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Il Cash Mob Etico a Milano, Genova e Lipari

Il 27 giugno è la prima Giornata nazionale del Cash Mob Etico.

Milano si mobilita per tutta la giornata, dalle 11 alle 19, coinvolgendo due quartieri molto attivi: Zona5-Vigentina e Quarto Oggiaro e coinvolgendo una decina di aziende, tra le quali  Altromercato, il Panificio Doppio Zero, che acquista le farine dal gruppo Filiera del Grano del Parco Agricolo Sud di Milano, Ipercoop, con la vendita dei prodotti sostenibili a marchio Fairtrade, Libera Terra, Vivi Verde Coop, Terre di Pace e Banca Etica.

Genova realizzerà un Cash Mob Etico particolare: un tour delle aziende sostenibili produttrici di vino, olio e generi agroalimentari ma non solo che continuerà nelle settimane a seguire.

Lipari organizza invece un Ristomob sulla spiaggia, durante il quale saranno valorizzati i produttori locali e i loro prodotti organizzando un pranzo sostenibile.

Il cash mob è una forma di mobilitazione organizzata dai cittadini a sostegno di esercizi e attività commerciali in forte difficoltà economica, ma che in qualche modo siano significativi per il proprio quartiere. I partecipanti a questa forma di flash mob sono coinvolti nell’acquisto di prodotti presso l’azienda/impresa protagonista, come segnale di un riconoscimento sociale assegnato a quella realtà locale.

NeXt ha “rieditato” il cash mob, realizzando un format che aggiunga l’etica sociale, economica e ambientale a queste mobilitazioni dal basso. Il Cash Mob Etico è diventato in Italia uno strumento molto potente per avvicinare cittadini e imprese ad un nuovo concetto di economia, che veda come protagonista il consum-attore responsabile e informato. Fulcro di questo strumento è il “voto col portafoglio”, il momento dell’acquisto di un bene o servizio dichiarato sostenibile dall’azienda, che viene premiata da chi lo acquista. In Italia, negli ultimi due anni, NeXt ha organizzato insieme ai suoi partner circa 9 Cash Mob e più di 100 Slotmob insieme a più di 140 organizzazioni.

«Fino ad ora – afferma Luca Raffaele, project manager di NeXt – abbiamo lavorato principalmente su Roma, Napoli e Milano e in alcuni dei loro quartieri e comuni più problematici, esercitando il voto con il portafoglio dei cittadini in supermercati, ristoranti e bar, per dare un forte e concreto segnale: che la Nuova Economia dal basso è già reale e può crescere fino a diventare un sistema applicabile su larga scala, nel rispetto degli scambi economici, della società e dell’ambiente che ci circondano».

Numerose le organizzazioni coinvolte nella Giornata nazionale: Acli, Adiconsum, BCC, Cittadinanzattiva, Centro San Fedele, Circolo Acli Lambrate, Convoi Onlus, Economia:)Felicità, Fiba/Cisl, Funmob, Sodalitas, UCID, Vita, Plef.

I top 50 retailer globali di Kantar: confermati i primi tre, scende Tesco. Amazon cresce di più

Secondo la classifica dei top 50 retailer globali di Kantar Retail, Walmart, Carrefour (nonostante una riduzione del Cagr – tasso di crescita annuale composto – del 3% per il periodo 2009-2014)  e Costo si riconfermano ai vertici, mentre Tesco esce dal ristretto gruppo dei primi cinque. Significativa la distanza tra Walmart che ha registrato vendite per oltre 512 miliardi e i due comprimari le cui vendite sono attestate  di poco sopra ai 115 miliardi di dollari.

Kantar si sbilancia fornendo una previsione di crescita annua per il periodo 2014-2019: se  per Carrefour è nell’ordine del 3%, per Costco è del 7%. Il sorpasso, quindi, potrebbe essere imminente.

Per quanto riguarda le altre evidenze, la russa Magnit e la canadese Loblaw’s registrano la maggiore scalata di posizioni in classifica, mentre Sears, Morrisons e Safeway sono i retailer che scendono più precipitosamente.

