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2020: crescita record per il LCC. I 5 trend registrati da Nielsen

Il Largo Consumo italiano ha registrato nel 2020 una crescita di 3 volte superiore rispetto al 2019, con un aumento delle vendite a valore del +4,3% (+4,0 miliardi di euro di fatturato); questo è quanto emerge dall’indagine retail di Nielsen.

Ci troviamo di fronte al trend di crescita più alto dell’ultimo decennio, che ha raggiunto il suo culmine a marzo, quando le vendite hanno registrato picchi equivalenti a +20%. Risulta quindi chiaro che, nel corso dell’anno, il Largo Consumo abbia tratto vantaggio da nuovi trend e priorità dei consumatori nate a seguito della pandemia COVID-19.

A questo proposito, Nielsen individua 5 trend principali che hanno contribuito al cambiamento del Largo Consumo italiano nel 2020.

Trend #1: la crescita dei Discount

Con il calo della domanda di bar e ristoranti e l’impossibilità per i consumatori di percorrere lunghe distanze, i negozi che si sono dimostrati più adatti alle nuove esigenze di acquisto sono stati quelli con buona posizione e buon assortimento. Nel corso del 2020, grandi Ipermercati e Cash&Carry hanno sofferto maggiormente, registrando trend negativi del -8,9% e -19,2% rispettivamente, mentre Discount, Specialisti Drug, Supermercati e Superette hanno registrato performance in crescita al di sopra della media del mercato.

I Discount, in particolare, hanno tagliato un traguardo importante nel 2020: il loro fatturato medio per metro quadro ha raggiunto i 5.800 euro, quasi al pari dei 5.860 euro totalizzati dai supermercati. Interessante notare che, 10 anni fa, i Discount erano molto lontani dai supermercati, con un fatturato di soli 4.560 euro per metro quadro (vs. 5.330 euro dei supermercati).

“Nel 2020, le vendite dei Discount sono cresciute dell’8,1%; il secondo dato più alto se comparato a quello dei principali paesi dell’Europa occidentale, nonché un trend decisamente superiore alle media di settore, che vede una crescita del 4,3%.

Il connubio tra prezzi competitivi, che hanno spinto i consumatori a comprare nei Discount dall’inizio della crisi europea di dieci anni fa, e una chiara modernizzazione di assortimento e offerta (la cosiddetta “supermarketizzazione” dei Discount), ha portato il canale a crescere costantemente, moltiplicando sia la sua quota di mercato, che la sua presenza sul territorio nazionale. Questo successo è dovuto alla sempre maggiore attenzione ai prezzi da parte dei consumatori, cresciuta ulteriormente con la crisi COVID-19.”, afferma Romolo De Camillis, Direttore Retailer di Nielsen Italia.

 

Canali DistributiviTrend % V.Valore
Iper >4500-8,9%
Iper 2500 – 4499+2,3%
Supermercati+6,7%
Liberi Servizi+5,8%
Discount+8,1%
Specialisti Drug+7,2%
Cash&Carry-19,2%
E-Commerce+117,3%

Trend #2: il boom dell’E-Commerce

Garantendo maggiore comodità e sicurezza ai consumatori, il canale E-Commerce ha registrato una crescita esponenziale nel 2020: +117% rispetto allo scorso anno, (28 volte superiore alla crescita dei canali fisici), con un contributo alla crescita del 13% nelle categorie alimentari e del 21% nelle categorie di cura casa e persona.

I servizi di Home Delivery e Click&Collect hanno visto un incremento nelle vendite di prodotti del largo consumo confezionato rispettivamente di oltre 500 e 100 milioni, mentre si sono ampliate le aree geografiche coperte da servizi online: +30% i punti vendita che hanno adottato servizi di Click&Collect/Locker e Drive-in, +24% i cap coperti da servizi di Home Delivery.

“La pandemia ha spinto molti consumatori ad acquistare online e a porre fiducia in questo canale. Allo stesso tempo, i retailer hanno migliorato e riadattato la loro offerta, investendo in strategie specifiche per l’E-Commerce. Dopo il boom di quest’anno ci aspettiamo che il canale continui a crescere, anche se a un ritmo più lento, e che sempre più consumatori decidano di optare per l’E-grocery anche dopo la pandemia”, aggiunge Romolo De Camillis.

Trend #3: frammentazione delle vendite

Durante il 2020, abbiamo inoltre assistito a un cambiamento nei luoghi di consumo. C’è chi ha lavorato da casa, chi si è spostato di meno, chi è tornato nella propria città di origine e chi ha preferito rimanere nelle seconde case; tutto ciò ha fatto sì che i negozi nelle aree a bassa urbanizzazione siano cresciuti più velocemente (+6,7%) rispetto a quelli situati nelle grandi città (+0,3%)

Così come la popolazione è più frammentata, anche il mercato lo è. Nel 2020 abbiamo osservato un cambiamento delle dinamiche competitive tra i negozi: mentre nel 2019 i negozi con performance più alta sono stati anche quelli con crescita maggiore, nelle settimane d’emergenza del 2020, sono stati i negozi con performance minore a registrare il trend di crescita più alto. La pandemia ha avuto un impatto sul modo di fare acquisti e, soprattutto nel periodo di lockdown, i consumatori hanno scelto i negozi più comodi e vicini, non quelli in cui erano soliti recarsi.

Trend #4: nuovi prodotti nel carrello

La pandemia ha portato con sé nuove esigenze e priorità, che si sono rispecchiate nei prodotti acquistati dai consumatori: gli ingredienti per la cucina casalinga (il cosiddetto paniere dei “Cuochi a casa”), le bevande alcoliche e i prodotti di Igiene e Salute sono stati i preferiti dagli italiani nel 2020.

CategoriaTrend V. Valore Vs periodo corrispondente
Farina+48%
Lievito di birra+44%
Ingredienti pasticceria+41%
Aperitivi Alcolici+23%
White (Spirits)+21%
Coloranti capelli+35%
Depilazione cosmetica+16%
Parafarmaceutico+239%
Alcool denaturato+181%

Fonte: Nielsen Trade*Mis, Totale Italia: Iper+Super+Liberi Servizi+Discount+Specialisti Drug (YTD 29 novembre 2020)

Trend #5: La sensibilità ai prezzi è tornata

A fronte di prospettive lavorative ed economiche poco chiare, i consumatori italiani hanno ricominciato a porre maggiore attenzione ai prezzi. Dall’inizio dell’anno, gli italiani sono stati più propensi a scegliere le Private Label, che sono infatti cresciute del 9,3%, incrementando così la loro quota di mercato nel Largo Consumo (28,4% vs. 27,8% del 2019).

La sensibilità ai prezzi dei consumatori si evidenzia anche nella scelta dei negozi: dopo la fine del primo lockdown, sono diminuiti del 3,0% gli acquisti nei punti vendita con indici di prezzo più alti, mentre i negozi con prezzi relativamente più bassi hanno riacquistato popolarità (+0,4%).

Previsioni per il 2021

“Il 2020 è stato probabilmente l’anno più impegnativo degli ultimi tempi per l’industria del Largo Consumo. Il mercato è cresciuto notevolmente, mentre industria e distribuzione hanno saputo adattare la loro offerta per rispondere alle nuove esigenze dei consumatori”, afferma Romolo De Camillis. “Per il 2021, ci aspettiamo che il Largo Consumo registri un andamento leggermente negativo a confronto del 2020 (circa -2,4%), anno caratterizzato da una crescita atipica. Mentre nel 2020 i consumi fuori casa si sono trasformati in consumi at home, entro il 2021 ci aspettiamo che l’andamento del canale HORECA torni a normalizzarsi, traducendosi in una leggera diminuzione delle vendite per la GDO. Tuttavia, passato l’effetto 2020, ci aspettiamo che il mercato si riprenderà nel 2022 (≈ +2,6%)”.

