puglia (55,4), Emilia-Romagna (52,3), Sicilia (45,8), Veneto (44,7), Piemonte (44,0), Abruzzo (41,9), Trentino-Alto Adige (40,8), Liguria (37,9), Calabria (34,9), Marche (34,1), Friuli-Venezia Giulia (32,9), Sardegna (31,0), Umbria (26,9), Molise (22,6), Basilicata (18,5), Valle d’Aosta (10,0). Crescita dell’interesse online nel 2020 rispetto al 2019: Molise (oltre +200,0%), Friuli-Venezia Giulia (+196,2%), Basilicata (+191,1%), Trentino-Alto Adige (+184,4%), Abruzzo (+154,5%), Sardegna (+152,2%), Veneto (+148,4%), Emilia-Romagna (+147,3%), Toscana (+146,8%), Sicilia (+138,0%), Calabria (+126,5%), Lazio (+105,9%), Puglia (+100,7%), Marche (+100,0%), Lombardia (+99,9%), Piemonte (+96,5%), Campania (+87,7%), Umbria (+76,1%), Liguria (+41,0%), Valle d’Aosta (+39,6%).

[3] idealo ha analizzato le intenzioni di acquisto per la categoria degli Alcolici sul proprio portale italiano. Periodo: 2020 vs 2019. Prosecco = Spumante, prosecco & champagne. Superalcolici = Superalcolici & Acquaviti.

[4] idealo ha analizzato le intenzioni di acquisto sul proprio portale italiano per la categoria degli Alcolici. Periodo: 2020 vs 2019. Distribuzione dell’interesse online nel 2020 (score da 0 a 100): Spumante, prosecco & champagne (100,0), Whisky (25,1), Rum (17,7), Liquori (16,9), Gin (13,8), Vini (12,9), Superalcolici & Acquaviti (8,7), Vodka (4,1), Cognac & Brandy (3,8). Crescita dell’interesse online nel 2020 rispetto al 2019: Vini (+446,0%), Cognac & Brandy (+247,6%), Vodka (+242,7%), Whisky (+237,2%), Spumante, prosecco & champagne (+229,6%), Gin (+210,0%), Liquori (+178,2%), Rum (+144,8%), Superalcolici & Acquaviti (+124,9%).

[5] idealo ha analizzato i prezzi medi mensili sul proprio portale italiano per la categoria degli Alcolici. Periodo: 2020. Risparmio massimo medio per ogni categoria se si acquista nel mese più conveniente (rispetto a quello più caro): Cognac & Brandy (-37,9%), Rum (-28,4%), Vini (-17,3%), Whisky (-16,4%), Superalcolici & Acquaviti (-15,2%), Vodka (-13,3%), Liquori (-10,2%), Spumante, prosecco & champagne (-8,1%), Gin (-7,9%).

[6] idealo ha analizzato le attivazioni della funzione “prezzo ideale” sul proprio portale italiano per la categoria degli Alcolici. Periodo: 2020. Risparmio desiderato medio per ogni categoria: Vodka (-36,0%), Vini (-32,7%), Superalcolici & Acquaviti (-28,8%), Gin (-24,9%), Liquori (-24,8%), Whisky (-21,0%), Spumante, prosecco & champagne (-20,7%), Rum (-19,9%), Cognac & Brandy (-14,5%).

[7] idealo ha analizzato le intenzioni di acquisto sul proprio portale italiano per la categoria degli Alcolici. Periodo: 2020. Regioni con un maggiore interesse online per le bottiglie di Campari (in ordine alfabetico): Abruzzo, Basilicata, Calabria, Lombardia, Marche, Molise, Sicilia, Umbria, Veneto. Regioni con un maggiore interesse online per le bottiglie di Aperol (in ordine alfabetico): Campania, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Piemonte, Puglia, Sardegna, Trentino-Alto Adige, Toscana. La Valle d’Aosta non è stata oggetto di studio in quanto i dati per questa regione non erano disponibili.

Consumi e pandemia: l’Osservatorio Confimprese-EY

In piena pandemia, uno sguardo all’andamento del commercio. Ecco la panoramica fornita dall’Osservatorio permanente Confimprese-EY sui consumi di mercato nel mese di dicembre. Ne emerge una situazione ancora fortemente negativa in tutta Italia, con previsioni che decisamente poco rosee.

Il mese di dicembre, registra, infatti, un trend del -46,6%: ancora negativo, sia pure in ripresa rispetto a novembre (-67,1%).