Scorrendo i dati, balza agli occhi con evidenza la presenza di Amazon che con più di 87 miliardi di fatturato ha registrato una crescita annua del 30% dal 2009 al 2014, destinata, secondo le previsioni di Kantar a scendere al 13%.

Per restare all’Europa, le difficoltà si fanno sentire per Tesco che esce dal ristretto gruppo dei big five, dove entra il tedesco Gruppo Schwarz (Lidl), il Gruppo Metro che nei cinque anni considerati ha subito una diminuzione del Cagr del’1% e l’olandese Ahold con una diminuzione del 4% annuo e che ha aperto un tavolo di confronto con Delhaize per un’ipotesi di fusione.

(cliccare sopra l’immagine per ingrandire)

Kantar_Retail_Top_50_Global_Retailers_2015

La sostenibilità dei prodotti a marchio crea reputazione per il retail alimentare

Quanto pesa la sostenibilità sulla reputazione delle marche e del retail alimentare? Una risposta significativa è arrivata da Gian Marco Stefanini di Web Research che, nel corso di Green Retail Forum, ha presentato i risultati di una ricerca effettuata sulle conversazioni nella rete, analizzando per un periodo di 36 mesi con un complesso sistema di algoritmi 670 milioni di pareri generici sulle marche industriali (MI), di cui 59 milioni riguardanti la sostenibilità, 172 milioni pareri sulle marche del distributore (MP), di cui 80 milioni riguardanti la sostenibilità. Sono state menzionate 157 linee di marche private riguardanti 16 insegne selezionate.

Da questa grande massa di dati, l’8,5% dei pareri lasciati in rete sulle marche industriali è riconducibile alla sostenibilità, mentre lo è il 46,6% di quelli sulle marche private. Solo questa prima rilevazione mostra la distanza tra i due ambiti, nonostante la quota di mercato delle marche private in Italia sia inferiore al 20%.

I netsurfer che esprimono pareri sono peraltro sufficientemente informati. Il 91% ha un’elevatissima consapevolezza del fatto che la marca privata indica il distributore ma non il produttore; il 90% sa che i produttori di marche private sono spesso leader di mercato e vendono referenze analoghe con etichetta propria presso le stesse insegne e l’88% riconosce l’appartenenza di marche private alla catena anche quando il nome non coincide.

«Tutto questo – afferma Stefanini – genera una reciprocità tra l’accrescimento dell’immagine che le marche private porta all’insegna proprietaria e quella che la stessa insegna della Gdo porta alla propria marca privata».

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Le oscillazioni del giudizio sulla sostenibilità.
Confrontando le categorie dei prodotti a marchio del distributore con quelle delle MI, senza “pesarle”, possiamo individuare quali categorie di prodotto connotano la sostenibilità e quali la erodono.

Primo risultato di una certa evidenza: «Possiamo dire – sottolinea Stefanini – che la reputazione sostenibile delle MP è il triplo della reputazione sostenibile delle MI, stando al popolo del Web».

giudizio sostenibilità

Approfondendo l’analisi e pesando il giudizio di ogni categoria di prodotto delle MP e delle MI per il volume dei pareri stessi, se ne ricava il valore di reputazione globale ponderata (MP/MI) per ciascuna delle insegne selezionate.

In questo caso i dati mostrano quali sono le categorie di prodotti che, pesate per popolarità, presidiano o no l’immagine di sostenibilità.

Se ne ricava che la reputazione sulla sostenibilità della MI è sostanzialmente neutra mentre quella delle MP ha un saldo decisamente positivo.

giudizio sostenibilità ponderata

«Tuttavia – annota ancora Stefanini – per quanto riguarda i prodotti alimentari a MI rispetto alla medesima rilevazione fatta l’anno scorso, i giudizi positivi (55,3%) sono calati del 2,5% e quelli negativi (42%) sono aumentati del 2,7%. Possiamo quindi ipotizzare che la sensibilità dei consumatori nei confronti della sostenibilità, almeno per quanto riguarda i prodotti alimentari a MI, sia consistente ma che la MI non stia sufficientemente tenendo il passo».