Beni durevoli in calo dell’11,4%. L’analisi Findomestic

 

Nel 2020, annus horribilis, i consumi si rivelano ondivaghi e riservano delle sorprese: la spesa per i veicoli, infatti, si riduce del 15,7%, ma cresce il valore di segmenti chiave legati alla trasformazione tecnologica della casa come l’Information Technology (+23,5%) e i piccoli elettrodomestici (+9,5%). Secondo quanto emerge dalla 27esima edizione dell’Osservatorio Findomestic, realizzato in collaborazione con Prometeia, gli acquisti di beni durevoli scendono nel 2020 a 61,3 miliardi di euro con una contrazione dell’11,4% rispetto al 2019, in linea con il trend dei consumi tout court. I cali più pesanti si registrano in Lombardia (-12,7%), Veneto (-12,4%) e Marche (-12%).

«Si interrompe così la dinamica positiva che durava da sei anni consecutivi – commenta Claudio Bardazzi, responsabile dell’Osservatorio Findomestic -. L’andamento dei consumi riflette i cambiamenti radicali innescati dall’emergenza sanitaria. L’esplosione dello smart working e della didattica digitale integrata ha restituito centralità alla dimensione familiare, orientando il lifestyle verso la funzionalità, la sicurezza e il comfort degli ambienti domestici. Lo spiegano chiaramente due dati: il +30% dei congelatori e il +37% dei wine cabinet. La casa diventa, al contempo, un rifugio e uno spazio sempre più votato al benessere».

Andamento regionale

I beni durevoli (veicoli, mobili, elettrodomestici e hi-tech, ecc.) monitorati da Findomestic, società di credito al consumo del Gruppo BNP Paribas, pesano per il 6,3% sui consumi totali, un valore sostanzialmente stabile rispetto allo scorso anno (6,4%). Nei primi due trimestri dell’anno i durevoli hanno subito un calo rispettivamente del 20,8% e del 31,1%, per arrivare poi al rimbalzo del 13% nel periodo compreso fra luglio e settembre. Con una spesa complessiva di 12,3 miliardi di euro, la Lombardia rimane la regione con la maggiore incidenza in valore assoluto (7,5%) sui consumi dei durevoli, davanti al Lazio con 5,9 miliardi (3,6%) e al Veneto con 5,8 miliardi (3,5%). Il territorio lombardo, tuttavia, è anche quello che patisce il calo percentuale più consistente (-12,7%), seguito dal Veneto (-12,4%) e dalle Marche (-12%). La contrazione si rivela, invece, meno marcata in Molise (-7,9%), Friuli Venezia Giulia (-8,4%), Puglia e Trentino Alto Adige (-8,7% per entrambe).

Il mercato dei veicoli

Il comparto (auto nuova, usata e due ruote) – di fatto azzerato durante il lockdown – riesce a scongiurare il tracollo grazie agli ecoincentivi statali, che hanno determinato una ripresa significativa del settore a partire soprattutto dal mese di agosto, anche se la decelerazione delle perdite era già cominciata a giugno: il 2020, secondo l’Osservatorio Findomestic, si chiuderà a quota 33,5 miliardi. Naturalmente in basa alla tipologia di veicolo, il panorama cambia. Partiamo dall’usato: per le famiglie italiane le auto usate, pur in flessione del 13%, continuano a rappresentare la voce di spesa più consistente con 17 miliardi di euro totali. Le compravendite stimate per la fine dell’anno saranno 2.494.500, il 13,6% in meno rispetto al 2019. La Lombardia guida la classifica con quasi 370.000 passaggi di proprietà nonostante il calo più marcato in Italia (-16%). Seguono il Lazio con circa 250.000 (-13,8%) e la Campania con poco meno di 244.000 auto usate vendute (-11,8%). L’unica regione con un tasso di decremento ad una sola cifra è la Sicilia (-9,2%).

Per le auto nuove acquistate da privati la contrazione della spesa si attesta al 19,3% per un valore complessivo di 14,8 miliardi di euro, in calo di 3,5 miliardi rispetto al 2019. In base alle proiezioni, a fine anno le famiglie italiane avranno immatricolato 862 mila vetture (-21,3%) all’interno di un mercato, che includendo la domanda aziendale, chiuderà il 2020 con 1.336.355 pezzi venduti (-30,7%). A livello regionale, con oltre 227.000 immatricolazioni la Lombardia si conferma il primo mercato, seguita da Trentino Alto Adige con 192.000 auto vendute e il Lazio con 132.600. Le flessioni più elevate riguardano il Trentino (-35,5%), Sardegna e Valle d’Aosta (entrambe a -34,4%). Più contenuto il decremento per Liguria (-24,5%) e Toscana (-25,7%).

Il rilancio del mercato dell’auto nel post-lockdown si tinge di verde: la crescita delle vetture ad alimentazione alternativa – GPL, metano, ibride ed elettriche – si attesta all’8,9% dopo i primi 9 mesi dell’anno. È green una vettura su quattro tra quelle di nuova immatricolazione, con una conseguente erosione delle quote di mercato sia dei veicoli a benzina (40% delle vendite, in calo del 39,4% sul 2019) che di quelli diesel (35% del totale, con un passivo del 44,1%). Nel segmento della mobilità sostenibile, le auto a motorizzazione elettrica sono protagoniste di un vero e proprio boom con una crescita del 73% sull’immatricolato; perdono appeal, al contrario, i veicoli alimentati a Gpl (-39,9%) e, in parte, anche quelli a metano (-12,4%).

Il segmento dei motoveicoli risente in misura relativa dello scenario di crisi: il ridimensionamento del fatturato si ferma all’8,3%, per un valore complessivo di 1,6 miliardi. Le vendite di due ruote hanno fatto registrare un incremento particolarmente sensibile in estate e in particolare a giugno (+35,4%) e agosto (+41,4%): un effetto della revisione dei paradigmi della mobilità in tempi di emergenza pandemica, che comporta una crescente preferenza per gli spostamenti senza mezzi pubblici. La Lombardia, che con 44.795 pezzi venduti vale quasi il 20% del mercato, registra una flessione minima (-1,5%) a differenza del Trentino Alto Adige dove il calo in volumi raggiunge il 36,8%. Le regioni meridionali, favorite dal clima, registrano, invece, vendite in aumento con incrementi consistenti in Puglia (+13,1%) e Calabria (+14,8%).

Il settore casa

I due grandi comparti del settore casa evidenziano andamenti divergenti: alla dinamica negativa dei mobili (-10,6%) fa da contraltare la perfetta stabilità della tecnologia consumer (-0,1%), come rileva l’Osservatorio Findomestic.

L’arredamento aveva iniziato il 2020 con il piede giusto: il +2% di gennaio e il +2,9% di febbraio sono stati annullati dalle gravissime perdite innescate dal lockdown primaverile, con il -53,4% di marzo e addirittura il -85,5% di aprile. La risalita è lenta e faticosa, ma la tendenza pare ormai avviata in maniera definitiva sui binari della ripresa: il mercato raggiungerà i 13,6 miliardi alla fine dell’anno. L’analisi regionale restituisce la misura precisa del cospicuo contributo al comparto da parte della Lombardia: 2,71 miliardi, in decrescita dell’11%. Nettamente distaccate le regioni al secondo e terzo posto, ovvero il Lazio con 1,31 miliardi (-9,8%) e il Veneto con 1,25 miliardi (-10,9%). Le perdite percentuali più consistenti si registrano in Sardegna (-13%), Basilicata (-12,8%) e Calabria (-12,6%). Il canale online con una crescita del 32% arriva a pesare il 13% all’interno di un mercato in cui le famiglie italiane, da tradizione, continuano a preferire i punti vendita fisici.