L’anno 2020 si chiude a -38,9% vs 2019 con la ristorazione in maggiore sofferenza a -46,8%, seguita dall’abbigliamento a -38,3% e altro non food a -26,9%.

Centri commerciali e outlet crollano per effetto del protrarsi delle restrizioni che li obbligano alla chiusura nel weekend, con simmetrico aumento di traffico e assembramenti nei centri città. Effetto negativo che si ripercuote sull’aggregato di dicembre fermo a -54,7% e -41,1% su base annua.

Quanto alle categorie merceologiche nel mese di dicembre, la ristorazione paga il prezzo più alto dovuto all’effetto boomerang delle chiusure nel weekend. L’andamento disastroso a -66,8% la relega a maglia nera dell’intero comparto retail, mentre l’abbigliamento si ferma a -45%, migliori le performance -29,3% di altro non food, che continua a godere dell’onda lunga delle minori restrizioni dal primo lockdown in poi.

A guadagnare dalla chiusura dei centri commerciali in dicembre sono le high street che, in controtendenza rispetto ai mesi precedenti, registrano un calo del -32,2% rispetto ad altre località -37,3%. Si assiste, in buona sostanza, a un mutato atteggiamento de consumatore che, privato dei luoghi di aggregazione abituali, si è rivolto ai centri città per trovare i negozi che di solito frequenta nei centri commerciali e outlet. Sempre in grande sofferenza il travel con -67,2%. Su base annua chiude a -59,7%.

Le aree geografiche riflettono la situazione di lieve miglioramento riscontrata per i settori merceologici e chiudono a -46,6%. Rispetto alle rilevazioni dei mesi precedenti, si osserva una maggiore omogeneità dei trend in tutte le aree. La flessione più marcata si registra nell’area Nord-Est (Emilia-Romagna, Triveneto) con -52,5%, seguita dall’area Centro (Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Sardegna) con -47,1%, dall’area Sud (Campania, Calabria, Sicilia, Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata) con -45,9% per finire con l’area Nord-Ovest (Lombardia, Piemonte, Liguria, Valle d’Aosta) che chiude il mese a -43,7%.

«Con un mese di dicembre a -46,6% – chiarisce Mario Maiocchi, direttore Centro Studi Retail di Confimprese – si chiude l’anno più difficile per il retail non food e ristorazione. Il totale anno a -38,9%, con punte -46,8% per la ristorazione e -59,7% per il canale travel, preannuncia pesantissimi effetti sui bilanci delle aziende del settore con conseguenti presumibili ricadute su occupazione e investimenti. Le prime indicazioni sui primi 10 giorni di gennaio, con un calo di traffico nei centri commerciali intorno al -50%, non danno segnali di miglioramento nel breve periodo. Sono sempre più necessari e urgenti interventi di supporto al settore con particolare riferimento alla tematica degli affitti che, con cali di fatturato di tale entità, non possono e non devono rimanere un costo fisso che rischia di travolgere anche aziende sane e con opportunità di crescita e occupazione nel medio periodo».

L’e-commerce, dopo l’exploit di novembre (+92,6%) rimane invece stabile come numeri assoluti rispetto a novembre, ma cresce pur sempre del +54,9% rispetto a dicembre di un anno fa. Le iniziative come il cashback sembrano aver funzionato per riportare i consumatori ad acquistare nei negozi fisici.

«Facciamo il bilancio di un anno molto difficile – dichiara Paolo Lobetti Bodoni, Med business consulting leader di EY –. Tuttavia, si registra uno scenario diverso rispetto al fisiologico +40% raggiunto usualmente nel mese di dicembre su novembre. Quest’anno le vendite nei negozi fisici sono più che raddoppiate (+110%), mentre le vendite online in valore assoluto sono rimaste simili (+2% vs novembre 2020). Da ciò possiamo ritenere che il consumatore tornerà ad acquistare nei negozi fisici, non appena le restrizioni si allenteranno, e che iniziative come il cashback hanno un effetto tangibile nel promuovere le vendite. Notiamo inoltre una ripresa per i negozi in centro città, che hanno rappresentato un’alternativa ai centri commerciali chiusi, per fare shopping nei grandi marchi del retail».

Analisi per regioni

A livello regionale i trend riflettono l’andamento delle aree geografiche. Cinque regioni lasciano sul terreno perdite superiori al 50% e sono Friuli-Venezia Giulia e Veneto -55,5%, seguite a breve distanza da Toscana -53,6%, Campania -51,5%, Emilia-Romagna -50,4%.