Come si muovono invece le marche del distributore?
«Sebbene i consumatori scrivano in rete molti più pareri riguardo ai prodotti a MI rispetto a quelli appartenenti alle MP, quando scrivono di sostenibilità, i pareri più numerosi sono, non solo in percentuale rispetto al proprio totale ma anche in termini assoluti, quelli riguardanti le MP. In buona sostanza, la sostenibilità è uno dei principali elementi caratterizzanti le MP.

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Peraltro non va sottovalutato il caso che chi scrive in rete di sostenibilità lo fa con maggiore competenza e in ambienti maggiormente specializzati quando giudica le MP più che le MI. Di sostenibilità delle MP parlano soprattutto gli esperti, intesi comunque non come addetti ai lavori, (che abbiamo escluso per scelta metodologica), ma come bene informati/appassionati».

Qual è il profilo di questi netsurfer?
I naviganti che nel web domestico scrivono sul rispetto della sostenibilità da parte delle MP sono prevalentemente donne, di fascia di età giovane media, digitano in prevalenza dal Nord, dalle aree metropolitane e urbane. Il concetto di sostenibilità delle MP non è uniformemente diffuso a livello socio demografico.

Tuttavia, anche limitatamente alle sole MP, la sostenibilità è il primo driver di acquisto solo per le linee dedicate.

Il 2014 di Coop Liguria: vendite in calo e rafforzata la convenienza selettiva

Nonostante la mancata ripresa economica e la caduta dei consumi, Coop Liguria ha chiuso il 2014 con un utile di 24,311 milioni di euro.

Anche nel 2014 – si legge in una nota sul sito di Legacoop Liguria – Coop Liguria ha nuovamente registrato risultati soddisfacenti, grazie al costante impegno nel ricercare maggiore convenienza a favore dei 554 mila soci e dei consumatori e all’azione di contenimento dei costi aziendali, volta a rendere la gestione più snella ed efficiente a tutti i livelli.

I ricavi delle vendite, pari a 742,442 milioni di euro, sono diminuiti del -2,26%, rispetto al 2013, un risultato negativo, che va però inquadrato in un contesto di crisi aggravata e di ulteriore caduta dei consumi alimentari. I minori incassi sono anche conseguenza della scelta di garantire ancora più convenienza ai Soci e ai consumatori con prezzi più bassi.

Proprio per tutelare il loro potere d’acquisto, infatti, Coop Liguria ha continuato a rafforzare la convenienza selettiva, cioè la politica commerciale che concentra lo sforzo di contenimento dei prezzi sui prodotti più importanti e ricorrenti nella spesa quotidiana dei consumatori e ha ulteriormente intensificato le promozioni, con iniziative dedicate sia alle marche, sia al Prodotto Coop. Particolarmente apprezzata è stata la nuova modalità promozionale ‘Scegli tu lo sconto’, che permette a chi acquista di decidere con parziale autonomia su quali prodotti applicare la riduzione di prezzo.

Grazie a queste azioni, i Soci e i consumatori di Coop Liguria hanno ottenuto complessivamente quasi 88 milioni di euro di sconti, un dato cresciuto del 6,39% rispetto al 2013.

I vantaggi destinati ai Soci, tra sconti esclusivi, erogazione di punti-spesa immediatamente convertibili in sconti e sconti usufruiti dai Soci su quelli riconosciuti a tutti i consumatori, sono stati pari a 74,607 milioni di euro (+6,7% sul 2013).

La quota di prevalenza, che individua la connotazione di Cooperativa a mutualità prevalente ed è costituita dalla percentuale degli acquisti effettuati dai Soci di Coop Liguria, nel 2014, sul totale delle vendite realizzate nello stesso anno, è leggermente diminuita rispetto all’anno precedente: 65,83% contro 66,77%.