Nell’ampio paniere della tecnologia consumer, le performance dei mercati risultano particolarmente variegate. L’impennata dell’information technology (+23,5%) alimenta un giro d’affari complessivo da 2,4 miliardi di euro: si tratta dell’unico segmento con bilanci positivi in tutti i singoli mesi del 2020, con un picco di crescita del 47,8% a maggio. Tra i prodotti di maggior successo figurano le webcam (+60,3%), i pc portatili (+53,1%) e anche i tablet (+20,7%): un chiaro esito della svolta smart del lavoro e dell’istruzione. Dei 2,4 miliardi spesi dagli italiani in I.T., 480 milioni sono concentrati in Lombardia (+30%), 248 in Veneto (+20,9%) e altrettanti in Emilia Romagna (+22,1%). La regione che fa segnare la crescita maggiore è la Liguria con +32,1% (74 milioni totali), mentre nel Lazio l’espansione del mercato si ferma al 17,9% (a quota 202 milioni). Ai numeri dell’I.T. contribuisce lo sviluppo dell’e-commerce, che incide sugli acquisti con una quota del 26,5% segnando un’accelerazione del 53% rispetto allo scorso anno. Nel comparto tech, anche l’andamento dei piccoli elettrodomestici è decisamente favorevole: con un bilancio in aumento del 9,5% il segmento tocca un valore di 1,7 miliardi di euro. La variazione positiva è maturata soprattutto tra maggio e giugno (rispettivamente +36,5% e +36,7%) grazie in particolare alle vendite di tagliacapelli (+60,6%) e robot da cucina (+28,2%), riflesso delle nuove esigenze sviluppate durante il lockdown scattato a marzo. Anche per i piccoli elettrodomestici è in forte crescita l’apporto degli acquisti tramite l’e-commerce: +53,9% in valore e incidenza al 34,8%.

È in sofferenza, invece, il mercato dei grandi elettrodomestici, che scivolano a 3 miliardi complessivi con una contrazione del 5,5%, nonostante lo sprint di prodotti come i congelatori (+30,1%) e le wine cabinet (+36,7%). Negativa è anche la performance della telefonia, che perde il 6,9% arretrando a 5,3 miliardi complessivi, nonostante il boom degli acquisti sul web: +61,9% per un’incidenza del 14%. Pesa, in particolare, il calo degli smartphone (-6,9%), che non è compensato dal notevole incremento delle cuffie (+47,7%) e dei dispositivi wearables (+8,7). Le regioni dove la frenata è più brusca sono l’Umbria (-10,4%), le Marche (-9,1%), il Lazio e la Toscana (entrambe a -9%). La Lombardia guida il giro d’affari del segmento telefonia con una spesa di 1,03 miliardi, in flessione del 6,5%. Più contenuto è il calo dell’elettronica di consumo, che perde il 3,1% in valore attestandosi a 1,8 miliardi di euro: segnano il passo i televisori (-2,8%) e aumentano le casse (+3,6%), mentre tornano in ascesa i droni (+54%). Per i prodotti di elettronica diventano sempre più rilevanti gli acquisti online, con una progressione annua del 41,1% e un peso del 21% sul totale dei consumi del segmento.

La scalata dell’e-commerce

Oggi oltre la metà degli italiani – per la precisione il 56% – preferisce comprare su Internet anziché in negozio. È la prima volta che i canali digitali scavalcano quelli fisici nelle intenzioni d’acquisto. Tendenza che, seppur condizionata da variabili contingenti come le chiusure delle attività o le limitazioni alla mobilità, si è andata via via consolidando anche con l’allentamento delle restrizioni tant’è che oggi il 44% dichiara di acquistare di più su web rispetto all’era pre-Covid. Da marzo ad oggi, sono tanti gli italiani che hanno acquistato online prodotti mai acquistati precedentemente sul web: il 22% ha fatto per la prima volta la spesa alimentare, l’11% ha acquistato piccoli elettrodomestici, il 10% ha ordinato telefoni, libri, cosmetici e articoli per il fai-da-te e l’8% ha comprato giocattoli e prodotti informatici. Ad aver beneficiato di più del contributo dell’online è proprio il mercato della tecnologia consumer dove l’incremento della spesa sul web (+46%) è riuscito a compensare nei primi 9 mesi dell’anno la riduzione dei consumi sul canale fisico (-8%) permettendo all’intero comparto di chiudere sui livelli del 2019 (-0,1%).

Il credito al consumo

Come certificano i dati Assofin, il mercato registra dopo i primi 10 mesi dell’anno una flessione delle erogazioni del 22,2%: un inevitabile contraccolpo della caduta dei consumi determinata dalla crisi pandemica. Findomestic mostra, alla fine di ottobre, un andamento leggermente migliore rispetto alla media: -20,6%. «Il 2020 era partito con uno slancio positivo – spiega il direttore generale di Findomestic, Gilles Zeitoun -. Nei primi due mesi dell’anno, infatti, si era rilevata una crescita rispetto al 2019. L’effetto lockdown ha frenato la domanda, innescando un calo che, a livello di mercato, ha raggiunto il 65,7% ad aprile. La ripresa è stata difficoltosa, ma Findomestic si è dimostrata in grado di rispondere alle esigenze del pubblico mettendo a punto una strategia imperniata su reattività, adattabilità e concretezza, nel quadro di quella responsabilità che da sempre rappresenta la stella polare delle azioni della nostra società: proprio per questo abbiamo accolto circa 60 mila richieste di sospensione rimborsi e abbiamo proposto ai nostri clienti nuovi prodotti in grado di garantire maggiore flessibilità nella gestione dei rimborsi e completa accessibilità anche attraverso i canali digitali».

Consumi: la sostenibilità guida le scelte. La ricerca di GfK

Oggi più che mai la sostenibilità e l’attenzione per la salvaguardia del pianeta sono in cima alle preoccupazioni dei consumatori. Secondo quanto emerge dalla ricerca GfK #WhoCaresWhoDoes sulla Sostenibilità e le preoccupazioni ambientali, un numero crescente di consumatori sta modificando i propri comportamenti per effetto della crescente sensibilità ai temi ambientali. A livello europeo, una famiglia su tre (35%) ha smesso di acquistare determinati prodotti e/o servizi a causa del loro impatto negativo sull’ambiente o sulla società.

Anche i consumatori italiani si dimostrano molto attenti alla sostenibilità: il 30% dichiara di evitare i prodotti con imballaggi in plastica e il 36% ha smesso di acquistare certi prodotti e servizi a causa del loro impatto negativo; una percentuale che sale al 65% per il segmento degli Eco Active, che comprende i consumatori più ingaggiati dalle tematiche ambientali.

Gli italiani sono in media ben disposti anche rispetto al tema del riciclo e dichiarano di riciclare molto di più rispetto alla media mondiale. Dalle ricerche GfK emerge però che per il 58% delle famiglie è ancora poco chiaro cosa succede ai prodotti quando vengono riciclati.