Tutte le altre subiscono perdite sotto il 50% ma pur sempre significative. A cominciare dall’area Sud con Abruzzo -48,6%, Umbria -47,6%, Puglia -47,2% Molise -47%, Basilicata -46%. Per proseguire con Centro e Nord: Lazio -45,6%, Lombardia -45,2%, Trentino-Alto Adige -43,7%, Liguria -43,2%, Valle d’Aosta -42,8%, Sardegna -42,3%, Sicilia -41,8%, Marche -41,3%. A sorpresa le regioni maggiormente agli antipodi dello Stivale, Piemonte e Calabria, se la cavano meglio delle altre, entrambe a -40,2%.

Analisi per città

Venezia, icona dell’arte nel mondo, collassa a dicembre a -62,4% e -46,9% su base annua. Ma a breve distanza c’è sempre Firenze -59,6%. Seguono Reggio Emilia -57,1%, Genova -55,6%, Verona -55,5% Parma -53,6%, Bologna -53%. Con perdite inferiori al 50% troviamo Roma -45,8%, Palermo -45,6%, Milano -40,3%, Napoli -38,3%, Torino -38,2%.

Analisi per province

Il trend delle province mostra la concentrazione dell’andamento peggiore a Caserta -63,4%, sede di importanti centri commerciali, meglio le province di Napoli -47,2% e Salerno -45,5%. Tuttavia, subito dopo ricompaiono le città simbolo dell’arte e del turismo italiano. In Toscana la provincia di Firenze chiude dicembre a -61,6%, Livorno -47,8%, Lucca -41,8%. In Veneto la provincia di Venezia è a -61,1%, Verona -55,2%, Vicenza -52,7%, Treviso -52%, Padova -51,5%. Male anche la provincia di Udine -59,1%. La situazione delle province lombarde riflette l’andamento su base annua: Como -57%, Pavia -54,2%, Brescia -53,1% Milano -46,4%, Monza Brianza -44,4%, Bergamo -38,6%.

Delle province liguri la peggiore è quella di Genova con -52,5%, molto staccate Savona -29,1% e Imperia -23%. Delle province emiliane la provincia di Reggio Emilia è la peggiore -59,1%, seguita da ForlìCesena -52,7%, Bologna -52,3%, Parma -49,2%, Modena -46,5%, Rimini -38,1%. Per le province piemontesi la peggiore è Biella -45,7% seguita da Alessandria -42,5%, Torino -41,6%, Novara -41,4%, Cuneo -30%. Tra le province siciliane la peggiore è Catania che lascia sul terreno una perdita secca del -50,7%, seguita da Palermo -43,6%, Ragusa -43%, Agrigento -41%. Staccate Trapani -30,5%, Messina -28,9% e Siracusa -24%. Nelle province laziali si distingue per performance negative Frosinone che con -46,4% precede Roma -45,8% e Latina -40,9%.

The Future of Food: come mangeremo dopo la pandemia

Come evolverà il settore food dopo l’impatto epocale della pandemia?

Dal report di FutureBrand “The Future of Food”, dedicato all’analisi dei trend – macro e micro –, emergono 5 macro-trend che riguardano il comparto. Le previsioni contenute nel Report  partono dal presupposto che due cose non cambieranno mai: il piacere che gli individui ricercano nel cibo e la centralità del presso quale driver per l’acquisto. Tuttavia, le sfumature e le evoluzioni del mercato sono molteplici e vanno esplorate, per capire gli effetti che i cambiamenti avranno sull’economia.

01/ THE REINVENTING REVOLUTION

Il 2020, l’anno che ha sancito il cambiamento del settore alimentare.

La parola chiave è “cambiamento”. La pandemia ha radicalmente cambiato il nostro modo di vivere. Questo evento ha segnato l’inizio di una vera e propria rivoluzione, che costringerà l’intera filiera del settore alimentare, – agricoltura, retail e persino hospitality – a rinnovarsi e anche rapidamente.

02/ IL DILEMMA ETICO

La difficile scelta tra conveniente e sostenibile.

I consumatori sono sempre più attenti alle loro scelte di acquisto, non solo per il proprio benessere, ma anche per quello del pianeta. Infatti, riconoscono che uno dei loro driver principali è proprio la sostenibilità. È interessante però osservare che le ricerche di mercato indicano come primo e indiscusso driver d’acquisto la convenience, oltre al prezzo, infatti, è anche il comfort, vale a dire la semplicità e la velocità d’acquisto, a determinare la scelta di un prodotto.

03/ IL POTERE DEL CIBO

Mens sana in et corpus sanum.