Con un ulteriore incremento dello 0,7%, il prodotto Coop ha raggiunto, a fine 2014, la quota del 26,3% delle vendite di Coop in ambito nazionale nel largo consumo confezionato e del 26,2% in Liguria. Attualmente rappresenta il 22% dei prodotti a marchio privato venduti dalla grande distribuzione in Italia. L’assortimento è ulteriormente cresciuto: oggi conta 3.957 articoli, compresi 1.212 prodotti freschissimi (carne, pesce, ortofrutta) e 897 non alimentari.

Tra le linee tematiche del prodotto a marchio Coop, quelle che continuano a far registrare gli incrementi più significativi sono Fior Fiore, cioè il meglio della cultura gastronomica italiana e non solo, con vendite a valore che hanno superato i 250 milioni di euro (+9% sul 2013) e Vivi Verde, la linea composta dai prodotti biologici, ecologici e rispettosi dell’ambiente, le cui vendite sono cresciute del 17% nel grocery e del 27% nei freschissimi.

Continua il rinnovamento dei punti vendita Simply di Cooperativa Etruria

È un giugno intenso quello di Cooperatiova Etruria che ogni settimana riapre un punto vendita Simply rinnovato, con predilezione per le aree a maggiore vocazione turistica, in vista della stagione che sta per partire.

Dopo quello “ecoattento” di Capalbio, sono stato riaperti i due punti vendita Simply Market di Porto Santo Stefano e, a distanza di qualche giorno, di Orbetello Scalo.

In entrambi cresce l’offerta di prodotti biologici, salutistici e del territorio, così come la possibilità di trovare in assortimento una ricca selezione di prodotti del territorio, dal vino all’olio, passando per la carne, la frutta e la verdura, i salumi, i formaggi e i prodotti da forno – segnalati dal logo “Sapori&Valori”.

L’assortimento, inoltre, si completa con una ricca selezione di prodotti biologici, salutistici e senza glutine. sia al Market di Orbetello Scalo sia in quello di Porto Santo Stefano sono stati installati anche i distributori self- service di cereali che permettono di ridurre la quantità di rifiuti (imballaggi primari e secondari) e le emissioni di Co2 in atmosfera.

 

#Obbligo_prodotto_dove, la Gdo entra in azione: raccolta firme per l’obbligo del luogo di produzione

Da sinistra: Beniamino Casillo, Vito Gulli, Raffaele Brogna, Mario Gasbarrino, Domenico Canzoniero, Eleonora Graffione, Francesco Pugliese, Giorgio Santambrogio

Un passo avanti nella battaglia per ripristinare l’obbligo di indicazione del luogo di produzione sulle etichette dei prodotti alimentari è stato compiuto nel corso del tavolo di lavoro durante il Green Retail Forum a Milano.

L’amministratore delegato di Unes Mario Gasbarrino, di Végé Giorgio Santambrogio ed Eleonora Graffione, presidente di Coralis si sono dichiarati d’accordo ad appoggiare la proposta espressa dall’amministratore delegato di Conad Francesco Pugliese sul dar luogo a una raccolta di firme, coinvolgendo i cittadini-consumatori nella abolizione di una «legge scellerata».

Ecco nelle parole di Pugliese la proposta, alla quale hanno aderito anche i due rappresentanti dell’industria presenti: Vito Gulli, amministratore delegato di Generale Conserve, che da tempo si batte – uno dei pochi, se non il solo, nel mondo industriale – contro questa stortura e Beniamino Casillo di Casillo Group.

Nel corso dell’incontro sono stati affrontati i temi chiave che stanno dietro a questa battaglia che, ricordiamolo, nasce dall’entrata in vigore a metà dicembre scorso del Regolamento europeo 1169/11 riguardante l’etichettatura dei prodotti alimentari che ha introdotto l’indicazione degli allergeni, la esatta composizione degli ingredienti (il caso dell’olio di palma è deflagrato proprio per questo motivo) con l’obiettivo di una maggiore informazione dei consumatori, ma ha reso facoltativa l’indicazione del luogo di produzione.