Un altro aspetto importante è quello degli imballaggi: oltre la metà delle famiglie italiane si aspetta che le aziende mettano a disposizione confezioni fatte da materiale riciclabile al 100%, di materiali alternativi alla plastica o di plastica biodegradabile.

Guardando invece alle categorie di prodotto dove gli shopper ritengono di avere un’influenza maggiore in termini di sostenibilità, per l’Italia troviamo ai primi posti l’home e il personal care; a livello europeo, invece, si piazzano in cima alla classifica frutta e verdura.

La sostenibilità e l’attenzione per la salvaguardia del pianeta sempre più centrali per i consumatori. Un dato che nessun Brand può permettersi di ignorare, anche perché ben il 62% degli italiani preferisce compare prodotti da aziende che dimostrano attenzione all’ambiente.            

L’influenza delle nuove generazioni

Secondo quanto emerge dallo studio GfK, in Europa i responsabili degli acquisti famigliari vengono influenzati nelle loro scelte principalmente dai figli (45%), seguiti dagli amici (42%), dal coniuge (37%) e dai genitori (19%). Le opinioni dei membri più giovani delle famiglie contano di più di quelle dei politici (14%), dei media (13%) e delle celebrità (9%). Di conseguenza, per produttori e retailer oggi è ancora più importante tenere conto dell’orientamento delle generazioni più giovani rispetto alle tematiche ambientali per impostare le proprie strategie di crescita future.

I consumatori ci credono

Secondo i risultati della nostra ricerca, i consumatori sono sempre più convinti che i propri comportamenti di acquisto possano avere un effetto positivo sull’ambiente. Secondo il 40% degli intervistati, sono soprattutto i produttori di beni e servizi a poter fare la differenza nel ridurre l’impatto ambientale, seguiti dai governi con il 35%.

A livello europeo, 3 famiglie su 10 preferiscono evitare di acquistare prodotti con un imballaggio in plastica. In un momento come quello attuale – in cui l’emergenza COVID-19 ha messo al centro le tematiche di igiene e sicurezza – è ancora più significativo rilevare che così tanti consumatori cercando di liminare la produzione di rifiuti in plastica da imballaggio.

La percentuale di consumatori che cerca di evitare i rifiuti in plastica varia da Paese a Paese, ma ovunque risulta in crescita il segmento dei consumatori Eco Active, vale a dire di colore che si sentono responsabili in prima persona e stanno modificando i propri comportamenti di acquisto. A livello europeo questo segmento arriva a pesare il 24% e la Germania è il paese che vanta il maggior numero di consumatori Eco Active (38%). Seguono in classifica l’Irlanda, la Slovacchia (25%), la Spagna (24%), l’Italia e la Gran Bretagna (entrambe 23%). In alcuni Paesi, in particolare Spagna e Francia, il segmento di consumatori Eco Active ha registrato una crescita significativa rispetto allo scorso anno. 

Un altro gruppo molto rilevante è quello dei consumatori Eco Considerer (43% del totale a livello europeo) che include coloro che si dichiarano preoccupati per i rifiuti in plastica e che modificano di tanto in tanto i propri comportamenti, ma che ritengono importante soprattutto un’azione più incisiva da parte delle aziende e dei governi.

 

Nota metodologica

I dati riportati in questo comunicato stampa si basano su ricerche condotte da GfK in collaborazione con Kantar ed Europanel in 24 Paesi. La rilevazione è stata effettuata a  giugno 2020. I 10 Paesi europei al quale si riferiscono i dati riportati nel comunicato sono i seguenti: Italia, Gran Bretagna, Irlanda, Germania, Francia, Slovacchia, Repubblica Ceca, Polonia, Portogallo e Spagna. Il report GfK copre i seguenti Paesi: Italia, Germania, Polonia, Repubblica Ceca, Russia e Slovacchia.

Qui un estratto della ricerca “Who Cares? Who does? Sustainability Concern and Action”

Everli e Metro aprono ai clienti senza partita IVA

Everli annuncia un’importante collaborazione con METRO, grazie alla quale, per la prima volta, anche agli utenti non possessori di partiva iva, di ricevere la spesa direttamente a casa agli stessi prezzi del punto vendita, contando su uno dei più vasti assortimenti della spesa online in Italia.

La partnership, attiva con 14 punti vendita METRO nelle province di Brescia, Firenze, Milano, Parma, Ravenna, Roma, Torino, Trieste, Varese e Verona, ha già reso disponibili sulla piattaforma di Everli oltre 3.000 referenze. Una ricca offerta all’insegna della qualità, grazie alla vastissima gamma di prodotti alimentari, di elettronica e accessori per l’ufficio. Ampia, inoltre, la varietà di prodotti in offerta (più di 600 per ogni store) e la scelta di linee a marchio privato, come le linee METRO Chef, METRO Professional, Aro, Columbus, Dolce Vite, Madruzzo.

Everli è l’unica piattaforma per la spesa online che consente di scegliere la propria insegna di fiducia tra quelle dell’area circostante, approfittando di promozioni esclusive e scegliendo i propri prodotti preferiti all’interno di una vastissima offerta. L’ordine effettuato online viene affidato a uno Shopper, che si reca al punto vendita per fare la spesa per il cliente, consegnandola a casa o all’indirizzo desiderato all’orario concordato, anche in giornata. Grazie all’esperienza utente semplice e intuitiva e all’ampia gamma di scelta di insegne, prodotti e offerte, Everli riduce le complessità della spesa per i clienti, favorendo la parte più piacevole e serena dell’esperienza d’acquisto. Il servizio è attivo 7 giorni su 7.

La collaborazione tra Everli e METRO, unendo all’innovazione tecnologica e alla comodità del servizio il plus di uno Shopper dedicato all’acquisto, permetterà ad entrambi i partner di rispondere in maniera ancora più efficiente alle esigenze dei propri clienti, garantendo loro ampia scelta e qualità. Grazie all’accordo, inoltre, per la prima volta anche i consumatori che non possiedono partita iva potranno acquistare i prodotti dell’assortimento di METRO, ricevendoli comodamente a casa.

“Siamo entusiasti dell’accordo con METRO, un partner di assoluta rilevanza, con cui ampliamo in maniera significativa l’offerta per i nostri clienti, rispondendo alle loro esigenze sempre più diversificate” – ha dichiarato Federico Sargenti, CEO di Everli – “Grazie a questa partnership, potremo garantire a molti nuovi clienti e anche ai consumatori senza partita iva di acquistare i prodotti METRO e riceverli comodamente a casa con un’esperienza di acquisto innovativa ed efficiente”.

“Il nostro focus è offrire soluzioni per i professionisti della ristorazione e dell’ospitalità, attraverso un vasto assortimento di eccellenze culinarie. Attraverso la partnership con Everli anche gli appassionati del mondo Food avranno la possibilità di avere accesso ad una selezione di prodotti per riproporre a casa propria ricette gourmet e originali” – dichiara Tanya Kopps, CEO di METRO Italia. “Questa collaborazione nasce in un momento di grande incertezza per gli italiani; attraverso Everli vogliamo fare la nostra parte agevolando la spesa online dei cittadini, che si trovano a fronteggiare un coprifuoco e, in alcune regioni d’Italia, un nuovo lockdown.”

 

Le vie del nuovo marketing: il parere di Kantar

In un momento particolare dal punto di vista sanitario, personale ed economico, di grande difficoltà ed incertezza, è importante focalizzarci su quanto accade oggi, per attivare fin da subito comportamenti virtuosi che proiettino le nostre marche e le nostre aziende verso un futuro solido. Ne ha parlato Federico Capeci, CEO Italy, Greece & Israel – Insights Division – Kantar in conferenza plenaria allo IAB Forum.