In tempi di pandemia, restare immuni è diventata la preoccupazione più grande dei consumatori, soprattutto perché essere sani sia mentalmente sia fisicamente è essenziale per la sopravvivenza. Il nostro rapporto con il cibo si è fatto più intimo e ricco nel corso della pandemia, perché il comfort food aiuta a mitigare l’ansia. Ma ci siamo anche resi conto che i cibi ricchi di nutrienti sono il nostro biglietto per una vitalità di lunga durata. Le marche devono cercare di rispondere al grande obiettivo di offrirci un’alimentazione che ci faccia vivere a lungo e allo stesso tempo ci faccia godere la gioia di stare a tavola.

04/ LA MIGRAZIONE DEL SAPORE

Da global a nuovo local: le tradizioni culinarie mai viste

Durante i periodi di lockdown sono spuntate un po’ dappertutto campagne di sensibilizzazione all’”acquisto locale” per aiutare le piccole imprese locali duramente colpite da blocchi. La globalizzazione ha creato un nuovo “local”, in cui le diverse cucine si intrecciano, formando nuove tradizioni culinarie.  Acquistare dal negozio vicino, che sia italiano, argentino o vietnamita, crea un legame sociale che non può essere replicato dalle grandi catene e società di vendita al dettaglio. L’attenzione alle piccole comunità indica un’opportunità per le imprese iper-locali radicarsi ancora di più nella vita delle persone.

05/ NATURALITÀ 5.0

Cresceva dalla terra e ora nasce in laboratorio.

Scienza e tecnologia sono le parole chiave per descrivere la nuova dieta alimentare. La ricerca scientifica e le innovazioni tecnologiche identificheranno i modi per coltivare ingredienti essenziali in aree dove l’acqua scarseggia, creando piante più resistenti anche in condizioni meteorologiche estreme.

I consumatori si fideranno sempre di più dei dati inerenti al loro sistema biologico, e compiranno scelte ancora più consapevoli e personalizzate, così da salvaguardare il proprio corpo, la propria mente e anche il proprio umore.

 

 Nota

Il Report ha coinvolto come professionisti del food quali: Alessandra Corsi, Conad;​ Andrea Malservisi, Barilla; Carlo Mangini, Consorzio Parmigiano Reggiano; Rafael Osterling, Chef (Perù); Marianna Palella, Citrus; Matteo Sarzana, Deliveroo Italia; Xinmin Liang, ex Head of Market Research department of Yili Health Drinks Division; Jizeng Ye, Deputy General Manager Guangzhou Wuanglao JI Great Health Industry Co.; Yuki Liu, General Manager of Facility Agriculture Division & Deputy General Manager of Fresh Fruit Marketing Division Haisheng Group. La sintesi dei loro preziosi insights è contenuta nel Report.

Natale 2020: bene libri, beauty, fashion e tech. L’osservatorio Stocard

Il mese di dicembre potenziato dalle Feste Natalizie, ha visto un notevole incremento di vendite in numerosi settori merceologici tra cui i libri, il beauty, l’elettronica di consumo e il fashion.  È quanto emerge dall’ultima analisi dell’Osservatorio di Stocard che ha confrontato i trend di acquisti nei mercati retail di dicembre 2020 rispetto al periodo settembre-novembre.

“Dicembre è il periodo di massimo incremento di spesa nel mercato retail – commenta Valeria Santoro, Country Manager di Stocard Italia – Una crescita delle vendite che coinvolge pressoché tutti i settori merceologici, complice l’arrivo delle Feste natalizie. Tuttavia, in un anno tristemente anomalo come quello appena concluso, settori come il beauty, il fashion e la ristorazione, fortemente penalizzati dalla pandemia, si sono particolarmente distinti e per la prima volta dopo diversi mesi hanno registrato un notevole aumento delle vendite. Una buona notizia che ci auguriamo possa rappresentare un segnale di ripresa duraturo e darci speranza per il 2021”.

Nel dettaglio, a dicembre gli acquisti sono aumentati in tutti i mercati retail monitorati da Stocard, rispetto ai precedenti tre mesi (settembre-novembre 2020):

Il trend degli acquisti registrati dall’Osservatorio Stocard mostra quindi una crescita generale, comune al periodo natalizio, che ha particolarmente interessato settori come il beauty, che a dicembre ha registrato un incremento delle vendite pari al 66% rispetto ai tre mesi precedenti, e il fashion (+37): ambiti, questi, tra i più penalizzati dall’inizio dell’emergenza sanitaria. Discorso analogo per la ristorazione, che ha registrato un +37% e ha beneficiato dei servizi di food delivery e dei diversi giorni di apertura previsti dalle disposizioni del Governo.