«Si tratta di una vera istigazione alla delocalizzazione – puntualizza Vito Gulli – e sul tema l’industria si è dimostrata miope. Inoltre ha generato una confusione che non fa bene a nessuno, perché la questione dell’etichetta si è sovrapposta al dibattito sull’origine della materia prima. Sgombriamo il campo da questa confusione. Sono due cose completamente diverse. Non nego però che la battaglia per la trasparenza porti con sé un rischio di nazionalismo, leghismo, salvaguardia dell’italianità: quel che conta è la trasparenza. Non solo. Qualcuno potrà dire che l’obbligo dell’indicazione dello stabilimento di produzione (peraltro condensato in una stringa di sei cifre) è salvo, ma non è la stessa cosa del luogo di produzione».

La battaglia della distribuzione, che peraltro indica il luogo di produzione sui prodotti a marchio, guarda avanti. Spiega infatti Mario Gasbarrino «Il motivo per cui dobbiamo intervenire non riguarda l’oggi, ma può succedere, e dobbiamo aspettarcelo, che qualsiasi nuovo proprietario straniero di un’azienda italiana possa decidere di lasciare la sede legale in Italia e produrre all’estero un prodotto connotato con un marchio italiano, che è sempre stato prodotto in Italia e come tale è conosciuto dai consumatori. Noi vogliamo che sia salvaguardata la trasparenza nei confronti dei cittadini consumatori. Poi saranno loro a decidere di acquistare un prodotto perché è fatto in Italia o un altro anche se non viene prodotto in Italia. Ma la trasparenza è fondamentale».

Non mancano le iniziative dei singoli distributori, come la stessa Unes che visualizza sull’etichetta a scaffale l’origine di produzione dei prodotti a marchio («ma stiamo pensando di estenderlo anche all’industria di marca», chiosa Gasbarrino) o Coralis, che con Etichètto segnala una selezione di prodotti di marca nati e prodotti in Italia.

Assordante il silenzio al riguardo delle associazioni di categoria dell’industria ma anche della distribuzione. Ne rende conto Raffaele Brogna che con Io Leggo l’etichetta ha dato vita prima che scoppiasse il caso a una raccolta di firme online e ha sollecitato la firma la distribuzione che ha aderito in gran numero a livello di insegna, mentre «ci sono stati tanti silenzi da parte delle associazioni e delle singole imprese industriali». In realtà la posizione dominante tra le imprese industriali, in qualche modo recepita dal Mise e dal Mipaaf, è che occorre lavorare in modo che l’obbligo di indicazione valga per tutti i paesi europei. Che è un tipico atteggiamento italiano per non affrontare un problema aprendo un’altra questione che darà origine a altri tavoli di discussione.

Sulle rappresentanze della distribuzione il pressing è forte, ma per ora non c’è una presa di posizione. La determinazione dei quattro retailer presenti all’incontro però è forte così come la consapevolezza di rappresentare, in quel contesto, la gdo italiana. Poi, quando partirà la raccolta di firme, probabilmente la compagine crescerà.

Parte da Torino il progetto Salsamenteria del quartiere, la salumeria 3.0: vicinato sostenibile

Dieci strutture a Torino di proprietà, recuperate da spazi commerciali chiusi da anni: è partito così, a febbraio di quest’anno, il progetto Salsamenteria del quartiere. Batir Spa [finanziata da Figerbiella Spa, che partecipa per il 75%, e da Roberto Gualco e altri investitori, ndr] è partita con un’idea: ripopolare la città di negozi di alimentari. Adattati però alle esigenze dei consumatori, pardon “clienti”, del Terzo Millennio. Il progetto è ambizioso, e prevede una prima fase di espansione a Torino, con altri 25 negozi, e poi lo spostamento in altri grandi centri urbani, con l’obiettivo di aprire punti vendita in tutta Italia.

Chiara Priotti Ci facciamo spiegare la filosofia delle Salsamenteria [dalla Treccani: Pizzicheria, salumeria] da Chiara Priotti, responsabile del personale e delegata per la comunicazione e il marketing di Batir.

Cosa si trova nei punti vendita della Salsamenteria?