“Come in un viaggio, sappiamo che tutto questo avrà una fine – ha aperto Federico Capeci. Ci sentiamo impotenti… ma possiamo fare molto: guardare all’oggi, focalizzandoci su quello che sta cambiando ora: il Consumatore, e come sta vivendo questo periodo di pandemia, i Marketer, e le Aziende, che reagiscono alla crisi pandemica in modalità diverse, le percezioni e le attitudini verso il Media. Avere una visione chiara del contesto in cui operiamo, ci aiuta a fare scelte più oculate per costruire valore per noi stessi, a livello personale, per le nostre famiglie e per le Aziende e marche per cui abbiamo responsabilità operative”.

La preoccupazione è l’elemento costante, per i Consumatori, così come per le Aziende, preoccupazione che si riflette negli impatti sulle top lines, così come sulle profittabilità per le Aziende e sulle riduzioni del reddito personale e famigliare, per i Consumatori.

“Su una cosa si è tutti d’accordo – ha continuato Federico Capeci: il consumatore, tutti noi, saremo diversi, dopo la crisi. Abitudini e comportamenti, attitudini e percezioni saranno fortemente impattate dalle emozioni, dall’insicurezza, dalle restrizioni che abbiamo vissuto e stiamo ancora vivendo”.

Se ci si focalizza su quanto rilevato in cambiamento, lo studio Kantar Covid-19 Barometer ha evidenziato cinque aree importanti di evoluzione del consumatore:

  • un focus sul miglioramento personale che diventa opportunità di empowerment, in diverse aree (lavoro, società, salute, wellnes, mindfulness)
  • una richiesta di presa in carico da Governi, Aziende, Marche da cui il Consumatore si aspetta una visione chiara e un’attivazione decisa
  • una maggior sensibilità sociale
  • l’attenzione alla “prossimità”, emozionale e fisica, anche in ambito di scelte d’acquisto
  • la diffusione del digitale e la permeabilità di questo in ogni ambito della quotidianità: la necessità di spostare le esperienze ed i momenti relazionali, ma anche di acquisto, dal fisico al digitale, ha accelerato la transizione di tutti i gruppi sociali verso un’adozione completa del digitale stesso.

Le Aziende hanno risposto a questa pandemia in modo negativo, in forte prevalenza (85%**), con blocchi di assunzioni, congelamenti e tagli di budget, blocco o dilazione nel tempo degli investimenti.

“Solo un 32%** delle Aziende intervistate nel nostro studio COMPASS** – ha spiegato Federico Capeci – ha attivato azioni in ottica proattiva, adattandosi velocemente al nuovo contesto e preparandosi a navigarlo al meglio, fin da subito, con focalizzazione chiara sulle aree di business che potevano giocare un ruolo cruciale, con miglioramenti nell’e-commerce e investimenti in marketing ed innovazione”.

Fra queste, le aziende che hanno saputo cavalcare meglio l’onda, in questo frangente critico, hanno sfruttato 3 leve principalmente:

  • Un grande attenzione al digitale in ogni sua declinazione, a partire dagli investimenti subito spostati sui canali online, previsti crescere ancora da tutta la community dei Marketers sia a livello Globale che Locale, su questi media, a scapito dei media più tradizionali, soprattutto della Stampa e del Cinema. TV e Radio sembrano evidenziare un saldo netto pressochè stabile dalle stime dei Marketers. Ma anche dal focus sull’e-commerce, come canale addizionale, alla capacità di operare in smartworking con la stessa (o con maggior) efficacia rispetto alle modalità tradizionali in ufficio.
  • La capacità di focalizzarsi sugli elementi chiave nelle proprie strategie (rivisitate) di Marketing: valutare su quali touchpoint concentrarsi, sapendo che il 20% dei touchpoint porta l’80% di impatto, individuando le creatività più adatte al nuovo contesto, così come i più adeguati piani media per garantire reach, frequency e sinergie e andare a parlare ai segmenti che anche in contesti più difficili potevano considerarsi attrattivi e potenziali. Un grande #focus quindi sugli elementi chiave, in grado di portare ritorno
  • La generazione di #valore nel breve e nel lungo termine, costruendo sul #brand. I Touchpoint hanno caratteristiche diverse e possono contribuire diversamente al raggiungimento degli obiettivi della marca. Con un mercato che stima di avere un peso della TV simile a quello del Online*** si apre oggi uno scenario in cui dobbiamo ripensare veramente al ruolo che vogliamo dare al Digitale, se (solo) di push sulle performance o anche con la possibilità di impattare in modo più importante anche sul Brand, lavorando quindi per attivare predisposizione alla marca e costruire opportunità di crescita futura. Ma questo implica un atteggiamento diverso verso il mezzo e verso la creatività che utilizziamo nei diversi contesti.

“Quello che rimane, dunque è la necessità di lasciare per un attimo lo scenario “pre-COVID” e anche quello “post-COVID” – ha concluso Federico Capeci – per concentrarsi sull’oggi, sul “durante” che sta dilatandosi come non avremmo voluto e che può rivelarsi, come le aziende più performanti ci stanno insegnando, foriero di opportunità e nuovi stimoli. Bisogna però imparare ad essere più #agili, #focalizzati, #digitali”, ad #agire rapidamente, come le aziende più performanti e rivolte al futuro stanno già facendo”.

Tecnologia di consumo: ancora positivo il trend. I dati GfK

La nuova ondata di contagi e le nuove restrizioni imposte per contenere l’epidemia non sembrano per ora frenare la Tecnologia di consumo, che dall’inizio della Fase 2 è sempre rimasta in area positiva. Secondo i dati GfK sul Retail Panel Weekly* , nella settimana dal 19 al 25 ottobre (influenzata dalle chiusure dei centri commerciali non alimentari durante il weekend) il mercato è cresciuto ancora del +34,8% rispetto allo stesso periodo del 2019, con trend positivi sia online che offline.

La crescita a doppia cifra del mercato riguarda sia il canale online (+49,1% a valore) sia i punti vendita tradizionali (+31%). Le vendite risultano in crescita anche in Lombardia  e Piemonte – regioni interessate da chiusure parziali durante il weekend – anche se con trend meno positivi rispetto al resto del Paese.

L’andamento positivo della Tecnologia di consumo è iniziato con le riaperture della Fase 2 (settimana del 4 maggio 2020) ed è continuato senza interruzioni anche nei mesi successivi, con trend settimanali sempre in crescita rispetto allo scorso anno. Le vendite della settimana scorsa (Week 43) sono state particolarmente positive anche per effetto delle promozioni speciali messe in campo di alcuni retailer.

Il trend positivo della settimana 43 riguarda tutti i principali settori della Tecnologia di consumo, con eccezione della Fotografia, che nella settimana considerata registra una contrazione del -18,5%. Il dati GfK mettono in evidenza ancora una volta la crescita sostenuta del comparto IT e Attrezzature per ufficio (+96%) che negli ultimi mesi ha fatto registrare vendite record legate alle nuove esigenze di smart working e didattica a distanza degli italiani. Molto positivo anche l’andamento dell’Elettronica di Consumo (+48,5%), dell’Home Comfort (+29,9%) e del Grande e Piccolo Elettrodomestico, che segnano una crescita rispettivamente del +24,4% e del +16,8% rispetto alla stessa settimana del 2019. Crescita a doppia cifra anche per il  segmento Telecom (+13,5%), il più importante per fatturato sviluppato.