L’aumento delle vendite ha visto inoltre primeggiare il mercato librario (+71%), con ottimi risultati anche per l’elettronica di consumo (+52% di acquisti), e negozi di articoli per l’infanzia (+31%).

La giornata in cui si è registrato il picco di spese è stato mercoledì 23 dicembre, complice anche l’imminente ingresso dell’intero Paese in zona rossa il 24 dicembre: +47% di acquisti da parte dei consumatori italiani rispetto agli altri giorni di dicembre.

L’Osservatorio Stocard ha evidenziato due altri dati significativi: nel corso del mese di dicembre, rispetto ai tre mesi precedenti, è aumentato in maniera considerevole il numero dei consumatori, +22%. Parallelamente sono cresciuti anche gli eventi di acquisto, vale a dire le occasioni che i cittadini hanno dedicato allo shopping: +27%.

 

Chi si fida della catena alimetare? La ricerca internazionale

Gli effetti della pandemia da COVID-19, non hanno significamente modificato il livello di fiducia nella catena di approvvigionamento alimentare. Vi è apprezzamento per la sua capacità interrotta di fornire il cibo. Altri soggetti, invece, interpretano le scene di panico da acquisto e accumulo di scorte alimentari come una mancanza di fiducia nella sua abilità a mantenere adeguati livelli di fornitura. Ecco alcune delle evidenze emerse dal del progetto di ricerca internazionale EIT Food: Increasing consumer trust and support for the food supply chain and for food companies, e resi noti dall’équipe italiana, coordinata della prof.ssa Anna Miglietta del Dipartimento di Psicologia, con la collaborazione del Dipartimento di Filosofia (referente Prof.ssa Tiziana Andina).

In linea generale, consumatori dei 6 paesi affermano di avere maggior fiducia negli agricoltori/allevatori soprattutto piccoli produttori, locali e indipendenti. Per la ristorazione, il maggior grado di fiducia è dato alle attività di piccole dimensioni e locali.

Tra le principali azioni che vorrebbero veder implementate, per aumentare il loro grado di fiducia, i consumatori segnalano: la necessità di allevamenti di animali secondo elevati standard di benessere; l’equità dei prezzi; l’etichettatura e tracciabilità dei prodotti e la tutela dell’ambiente.

Nello specifico dei risultati emersi in Italia a partire da un questionario on-line sottoposto a 369 consumatori, 7 focus group con i consumatori, 1 workshop con 14 rappresentanti del mondo aziendale, accademico e giornalistico, 5 interviste con rappresentanti del mondo industriale, si rileva che i consumatori dichiarano di riporre maggiore fiducia, a fronte dell’incertezza e dei rischi derivanti dal virus, nei grandi rivenditori di prodotti di marca. Prevale, quindi, il consumo dei prodotti confezionati o anche surgelati, a discapito di quelli freschi.

Vi è una forte fiducia negli enti regolatori e di consulenza della filiera agro-alimentare ma si guarda con sospetto ai mass media, in particolare per le pubblicità che coinvolgono dei chef rinomati nonostante che il cooking entertainment guadagni sempre più spazio nelle piattaforme televisive e nel web.

Si crede che le aziende agro-alimentari facciano poco per garantire una reale trasparenza dei prodotti che commercializzano. Vi è una grande attenzione a due aspetti della responsabilità sociale delle aziende: il benessere degli animali coinvolti nella filiera agro-alimentare; lo smaltimento dei rifiuti (sia in fase di produzione che a seguito del consumo). Infine, sia tra le aziende sia tra i consumatori italiani prevale la percezione degli agricoltori come i soggetti più vulnerabili della filiera agroalimentare.

 

Il progetto

Increasing consumer trust and support for the food supply chain and for food companies, è un progetto triennale di ricerca internazionale EIT Food, parte della Consumer Trust Grand Challenge.

L’università di Torino partecipa al Consorzio del progetto guidato dall’Università di Reading, Regno Unito, e composto da 16 partner del mondo accademico (Universidad Autonoma de Madrid, Università di Helsinki, Queen’s University Belfast, Università di Varsavia e VTT), industriale (tra cui AZTI, CSIC, DouxMatok, Grupo AN, PepsiCo, Sodexo, Strauss Group, Technion) e organizzazioni non-profit come l’EUFIC.

L’indagine ha coinvolto 2.363 persone, tra consumatori e attori della catena alimentare, nei 6 paesi coinvolti dal progetto: Finlandia, Israele, Italia, Polonia, Spagna, UK.

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