Una selezione di prodotti italiani, ove possibile della zona. Acquistiamo direttamente dai produttori, saltando gli intermediari in modo da garantire prezzi migliori. Abbiamo un agronomo che seleziona i prodotti e verifica che non vi siano ingredienti “non graditi” come olio di palma, conservanti o additivi. Il magazzino è a Santena e da qui la merce è smistata ai negozi con consegne giornaliere, con l’eccezione dei latticini che sono consegnati direttamente in negozio.

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A chi vi rivolgete?

Essenzialmente alle persone del quartiere. Vogliamo abbandonare il concetto di consumatore considerato come un numero a cui vendere il più possibile, e instaurare un rapporto diretto tra i commessi e il cliente che viene a fare la spesa. Per questi i commessi, due per negozio, tutti giovani, sono stati formati con un corso di due mesi e costantemente aggiornati sui prodotti che vendono e le lavorazioni, con visite presso i fornitori. Pensiamo che ci sia voglia di un commercio diverso dalla spersonalizzazione della GDO, che molte persone non gradiscono più. Abbiamo notato una prevalenza di anziani e famiglie con bambini, attenti all’alimentazione e alla provenienza dei prodotti.

Qual è la vostro politica di prezzi?

In linea con la GDO, a parità di qualità: non siamo Eataly! Le nostre iniziative promozionali sono volte a far conoscere determinati prodotti, con sconti anche del 25/30%, anche perché non teniamo grandi marche. Siamo contrari all’accumulo, proponiamo una spesa quotidiana che consenta di avere prodotti sempre freschi ed evitare sprechi. Abbiamo anche biologico ma non in esclusiva, non siamo un negozio bio.

Come si presenta un negozio della Salsamenteria?

Abbiamo cercato di riqualificare strutture preesistenti, negozi di alimentari chiusi da tempo, ristrutturandole. Sono spazi di circa 100 mq. All’interno abbiamo una cartellonistica semplice che spiega la nostra filosofia e la scelta dei prodotti. Il nome varia a seconda della via.

Che ruolo ha la tecnologia nel vostro progetto?

Il gestionale per le casse e il magazzino è un software open source adattato alle nostre esigenze. Non facciamo e-commerce ma le consegne sono previste nel prossimo sviluppo della catena. La pagina Facebook è aggiornata non solo con novità di prodotto ma anche con eventi della città e del quartiere, in un’ottica di servizio. Nei negozi abbiamo installato dei frigoriferi con il motore esterno all’area di vendita, per evitare l’inquinamento acustico ed elettromagnetico.

Come sono andati questi primi mesi?

Abbiamo dovuto farci conoscere; ora dopo una campagna pubblicitaria su “la Stampa” siamo più noti. Abbiamo fidelizzato molti clienti, che tornano dopo aver capito la nostra filosofia e la coerenza dell’offerta. Frutta e verdura di stagione (tra cui gli asparagi di Santena), farina del molino Bongiovanni macinata a pietra, sughi e conserve senza additivi, pane fatto con lievito di pasta madre della cooperativa sociale Articolo 1 (che dà lavoro a persone in difficoltà) e dal carcere di Torino. A breve entreranno nell’assortimento anche i detergenti ecologici, i libri della casa editrice Giunti e la gastronomia.

 

Arca Spa (Unicomm-Selex) apre un nuovo Famila a Cesenatico

Un’offerta focalizzata sui freschi e sui prodotti locali e molta attenzione al risparmio energetico caratterizzano il novo supermercato Famila inaugurato oggi a Cesenatico  da Arca Spa, società romagnola che fa capo a Unicomm (associato Selex). Arca è una realtà articolata presente in Emilia Romagna e nelle Marche con una rete commerciale formata da 122 punti di vendita che presidiano i diversi canali distributivi.

Il nuovo supermercato Famila, sulla statale che da Cesenatico conduce a Cervia-Milano Marittima, si estende su una superficie di 1.500 metri quadrati, ospita 12.500 referenze e dà lavoro a 44 persone ed è dotato di un parcheggio per 150 auto.