Stime per il mercato globale nel 2020

Fare una stima globale oggi è complesso: nelle scorse settimane GfK ha rilasciato un Forecast che prevede un andamento piatto della Tecnologia di consumo a livello mondiale (+0% rispetto al 2019), con un valore complessivo del mercato pari a 1 trilione di euro. Tuttavia la previsione partiva da uno scenario senza nuovi lockdown. La rapida evoluzione degli ultimi giorni, ha mutato in peggio il contesto previsionale, per cui è giusto tenerlo presenta nella lettura dei dati ad oggi rilasciati e che vedremo  qui di seguito.

In questo contesto di trend piatto del mercato nel suo insieme, gli andamenti previsti per i singoli settori sono molto diversi. GfK stima infatti un calo del -6% a fine 2020 per il mercato Telecom, che rappresenta da solo il 40% del fatturato dei TCG. Il settore in assoluto più positivo sarà quello dell’IT e Attrezzature per ufficio, per il quale si prevede una crescita a valore del +15% a livello mondiale. Un altro settore che ha registrato forti crescite durante l’anno il Piccolo Elettrodomestico, per il quale si prevede una crescita a fine anno del +9% nel valore. Andamento più piatto per i settori dell’Elettronica di consumo e del Grande Elettrodomestico, per i quali si stima un trend rispettivamente del -1% e del -2% a valore rispetto al 2019.

Nota metodologica

Attraverso la metodologia Retail Panel, GfK raccoglie in maniera continuativa i dati di sell-out dell’Elettronica di consumo per oltre 300 gruppi di prodotto e in più di 70 Paesi, coprendo i principali Retailer e canali di vendita.

*I dati contenuti in questo comunicato si basano sui dati di sell-out delle principali insegne online e offline attive sul mercato italiano, rilevate attraverso il GfK Retail Panel Weekly nella settimana dal 19 al 25 ottobre 2020. Il comunicato si riferisce al paniere dei 25 prodotti tecnologici più importanti che GfK rileva su base settimanale.

I siciliani e la Birra: voglia di socializzare

La Birra spariglia in Sicilia, conquistando un duplice podio: per 6 siciliani su 10 è la bevanda più socializzante, anche al di sopra del caffè (14%) e del vino (che tra bianco, rosso e spumante tocca appena il 20%); mentre per 7 siciliani su 10 (il 69% circa) la birra è stata anche la bevanda più consumata negli ultimi mesi, seconda solo ad acqua e caffè.

È questo l’evidenza che emerge dalla survey commissionata da Birra Messina all’Istituto di Ricerca Piepoli (dal titolo: “Birra e socialità in Sicilia: specchio dei tempi che cambiano”), da cui si evince lo straordinario rapporto dei Siciliani con la birra. In Sicilia la birra è la vera e propria regina dello stare insieme e rimane tale anche adesso che le abitudini degli Italiani sono cambiate, relegando la socialità alle mura domestiche e trasferendo i consumi di molti prodotti al contesto familiare. Con una curiosità. I dati di consumo settimanale di birra degli ultimi mesi – a pasto e di tipo responsabile – sfatano un luogo comune: la Sicilia, con una quota del 76% – che già supera la media nazionale pari al 68% – supera anche il Nord-est, zona di cultura birraria per eccellenza, che si attesta “solo” al 73%.

Un risultato che, però, non sorprende se si pensa che la birra è da sempre una bevanda tipica del mediterraneo, apprezzata e consumata già durante l’Impero Romano. Per sua natura, infatti, è legata in modo indissolubile ai cereali ed è proprio il suo legame con grano e orzo che ne fa non solo un elemento caratterizzante della Dieta Mediterranea ma ancor più della Sicilia, il “granaio” italiano già ai tempi dei romani.

Questi dati confermano come la birra, anche in un momento come questo, rappresenti la bevanda perfetta per la condivisione, evidenziando quanto la socialità, che oggi sta cambiando per adattarsi alla nuova realtà, resti un valore fondamentale. La Sicilia è terra di amanti della birra, lo dimostrano i consumi che, oramai, superano anche quelli di certe aree del Nord d’Italia con una forte tradizione brassicola. Interessante anche il crescente interesse per le birre speciali: il lancio di Birra Messina a livello nazionale ha rappresentato una rivincita e una sfida che, insieme alla nascita di Birra Messina Cristalli di Sale, dalla forte identità locale, ha voluto rappresentare un omaggio a un territorio dove la birra è di casa, sinonimo anche di quella tradizione e radice mediterranea da cui trae origine e che proprio in Sicilia ha uno dei suoi baricentri.

La ricerca ha indagato anche quali sono le occasioni di consumo, la percezione e il vissuto della birra. In Sicilia, i consumi sono avvenuti principalmente tra le mura domestiche (77%), ma anche quelli fuori casa hanno retto il colpo, attestandosi al 59%, di cui il 51% in pizzeria, il 34% al ristorante, il 33% al pub, il 22% al bar e il 14% in altri locali. E se il 38% degli intervistati in Sicilia è concorde nel sostenere che non serve un’occasione speciale per comprare birra, tra le occasioni preferite dai Siciliani per berne una, al primo posto c’è la cena (con il 74%), seguita dal dopocena (con il 22%), aperitivo (20%) e pranzo (14%).  A confermare che per i Siciliani la birra è perfetta per accompagnare il pasto.

I Siciliani, nonostante i tempi complessi e le limitazioni imposte dal momento storico, non hanno voluto rinunciare alla birra ma, anzi, continuano a consumarla perché la birra piace e rappresenta un momento di gratificazione personale del quale non si vuole fare a meno. E per il 93% dei Siciliani, ci sarà sempre spazio per una birra.

Le speciali

In fatto di preferenze, la scelta dei Siciliani ricade spesso sulle birre chiare: l’81% le ha predilette durante il lockdown vs (ora, sceso al 75%). Desta particolare interesse però la crescita di attenzione per le birre speciali: il loro consumo in Sicilia è salito dal 26% durante i mesi del lockdown al 38% di oggi.

Dati coerenti con un’altra evidenza emersa dalla ricerca: 1 Siciliano su 3 (il 37% circa), nel lungo periodo di lockdown ha avuto modo di provare nuove birre e nuovi stili e ne è rimasto evidentemente conquistato. Il 44% dei Siciliani apprezzano le birre di territorio (in grado di raccontare una regione e le sue caratteristiche peculiari), che saranno il simbolo del New Normal di domani.

Un ultimo dato: il 90% dei siciliani dichiara di conoscere Birra Messina e il 57% la consuma. Il 94% dei siciliani è orgoglioso che Birra Messina sia commercializzata in tutta Italia, rappresentando tutto il bello della Sicilia nel resto del Paese (Fonte: “I Siciliani e la Sicilitudine” – Doxa 2019). Lo stesso sentimento emerge nel vedere utilizzato un prodotto naturale e unico della Sicilia, il sale di Trapani, nella produzione della Birra Messina Cristalli di Sale, per il 90% dei siciliani simbolo d’unione tra il nord e il sud dell’isola.

AssoBirra propone due misure per sostenere la filiera

AssoBirra, a sostegno del Fuori casa, tra i settori più colpiti dall’emergenza sanitaria, avanza alle istituzioni due proposte di supporto all’intera filiera: una riduzione delle accise da un lato, e un sostegno immediato al canale Ho.Re.Ca. dall’altro.

Le proposte sono state presentate da AssoBirra durante un incontro istituzionale digitale che ha visto la presenza, oltre al Presidente Michele Cason e al Vice Presidente Alfredo Pratolongo di AssoBirra, anche dell’On. Fabio Melilli, Presidente della Commissione Bilancio della Camera dei Deputati, di Luciano Sbraga, Vice Direttore Generale di FIPE e di Luca Paolazzi, Partner di REF Ricerche e Ceresio Investors advisor per il punto sul settore, numeri alla mano.

Le accise

Nel nostro Paese, la birra è l’unica bevanda da pasto a pagare le accise. Un’anomalia che incide in maniera significativa su tutta la filiera e che ora più che mai non può essere ignorata. Tanto più che colpisce tutti: produttori, distributori e consumatori. E ancora: si tratta di una tassa regressiva e dunque ha un’incidenza maggiore sulle birre più popolari e un peso inferiore su quelle di fascia alta. Non solo. È tra le più alte d’Europa e penalizza le aziende che investono e producono in Italia. Per questo, AssoBirra chiede un intervento strutturale che, mediante la riduzione delle accise dall’attuale soglia di 2,99 euro per ettolitro e per grado Plato di birra consenta al comparto di rimanere competitivo. Assicurando una boccata d’ossigeno a tutta la filiera. Consumatori finali, compresi.

Michele Cason

“La birra arriva da un decennio di crescita. Anni in cui ha messo a segno record su record su tutti i fronti: dalla produzione, sostenuta da un export sempre più consistente, al numero di consumatori che sempre più prediligono abitudini moderate con prodotti a basso tenore alcolico. Il comparto ha generato una ricchezza tale da diventare uno dei settori strategici della nostra economia. Questo valore non può andare disperso e, anzi, va valorizzato affinché la filiera birraria possa essere uno dei pilastri strategici su cui costruire una roadmap chiara per affrontare la crisi attuale” commenta Michele Cason, Presidente di AssoBirra.

Il Fuori Casa

Nove miliardi di euro al 2018: a tanto ammonta il valore condiviso generato dalla birra in Italia e che esprime la ricchezza generata. Di questi, oltre 5,7 miliardi di euro sono da ricondursi al canale Ho.Re.Ca., una galassia di oltre un milione e duecentomila addetti e 340mila imprese che, prima dell’emergenza Covid-19, generava un fatturato di oltre 90 miliardi di euro ogni anno. E che oggi è messa a dura prova dalla seconda ondata pandemica e dal recente DPCM del 24 ottobre scorso che ha sancito la chiusura tassativa di tutti i punti di ristoro d’Italia dalle ore 18.00. Non a caso, il quadro disegnato dalla Federazione Italiana Pubblici Esercizi (FIPE) è drammatico: entro la fine dell’anno, chiuderanno 50.000 imprese. In altre parole: oltre 350.000 persone perderanno il posto di lavoro.

Ed è proprio per tutelare questo immenso valore economico e sociale generato in gran parte anche dal sodalizio birra e Ho.Re.Ca. che AssoBirra chiede un sostegno immediato al canale Ho.Re.Ca. tramite un apporto concreto di liquidità destinato ai punti di consumo. Non solo. Va studiata sin da ora una misura volta ad accompagnare la riapertura in toto dei locali, quando avverrà, volta a sostenere in maniera concreta i gestori. Tra le ipotesi sul tavolo: il riconoscimento di un credito di imposta sulla birra alla spina che ne migliori la marginalità.

Alfredo Pratolongo

“Siamo consapevoli di come i provvedimenti presi dal Governo siano necessari perché l’evolversi della pandemia nel nostro Paese sta mostrando segnali di crescita preoccupanti. Tuttavia è altrettanto importante sostenere il business dei singoli esercenti con azioni mirate. Seppure in questi giorni possa apparire prematuro, dobbiamo pensare a come aiutarli a ripartire. E su questo fronte crediamo che la birra possa essere parte della soluzione, non appena superato questo periodo, grazie al suo ruolo trainante nella creazione di valore” commenta Alfredo Pratolongo, Vice Presidente di AssoBirra con delega a Relazioni Istituzionali e Comunicazione. “Supportare la birra alla spina consentirebbe di agire in modo mirato aiutando chi è stato più colpito, ad esempio le oltre 125.000 pizzerie in Italia, che quando potranno riprendere a lavorare a pieno regime avranno seri problemi di marginalità. Per questo inserire un credito di imposta per la birra alla spina è una delle possibili soluzioni pratiche e applicabili concretamente, che porterebbe benefici proporzionali e consentirebbe agli esercenti di migliorare i margini e far fronte così al calo drastico dei consumi”, conclude Pratolongo.

Benessere personale, il più amato dagli italiani

Prodotti di profumeria e di automedicazione, articoli per lo sport e piccoli elettrodomestici: sono alcune delle merceologie del largo consumo che hanno retto meglio alla contrazione del budget destinato dagli italiani all’acquisto di beni e prodotti non alimentari. A rivelarlo è l’Osservatorio Non Food 2020 di GS1 Italy.

Tra i 13 comparti analizzati, a mostrare una maggiore vivacità sono stati quelli legati al benessere personale. Infatti, se complessivamente il “paniere” rilevato ha registrato una crescita annua delle vendite di +0,2%, raggiungendo i 103 miliardi di euro, superiori alla media sono state le performance dei prodotti di profumeria (+2,9%), dei prodotti di automedicazione (+1,9%), degli articoli per lo sport (+1,2%) e dei piccoli elettrodomestici (+5,9%).

Biologico, “clean label” e beauty experience

Il comparto dei prodotti di profumeria ha chiuso il 2019 con 6,1 miliardi di euro di vendite e un trend annuo di +2,9%, arrivando a mettere a segno un +10,9% nel quinquennio 2015-2019 e confermandosi un settore aciclico, capace di rispondere alla perdurante crisi del mercato interno. Molto si deve all’evoluzione della proposta delle aziende del settore e al cambiamento avvenuto nei canali di vendita, con l’affermazione dei drugstore e la crescita di +20% dell’online, anche se ancora marginale (5,2% di quota). È cambiato anche l’approccio degli italiani alla cosmesi e ai prodotti di profumeria: si stanno affermando i valori della sostenibilità (cosmetici bio, pack ecosostenibili o ricaricabili) e della bellezza “pulita” (riduzione o eliminazione di additivi o componenti critici), la semplificazione della beauty routine e la trasformazione dei punti vendita, in particolare delle profumerie, in veri e propri luoghi esperienziali.

Bike e calzature da trekking: shopping  en rose

Il comparto degli articoli per lo sport ha chiuso il 2019 con oltre 6,2 miliardi di euro di vendite, in crescita di +1,2% rispetto all’anno precedente. Si conferma, così, uno dei settori più dinamici tra quelli rilevati dall’Osservatorio Non Food di GS1 Italy visto che nel quinquennio 2015-2019 ha registrato un aumento delle vendite di +9,4%. È un universo in continua evoluzione e il trend degli acquisti rispecchia i cambiamenti sociali in atto: cresce il peso delle acquirenti donne, grazie all’aumento delle sportive e alla crescita dell’athleisure, ed è sempre più determinante la spinta delle innovazioni tecniche e tecnologiche, che permettono di combinare app, attrezzature e dispositivi wearable.

Lo dimostra la crescita ininterrotta delle vendite di attrezzature sportive (+5% nel 2019, +11,8% tra 2015 e 2019), che sono arrivate a generare il 34,4% delle vendite del comparto e che vengono acquistate sempre più spesso online (12,5% di quota). In termini di prodotti, i numeri più interessanti sono quelli delle bici e delle e-bike, grazie alla riscoperta delle “due ruote” da parte degli italiani sia per lo sport sia per la mobilità quotidiana. 