Particolare attenzione viene data ai prodotti freschi, in gran parte locali, a testimonianza della profonda vicinanza al territorio che caratterizza Arca e le altre Imprese del circuito Selex. Presenti tutti i reparti, sia a vendita assistita sia self-service. Di rilievo sono la pescheria, dove la scelta spazia tra oltre 100 referenze e la rosticceria e cibi pronti (nel supermercato è presente anche la cucina).

In tutti i comparti giocano un ruolo di punta i prodotti a marchio Selex, con un’offerta incentrata sulla convenienza.

Nel nuovo Famila di Cesenatico sono molteplici le soluzioni adottate per favorire il risparmio energetico, come l’utilizzo di sole lampade a led e i frigoriferi per la vendita al pubblico tutti chiusi. Ciò permette di conservare meglio i cibi, di consumare meno energia e di emettere meno CO2 nell’ambiente, con minori spese per il riscaldamento in inverno. Oltre a migliorare il comfort per i client. Un ulteriore recupero energetico viene portato dall’impianto di refrigerazione alimentare. Lo stesso impianto infatti genera sia l’aria condizionata (caldo e freddo) per gli ambienti sia il freddo per i comparti alimentari freschi.

Metro vende i grandi magazzini Kaufhof e Inno alla canadese Hudson’s Bay

I canadesi partono alla conquista del mercato europeo, con l’acquisto per la cifra di 2,83 miliardi di Euro da parte di Hudson’s Bay, retailer canadese, già proprietario di Saks Fifth Avenue e Lord & Taylo, del “braccio grandi magazzini” (che comprende le catene Galerie Kaufhof in Germania e Galeria Inno in Belgio) del maggiore retailer tedesco Metro. L’accordo dovrebbe chiudersi il prossimo settembre.

Galeria Kaufhof, fondata nel 1879, ha 135 punti vendita tra Germania e Belgio, con 21.500 impiegati e un fatturato l’anno scorso di 3,1 miliardi di Euro. Da vent’anni faceva perte del Gruppo Metro.

Hudson’s Bay è il più antico retailer canadese (le sue origini risalgono al 1670), già proprietario dei negozi di abbigliamento Saks Fifth Avenue e Lord & Taylo, ed è al debutto in Europa. Dopo l’acquisizione prevede di aumentare le proprie vendite del 50%. Tra le innovazioni che si prevede apporterà c’è lo sviluppo della multicanalità con l’avvio probabile dell’e-commerce (negli anni passati la catena ha molto sofferto la concorrenza con i principali siti online, da Zalando ad Amazon) e la conversione di alcuni negozi, che diventeranno Saks Fifth Avenue.

Il gruppo Metro si aspetta dopo la cessione di aumentare il proprio risultato operativo (Ebit) di 700 milioni di Euro circa. Resterà immutato il management di Galeria Kaufhof, basato a Colonia, con a capo il belga Olivier Van den Bossche.

Lotta allo spreco e Gdo: cosa stanno facendo le insegne in Europa

Dopo la Francia, potrebbe arrivare anche l’Europa a varare una legge per forzare la grande distribuzione a prendersi cura dei prodotti alimentari scartati perché, per vari motivi, invendibili. Ma molte insegne europee già da tempo hanno intrapreso iniziative interne e campagne di sensibilizzazione per affrontare il tema. Un quadro complessivo delle azioni realizzate sul campo lo fa – con dovizia di case histories – il rapporto 2014 “Retail Agreement on Waste” a cura di Eurocommerce, che raggruppa le associazioni di categoria del Vecchio Continente, e European Retail Round Table.

Le 20 insegne di vari settori, dall’abbigliamento agli alimentari all’arredamento all’elettronica di consumo, hanno aderito nel 2012 al Retail Waste Agreement, impegnandosi a intraprendere entro la metà de 2014 almeno due campagne di sensibilizzazione contro lo spreco rivolte al cliente finale. Recentemente, altre sei insegne hanno firmato lo stesso accordo. L’iniziativa si è svolta all’interno del Retailers’ Environmental Action Programme (REAP) sostenuto dalla Commissione Europea.