Vento in poppa anche per il segmento delle calzature sportive, le cui vendite continuano a crescere: +1,5% nel 2019 e +10,7% nel quinquennio 2015-2019. Decisivo l’apporto dell’e-commerce, arrivato al 16,2% di quota e cresciuto di +118,2% negli ultimi cinque anni. Nell’ultimo anno si conferma le performance positive delle vendite di sneaker, sia sul mercato interno che su quelli esteri, e si registra il boom delle calzature da trekking e outdoor.

Integratori, la “healthy routine” degli italiani

L’attenzione alla cura e al benessere da parte degli italiani è confermata anche dall’incessante crescita (+11,6% tra 2015 e 2019) del mercato dei prodotti di automedicazione, ossia farmaci acquistabili senza prescrizione medica e integratori notificati dal Servizio sanitario nazionale. Nel 2019 le vendite hanno sfiorato i 7 miliardi di euro (+1,9% annuo) e la performance migliore è stata quella degli integratori: +3,1% a valore e +1,1% a volume. Questi prodotti consentono agli italiani di prendersi cura del proprio benessere, sono disponibili in un ampio assortimento e sono spinti dal consiglio dei professionisti del settore, come medici e farmacisti. E proprio le farmacie restano il punto di vendita preferito e dominante, visto che canalizzano l’87,4% delle vendite dei prodotti di automedicazione e, nel corso dell’ultimo anno, hanno aumentato sia il fatturato che la quota di mercato. Invece gli altri canali, ossia parafarmacie e corner della grande distribuzione organizzata (con presenza di farmacista), cumulano una quota di mercato che si aggira sul 10%, con dinamiche annuali molto marginali.

Piccoli elettrodomestici

Con un aumento annuo di +5,9% delle vendite (+14,8% nel quinquennio), arrivate a 1,7 miliardi di euro, sono stati i piccoli elettrodomestici il segmento più vivace del comparto degli elettrodomestici. Il trend positivo del 2019 è legato soprattutto alla crescita delle performance dei prodotti per la cura della casa e di quella per la cura personale. Elettrodomestici che rendono meno faticose le pulizie (come gli aspirapolvere senza filo), che permettono di concedersi anche in casa momenti di piacere extradomestici (come le macchine per il caffè) o che aiutano a prendersi cura della propria estetica e salute, come gli asciugacapelli di nuova generazione e i prodotti legati all’igiene dentale.

Quanto ai canali, se si analizzano le vendite relative all’ultimo quinquennio, Internet segna un trend positivo a tre cifre: avvisaglia di come i luoghi e le modalità di acquisto da parte delle famiglie italiane, per quanto riguarda questa categoria di prodotti, stiano radicalmente cambiando.

Nota:

L’osservatorio si avvale dell’analisi micro e macro economica svolta da REF Ricerche, e delle previsioni delle vendite per canale e alla ricerca sul punto di vista del consumatore svolte da Metrica/TradeLab.

 

Per approfondire: nonfood.gs1it.org.

Elettrodomestici da cucina, l’analisi di Trovaprezzi.it

Non si sa se per spirito di emulazione nei confronti dei ‘grandi chef da TV’ o se per innata vocazione, una cosa però è certa: oggi più che mai gli italiani non sono solo amanti della buona tavola, ma ambiscono sempre più a cimentarsi con fornelli ed utensili da cucina. Questo è il ritratto che emerge dall’Osservatorio Trovaprezzi.it, realizzato
in occasione della Giornata Mondiale dell’Alimentazione che ricorre ogni anno il 16 ottobre.
Lo studio prende in esame le ricerche online relative agli elettrodomestici da cucina*: non solo planetarie e robot sempre più innovativi, veloci e funzionali alla preparazione dei cibi, ma anche tanti altri apparecchi pensati per chi ha poco tempo. Da gennaio a settembre 2020 sono state circa3 milioni le ricerche relative agli elettrodomestici da cucina, con una crescita del 146% rispetto al 2019.
L’interesse è stato maggiore tra aprile e giugno, quando gli effetti dell’emergenza sanitaria hanno contribuito a spingere le vendite online anche in questo settore: il lockdown ha sicuramenteincoraggiato molti italiani a riscoprire e a volte anche a sperimentare il piacere di cucinare in casa.
Il picco è stato registrato ad aprile quando, con circa 650mila ricerche, si è arrivati ad un aumento del 416% rispetto allo stesso mese del 2019. Nel confronto con il precedente anno, l’incremento èstato rilevante anche nei mesi di maggio (+312% di crescita) e giugno (+322%), rispettivamente con oltre 500mila e 330mila ricerche.
Con l’avvicinarsi dell’autunno molti stanno pensando all’acquisto di nuovi elettroutensili: a
settembre c’è chi ha cercato soprattutto mixer e frullatori (oltre 31mila ricerche), friggitrici (circa 26mila) e robot da cucina (oltre 21mila).
La cucina però non è solo una “questione da donne”: i dati di Trovaprezzi.it del bimestre agosto – settembre 2020 evidenziano che il 40% delle ricerche è stato effettuato da uomini che si riscoprono appassionati quasi quanto le donne.

Le tipologie

Le differenze emergono invece nella tipologia di prodotti ricercati: le donne hanno preferito maggiormente macchine per conservare i cibisottovuoto (il 100% delle ricerche in categoria proviene dal gentil sesso), elettrodomestici per preparare tè, tisane ed infusi (75% vs 25% degli uomini nella categoria Bollitori) e grattugie elettriche (64%); gli uomini, invece, sono stati attirati da centrifughe ed estrattori (il 100% delle ricerche in categoria proviene dai maschi), tritacarne (100%) e affettatrici (68%).

I prodotti più ricercati

Analizzando i primi 100 prodotti più desiderati tra agosto e settembre, emerge l’attenzione dei consumatori per l’innovazione, il design e il rapporto qualità-prezzo. Nella categoria Bollitoriprimeggia lo Smeg dell’iconica linea che si ispira agli anni ’50 (circa 3.500 ricerche): disponibile a partire da circa 130 euro in un’ampia gamma di colori (dal bianco all’oro rosa o in tradizionale acciaio inox) e acquistabile sia nella variante classica che in quella più moderna dotata di indicatore di temperatura. 

Nella categoria Tostapane sono sempre i prodotti dalle forme vintage di Smeg a superare le 3mila ricerche (prezzi a partire da 130 euro) sbaragliando la concorrenza più economica della linea retrò di Ariete (oltre 500 ricerche e a partire da circa 44 euro). Tra i robot da cucina,Kenwood supera di gran lunga KitchenAid con oltre 4.100 ricerche (contro le circa 1.000 del brand statunitense). Il prodotto più in voga è il Kenwood Chef Elite XL KVL6300S – la planetaria con diversi
accessori, 1400W di potenza e una capacità massima di 6,7 litri – acquistabile a partire da 394 euro(100 euro in meno rispetto a fine aprile). Per coloro che sono attenti alla salute, ma che non vogliono rinunciare ai fritti, la novità è la friggitrice ad aria (oltre 16mila ricerche) in grado di cuocere sia cibi surgelati che prefritti tramite un getto d’aria e senza l’aggiunta di grassi. Queste sono disponibili adun prezzo contenuto di circa 43 euro, ma i modelli più evoluti – come ad esempio la friggitrice Philips HD9621/90 con capacità 0,8 kg e potenza 1425W – possono costare fino a 550 euro.

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