Di seguito segnaliamo la tipologia di iniziative intraprese e i filoni coperti. L’intero rapporto è scaricabile qui.

“Dritte” per il consumatore. Ricette per utilizzare gli avanzi, informazioni su come gestire la catena del freddo (a cominciare, banalmente, come fa El Corte Inglès, da come trasportare i surgelati dal pdv a casa, come organizzare gli alimenti nel frigorifero e quanto durano una volta aperti), tramite volantini, house organ, social o cartellonistica in negozio. Asda l’hanno scorso ha lanciato il packaging Simply Roast in the Bag, una busta per pollo arrosto sulla quale erano stampate ricette e consigli su come utilizzare gli avanzi, e un QR Code che rimandava alla pagina web con video e ricette. Albert Heijn ha distribuito un milione di “misurini” per dosare la giusta quantità di pasta e riso. L’olandese Vak Centrum invita i clienti a prendere i prodotti freschi con la data più vicina se sanno che li utilizzeranno a breve: l’abitudine a selezionare il prodotto con la data più estesa aumenta lo spreco.

Il packaging conta. Coop Danimarca ha deciso di vendere banane singole perché il pacco, se contiene anche una sola banana segnata come spesso accade, non è acquistato, e 6mila banane al giorno venivano buttate. Coop Uk ha scoperto che i fori nelle confezioni di fresco per ridurre l’umidità interna, se gestiti da laser guidati da un computer, consentono di allungare la shelf life di un giorno e di ridurre lo spreco. Coop Norvegia ha indicato su sacchetti e confezioni la percentuale di spreco di frutta e verdura, ma anche nei confezionati lo spreco di quel particolare prodotto.

Sensibilizzare lo staff. Il 75% degli impiegati degli uffici centrali di Carrefour in Polonia hanno seguito un programma su come ridurre il carico energetico a casa e al lavoro.

Imparo mentre mi diverto: quiz, giochi, concorsi. Carrefour ha messo online un questionario per determinare il proprio consumo energetico: al primo estratto è andata una lavastoviglie a risparmio energetico. Ikea in Repubblica Ceca ha invitato i clienti a creare oggetti con materiale di scarto. I creatori dei progetti migliori hanno partecipato a un corso tenuto da designer professionisti. Il ricavato della vendita degli oggetti è andato in beneficenza. Molti corsi e concorsi coinvolgono le scuole.

Come ti educo il fornitore. Carrefour Francia ha ideato un premio per il fornitore più virtuoso. La giuria è composta, oltre che da retailer, da ministero dell’Ambiente, WWF e un pool di giornalisti.

Promozioni.. sostenibili. Le classiche promozioni 2×1 sono state messe sotto accusa perché portano il consumatore a comprare di più, aumentando i rischi di spreco specie per alimenti con data di scadenza. Alcune catene hanno deciso di toglierle. Auchan ha intrapreso negli ipermercati francesi una terza via: il 2×1 “dilazionato”. Per una settimana al mese, all’acquisto del primo prodotto si ottiene un buono per ritirare il secondo una settimana dopo. Dei 100mila coupon distribuiti ogni mese la metà è utilizzato.

„Wunderlinge“ bei BILLA, MERKUR und ADEG: REWE International AG stellt neue Eigenmarke für nicht-konformes Obst und Gemüse vorBrutti ma buoni. Billa in Germania ha creato il brand “Wunderlinge” per frutta e verdura di forma anomale ma perfettamente sana.

Economia circolare. Ovvero ciò che è prodotto viene riciclato e riutilizzato. Lidl in Germania ricicla il 50% delle bottiglie in Pet dei suoi marchi Saskia e Freeway. Rewe sta aumentando la percentuale di plastica riciclata e ritira sul posto le confezioni dei prodotti Frosch-Cleaning. Il ristorante olandese Instock utilizza prodotti invendibili (scadenze vicine, packaging rovinati) prelevate con veicoli elettrici dai supermercati Albert Heijn. Dalla scorsa estate ha già “salvato” 20mila porzioni.

 

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